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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
RIFIUTI - Discarica -
Realizzazione e gestione illecita - Natura dei reati - Reati permanenti -
Concorso morale da parte del proprietario del fondo. La realizzazione e la
gestione di discarica non autorizzata ha natura di reato permanente, che può
realizzarsi solo in forma commissiva (Sez. Un. n. 12753 del 5.10.1994,
Maccarelli, rv. 199385), salva peraltro la possibilità di un concorso morale da
parte del proprietario del fondo, che acconsente consapevolmente alla
realizzazione o alla gestione della discarica nel suo terreno (v. Cass. Sez. Fer.
n. 44274 del 13.8.2004, Preziosi, rv. 230173). Sicché, è permanente il reato di
discarica abusiva, in quanto, la "realizzazione" della stessa permane sino a che
perdura l'attività di predisposizione e allestimento dell'area adibita allo
scopo (ad es. spianamento del terreno, apertura degli accessi, recinzione etc.);
mentre la "gestione" della discarica permane sino a che perdura l'attività di
conferimento e di manipolazione dei rifiuti: sempre che, nei due casi, la
permanenza del reato non venga a cessare per il rilascio della relativa
autorizzazione. Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 13456
RIFIUTI - Raccolta e trasporto di rifiuti - Natura dei reati - Reati
istantanei - Art. 256, c. 1, D.Lgs. 152/2006 - Art. 51, c. 1, D.Lgs. 22/1997.
Il reato di raccolta e trasporto di rifiuti, ha carattere istantaneo ex art.
51, comma 1, D.Lgs. 22/1997 (ora sostituito in perfetta continuità normativa
dall'art. 256, comma 1, D.Lgs. 152/2006, che ha soltanto modificato in aumento
le pene pecuniarie, arrotondandole), giacché esso si perfeziona nel luogo e nel
momento in cui si realizzano le singole condotte tipiche, a meno che, nel caso
in cui la condotta è ripetuta, non si configuri come reato eventualmente
abituale, per evitare un aggravamento sanzionatorio che sembra obiettivamente
eccedente rispetto alla portata offensiva della condotta. Pres. De Maio, Rel.
Onorato, Ric. Gritti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2
aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 13456
RIFIUTI - Subordinazione della sospensione condizionale della pena - Art. 51
c. 1, 2, e 3 D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256 D.Lv. 152/2006) - Art. 165 C.P..
Ove ricorra uno dei prodromici reati previsti dai commi 1, 2, e 3 dell'art. 51
D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256 D.Lv. 152/2006), che cagionino comunque un
inquinamento, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere
subordinato alla bonifica del sito ai sensi della noma generale dell'art. 165
C.P., secondo cui detto beneficio può essere subordinato, salvo che la legge
disponga diversamente, "alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato" (v. Cass. Sez. III, n. 35501 del 30.5.2003, Spadetto, rv. 225881). In
tal caso, da una parte l'inquinamento comunque prodotto è indubbiamente una
conseguenza del reato, dall'altra non si può ritenere che la legge abbia
diversamente disposto, atteso che la surrichiamata disposizione dell'art. 51 bis
non configura una disciplina "diversa", ma piuttosto costituisce una specifica
applicazione del generale principio codicistico. Applicando il principio
generale di cui all'art. 165 C.P., la bonifica alla quale subordinare il
beneficio penale non è necessariamente quella proceduralizzata dall'art. 17
D.Lgs. 22/1997 (e ora dall'art. 242 D.Lgs. 152/2006), ma coinciderà con quella
stabilita concretamente dal giudice per eliminare le conseguenze del danno
ambientale prodotto, che potrà eventualmente essere verificata ex post dal
giudice della esecuzione. Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza
n. 13456
RIFIUTI - Subordinazione del beneficio alla bonifica - Nuova e vecchia
disciplina - Art. 257 D.Lgs. 152/2006 - Art. 51 bis D.Lgs. 22/1997 - D.M. n.
471/1999. La subordinazione del beneficio alla bonifica del sito può essere
disposta ex art. 51 bis del D.Lgs. 22/1997 solo nel caso in cui l'imputato è
stato condannato per aver cagionato l'inquinamento del sito, cioè il superamento
dei limiti di accettabilità della contaminazione previsti dal D.M. 25.10.1999 n.
471 (ex art. 17, commi 1 e 2, richiamati dallo stesso art. 51 bis), ovvero un
pericolo concreto a attuale di inquinamento (analoga disciplina è ora prevista
dall'art. 257 D.Lgs. 152/2006; solo che il livello di inquinamento necessario è
più alto, perché coincide con il superamento di più intense concentrazioni
soglia di rischio). Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n.
13456
RIFIUTI - Subordinazione del beneficio alla bonifica - Orientamenti
giurisprudenziali. In materia della subordinazione del beneficio
condizionale della pena alla bonifica, la giurisprudenza di legittimità è
oscillante. Un primo orientamento, ha stabilito che il giudice, nel
concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato al
versamento di una provvisionale a favore della parte civile, può fissare un
termine per il versamento stesso anteriore al passaggio in giudicato della
sentenza: per giungere a questa conclusione in genere si valorizza il carattere
immediatamente esecutivo della provvisionale a norma dell'art. 540, comma 2,
c.p.p. (ex plurimis Sez. I, n. 5568 del 21.1.2004, Sorgendone, rv.
229831; Sez. IV, n. 36769 del 9.6.2004, Cricchi, rv. 229691; Sez. II, n. 870 del
13.11.1997, Fascini, rv. 219576). (Questo primo orientamento, benché
maggioritario, non è condiviso dalla Corte perché, anche nelle decisioni più
argomentate, esso non distingue correttamente tra l'esecutività del capo civile
sulla provvisionale e la esecutività del capo penale sulla subordinazione della
sospensione condizionale della pena). Un altro orientamento, invece, ha
affermato che in tal modo si renderebbe irreversibile contra ius la statuizione
sulla subordinazione del beneficio, e quindi su un capo penale, anteriormente al
passaggio in giudicato della sentenza (così Sez. VI, n. 2347 del 5.2.1998,
Serra, rv. 209988; nello stesso senso in precedenza Sez. I ord. n. 766 del
31.3.1978, Marini, rv. 138842 e Sez. VI sent. n. 4610 del 22.10.1988, Tornatore,
rv. 180015). Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 13456
PROCEDURE E VARIE - Sospensione condizionale della pena - Termine per il
risarcimento o all’eliminazione delle conseguenze del reato - Decorrenza -
Provvisionale a favore della parte civile ex art. 540, c. 2, C.P.P. - Art. 605,
c. 2, C.P.P. - Artt. 648 e 650 C.P.P.. Gli artt. 648 e 650 C.P.P.
statuiscono una regola generale in forza della quale, salvo che la legge
disponga diversamente, l'esecutività della sentenza è conseguenza della sua
irrevocabilità (cosa giudicata formale). Le deroghe disposte dalla legge sono
appunto l'immediata esecutività della statuizione sulla provvisionale a favore
della parte civile ex art. 540, comma 2, C.P.P. e quella delle statuizioni del
giudice di appello sull'azione civile ex art. 605, comma 2, C.P.P.. Non è invece
ammessa una esecuzione ante iudicatum dei capi penali della pronuncia.
Orbene, in questi capi penali sono indubbiamente comprese le statuizioni sulla
sospensione condizionale della pena, sulla subordinazione del beneficio al
risarcimento del danno o alle eliminazione delle conseguenze del reato e infine
sul termine di decorrenza per adempiere questi obblighi risarcitori o
ripristinatori. Ne deriva che il giudice, mentre può ovviamente stabilire una
provvisionale immediatamente esecutiva (capo civile), nel subordinare il
beneficio della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno o
alla eliminazione delle conseguenze del reato (capo penale) non può fissare un
termine per il risarcimento o la eliminazione che decorra prima del passaggio in
giudicato della sentenza, essendo questo termine un elemento essenziale del
suddetto beneficio. Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n.
13456
P.U. del 30.11.2006
SENTENZA N. 1933
REG. GENERALE N.13657/04
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
III SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO (est.) Consigliere
Dott. Aldo FIALE Consigliere
Dott. Antonio IANNIELLO Consigliere
Dott. Giovanni AMOROSO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto per:
1) GRITTI Italo, nato a Calcinate (BG) il 2.9.1946,
2) MAGRI Rosa, nata a Carobbio degli Angeli (BG) il 3.9.1951,
avverso la sentenza resa il 29.9.2003 dalla corte d'appello di Brescia.
Vista la sentenza denunciata e il
ricorso,
Udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Vincenzo Geraci, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della
sentenza, limitatamente al termine apposto per la bonifica del sito, e il
rigetto del ricorso nel resto,
Udito il difensore della parte civile, avv. *** Udito il difensore
dell'imputato, avv.***
Osserva:
Svolgimento del processo
1 - Con sentenza del 29.9.2003 la corte d'appello di Brescia ha integralmente
confermato quella resa il 18.11.2002 dal tribunale di Bergamo, che:
- aveva dichiarato Italo Gritti colpevole dei reati di cui all'art. 51, comma 1
lett. a) e b) D.Lgs. 22/1997, per avere - nella sua qualità di titolare della
ditta COM.BERG.ZOO -effettuato attività di raccolta e trasporto di rifiuti
solidi urbani e di rifiuti speciali non pericolosi (rocchetti di filatura in
plastica, materiale in polvere grigia e terriccio rosso, contenitori in
plastica) e pericolosi (terriccio rosso con una percentuale di cromo esavalente
molto superiore alla soglia di 100 mg/kg): accertati in Calcinate il 25.9.1998;
- aveva dichiarato lo stesso Italo Gritti e la di lui moglie Rosa Magri
colpevoli del reato di cui all'art. 51, comma 3, D.Lgs. 22/1997, per aver
realizzato e gestito in concorso tra loro una discarica abusiva di rifiuti dei
tipi predetti sul terreno di proprietà della Magri in località "Cascina del Luf':
accertato in Bolgare e in Calcinate il 25.9.1998;
- riconosciuta la continuazione tra i reati, aveva condannato il Gritti alla
pena di sei mesi di arresto ed curo 6.000 di ammenda, e la Magri a quella di
euro 5.420 di ammenda (così sostituita ex art. 53 legge 689/1981 la pena di tre
mesi di arresto ed euro 2.000 di ammenda), concedendo al Gritti il beneficio
della sospensione condizionale della pena, subordinato all'integrale bonifica
del terreno interessato dalla discarica nel termine di quattro mesi dalla
pronuncia della sentenza di primo grado.
La corte territoriale ha osservato in linea di fatto che:
- il figlio degli imputati, Giuseppe Gritti, il giorno 24.9.1998 era stato
sopreso da un agente di polizia mentre spargeva rifiuti in località "Cascina del
Luf' per mezzo di una macchina spandiletame;
- il giorno successivo era stato accertato che i rifiuti, parzialmente
interrati, coprivano un'area di circa 40.000 mq. appartenente a Maria Magri
(salvo una porzione venduta qualche anno prima a Maria Elena Bottagisi), sulla
quale non vennero rinvenuti i sigilli di un precedente sequestro eseguito il
17.5.1994;
- lo stesso giorno era stato accertato che nel piazzale della s.r.l.
COM.BERG.ZOO (che era amministrata da Italo Gritti ed esercitava il commercio di
mangimi zootecnici e di prodotti per l'allevamento del bestiame) era
parcheggiato un camion con rimorchio carico dello stesso materiale sparso il
giorno prima sul predetto terreno, e inoltre erano depositati cumuli di rifiuti
speciali non pericolosi e sacchi di rifiuti speciali tossici e nocivi
(contenenti cromo esavalente in concentrazione di 2.305 mg/kg);
- Giuseppe Gritti non era stato in grado di esibire il formulario di
accompagnamento né i documenti di circolazione del camion;
- Italo Gritti aveva attivato nell'aprile e nel maggio 1998 procedure per
l'abilitazione alla raccolta, al trasporto e al recupero di rifiuti, le quali
erano ancora sospese in attesa di documentazione integrativa.
Tanto premesso, la corte ha osservato che non poteva accogliersi la tesi
difensiva secondo cui non vi era stato lo spargimento di una gran quantità di
rifiuti; e che neppure poteva seriamente ipotizzarsi che i rifiuti depositati
fossero semplici residui di una precedente raccolta risalente nel tempo e ormai
dismessa. Ha aggiunto che era quindi evidente la responsabilità di Italo Gritti,
considerato che il figlio aveva agito su sue disposizioni; e che non poteva
escludersi la responsabilità di Rosa Magri, proprietaria dell'area e moglie del
primo, sicché era del tutto astratta l'ipotesi che fosse all'oscuro della
utilizzazione che i suoi familiari facevano dell'area in questione.
La corte territoriale ha inoltre valutato come del tutto equo e proporzionato il
trattamento sanzionatorio, nonché legittima la subordinazione della sospensione
condizionale della pena alla bonifica da effettuarsi prima del passaggio in
giudicato della sentenza.
Infine, secondo la sentenza, doveva escludersi la prescrizione dei reati, attesa
la loro natura permanente, sicché l'inizio del periodo prescrizionale decorreva
dalla data della sentenza di primo grado (18.11.2002), o da una data precedente
in cui risultasse eventualmente rimossa la situazione di fatto abusiva (il che
non si era verificato nel caso di specie).
2 - Il difensore degli imputati ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a
sostegno tre motivi. In particolare lamenta:
2.1 - manifesta illogicità di motivazione e violazione di legge in ordine al
giudizio di responsabilità.
Nonostante che il procuratore generale avesse richiesto l'assoluzione della
Magri, questa era stata condannata in violazione del principio di responsabilità
penale personale di cui all'art. 27, comma 1, Cost. sulla base dell'aberrante
principio "non poteva non sapere", in sostanza fondato sul titolo dominicale,
sul rapporto di coniugio e su quello di potestà genitoriale.
Aggiunge il difensore che non si vede come dalle risultanze di causa potesse
escludersi che la discarica fosse il risultato residuo di una precedente
attività di deposito ormai dismessa, atteso che la giurisprudenza di legittimità
ha da tempo affermato il carattere necessariamente commissivo del reato.
2.2 - violazione dell'art. 51 bis D.Lgs. 22/1997 e dell'art. 165 c.p., nonché
carenza di motivazione sul punto; in subordine, eccezione di incostituzionalità
dell'art. 165 c.p. in relazione all'art. 3 Cost..
Al riguardo sostiene anzitutto che la bonifica del sito inquinato prevista
dall'art. 51 bis D.Lgs 22/1997 non è applicabile per i reati previsti dall'art.
51; in secondo luogo, che la bonifica non poteva essere disposta neppure in
forza dell'art. 165 c.p., sia perché essa non può configurare quella
"eliminazione delle conseguenze dannose del reato" ivi prevista, sia perché la
norma non si applica quando "la legge disponga altrimenti".
In subordine, il ricorrente eccepisce la illegittimità costituzionale della
norma, laddove essa non prende in considerazione la capacità economica del
condannato ad affrontare il rilevante onere economico della bonifica,
discriminando così tra soggetti che hanno e soggetti che non hanno la capacità
economica adeguata allo scopo.
Infine, lamenta che i giudici di merito hanno dato un termine di soli quattro
mesi per la bonifica, sicuramente troppo esiguo per un'area di 40.000 mq, e
inoltre illegittimamente decorrente dalla sentenza di primo grado;
2.3 - violazione dell'art. 158 c.p. e dell'art. 25, comma 2, Cost..
Sostiene che le contravvenzioni contestate hanno natura di reati istantanei con
effetti permanenti, e che attribuirgli natura permanente comporta una indebita
estensione dei confini della condotta tipica in contrasto col principio di
legalità del diritto penale.
Motivi della decisione
3 - Va anzitutto disatteso il terzo motivo di ricorso (n. 2.3), col quale si
sostiene la natura istantanea dei reati contestati e quindi la loro estinzione
per prescrizione.
Va precisato al riguardo che ha carattere istantaneo il reato di raccolta e
trasporto di rifiuti, contestato al Gritti ex art. 51, comma 1, D.Lgs. 22/1997
(ora sostituito in perfetta continuità normativa dall'art. 256, comma 1, D.Lgs.
152/2006, che ha soltanto modificato in aumento le pene pecuniarie,
arrotondandole), giacché esso si perfeziona nel luogo e nel momento in cui si
realizzano le singole condotte tipiche, a meno che, nel caso in cui la condotta
è ripetuta, non si configuri come reato eventualmente abituale, per evitare un
aggravamento sanzionatorio che sembra obiettivamente eccedente rispetto alla
portata offensiva della condotta.
Il caso di specie, nel quale i giudici di merito hanno insindacabilmente
accertato che Italo Gritti aveva trasferito (o fatto trasferire dal figlio)
nell'area intestata alla moglie un quantitativo di rifiuti pericolosi e non
pericolosi che ricopriva circa 40.000 metri quadri, è indubbiamente
caratterizzato dalla ripetitività della condotta, e per conseguenza configura
propriamente un reato eventualmente abituale.
Secondo la migliore interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, è invece
permanente il concorrente reato di discarica abusiva, contestato al Gritti e
alla moglie ex art. 51, comma 3, D.Lgs. 22/1997 (ora sostituito in perfetta
continuità normativa dall'art. 256, comma 3, D.Lgs. 152/2006, che ha soltanto
modificato in aumento le pene pecuniarie, arrotondandole). Va infatti condivisa
la risalente pronuncia delle sezioni unite di questa corte, secondo cui la
realizzazione e la gestione di discarica non autorizzata hanno natura di reati
permanenti, che possono realizzarsi solo in forma commissiva (Sez. Un. n. 12753
del 5.10.1994, Maccarelli, rv. 199385), salva peraltro la possibilità di un
concorso morale da parte del proprietario del fondo, che acconsente
consapevolmente alla realizzazione o alla gestione della discarica nel suo
terreno (v. Cass. Sez. Fer. n. 44274 del 13.8.2004, Preziosi, rv. 230173).
Giova ricordare a questa proposito che il legislatore ha recentemente definito
il concetto di discarica, stabilendo con l'art. 2 lett. g) del D.Lgs. 13.1.2003
n. 36 che deve intendersi come discarica "un'area adibita a smaltimento dei
rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo (...) nonché
qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un
anno".
Tanto premesso, si deve ritenere che la "realizzazione" di una discarica abusiva
permane sino a che perdura l'attività di predisposizione e allestimento
dell'area adibita allo scopo (ad es. spianamento del terreno, apertura degli
accessi, recinzione etc.); mentre la "gestione" della discarica permane sino a
che perdura l'attività di conferimento e di manipolazione dei rifiuti: sempre
che, nei due casi, la permanenza del reato non venga a cessare per il rilascio
della relativa autorizzazione.
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno motivatamente accertato che la
gestione della discarica era continuata anche oltre la data dell'accertamento
(significativo il fatto che il Gritti era dotato di una macchina spandiletame e
che nell'area della moglie erano stati violati i sigilli apposti per un
precedente sequestro): sicché la corte territoriale ha legittimamente ritenuto
che la permanenza dei reati, unificati nel vincolo di continuazione, si era
prolungata sino alla data della sentenza di primo grado (18.11.2002).
La prescrizione degli stessi reati, pertanto, maturerà soltanto il 18.5.2007.
4 - In secondo luogo, va disattesa la prima censura (n. 2.1) in ordine alla
responsabilità dei prevenuti.
Sul punto, i giudici di merito hanno affermato la responsabilità dei coniugi
Gritti con motivazione plausibile sul piano logico e corretta sul piano
giuridico. Che l'accumulo sul terreno della Magri di circa 40.000 mq. di rifiuti
potesse risalire a una condotta pregressa e ormai dismessa, è una mera ipotesi
difensiva, che non solo è priva di qualsiasi supporto probatorio, ma è anche
smentita da precise e sintomatiche risultanze processuali, quali:
a) la sorpresa del figlio dell'imputato mentre spargeva i rifiuti sul terreno della madre;
b) il rinvenimento il giorno successivo nel piazzale della ditta dell'imputato di un camion con rimorchio, pronto a trasportare e spandere altrove un altro carico di rifiuti analogo a quello del giorno precedente;
c) la istanza dell'imputato per ottenere le autorizzazioni necessarie all'esercizio dell'attività incriminata.
Anche la penale responsabilità di Rosa Magri appare affermata dai giudici di
merito non a titolo oggettivo, per la semplice sua qualità di proprietaria
dell'area adibita a discarica, ma sulla base di una pluralità di indizi
concordanti correttamente valorizzati dai giudici di merito.
Invero, essere proprietaria del terreno e insieme essere moglie di Italo Gritti,
che aveva commissionato il conferimento dei rifiuti nel suo terreno, nonché
madre di Giuseppe Gritti, che aveva materialmente proceduto al trasporto e al
conferimento dei rifiuti, fa legittimamente presumere che la donna fosse
consenziente alla condotta abusiva dei due congiunti, la quale era troppo
rilevante sotto il profilo quantitativo e temporale per essere effettuata a sua
insaputa: sicché la medesima doveva ritenersi moralmente concorrente nel reato
di discarica abusiva.
5 - E' parimenti infondato il secondo motivo di ricorso (n. 2.2), laddove
lamenta che il beneficio della sospensione condizionale della pena sia stato
subordinato alla integrale bonifica del terreno de quo.
Al riguardo, va precisato che la subordinazione del beneficio alla bonifica del
sito può essere disposta ex art. 51 bis del D.Lgs. 22/1997 solo nel caso in cui
l'imputato è stato condannato per aver cagionato l'inquinamento del sito, cioè
il superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione previsti dal
D.M. 25.10.1999 n. 471 (ex art. 17, commi 1 e 2, richiamati dallo stesso art. 51
bis), ovvero un pericolo concreto a attuale di inquinamento (analoga disciplina
è ora prevista dall'art. 257 D.Lgs. 152/2006; solo che il livello di
inquinamento necessario è più alto, perché coincide con il superamento di più
intense concentrazioni soglia di rischio).
Non è però questo il caso presente.
Tuttavia, ove ricorra uno dei prodromici reati previsti dai commi 1, 2, e 3
dell'art. 51 D.Lgs. 22/1997, che cagionino comunque un inquinamento, il
beneficio della sospensione della pena può essere subordinato alla bonifica del
sito ai sensi della norma generale dell'art. 165 c.p., secondo cui detto
beneficio può essere subordinato, salvo che la legge disponga diversamente,
"alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato" (v. Cass.
Sez. III, n. 35501 del 30.5.2003, Spadetto, rv. 225881).
In tal caso, infatti, da una parte l'inquinamento comunque prodotto è
indubbiamente una conseguenza del reato, dall'altra non si può ritenere che la
legge abbia diversamente disposto, atteso che la surrichiamata disposizione
dell'art. 51 bis non configura una disciplina "diversa", ma piuttosto
costituisce una specifica applicazione del generale principio codicistico.
C'è solo da precisare come ovvia conseguenza che, applicando il principio
generale di cui all'art. 165 c.p., la bonifica alla quale subordinare il
beneficio penale non è necessariamente quella proceduralizzata dall'art. 17
D.Lgs. 22/1997 (e ora dall'art. 242 D.Lgs. 152/2006), ma coinciderà con quella
stabilita concretamente dal giudice per eliminare le conseguenze del danno
ambientale prodotto, che potrà eventualmente essere verificata ex post dal
giudice della esecuzione.
6 - In linea subordinata, il ricorrente ha sollevato questione di legittimità
costituzionale della predetta disposizione dell'art. 165 c.p. perché essa non
prende in considerazione la capacità economica del condannato, discriminando
così tra soggetti economici che hanno e soggetti economici che non hanno la
capacità economica - spesso assai rilevante - di eliminare le conseguenze
dannose del reato da loro commesso.
Il ricorrente ha richiamato il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.
e il conseguente principio di ragionevolezza che impone di trattare in maniera
diversa situazioni diverse. Ma la questione è manifestamente infondata, perché:
- è generalmente riconosciuto che rientra nella insindacabile discrezionalità
del legislatore emanare norme astratte che, come tali, non si fanno carico delle
innumerevoli differenze materiali che possono caratterizzare i suoi destinatari;
- la disposizione sospettata non commina una sanzione penale, ma subordina un
beneficio penale a un comportamento del condannato che il legislatore reputa
come indicativo del suo ravvedimento soggettivo e della sua volontà di
reintegrare l'ordinamento giuridico e l'interesse sociale lesi dal reato: sotto
questo profilo non è affatto irragionevole trattare ugualmente destinatari del
beneficio che abbiano capacità economiche diverse, perché risponde a un
ragionevole criterio di responsabilità che chi possiede minori capacità
economiche eviti di commettere reati di cui non sia in grado di risarcire i
danni;
- inoltre, è lo stesso art. 165 c.p. che attribuisce al giudice il potere di
indicare le concrete modalità per la esecuzione degli obblighi risarcitori e
ripristinatori, e con ciò ragionevolmente affida al potere discrezionale
dell'autorità giudiziaria la possibilità di graduare nel tempo la eliminazione
delle conseguenze del reato in relazione alla concreta difficoltà tecnica e/o
economica delle opere necessarie;
- infine, in materia di reati ambientali, da una parte vige il principio
comunitario "chi inquina paga", dall'altra il danno derivante dai reati stessi
(inquinamento) è generalmente tanto più alto quanto più grande è la dimensione
produttiva dell'operatore economico responsabile, con la conseguenza che a
inquinamento maggiore corrisponde verosimilmente maggiore capacità economica del
responsabile di eliminare l'inquinamento.
7 - E' invece fondata la censura del ricorrente, laddove lamenta che il termine
di quattro mesi fissato per eseguire la bonifica del sito, e quindi per
beneficiare della sospensione condizionale della pena, decorra dalla data della
pronuncia di primo grado e non dal passaggio in giudicato della sentenza.
Su questo tema la giurisprudenza di legittimità è oscillante.
Un primo orientamento, infatti, ha stabilito che il giudice, nel concedere il
beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato al versamento di
una provvisionale a favore della parte civile, può fissare un termine per il
versamento stesso anteriore al passaggio in giudicato della sentenza: per
giungere a questa conclusione in genere si valorizza il carattere immediatamente
esecutivo della provvisionale a norma dell'art. 540, comma 2, c.p.p. (ex
plurimis Sez. I, n. 5568 del 21.1.2004, Sorgendone, rv. 229831; Sez. IV, n.
36769 del 9.6.2004, Cricchi, rv. 229691; Sez. II, n. 870 del 13.11.1997,
Fascini, rv. 219576).
Un altro orientamento, invece, ha affermato che in tal modo si renderebbe
irreversibile contra ius la statuizione sulla subordinazione del
beneficio, e quindi su un capo penale, anteriormente al passaggio in giudicato
della sentenza (così Sez. VI, n. 2347 del 5.2.1998, Serra, rv. 209988; nello
stesso senso in precedenza Sez. I ord. n. 766 del 31.3.1978, Marini, rv. 138842
e Sez. VI sent. n. 4610 del 22.10.1988, Tornatore, rv. 180015).
Ad avviso del collegio, il primo orientamento, benché maggioritario, non può
essere condiviso perché, anche nelle decisioni più argomentate, esso non
distingue correttamente tra l'esecutività del capo civile sulla provvisionale e
la esecutività del capo penale sulla subordinazione della sospensione
condizionale della pena.
Al riguardo gli artt. 648 e 650 c.p.p. statuiscono una regola generale in forza
della quale, salvo che la legge disponga diversamente, l'esecutività della
sentenza è conseguenza della sua irrevocabilità (cosa giudicata formale). Le
deroghe disposte dalla legge sono appunto l'immediata esecutività della
statuizione sulla provvisionale a favore della parte civile ex art. 540, comma
2, c.p.p. e quella delle statuizioni del giudice di appello sull'azione civile
ex art. 605, comma 2, c.p.p.. Non è invece ammessa una esecuzione ante
iudicatum dei capi penali della pronuncia. Orbene, in questi capi penali
sono indubbiamente comprese le statuizioni sulla sospensione condizionale della
pena, sulla subordinazione del beneficio al risarcimento del danno o alle
eliminazione delle conseguenze del reato e infine sul termine di decorrenza per
adempiere questi obblighi risarcitori o ripristinatori.
Ne deriva che il giudice, mentre può ovviamente stabilire una provvisionale
immediatamente esecutiva (capo civile), nel subordinare il beneficio della
sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno o alla
eliminazione delle conseguenze del reato (capo penale) non può fissare un
termine per il risarcimento o la eliminazione che decorra prima del passaggio in
giudicato della sentenza, essendo questo termine un elemento essenziale del
suddetto beneficio.
Questa soluzione è vieppiù indiscutibile quando - come nel caso di specie - il
giudice subordina il beneficio penale, non già al versamento della provvisionale
a favore della parte civile, per il quale esiste una deroga al principio
generale (che va interpretata restrittivamente), ma alla eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato, per la quale una deroga siffatta non
è rinvenibile nell'ordinamento.
Per conseguenza, occorre annullare la sentenza impugnata limitatamente alla
decorrenza del termine fissato dal giudice di merito per la eliminazione delle
conseguenze dannose del reato, e quindi per il godimento del beneficio della
sospensione condizionale della pena. Ai sensi dell'ari 620, lett. 1) c.p.p.,
l'annullamento è senza rinvio, giacché la decorrenza del predetto termine va
fissato ex lege dal passaggio in giudicato formale della sentenza.
P.Q.M.
la corte suprema di cassazione dichiara manifestamente infondata la sollevata
questione di illegittimità costituzionale; annulla senza rinvio la sentenza
impugnata limitatamente al termine iniziale apposto alla subordinazione della
sospensione condizionale della pena, termine che stabilisce dal passaggio in
giudicato della sentenza; rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 30.11.2006.
Depositata in cancelleria il 2 Apr. 2007
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