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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 4/4/2007 (Ud.
28/02/ 2007), Sentenza n. 13754
ACQUE - Attività agricole -
Assimilazione delle acque reflue a quelle domestiche - Presupposti - Attività
industriale - Esclusione - L. n. 319/76 - Art. 28 c. 7 D.Lv. 152/99 - Art. 101
c. 7 D.L.vo 152/2006. Attraverso l'art. 28 comma 7 D.Lv. 152/99 si è operata
una scelta nell'ambito delle attività agricole distinguendo tra le attività
propriamente riconducibili alla gestione fondo (impresa agricola) da quelle che
assumono, invece, carattere per così dire "industriale". Questa chiave di
lettura rimane confermata anche alla luce dell'art. 101 comma 7 del D.L.vo
152/2006 che, peraltro, significativamente alla lettera C) sostituisce la parola
"fondi" con "terreno". E, solo per le prime si può ragionevolmente giustificare
l'assimilazione delle acque reflue a quelle domestiche tenuto conto e della
portata generalmente limitata degli scarichi provenienti da un impianto
asservito in via esclusiva o prevalente al fondo agricolo, e della limitata
capacità inquinante in relazione ai prodotti utilizzati ed alle tecnologie
impiegate. Pres. Vitalone Est. Sarno Ric. Romano. CORTE DI CASSAZIONE Penale,
Sez. III, del 4/4/2007 (Ud. 28/02/ 2007), Sentenza n. 13754
RIFIUTI - Sansa di oliva disoleata - Natura di sottoprodotto - Esclusione -
Presupposti - Fondamento - Art. 183 lett. n) D.L.vo 152/2006 (definizione di
sottoprodotto) - Art. 14 1. 138/2002. Nonostante, che nella parte seconda,
sezione quarta, allegato X del D.L.vo 152/2006 (Caratteristiche delle biomasse
combustibili e relative condizioni di riutilizzo) alla lettera f) si fa
effettivamente riferimento alla sansa di oliva disoleata, occorre tuttavia che
la sansa in questione, per essere utilizzata come combustibile, abbia
"caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenute dal trattamento
delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione dell’olio di sansa destinato
all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico" e che "i predetti
trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo impianto". "Tali
requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di
produzione devono risultare da un sistema di identificazione conforme al punto
3''. E dunque, necessitando il riutilizzo della sansa una trasformazione
preliminare si deve escludere che la stessa possa rientrare nel concetto di
sottoprodotto sia. Alla luce della nozione individuata dalla Corte di Giustizia
Europea nella vigenza della pregressa normativa, sia anche in relazione al
D.L.vo l52/2006 che, oltre ad avere abrogato l'art. 14 1. 138/2002, nel fornire
all'art. 183 lettera n) la nozione di sottoprodotto, ribadisce la necessità che
per l'impiego non si rendano necessarie operazioni preliminari ed, inoltre, che
l'utilizzazione del sottoprodotto debba essere certa e non eventuale. Pres.
Vitalone Est. Sarno Ric. Romano. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del
4/4/2007 (Ud. 28/02/ 2007), Sentenza n. 13754
INQUINAMENTO IDRICO - Scarico dei liquami derivanti dalla molitura delle
olive - Autorizzazione - Necessità - Eccezione - Artt. 28, c. settimo, lett. c)
e 59 D.Lgs. n. 152/1999. In tema di scarico dei liquami derivanti dalla
molitura delle olive, nessuna violazione ai principi costituzionali deriva dalla
contestazione del reato previsto dall'art. 59 D.Lgs. n. 152 del 1999, qualora
esso venga effettuato senza la prevista autorizzazione, salvo che, ricorrano le
particolari condizioni di cui all'art. 28, comma settimo, lettera c) del citato
D.Lgs., ossia si tratti di imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del
fondo o alla silvicoltura (Sez. 3, n. 34141 del 05/07/2005 Rv. 232470). Pres.
Vitalone Est. Sarno Ric. Romano. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del
4/4/2007 (Ud. 28/02/ 2007), Sentenza n. 13754
PROCEDURE E VARIE - Sindacato demandato alla Corte di cassazione - Limiti.
L'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione
essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare
l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione
impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di
cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la
loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della
Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali. (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997 Rv. 207944). Pres.
Vitalone Est. Sarno Ric. Romano. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del
4/4/2007 (Ud. 28/02/ 2007), Sentenza n. 13754
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UDIENZA PUBBLICA DEL 28/02/2007
SENTENZA N.679
REG. GENERALE N. 011211/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli illl.mi Sigg.:
Dott. VITALONE CLAUDIO
1.Dott.DE MAIO GUIDO
2.Dott.MARMO MARGHERITA
3.Dott.SENSINI MARIA SILVIA
4.Dott.SARNO GIULIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA / ORDINANZA
sul ricorso proposto da :
1) GIUSEPPE ROMANO N. IL 13/04/1966 avverso SENTENZA
[del
19/04/2005 TRIBUNALE di PALERMO]
Tribunale di Messina in data 21.6.2005
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere
[SENSINI
MARIA SILVIA]
SARNO GIULIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Francesco Salzano che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Romano Giuseppe propone ricorso per cassazione avverso sentenza emessa dal
tribunale di Messina in data 21.6.2005, con la quale veniva condannato alla pena
di euro 12 mila di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali ed al
risarcimento danni subiti dalla parte civile da liquidarsi in separata sede, per
i reati di cui agli articoli 81 cpv cp, 59. comma 1 DLvo 152/99 (capi a) e b)
della sentenza) per avere effettuato, nell'esercizio dell'attività industriale
di oleificio, lo scarico di acque reflue provenienti dall'esercizio del frantoio
- acque di vegetazione - in assenza di autorizzazione, riversandole all'interno
di un ciclo pozzetti destinati alla raccolta di acque meteoriche; 674 cp (capo
c)) essendosi riversate le acque oleose derivanti dal ciclo di lavorazione del
frantoio nell'adiacente fondo di proprietà di La Fauci Francesco; e 51 DLvo
22/97 (capo d)) per avere depositato senza l'osservanza dei requisiti richiesti
dagli artt. 2, 4 e 5 della legge 564/96, in modo incontrollato rifiuti
costituiti da materiale umido residuo - sansa - su terreni di sua proprietà
adiacenti l'oleificio. Reati accertati in Rometta l'1 l dicembre 2002. Il
ricorrente eccepisce:
1. Erronea valutazione della fondatezza costituzionale della disciplina di cui
all'art. 28 DLvo 152/99;
2. Erronea e contraddittoria valutazione delle risultanze probatorie ed errata
applicazione per articolo 192 cpp in relazione alla condanna per il reato di cui
all'art. 674 cp;
3. Mancato riconoscimento del caso fortuito, sempre in relazione all'art. 674 cp,
dipendendo lo sversamento dall'intasamento del collettore provinciale;
4. Erronea applicazione dell'art. 59 del DLvo n. 152/99 non essendo mai stato
contestato all'imputato che le acque reflue contenessero sostanze incluse nella
tabella 5 allegata al DLvo né che avessero potere cancerogeno secondo le
indicazioni dell'agenzia internazionale di ricerca sul cancro (IARC);
5. Erronea applicazione della legge 574/96 non potendosi ritenere rifiuto la
sansa rinvenuta in quanto destinata alla cessione a sansifici;
6. Esercizio della facoltà amministrativa da parte del giudice avendo il
tribunale condannato il ricorrente per lo spandimento di acque di vegetazione,
condotta questa sanzionata solo in via amministrativa dall'articolo 8 della
legge 574/96;
7. Erronea quantificazione della pena base in relazione all'articolo 59 DLvo
152/99;
8. Erronea mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale
della pena di cui, in via subordinata, viene chiesta l'applicazione in questa
sede.
Motivi della decisione
I motivi dedotti, fatto salvo quanto si dirà oltre in relazione alla
determinazione della pena (punto 7), sono infondati.
Ed invero:
1. E' da ritenere anzitutto manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dedotta in relazione all'art. 28 DLvo 152/99.
Il ricorrente ha eccepito il contrasto con gli articoli 2, 3, 4, e 35 della
Costituzione, dell'articolo 28 del DLvo n. 152/99, nella parte in cui restringe
Passimilabilità delle acque domestiche alle sole ipotesi ivi contemplate,
prevedendo che ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni,
"sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti da: a)
imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla
silvicoltura;... e c) imprese dedite alle attività di cui ai punti 1 e 2 che
esercitano anche attività di trasformazione o valorizzazione della produzione
agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel
ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente per almeno
due terzi esclusivamente dall'attività di coltivazione dei fondi di cui si abbia
qualunque titolo la disponibilità."
Sostiene infatti il ricorrente che la norma presenta profili di manifesta
irragionevolezza essendo oggetto di tutela l'inquinamento delle acque e facendo
invece il legislatore discendere l'applicabilità di una norma a tutela da un
mero dato di fatto - del tutto ininfluente ai fini della tutela ambientale -,
della disponibilità dei fondi da cui debba provenire la materia prima.
La questione appare manifestamente infondata.
Occorre anzitutto ricordare in questa sede che Part. 28 citato rappresenta il
punto di arrivo rispetto ad una questione insorta già con l'entrata in vigore
della L. 319/76 che ripartiva gli scarichi come provenienti da insediamenti
produttivi o civili. Poiché la sanzionabilità penale degli scarichi abusivi era
- ed è - riservata ai soli insediamenti produttivi si è posta, infatti, ab
origine la necessità di definire il regime di riferimento per le attività
agricole, tenendo in considerazione anche il possibile riutilizzo nel ciclo
lavorativo dei liquami prodotti.
Senza voler indugiare sull'articolato iter normativo che ha contraddistinto
l'evoluzione della materia occorre in questa sede ricordare che attraverso
l'art. 28 comma 7 si è operata una scelta nell'ambito delle attività agricole
stesse distinguendo tra le attività propriamente riconducibili alla gestione
fondo (impresa agricola) da quelle che assumono, invece, carattere per così dire
"industriale".
Questa chiave di lettura rimane confermata anche alla luce dell'art. 101 comma 7
del DLvo 152/2006 che, peraltro, significativamente alla lettera c) sostituisce
la parola "fondi" con "terreno".
E, naturalmente, solo per le prime si può ragionevolmente giustificare
l'assimilazione delle acque reflue a quelle domestiche tenuto conto e della
portata generalmente limitata degli scarichi provenienti da un impianto
asservito in via esclusiva o prevalente al fondo agricolo, e della limitata
capacità inquinante in relazione ai prodotti utilizzati ed alle tecnologie
impiegate.
Quanto allo scarico dei liquami derivanti dalla molitura delle olive, nessuna
violazione ai principi costituzionali deriva dalla contestazione del reato
previsto dall'art. 59 D.Lgs. n. 152 del 1999, qualora esso venga effettuato
senza la prevista autorizzazione, salvo che, come più volte affermato da questa
Corte, ricorrano le particolari condizioni di cui all'art. 28, comma settimo,
lettera c) del citato D.Lgs., ossia si tratti di imprese dedite esclusivamente
alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura (Sez. 3, n. 34141 del 05/07/2005
Rv. 232470).
2. Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso nessun elemento di
contraddizione è ravvisabile nella motivazione avendo il giudice di merito
affermato la compatibilità del campione prelevato con quello proveniente dal
terreno del La Fauci nonostante fossero stati riscontrati valori diversi per
alcuni parametri apparendo assolutamente logico ritenere che il residuo oleario
si sia concentrato a valle per effetto della sedimentazione.
Né in questa sede è ammissibile la diversa valutazione nel merito degli elementi
di prova ed, in particolare del contenuto delle deposizioni di alcuni testi che
non avrebbero assistito allo sversamento sul terreno di La Fauci stesso, avendo
il giudice di merito offerto adeguata motivazione sulla questione dedotta
evidenziando la chiazza oleosa riscontrata all'esito del sopralluogo.
Come costantemente affermato da questa Corte, infatti, l'indagine di legittimità
sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto,
dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per
espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico
apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza
possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice
di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro
rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della
Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali. (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997 Rv. 207944).
3. In ordine al terzo motivo dedotto - sussistenza dell'ipotesi del caso
fortuito per l'ostruzione del tombino sulla strada provinciale che avrebbe
causato lo sversamento dei liquami sul terreno di La Fauci, trattasi ancora una
volta di questione di merito insindacabile, per le ragioni esposte, in sede di
legittimità. Va peraltro ricordato che il giudice di merito ha ritenuto che lo
sversamento fosse dipeso dalla condotta del ricorrente e che la prova
dell'esimente deve essere rigorosa e fa carico a colui che la invoca (in questo
senso Sez. 4, n. 1684( del 30/10/1990 Rv. 186075).
4. Manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso.
Erroneamente il ricorrente, a proposito dell'art. 59 DLvo 152/99, ritiene
necessaria la prova del potere cancerogeno dei residui di lavorazione delle
olive avendo il tribunale chiarito che la condanna è intervenuta solo in
relazione al comma l dell'art. 59 citato, laddove, invece, il potere cancerogeno
stesso rileva solo in relazione alla più grave ipotesi del comma 5.
5 - 6. I motivi 5 e 6 possono essere congiuntamente esaminati facendo
riferimento alla medesima questione. Si afferma, infatti, in sostanza che la
sansa non è rifiuto e che le eventuali sanzioni vanno applicate unicamente in
sede amministrativa in base alla legge 574/96.
Va al riguardo premesso che in motivazione si evidenzia che sul fondo in
questione è stato rinvenuto un deposito di diversi metri cubi di sansa secca,
compatta e rassodata in parte coperto da gramigna e vegetazione.
Aggiunge inoltre il giudicante che gli accumuli di sansa giacevano in stato di
abbandono escludendo anche che gli stessi potessero essere destinati alla
pratica del compostaggio.
A parte veniva rinvenuta altra sansa.
Sostiene il ricorrente che la sansa non poteva essere considerata rifiuto ai
sensi dell'art. 14 l. 138/2002 emergendo dagli atti che essa veniva ceduta a
terzi titolari di sansifici e che, in ogni caso, la sansa secca può essere usata
come combustibile. Partendo da quest'ultimo aspetto, ritiene anzitutto il
Collegio di dover puntualizzare che, se è vero che nella parte seconda, sezione
quarta, allegato X del DLvo 152/2006 (Caratteristiche delle biomasse
combustibili e relative condizioni di riutilizzo) alla lettera f) si fa
effettivamente riferimento alla sansa di oliva disoleata, occorre tuttavia che
la sansa in questione, per essere utilizzata come combustibile, abbia
"caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenute dal trattamento
delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione dell'olio di sansa destinato
all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico" e che "i predetti
trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo impianto". "Tali
requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di
produzione devono risultare da un sistema di identificazione conforme al punto
3." E dunque, necessitando il riutilizzo della sansa una trasformazione
preliminare si deve escludere che la stessa possa rientrare nel concetto di
sottoprodotto sia alla luce della nozione individuata dalla Corte di Giustizia
Europea nella vigenza della pregressa normativa, sia anche in relazione al DLvo
152/2006 che, oltre ad avere abrogato l'art. 14 1. 138/2002, nel fornire
all'art. 183 lettera n) la nozione di sottoprodotto, ribadisce la necessità che
per l'impiego non si rendano necessarie operazioni preliminari ed, inoltre, che
l'utilizzazione del sottoprodotto debba essere certa e non eventuale.
Venendo ora alla restante parte dei rilievi dedotti dal ricorrente, ritiene il
Collegio che correttamente il giudice di merito al fine di determinare la
disciplina da applicare alla gestione delle sanse umide residuate dalla
lavorazione delle olive, si sia posto il problema di verificare la possibile
destinazione di esse e che, avendo escluso l'utilizzazione agronomica; (Legge
574/96 e D.M. Politiche Agricole e Forestali 6.7.2005); il recupero energetico o
la creazione di compost, abbia ritenuto sussistente la violazione alla
disciplina sui rifiuti.
Peraltro occorre aggiungere che i rilievi del ricorrente in ordine alla asserita
attività di cessione della sansa si appalesano del tutto generici laddove è
invece evidente che, per consentire il necessario controllo sulla corretta
percezione degli elementi probatori da parte del giudice di merito, il
ricorrente aveva l'onere di indicare specificamente alla Corte gli atti il cui
contenuto si asseriva essere in insuperabile contrasto con le affermazioni del
giudicante.
7 - 8) Venendo ora all'esame dei motivi attinenti alla pena, appare
effettivamente fondato il rilievo relativo alla erronea quantificazione della
pena base ai sensi dell'art. 59 DLvo 152/99 in quanto, come afferma il
ricorrente, la pena indicata è quella dell'ammenda da euro 1032 ad euro 7746
mentre il tribunale ha indicato come pena base quella di euro 15000.
In assenza di una specifica richiesta dell'imputato il tribunale. invece,
correttamente non ha ritenuto di dover motivare la mancata concessione della
sospensione condizionale della pena.
In conclusione la sentenza del tribunale va annullata con rinvio limitatamente
alla determinazione della pena.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Annulla l'impugnata sentenza limitatamente alla determinazione della pena e
rinvia per nuovo giudizio sul punto al tribunale di Messina.
Così deciso in Roma il 28.2.2007
Depositato in Cancelleria il 4/4/2007
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