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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, del 17/1/2007 (Ud.
06/12/2006), Sentenza n. 1075
INQUINAMENTO ACUSTICO - Rumore -
Fattispecie contravvenzionale del disturbo delle occupazioni e del riposo delle
persone - Esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso - Illecito
amministrativo e sanzione penale - Concorso formale - Ammissibilità - Ragioni -
C.d. legge quadro sull'inquinamento acustico - Art. 659 c.p.. L'esercizio di
un mestiere rumoroso in violazione dei limiti stabiliti dalla legge speciale può
integrare, oltre che l'illecito amministrativo previsto dalla cd. legge quadro
sull'inquinamento acustico, anche la fattispecie contravvenzionale del disturbo
delle occupazioni e del riposo delle persone, potendosi accertare in concreto
che dall'esercizio del mestiere rumoroso sia derivato, non solo il mero
superamento dei limiti di emissioni sonore, ma anche la lesione o la messa in
pericolo della quiete pubblica, riferita alla media sensibilità delle persone
nell'ambito del quale dette emissioni si verificano. Pres. Chieffi - Est.
Corradini - Ric. Raggio ed altri. (Annulla ai soli effetti civili, App. Torino,
1/3/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, del 17/1/2007 (Ud.
06/12/2006), Sentenza n. 1075
INQUINAMENENTO ACUSTICO - Emissione sonore - Superamento dei limiti della
normale tollerabilità - Risarcimento - Annullamento della sentenza ai soli
effetti civili - Art. 622 c.p.p. - Giurisdizione. Spetta al giudice di
merito in sede penale, la verifica del superamento dei limiti della normale
tollerabilità e della idoneità delle emissione sonore ad arrecare disturbo alle
occupazioni ed al riposo delle persone, tenendo conto in particolare, oltre che
della intensità dei rumori, degli orari in cui essi si sono verificati e più in
generale dell'offesa o meno del bene tutelato della quiete pubblica. Mentre, in
caso di annullamento parziale (nella specie ai soli fini della domanda
risarcitoria proposta dalla parte civile) spetta al giudice di merito in sede
civile, competente per valore e grado a norma dell'art. 622 c.p.p., il giudizio
sull'accertamento della responsabilità per l'illecito penale. Pres. Chieffi -
Est. Corradini - Ric. Raggio ed altri. (Annulla ai soli effetti civili, App.
Torino, 1/3/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, del 17/1/2007 (Ud.
06/12/2006), Sentenza n. 1075
INQUINAMENENTO ACUSTICO - Attività rumorose - Art. 659 c.p. - Finalità -
Fattispecie -
Superamento della soglia
di rumorosità - Superamento dei limiti - Concorso formale - Ammissibilità -
Fondamento - C.d. legge quadro sull'inquinamento acustico. Le due norme
inserite nell’art. 659 c.p., comma 1 e comma 2 perseguono finalità diverse,
mirando la prima a sanzionare gli effetti negativi della rumorosità in funzione
della tutela della tranquillità pubblica, mentre l'altra, essendo diretta
unicamente a stabilire i limiti di intensità delle sorgenti sonore provenienti
fisiologicamente da attività rumorose, oltre i quali deve ritenersi sussistente
l'inquinamento acustico, prende in considerazione soltanto il dato oggettivo del
superamento di una certa soglia di rumorosità, rimanendo impregiudicato, in caso
di superamento di tali limiti, l'accertamento se, nel caso concreto, anche per
l'uso smodato di certi strumenti o per l'esercizio dell'attività rumorosa in
orari diversi da quelli consentiti, sia stato arrecato o meno anche un effettivo
disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone (v. per tutte, Cass. sez.
1^, n. 32468 del 2004; Cass. sez. 1^, n. 43202 del 2002; Cass. sez. 1^, n. 3123
del 26.4.2000). Di conseguenza, da un lato si è inteso regolare in maniera
rigida e rigorosa l'esercizio di alcune professioni, ancorché suscettibili di
disturbare in certa misura la tranquillità pubblica, in vista di interessi
superiori come quelli stabiliti dall'economia nazionale, entro limiti
strettamente necessari a garantire tali interessi; e, dall'altro, mantenere
intatta la punibilità in sede penale di condotte che non rispettino tali limiti,
considerati ex lege invalicabili ai fini della salvaguardia del diritto al
riposo e alla tranquillità della comunità sociale. Per cui, una volta accertato
il superamento di tali limiti, sarà possibile procedere alla verifica in ordine
alla eventuale contestuale sussistenza, in presenza dei presupposti previsti
dalla legge, della condotta integrante la ipotesi di cui all'art. 659 c.p.,
comma 1 essendo configurabile un concorso fra le condotte descritte nei due
commi della predetta disposizione codicistica (v. Cass. sez. 1^, n. 319 del
2000; Cass. sez. 1^, n. 382 del 1999; Cass. n. 23072 del 2005). Pres. Chieffi -
Est. Corradini - Ric. Raggio ed altri. (Annulla ai soli effetti civili, App.
Torino, 1/3/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, del 17/1/2007 (Ud.
06/12/2006), Sentenza n. 1075
INQUINAMENENTO ACUSTICO - Rapporto tra L. n. 447/1995 e art. 659 c.p. -
Ratio. In materia d'inquinamento acustico, la normativa di cui alla L.
n. 447 del 1995 non ha abrogato la norma di cui all'art. 659 c.p., comma 1, in
quanto la legge speciale ha inteso fissare un limite di rumorosità, al fine di
tutelare la salute della collettività, la cui inosservanza integra la violazione
amministrativa sanzionata dalla stessa legge, senza che con ciò automaticamente
venga integrata l'ipotesi prevista dal codice penale, per la cui sussistenza
occorre che, nel concreto, l'uso di strumenti rumorosi sia tale da recare un
effettivo disturbo al riposo ed alle occupazioni delle persone, alla luce di
tutte le circostanze della specifica e concreta situazione (v. Cass. sez. 1^, 23
aprile 1998, Carrozzo; Cass. sez. 1^, n. 38295 del 2004). Pres. Chieffi - Est.
Corradini - Ric. Raggio ed altri. (Annulla ai soli effetti civili, App. Torino,
1/3/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, del 17/1/2007 (Ud.
06/12/2006), Sentenza n. 1075
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Udienza pubblica del 06/12/2006
SENTENZA N. 1435
REG. GENERALE N. 027629/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
I SEZIONE CIVILE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo - Presidente -
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Consigliere -
Dott. VANCHERI Angelo - Consigliere -
Dott. GRANERO Francantonio - Consigliere -
Dott. CORRADINI Grazia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) RAGGIO FRANCESCA N. IL 29/11/1949;
contro
2) VIVIANO GIAN FRANCO N. IL 24/02/1941;
avverso SENTENZA del 01/03/2006 CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CORRADINI
GRAZIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'AMBROSIO Vito, che ha
concluso per la rimessione degli atti al giudice civile;
Udito, l'avv. Capelletto Renzo, per Raggio Francesca, parte civile, che ha
concluso per l'annullamento della sentenza con rimessione degli atti al giudice
civile per la quantificazione del danno;
Udito il difensore avv. Zaccone Cesare nell'interesse di Viviano Gian Franco,
che ha chiesto il rigetto del ricorso della parte civile; in subordine la
rimessione alla Sezioni Unite Penali.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 1.3.2006 la Corte di Appello di Torino ha assolto perché il
fatto non costituisce reato Viviano Gianfranco, nella sua qualità di direttore
tecnico e legale rappresentante dello stabilimento "Roquette Italia S.p.a." con
sede di Cassano Spinola, dal reato di cui all'art. 659 c.p. "perché, omettendo
di adottare ogni misura idonea a ridurre le emissioni sonore derivanti
dall'attività produttiva e dagli impianti in dotazione della suddetta società, e
quindi abusando nell'impiego di strumenti ritenuti sorgenti di rumore, provocava
emissioni sonore ampiamente superiori a quelle consentite, disturbando in tal
modo le occupazioni ed il riposo delle persone, accertato in Cassano Spinola
fino al 9 marzo 2001", previa qualificazione del fatto come illecito
amministrativo ai sensi della L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2. In primo
grado, con sentenza 7.5.2004 del Tribunale di Tortora, il Viviano era stato
ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1, e condannato
alla pena di due mesi di arresto, sospesa condizionalmente, nonché al
risarcimento del danno liquidato in favore della parte civile Storace Tiberio in
Euro 40.000,00 e delle parti civili Carega Angela e Raggio Francesca in Euro
20.000,00 per ciascuna ed alla eliminazione delle conseguenze pericolose del
reato. Le parti civili, che avevano denunciato il fatto, abitavano nei pressi
dello stabilimento dove avevano costruito le loro case previe regolari
concessioni edilizie. Il Tribunale aveva ritenuto che fosse configurabile la
fattispecie di cui all'art. 659 c.p., comma 1, con disturbo di una potenziale
pluralità di persone poiché da un lato la attività della Roquette Italia non era
fra quelle necessariamente rumorose e da altro lato l'abuso indicato dall'art.
659 c.p., comma 1 poteva derivare da qualsiasi fonte sonora, mentre la entrata
in vigore della Legge Quadro dell'inquinamento acustico 26 ottobre 1995, n. 447
non aveva inciso sulla figura criminosa prevista dal comma 1 della norma citata.
In fatto ha poi rilevato che le emissioni rumorose dello stabilimento di Cassano
Spinola, oltre a superare il limite di tollerabilità, erano state caratterizzate
da costanza e diffusività di fondo, tanto da determinare concretamente il
disturbo della pubblica tranquillità locale.
La Corte territoriale ha invece ritenuto che fosse ravvisabile la ipotesi di cui
all'art. 659 c.p., comma 2 stante la presenza di una attività industriale
necessariamente e tipicamente rumorosa, nonostante gli investimenti massicci
della proprietà per eliminare o quanto meno attenuare le conseguenze rumorose
delle lavorazioni in atto e che in tale ambito il fatto integrasse soltanto
l'illecito amministrativo di cui alla L. n. 447, art. 10, comma 2, poiché la
rilevanza penale dell'art. 659 c.p., comma 2 restava limitata alle violazioni di
prescrizioni diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni
sonore.
Ha proposto ricorso per cassazione la parte civile Raggio Francesca chiedendo
l'annullamento della sentenza impugnata e lamentando con due separati motivi:
erronea applicazione dell'art. 659 c.p., comma 2, poiché il fatto contestato
integrava l'art. 659 c.p., comma 1 alla stregua della specifica contestazione
contenuta nel capo di imputazione e della interpretazione della norma offerta
dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione; erronea applicazione
della L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2, il quale non aveva depenalizzato la
fattispecie prevista dall'art. 659 c.p., comma 2 in presenza della concreta
idoneità della condotta a mettere in pericolo il bene della pubblica
tranquillità, tutelato sia dal comma 1 che dal comma 2 della norma citata,
arrecando disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata
di persone. Con memoria in data 16.11.2006 la difesa dell'imputato ha chiesto la
rimessione del ricorso alle Sezioni Unite Penali di questa Corte con riguardo ai
"confini" dell'art. 659 c.p., fra il comma 1 ed il comma 2 ed all'ambito della
depenalizzazione del suddetto reato. Il Procuratore Generale presso questa Corte
ha chiesto la rimessione degli atti al giudice civile. Anche il difensore della
parte civile Raggio Francesca ha concluso per l'annullamento della sentenza
impugnata con la rimessione degli atti al giudice civile per la quantificazione
del danno. La difesa dell'imputato ha invece concluso per il rigetto del ricorso
della parte civile ed in via subordinata per la rimessione alle Sezioni Unite
Penale della questione prospettata con la memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso contro la sentenza di proscioglimento proposto dalla sola parte
civile trova, nella specie, la sua fonte e la sua disciplina nell'art. 576
c.p.p., che, per quanto qui interessa, non è stato toccato dalla modifiche
apportate dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46 in materia di inappellabilità della
sentenze di proscioglimento, e riconosce il diritto alla parte civile ad una
decisione incondizionata sul merito della propria domanda e, nel contempo,
conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sulla domanda al
risarcimento ed alle restituzioni, pur in mancanza di una statuizione sul punto
nel precedente grado del giudizio. Si tratta di una eccezione fatta dal
legislatore al principio per cui il giudice penale in tanto può occuparsi dei
capi civili in quanto contestualmente pervenga ad una dichiarazione di
responsabilità penale, poiché consente che, per effetto della sola impugnazione
della parte civile, si possa rimuovere l'accertamento dei fatti posti a base
della decisione assolutoria, al fine di valutare la sussistenza di una
responsabilità per illecito civile e così ottenere una diversa pronuncia che
rimuova quella pregiudizievole per i suoi interessi civili.
La normativa processuale penale vigente ha cioè scelto l'autonomia dei giudizi
sui due profili di responsabilità, civile e penale, nel senso che la
impugnazione proposta ai soli effetti civili non può incidere sulla decisione
del giudice del grado precedente in merito alla responsabilità penale del reo,
ma il giudice penale dell'impugnazione, dovendo decidere su una domanda civile
necessariamente dipendente da un accertamento sul fatto di reato e dunque sulla
responsabilità dell'autore dell'illecito extracontrattuale, può, seppure in via
incidentale, statuire in modo difforme sul fatto oggetto dell'impugnazione,
ritenendolo ascrivibile al soggetto prosciolto (v. Cass. Sez. Un. n. 25083 del
2006, Negri). Ne consegue che la parte civile, nonostante la modifica dell'art.
576 c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006 nella parte in cui in precedenza
collegava il suo potere di impugnativa al mezzo previsto per il Pubblico
Ministero, conserva tuttora il potere di impugnare contro la sentenza di
proscioglimento, mentre il giudice della impugnazione ha, nei limiti del
devoluto e agli effetti della devoluzione, i poteri che avrebbe dovuto
esercitare il giudice che ha prosciolto, per cui, se si convince che tale
giudice ha sbagliato nell'assolvere l'imputato, ben può affermare la
responsabilità di costui agli effetti civili e (come indirettamente conferma il
disposto di cui all'art. 622 c.p.p.) condannarlo al risarcimento o alle
restituzioni, in quanto l'accertamento incidentale equivale virtualmente - ora
per allora - alla condanna di cui all'art. 538 c.p.p., comma 1, che non venne
pronunciata per errore. Ciò posto in punto di ammissibilità del ricorso della
parte civile, va rilevato, sempre in via preliminare, che non si ritiene di
rimettere alle Sezioni Unite di questa Corte la questione prospettata dal
ricorrente con riguardo ai "confini" fra le ipotesi criminose previste dall'art.
659 c.p., comma 1 e comma 2 ed all'ambito di depenalizzazione della ipotesi di
cui al comma 2 per effetto della L. n. 477 del 1995, art. 10, comma 2.
Per quanto riguarda l'oggetto dell'attuale ricorso, anche con riferimento alla
motivazione della sentenza impugnata, è infatti in discussione soltanto la
possibilità che il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1 possa coesistere e
concorrere con la violazione amministrativa prevista dalla c.d. legge quadro
sull'inquinamento acustico per violazione dei limiti fissati dalla legge
speciale per l'esercizio di attività rumorose. Ma sotto tale profilo la
giurisprudenza di gran lunga prevalente di questa Corte è nel senso, ampiamente
condivisibile, che le due norme inserite nel citato art. 659 c.p., comma 1 e
comma 2 perseguono finalità diverse, mirando la prima a sanzionare gli effetti
negativi della rumorosità in funzione della tutela della tranquillità pubblica,
mentre l'altra, essendo diretta unicamente a stabilire i limiti di intensità
delle sorgenti sonore provenienti fisiologicamente da attività rumorose, oltre i
quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico, prende in
considerazione soltanto il dato oggettivo del superamento di una certa soglia di
rumorosità, rimanendo impregiudicato, in caso di superamento di tali limiti,
l'accertamento se, nel caso concreto, anche per l'uso smodato di certi strumenti
o per l'esercizio dell'attività rumorosa in orari diversi da quelli consentiti,
sia stato arrecato o meno anche un effettivo disturbo alle occupazioni e al
riposo delle persone (v. per tutte, Cass. sez. 1^, n. 32468 del 2004; Cass. sez.
1^, n. 43202 del 2002; Cass. sez. 1^, n. 3123 del 26.4.2000).
Il legislatore ha inteso, invero, da un lato regolare in maniera rigida e
rigorosa l'esercizio di alcune professioni, ancorché suscettibili di disturbare
in certa misura la tranquillità pubblica, in vista di interessi superiori come
quelli stabiliti dall'economia nazionale, entro limiti strettamente necessari a
garantire tali interessi; e, dall'altro, mantenere intatta la punibilità in sede
penale di condotte che non rispettino tali limiti, considerati ex lege
invalicabili ai fini della salvaguardia del diritto al riposo e alla
tranquillità della comunità sociale. Per cui, una volta accertato il superamento
di tali limiti, sarà possibile procedere alla verifica in ordine alla eventuale
contestuale sussistenza, in presenza dei presupposti previsti dalla legge, della
condotta integrante la ipotesi di cui all'art. 659 c.p., comma 1 essendo
configurabile un concorso fra le condotte descritte nei due commi della predetta
disposizione codicistica (v. Cass. sez. 1^, n. 319 del 2000; Cass. sez. 1^, n.
382 del 1999; Cass. n. 23072 del 2005).
Non sussistendo in sostanza un contrasto apprezzabile in ordine allo specifico
problema che viene in discussione, non pare che ricorrano i presupposti per la
rimessione alle Sezioni Unite.
Passando quindi ad esaminare il ricorso della parte civile, va rilevato che lo
stesso è fondato.
La Corte territoriale ha ritenuto che, trattandosi dell'esercizio di una
attività industriale rumorosa ex se, il superamento, nella specie
accertato positivamente, dei limiti di emissione sonore previsti dalla normativa
speciale possa integrare soltanto la violazione amministrativa di cui alla L. n.
447 del 1995, art. 10, però proprio la sentenza di questa Corte n. 530 del 2004,
Rv. 230890, citata dalla sentenza impugnata, riconosce la immutata rilevanza
penale della condotta prevista dall'art. 659 c.p., comma 2, pur se circoscritta
alla violazione di prescrizioni diverse da quelle concernenti i limiti di
emissioni o immissioni sonore e comunque non esclude la coesistenza delle
ipotesi previste dalla norma citata, comma 1 e comma 2, posto che, in
particolare, non vi è alcuna interferenza tra la disciplina della L. n. 447 del
1995 e quella contenuta nell'art. 659 c.p., comma 1, poiché la prima stabilisce
limiti di generale applicazione, strumentalmente verificabili, correlati
all'intensità assoluta e differenziale, frequenza e tempi dell'emissione o
dell'immissione in aree tipologicamente predeterminate; la seconda, invece, ha
riferimento alla media sensibilità della persone nell'ambito in cui si
verificano in concreto le immissione rumorose (v. Cass. sez. 1^, n. 30,
settembre 1998, Messina).
In particolare è stato precisato che la normativa sull'inquinamento acustico di
cui alla L. n. 447 del 1995 non ha abrogato la norma di cui all'art. 659 c.p.,
comma 1, in quanto la legge speciale ha inteso fissare un limite di rumorosità,
al fine di tutelare la salute della collettività, la cui inosservanza integra la
violazione amministrativa sanzionata dalla stessa legge, senza che con ciò
automaticamente venga integrata la ipotesi prevista dal codice penale, per la
cui sussistenza occorre che, nel concreto, l'uso di strumenti rumorosi sia tale
da recare un effettivo disturbo al riposo ed alle occupazioni delle persone,
alla luce di tutte le circostanze della specifica e concreta situazione (v.
Cass. sez. 1^, 23 aprile 1998, Carrozzo; Cass. sez. 1^, n. 38295 del 2004).
Orbene, in applicazione di tali principi, condivisi da questo Collegio, appare
evidente che la qualificazione del reato contestato, operata dalla Corte
territoriale, come esercizio di un mestiere rumoroso in violazione dei limiti
stabiliti dalla legge speciale, per farne discendere che si sarebbe trattato di
una mera violazione amministrativa, sotto il profilo che non potrebbe mai
sussistere la ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 659, comma 1 in presenza
di una attività rumorosa, non appare corretta e si pone in contrasto con un
indirizzo giurisprudenziale quasi unanime per cui anche dall'esercizio di un
mestiere rumoroso può derivare una lesione o messa in pericolo della quiete
pubblica, tutelata dal comma 1 della disposizione più volte citata e riferita
alla media sensibilità delle persone nell'ambito in cui si verificano in
concreto le immissioni sonore.
Si tratta di un errore di diritto che impone l'annullamento della sentenza
impugnata, spettando al giudice del rinvio la verifica del superamento dei
limiti della normale tollerabilità e della idoneità delle emissione sonore ad
arrecare disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone, tenendo conto in
particolare, oltre che della intensità dei rumori, degli orari in cui essi si
sono verificati e più in generale dell'offesa o meno del bene tutelato della
quiete pubblica.
Il rinvio, a norma dell'art. 622 c.p.p., deve essere disposto al giudice civile
competente per valore in grado di appello e cioè alla Corte di Appello di Torino
in sede civile che giudicherà sull'accertamento della responsabilità per
l'illecito penale ai soli fini della domanda risarcitoria proposta dalla parte
civile. Sulle spese del presente giudizio provvederà, se del caso, il giudice
civile in sede di rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Torino in sede
civile per nuovo giudizio ai soli effetti civili.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2007
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