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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. II, 11/05/2007, Sentenza
n. 10860
APPALTO PRIVATO - Determinazione
e prova del corrispettivo - Fattura emessa dall'appaltatore. In materia di
corrispettivo dovuto per l'appalto privato, laddove il committente contesti
l'entità del dovuto, non costituisce prova del credito vantato dall'appaltatore,
né la fattura dallo stesso emessa, trattandosi di documento di natura fiscale,
valido come prova scritta a soli fini della concessione del decreto ingiuntivo
ai sensi dell'art. 634 c.p.c., ma che, trattandosi di documento proveniente
dalla parte, non costituisce prova del credito contestato nel giudizio di merito
conseguente all'opposizione, governato, quanto ai principi della prova e del
relativo onere, dalle regole comuni. Allo stesso modo, in detto giudizio, a
prova del credito vantato dell'appaltatore non può essere tratta dalla
contabilità del direttore dei lavori, se non risulti che essa sia stata portata
a conoscenza del committente e che questi l'abbia accettata senza riserve, pur
senza aver manifestato la sua accettazione con formule sacramentali, oppure che
il direttore dei lavori per conto del committente abbia redatto la relativa
contabilità come rappresentante del suo cliente e non come soggetto normalmente
legato a costui da un contratto di prestazione d'opera professionale, che gli fa
assumere la rappresentanza del committente limitatamente alla materia tecnica
(Cass. 5632/96; Cass.. 2333/95). Presidente R. Corona, Relatore V. Colarusso.
CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. II, 11/05/2007, Sentenza n. 10860
APPALTI - Contratto di appalto - Autonomia dell'appaltatore - Elemento
essenziale. L'autonomia dell'appaltatore è elemento essenziale del contratto
di appalto (per tutte cfr. Case. n. 953/89) nel quale - fatta eccezione
dell'ipotesi in cui l'appaltatore sia tenuto, in base al contratto, ad eseguire
il progetto predisposto e le istruzioni ricevute senza alcuna possibilità di
ingerenza - la funzione direttiva eventualmente riservata(al) ed esercitata dal
committente riduce ma non annulla l'autonomia dell'appaltatore, tipica del
contratto, essendo egli comunque obbligato ad osservare le regole dell'arte e ad
assicurare un risultato tecnico conforme alle esigenze del committente.
L'appaltatore si impegna ad un facere, obbligandosi a fornire un determinato
risultato, per raggiungere il quale egli è dominus nell'organizzare e nel
regolare lo svolgimento dei lavori, e gode al riguardo, di piena autonomia anche
nell' apprestamento dei mezzi necessari e nella cura delle modalità di
esecuzione del contratto" (Cass. 3050/92; Case. 10652/97). Presidente R. Corona,
Relatore V. Colarusso. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. II, 11/05/2007,
Sentenza n. 10860
APPALTI - Autonomia all'appaltatore - Natura, limiti e obblighi. Il
requisito dell'autonomia impone all'appaltatore - anche laddove il committente
si sia riservato il potere di ingerirsi nella direzione dei lavori appaltati -
di attenersi comunque alle buone regole dell'arte, in modo da assicurare al
committente stesso il risultato tecnico conforme alle di lui esigenze (Cass.
1965/00; Cass. 3384/95), e, per conseguenza, l'appaltatore è anche tenuto a
segnalare al committente l'eventuale contrarietà delle prescrizioni impartitegli
alle regole della buona tecnica costruttiva (Cass. 14598/00; Case. 9562/94) e
così pure a denunziare tempestivamente gli errori del progetto di cui egli si
sia accorto, non potendo andare esente da responsabilità per quegli errori da
lui non avvertiti, ma dei quali egli avrebbe dovuto avvedersi con la normale
diligenza, nei limiti delle sue cognizioni tecniche (Cass. 14598/00; Case.
5099/95). In difetto egli risponde comunque della cattiva esecuzione dell'opera
(Cass. 8075/99; Cass. 9562/94), eventualmente, assieme al progettista (Case.
13039/91) e al direttore dei lavori.Presidente R. Corona, Relatore V. Colarusso.
CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. II, 11/05/2007, Sentenza n. 10860
APPALTI - Presenza di un (o più,) direttore dei lavori - Autonomia
all'appaltatore - Sussistenza - Natura. L'autonomia dell'appaltatore non è
esclusa dalla presenza di un (o più,) direttore dei lavori (Cass. 169/96), in
quanto tale soggetto è ausiliario del committente, assumendo, in virtù del
contratto d'opera, una obbligazione di mezzi e non di risultato e la
rappresentanza del committente nei limiti della materia tecnica (Cass. 5632/96;
Cass. 2333/95). Presidente R. Corona, Relatore V. Colarusso. CORTE DI
CASSAZIONE Civile, Sez. II, 11/05/2007, Sentenza n. 10860
APPALTI - Responsabilità dell'appaltatore - Esclusione - Presupposti. La
responsabilità dell'appaltatore è esclusa soltanto quando il committente abbia
imposto - per contratto oppure durante lo svolgimento concreto dei lavori -
l'esecuzione supina ed incondizionata della sue direttive riducendo
l'appaltatore al rango di mero esecutore (c.d. nudus minister), privo di ogni
autonomia nei sensi sopra precisati (Cass. n. 6088/00; Cass. n. 11566/97; Cass.
n. 6171/93; Case. n. 3092/87). Presidente R. Corona, Relatore V. Colarusso.
CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. II, 11/05/2007, Sentenza n. 10860
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Udienza pubblica del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omisssis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 11.6.1985 Bargnesi Giampiero e Bargnesi Piergiorgio
proposero opposizione la decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal
Presidente del Tribunale di Pesaro ad istanza delle Impresa Edile Giorgi -
Canti-Ordonzelli (d'ora in avanti: Impresa ) per il pagamento del residuo
corrispettivo dell'appalto per la costruzione di un capannone da adibirsi ad
allevamento di conigli.
Gli opponenti dedussero una serie di vizi della costruzione e spiegarono domanda
riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni.
L'impresa contestò gli assunti degli opponenti e chiese di chiamare in causa
l'Ing. Bracceschi ( progettista delle strutture in cemento armato) e il Geom.
Monti ( progettista e Direttore dei lavori) per essere manlevata dalla pretesa
risarcitoria.
Il Bracceschi contestò ogni sua responsabilità la sua responsabilità ed
altrettanto fece il Monti il quale, precisò di essere stato solo progettista
architettonico; dedusse che i committenti avevano accettato senza riserve
l'opera ed eccepì anche la prescrizione dell'azione, ai sensi degli att. 2230 e
2226 c.c..
I due opponenti nonché Bargnesi Walter instaurarono innanzi allo stesso
Tribunale altro giudizio convenendo il Monti, il Bracceschi e l'Impresa affinché
fosse riconosciuta la loro responsabilità per rovina e gravi difetti del
capannone e gli stessi fossero condannati al risarcimento dei danni.
Riunite le due cause, il Tribunale:
- rigettò l'opposizione al decreto
ingiuntivo;
- accolse la domanda riconvenzionale degli opponenti Bargnesi Giampiero e
Piergiorgio nei confronti dell'Impresa condannando quest'ultima al risarcimento
del danno nella misura di L. 7.477.760, ed operando la compensazione tra i
crediti opposti;
- accolse la domanda riconvenzionale dell'Impresa e condannò i Bargnesi in
solido al pagamento della somma di L. 16.000.000, così rivalutata, per il danno
da lucro cessante sofferto a seguito di recesso dal contratto di appalto per la
costruzione di un secondo capannone;
- rigettò la chiamata in garanzia proposta neì confronti del Bracceschi e del
Monti;
- rigettò la domanda dei Bargnesi nei confronti dei predetti ( e di cui alla
seconda causa).
La sentenza venne appellata da Bargnesi Piergiorgio e Bargnesi Giampiero e
resistettero l'Impresa - che propose appello incidentale - nonché gli eredi
Monti e l'Ing. Bracceschi Fabrizio. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza
del 10 febbraio 2003, ha così provveduto:
- ha dichiarato l'inefficacia del decreto ingiuntivo (notificato dopo il 40°
giorno);
- ha accolto, peraltro, la domanda proposta dall'Impresa condannando Bargnesi
Giampiero e Piergiorgio al pagamento in favore di questa delle somma di L.
7.477.760;
- ha accolto l'altra domanda proposta dall'Impresa, confermando la condanna al
risarcimento del danno in ragione di 16.000.000, per il recesso dal secondo
appalto;
- ha respinto tutte le altre domande proposte dai fratelli Bargnesi Giampietro e
Piergiorgio, sia nei confronti dell'impresa che nei confronti del Bracceschi e
del Monti.
La Corte, per quel che ancora interessa, ha osservato:
1) che l'Impresa aveva fornito la prova del credito per il residuo del
corrispettivo in base alle fatture ed alla contabilità del Geom. Monti, mai
contestate, né riguardo ai lavori eseguiti né riguardo ai prezzi; in particolare
vi era prova dell'effettuazione dei lavori di sottofondazione;
2) l'appaltatore aveva agito come nudus minister senza alcuna autonomia e,
quindi, era esente da responsabilità, anche perché talune opere o non erano
state eseguite per espressa volontà dei committenti o erano state eseguite ad
iniziativa degli stessi;
3) che non potevano ravvisarsi gravi difetti di costruzione ai fini
dell'applicazione dell'art. 1669 c.c.;
4) che il Geom. Monti era esente da responsabilità essendo stato solo
progettista architettonico;
5) che sussistevano le responsabilità del geologo e del progettista e direttore
dei lavori della struttura, ma che, tuttavia, il primo non era stato convenuto
in giudizio ed il secondo (Bracceschi) era stato "liberato" dai committenti con
scrittura del 12.8.05, come già statuito dal primo giudice;
6) che non era giustificato il recesso dal secondo contratto non sussistendo,
per il primo, alcuna responsabilità dell'Impresa. Avverso detta sentenza hanno
proposto ricorso per cassazione Bargnesi Giampiero e Bargnesi Piergiorgio con
quattro motivi. Resistono con controricorso gli eredi di Monti Giordano ed il
Bracceschi Fabrizio, il quale propone ricorso incidentale con un motivo. Non
svolge attività difensiva l'Impresa. I ricorrenti (principali e incidentale)
hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
IL ricorso principale e quello incidentale, proposti contro la stessa sentenza,
vanno riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c..
I. RICORSO PRINCIPALE.
I.1. Col primo motivo si denunzia violazione dell'art. 2697 c.c., quanto alla
prova del residuo prezzo dell'appalto. I ricorrenti, in sede di opposizione al
decreto ingiuntivo, avevano sostenuto di nulla dovere a tale titolo mentre la
Corte di Appello aveva dato rilievo probatorio alla fattura dell'Impresa ed alla
contabilità del geometra Monti che, peraltro, era soggetto terzo rispetto al
contratto e parte in causa. Difettava, in ogni caso, la prova del costo della
sottofondazione.
La censura fondata.
I. 1.a. I ricorrenti ammettono l'avvenuta realizzazione della sottofondazione ma
sostengono che manca la prova del suo costo ed insistono nel contestare la
validità delle altre prove in ordine all'entità del saldo di prezzo richiesto,
come avevano già fatto in sede di appello. La sentenza, a pag. 8, sub 3, enuncia
le ragioni degli appellanti. A queste censure la Corte ha risposto con la mera
affermazione che le fatture e la contabilità, non contestate, provano il
credito, peraltro contraddicendosi laddove afferma che i Bargnesi non avevano
contestato siffatte prove, nel mentre, come risulta dalla stessa sentenza, lo
avevano fatto con gli stessi argomenti riproposti in ricorso e che non hanno
trovato adeguata risposta nella sentenza impugnata.
I. 1.b. Per quanto riguarda la prova del credito, è noto che la fattura non ha
alcun valore probatorio in sede di giudizio di merito e, per quanto riguarda la
contabilità del Direttore dei Lavori, non risulta che i committenti l'abbiano
accettata o che abbiano approvato il conto. E', comunque, certo che il Monti era
terzo rispetto al contratto e che era parte in causa (fatto dedotto in sede di
appello dai committenti come si rileva dalla sentenza a pag. 8). Nulla si dice
sul valore probatorio della contabilità in tema di appalto privato.
La Corte di Appello avrebbe dovuto attenersi al seguente principio di diritto:
"In materia di corrispettivo dovuto per l'appalto privato, laddove il
committente contesti l'entità del dovuto, non costituisce prova del credito
vantato dall'appaltatore, né la fattura dallo stesso emessa, trattandosi di
documento di natura fiscale, valido come prova scritta a soli fini della
concessione del decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 634 c.p.c., ma che,
trattandosi di documento proveniente dalla parte, non costituisce prova del
credito contestato nel giudizio di merito conseguente all'opposizione,
governato, quanto ai principi della prova e del relativo onere, dalle regole
comuni. Allo stesso modo, in detto giudizio, /a prova del credito vantato
dell'appaltatore non può essere tratta dalla contabilità del direttore dei
lavori, se non risulti che essa sia stata portata a conoscenza del committente e
che questi l'abbia accettata senza riserve, pur senza aver manifestato la sua
accettazione con formule sacramentali, oppure che il direttore dei lavori per
conto del committente abbia redatto la relativa contabilità come rappresentante
del suo cliente e non come soggetto normalmente legato a costui da un contratto
di prestazione d'opera professionale, che gli fa assumere la rappresentanza del
committente limitatamente alla materia tecnica" (Cass. 5632/96; Cass. 2333/95).
I. 2. Col secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 1667, 1668, 1669
c.c. nonché vizio di motivazione in ordine alla erronea esclusione della
responsabilità dell'appaltatore, ritenuto a torto ritenuto nudus minister per il
solo fatto che i committenti si erano serviti di ben tre professionisti. La
figura del nudus minister deve risultare dal contratto e non può
ricavarsi dalle concrete modalità di esecuzione dell'appalto.
La censura è fondata.
I. 2.a. Dalle norme che disciplinano il contratto di appalto (artt. 1655 e segg.
c.c.) si ricavano i principi che seguono.
I. 2.b. L' autonomia dell'appaltatore è elemento essenziale del contratto di
appalto (per tutte cfr. Case. n. 953/89) nel quale - fatta eccezione
dell'ipotesi in cui l'appaltatore sia tenuto, in base al contratto, ad eseguire
il progetto predisposto e le istruzioni ricevute senza alcuna possibilità di
ingerenza - la funzione direttiva eventualmente riservata(al) ed esercitata dal
committente riduce ma non annulla l'autonomia dell'appaltatore, tipica del
contratto, essendo egli comunque obbligato ad osservare le regole dell'arte e ad
assicurare un risultato tecnico conforme alle esigenze del committente.
L'appaltatore si impegna ad un facere, obbligandosi a fornire un
determinato risultato, per raggiungere il quale egli è dominus nell'organizzare
e nel regolare lo svolgimento dei lavori, e gode al riguardo, di piena autonomia
anche nell' apprestamento dei mezzi necessari e nella cura delle modalità di
esecuzione del contratto" (Cass. 3050/92; Case. 10652/97).
"Il requisito dell'autonomia impone all'appaltatore - anche laddove il
committente si sia riservato il potere di ingerirsi nella direzione dei lavori
appaltati - di attenersi comunque alle buone regole dell'arte, in modo da
assicurare al committente stesso il risultato tecnico conforme alle di lui
esigenze (Cass. 1965/00; Cass. 3384/95), e, per conseguenza, l'appaltatore è
anche tenuto a segnalare al committente l'eventuale contrarietà delle
prescrizioni impartitegli alle regole della buona tecnica costruttiva (Cass.
14598/00; Case. 9562/94) e così pure a denunziare tempestivamente gli errori del
progetto dí cui egli si sia accorto, non potendo andare esente da responsabilità
per quegli errori da lui non avvertiti, ma dei quali egli avrebbe dovuto
avvedersi con la normale diligenza, nei limiti delle sue cognizioni tecniche
(Cass. 14598/00; Case. 5099/95). In difetto egli risponde comunque della cattiva
esecuzione dell'opera (Cass. 8075/99; Cass. 9562/94), eventualmente, assieme al
progettista (Case. 13039/91) e al direttore dei lavori".
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello (sent. pag. 11),
"l'autonomia dell'appaltatore non è esclusa dalla presenza di un (o più, come
nella specie) direttore dei lavori (Cass. 169/96), in quanto tale soggetto è
ausiliario del committente, assumendo, in virtù del contratto d'opera, una
obbligazione di mezzi e non di risultato e la rappresentanza del committente nei
limiti della materia tecnica (Cass. 5632/96; Cass. 2333/95).
I. 2.c. In definitiva, la responsabilità dell'appaltatore è esclusa soltanto
quando il committente abbia imposto - per contratto oppure durante lo
svolgimento concreto dei lavori - l'esecuzione supina ed incondizionata della
sue direttive riducendo l'appaltatore al rango di mero esecutore (c.d. nudus
minister), privo di ogni autonomia nei sensi sopra precisati(Cass. n.
6088/00; Cass. n. 11566/97; Cass. n. 6171/93; Case. n. 3092/87).
I. 2.d. Questi principi pacifici sono stati disattesi dalla Corte di Appello
che, in ogni caso, è incorsa nel vizio di motivazione sul punto laddove è
pervenuta alla sue conclusioni senza aver svolto una adeguata indagine sul
tenore delle (eventuali) pattuizioni intercorse tra le parti, in relazione alle
direttive dell'appalto, e sullo svolgimento concreto del contratto ed ha escluso
l'autonomia dell'appaltatore dando, erroneamente, rilievo al solo fatto della
presenza di più tecnici.
I. 3. Col terzo motivo si denunzia violazione dell'art. 1669 c.c. e vizio di
motivazione in relazione:
a) all'esistenza dei gravi difetti di cui all'art. 1669 c.c.
b) alla liberatoria dell'Ing. Bracceschi;
c) alla responsabilità del Monti;
Il motivo non è fondato.
I. 3.a. Quanto ad a), le censura si risolve in contestazioni di fatto meramente
oppositive delle conclusioni raggiunte - con motivazione congrua e logicamente
ineccepibile - dalla Corte di Appello in ordine alla (non) gravità dei vizi. La
sentenza ha considerato che l'avvallamento (a prescindere dal dove questo si sia
verificato: al fronte o al centro del capannone) di soli 6 cm. non potesse
rientrare nella materia disciplinata dall'art. 1669 (pericolo di crollo o gravi
difetti delle costruzione).
I. 3.b. In ordine al punto b), il testo della (presunta) liberatoria - che i
ricorrenti assumono non essere tale - è riportato nel motivo. Al riguardo deve
premettersi:
1) che la Corte di Appello afferma non essere stata impugnata sul punto la
sentenza di primo grado, che aveva ritenuto valida la liberatoria di che
trattasi;
2) che la difesa del Bracceschi, nella memoria presentata per l'udienza e nella
discussione orale, ha fatto presente che il Tribunale aveva ritenuto prescritta
l'azione di responsabilità nei confronti del Bracceschi e che su tale
statuizione, non impugnata, è intervenuto il giudicato.
Sul punto 1), i ricorrenti sostengono di aver impugnato la statuizione di primo
grado e, a tal fine, rimandano alla pagina 13 dell'atto di appello. L'assunto
non è fondato, atteso che dal tenore delle difese prospettate nella indicata
pagina dell'atto di appello non si rileva alcuna censura relativa alla validità
sostanziale della liberatoria dell'Ing. Bracceschi e di cui alla lettera in data
12.8.1985.
Al contrario è fondato il rilievo (supra, sub 2) della preclusione pro indicato
prospettato dalla difesa del Bracceschi. Ed, invero, effettivamente nella
sentenza di primo grado (pag. 14) si afferma che l'azione nei confronti dei
progettisti "è prescritta ed inammissibile ai sensi dell'art. 2226 c.c.".
Tale statuizione, che, senza dubbio, è(ra) anche da sola idonea sorreggere il
rigetto della domanda nei confronti dei progettisti, non è stata oggetto di
censura in grado di appello.
I. 3.c. Il Monti si giova del giudicato di cui si è detto sopra che, al suo
riguardo, viene rilevato di ufficio, non potendosi ignorare dalla Corte quanto
testé detto a proposito del Bracceschi. In ogni caso, la responsabilità del
Monti è stata esclusa (pag. 12 sent.) sul rilievo che questi era stato soltanto
progettista e direttore dei lavori "dell' architettonico". Il rilievo della
Corte di Appello deve ritenersi esatto non essendo contestata la premessa (la
qualità di "progettista direttore dei lavori architettonico"). Il contrario
assunto dei ricorrenti - peraltro generico che accomuna, senza valide ragioni,
il progettista "architettonico" al progettista delle strutture (che hanno
ceduto, dando luogo ai vizi per cui è causa), non appare fondato essendo privo
di aggancio normativo, se si considera che la responsabilità, se contrattuale, è
collegata agli obblighi di un contratto e, se extracontrattuale, alla compiuta
violazione (anche mediante omissione) di specifici obblighi di garanzia nonché
all'elemento della colpa e del nesso causale tra la condotta e l'evento di
danno, che nella specie non vengono individuati e neppure allegati né - per
quanto attiene ai profili di fatto (condotta ed elemento causale) - possono
essere scrutinati da questa Corte.
I. 4. Il quarto mezzo - col quale si denunzia vizio di motivazione in relazione
alla domanda risarcitoria proposta dall'impresa per il recesso dal secondo
contratto di appalto è assorbito dall'accoglimento del secondo, posto che la
decisione sulla questione è condizionata dall'esito dell'indagine, rimessa al
giudice di rinvio, sulla responsabilità dell'appaltatore.
• RICORSO INCIDENTALE (Bracceschi):
In esso si deduce vizio di motivazione della sentenza laddove ha ritenuto l'Ing.
Bracceschi responsabile - insieme al geologo - dei difetti del capannone.
La censura è assorbita dal rigetto del terzo motivo.
III. In definitiva, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con
rinvio alla Corte di Appello di Bologna, che provvederà anche sulle spese del
presente giudizio (art. 385 c.p.c.)..
PQM
La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi; accoglie il primo e il secondo motivo
del ricorso principale; rigetta il terzo; assorbiti il quarto ed il ricorso
incidentale; cassa in relazione ai motivo accolti e rinvia, anche per le spese,
alla Corte di Appello di Bologna. Così deciso in Roma addì 15 marzo 2007
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