AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, del 9 Marzo 2007 (Ud.
26/01/2007), Sentenza n. 10270
RIFIUTI - Attività di demolizione - Sottoprodotti e relazione con la previgente disciplina - L. n. 178/2002 - Art. 264, c.1 lett. I), D. L.vo n. 152/2006. L'art. 14 del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato abrogato dall'art. 264, comma 1 lett. I), del D. L.vo 3.4.2006 n. 152, mentre ai sensi dell'art. 184, comma 3 lett. b) del medesimo testo normativo i materiali provenienti da attività di demolizione rientrano nella categoria dei rifiuti speciali, senza che risulti riprodotta l'eccezione alla applicabilità della normativa in materia di rifiuti di cui all'abrogato articolo 14 della L. n. 178/2002, con riferimento all'ipotesi del riutilizzo dei materiali nel medesimo o in analogo ciclo produttivo. Nella specie, la disciplina abrogata è più favorevole per l'imputato, con la conseguente applicabilità di quest'ultima ai sensi dell'art. 2, comma 3, C.P.. Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. N.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, del 9/3/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10270
www.AmbienteDiritto.it
P.U. del 26/01/2007
SENTENZA N.289
REG. GENERALE N.47286/05
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
III SEZIONE PENALE
composta dagli Signori:
Presidente Dott. Enrico Papa
Consigliere " Pierluigi Onorato
" Ciro Petti
" Alfredo Maria Lombardi
" Mario Gentile
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Lino Roetta, difensore di fiducia di N.
O., n. a S. il 30.9.1948, avverso la sentenza in data 6.7.2005 del
Tribunale di Vicenza, con la quale venne condannato alla pena di C 2.000,00 di
ammenda, quale colpevole del reato di cui agli art. 14 e 51, comma 2, del D.
L.vo n. 22/97.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo
Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Vicenza ha affermato la colpevolezza
di N. O. in ordine al reato di cui agli art. 14 e 51, conuna 2, del D.
L.vo n. 22/97, ascrittogli perché, quale legale rappresentante della ditta N.
Costruzioni S.r.l., effettuava l'abbandono di rifiuti derivanti da demolizioni
edili, costituiti da mattoni, calcinacci, cemento armato, parti in legno,
ringhiere ed altro, livellandoli sul terreno e reimpiegandoli quale sottofondo
per una nuova costruzione.
Il giudice di merito ha fondato l'affermazione della colpevolezza dell'imputato
sulla circostanza che i residui dell'attività di demolizione edilizia non erano
stati sottoposti ad una cernita adeguata per rendere omogenea la parte dei
rifiuti reimpiegata per le operazioni di livellamento del terreno.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia per violazione di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di gravame il ricorrente deduce che il giudice di merito ha
erroneamente affermato la sussistenza del reato ascrittogli, in quanto il
reimpiego dei materiali provenienti dalla attività di demolizione edilizia
avveniva mediante l'utilizzazione di sostanze omogenee per effetto della cernita
dei materiali di risulta che era ancora in corso di esecuzione all'atto
dell'accertamento.
Si deduce quindi, in punto di diritto, che l'operazione di reimpiego dei rifiuti
con le descritte modalità deve considerarsi lecita alla luce dell'indirizzo
interpretativo di cui ad una pronuncia di questa Suprema Corte e che la
affermazione della colpevolezza dell'imputato è frutto di un'errata valutazione
delle risultanze processuali, essendo emerso chiaramente dall'istruttoria
dibattimentale che le operazioni di cernita dei materiali di risulta delle
demolizioni non era stata ancora completata e che gli agenti accertatoci sono
intervenuti allorché era ancora in corso una prima fase di separazione dei
predetti materiali.
Il ricorso, che è al limite dell'ammissibilità, essendo prevalentemente fondato
su deduzioni di natura fattuale, non è fondato.
Osserva preliminarmente la Corte che l'art. 14 del D.L. 8.7.2002 n. 138,
convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato abrogato
dall'art. 264, comma 1 lett. I), del D. L.vo 3.4.2006 n. 152, mentre ai sensi
dell'art. 184, comma 3 lett. b) del medesimo testo normativo i materiali
provenienti da attività di demolizione rientrano nella categoria dei rifiuti
speciali, senza che risulti riprodotta l'eccezione alla applicabilità della
normativa in materia di rifiuti di cui all'abrogato articolo 14 della L. n.
178/2002, con riferimento all'ipotesi del riutilizzo dei materiali nel medesimo
o in analogo ciclo produttivo.
Si palesa, quindi, evidente che la disciplina abrogata è più favorevole per
l'imputato, con la conseguente applicabilità di quest'ultima ai sensi dell'art.
2, comma 3, c.p..
Tanto premesso, si deve, però, rilevare che secondo l'ormai consolidato
indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, dal quale non si ravvisano
ragioni per discostarsi, "I materiali provenienti da demolizione edilizia sono
rifiuti speciali non pericolosi e possono essere riutilizzati nello stesso od in
diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle opere di riempimento - previo
preventivo "test di cessione" degli stessi, in conformità al D.M. 5 febbraio
1998, in modo da non recare pregiudizio all'ambiente; in assenza del mezionato
test ogni recupero dei materiali cosiddetti di risulta integra la
contravvenzione di cui all'art. 51, comma primo, lett. a) del D.Lgs. n. 22 del
1997." (sez. 200430127, Piacentino, RV 229467; conf. sez. III, 200536955, P.M.
in proc. Noto ed altri, RV 232192).
Deve, pertanto, sussistere la prova positiva della inesistenza di un pregiudizio
per l'ambiente a seguito del reimpiego dei materiali di risulta provenienti da
demolizioni, affinché gli stessi possano essere sottratti alla disciplina dei
rifiuti, ai sensi dell'art. 14, comma secondo lett. a), del D.L. 8.7.2002 n.
138, convertito con modificazioni nella L. 8.8.2002 n. 178, quale disposizione
più favorevole per l'imputato.
Orbene, nel caso in esame, non solo non risulta che l'imputato abbia prodotto
prova della inesistenza di un pregiudizio per l'ambiente in conseguenza delle
operazioni di riutilizzo dei materiali di cui si tratta, ma il giudice di merito
ha, altresì, accertato che tra i rifiuti provenienti da demolizioni edilizie
oggetto del reimpiego insieme a calcinacci erano presenti parti di infissi, sia
in plastica che in alluminio, sicché nella specie non era stata neppure
effettuata una cernita adeguata per assicurare l'omogeneità dei materiali
utilizzati per operazioni di riempimento e, tanto meno, risulta provata
l'assenza di danno per l'ambiente in conseguenza del loro reimpiego.
Né l'accertamento di fatto può formare oggetto di censure di merito, in sede di
legittimità, in punto di valutazione delle risultanze probatorie, in assenza
della deduzione di elementi che evidenzino la illogicità manifesta o
contraddittorietà della motivazione sul punto.
11 ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 26 1.2007.
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006