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CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 Aprile 2007 (Ud. 14/3/2007), Sentenza n. 15989


RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Obblighi previsti dalle norme di settore - Amministratore di una società - Responsabilità penale. In materia di smaltimento di rifiuti, l'amministratore di una società che gestisce un impianto produttivo è destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore. Pertanto, sussiste, la responsabilità penale, quanto meno, per colpa se il legale rappresentante non adotti le misure atte ad assicurare il corretto smaltimento dei rifiuti e se non assolva l'onere di provare che il servizio di prevenzione sia funzionante e che ad esso sia preposto un dirigente responsabile. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Minella. (Conferma Tribunale di Padova del 26.01.2006). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 aprile 2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 15989

RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Vigilanza - Produttore dei rifiuti - Posizione di garanzia - Responsabilità - Art. 6, c. 1, lett. b), d. lgs. n. 22/1997 ora D. L.vo 152/2006. In materia di smaltimento di rifiuti, è, configurabile una posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti il quale è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare di una posizione definibile come di garanzia, l'obbligo, sancito dall'art. 10, comma 1, del citato decreto, di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Minella. (Conferma Tribunale di Padova del 26.01.2006). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 aprile 2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 15989



Udienza Pubblica del 14.03.2007
SENTENZA N. 810
REG. GENERALE n. 24256/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori
 

1. Dott.  Pierluigi Onorato                                         Presidente
2. Dott. Alfredo Teresi                                              Consigliere
3. Dott. Antonio Ianniello                                          Consigliere rel.
4. Dott. Amedeo Franco                                           Consigliere
5. Dott. Santi Gazzara                                             Consigliere
 

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

 

sul ricorso proposto da Minella Maurizio, nato a Villa Estense il 23.02.1945, avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Padova in data 26.01.2006 con cui è stato condannato alla pena dell'ammenda per il reato di cui all'art. 51, comma 2, dlgs. n. 22/1997;


Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;


Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;


Sentito il PM nella persona del PG dott. Francesco Salzano, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;


Sentito il difensore del ricorrente, avv. Marco Inches, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;


osserva


Con sentenza in data 26.01.2006 il Tribunale di Padova condannava Minella Maurizio [quale legale rappresentante della s.r.l. Cif, esercente l'attività di produzione di pistoni di gomma naturale per siringhe ad uso farmaceutico] alla pena di €. 1.800 d'ammenda per avere realizzato un deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi su un terreno e sul canale di scolo retrostanti l'impianto produttivo [stearato di zinco - CER 20 03 04].


Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando mancanza e contraddittorietà della motivazione "su un punto decisivo della questione" rilevando che lo stearato di zinco, usato nel processo produttivo, si presenta come pulviscolo biancastro ed è soggetto a smaltimento per la parte che precipita a terra.


Nell'impianto non era stato riscontrato in precedenza altro smaltimento non autorizzato, dato indicativo delle adeguate istruzioni impartite ai dipendenti per assicurare il corretto smaltimento del rifiuto.

Egli aveva bene istruito l'amministratore con delega al personale, il capo officina e il vice capo sulle modalità di raccolta e di stoccaggio dei rifiuti delegandoli al controllo del rispetto delle direttive impartite ai singoli operai.


Inoltre, era stata verbalmente concordata col Comune la collocazione in azienda di cassonetti ove collocare i rifiuti rinchiusi in sacchi di plastica sigillati.


Si era trattato, peraltro, di un fatto episodico ed eccezionale dovuto alla trascuratezza del dipendente Giuseppe Orfano che di propria iniziativa in violazione delle istruzioni ricevute, aveva disperso un modesto quantitativo di stearato di zingo nel cortile retrostante l'officina.


Poiché era stato ritenuto che la ditta Cif, depositando i rifiuti nei cassonetti destinati ai RSU, non avesse rispettato le norme sullo smaltimento per gli stessi previsti e che ciò deponesse per una non corretta formazione del personale, deduceva, ancora, il denunciante che tale ulteriore profilo di colpa, emerso in dibattimento e mai contestato, avesse pregiudicato il diritto di difesa tanto più che non era stata ammessa l'integrazione probatoria richiesta sul punto dalla difesa.


Chiedeva l'annullamento della sentenza.


In materia di smaltimento di rifiuti, l'amministratore di una società che gestisce un impianto produttivo è destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore.


E', quindi, configurabile una posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti il quale è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare di una posizione definibile come di garanzia, l'obbligo, sancito dall'art. 10, comma 1, del citato decreto, di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti.


Nella specie, è pacifico lo spargimento, in assenza di alcuna autorizzazione allo smaltimento, del rifiuto non pericoloso dell'impianto produttivo Cif sulla riva di un canale confinante col terreno aziendale.


La tesi difensiva dell'occasionalità ed imprevedibilità del versamento, attribuito alla ingiustificata ed autonoma scelta di un lavoratore, è stata ritenuta, con congrua motivazione, inidonea a scagionare l'imputato essendo il fatto indicativo della mancanza di adeguata informazione e formazione del personale e dell'assenza di vigilanza e controllo da parte del capo officina verbalmente incaricato di rendere noto agli operai la normativa sullo smaltimento dei rifiuti e di farla rispettare.


Tale incarico, infatti, non esimeva da responsabilità la persona che, per posizione di garanzia, ha l'obbligo di rispettare la normativa sullo smaltimento dei rifiuti e di impedire, attraverso una valida vigilanza e la formazione del personale, che i propri dipendenti la violino.


Inoltre, l'esonero da tale responsabilità può sussistere in un'impresa di grandi dimensioni soltanto se è provata la delega esclusiva per gli aspetti organizzativi e la capacità del delegato di esercitarla.


Sussiste, quindi, responsabilità penale, quanto meno, per colpa se il legale rappresentante non adotti le misure atte ad assicurare il corretto smaltimento dei rifiuti e se non assolva l'onere di provare che il servizio di prevenzione sia funzionante e che ad esso sia preposto un dirigente responsabile.


Nel caso in esame la responsabilità è stata, quindi, correttamente affermata sia per il ruolo rivestito dall'imputato sia per l'omesso rilascio di valida delega [non rinvenuta in atti] nelle materie in questione ad altri dirigenti.


Quanto esposto rende irrilevante l'altra doglianza difensiva secondo cui una convenzione asseritamente intervenuta col Comune [peraltro mai richiesta] avrebbe consentito di deporre i rifiuti, rinchiusi in sacchetti sigillati, nei cassonetti comunali stante che lo stearato di zinco è stato depositato sulla sponda di un canale e non dentro un cassonetto.


Non è quindi riscontrabile alcuna violazione del diritto di difesa essendo stato il ricorrente condannato per un fatto ritualmente contestatogli ed essendo stata correttamente esclusa la buona fede perché nemmeno in virtù del criterio della ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza Corte Costituzionale marzo 1988 n. 364 è possibile scusare il destinatario di norme in materia di smaltimento di rifiuti senza informarsi delle leggi penali che disciplinano la materia.


Nella specie, infatti, non può ritenersi che l'ignoranza della legge penale sia stata incolpevole a cagione della sua inevitabilità, poiché non è emerso un comportamento positivo degli organi amministrativi o un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale da cui l'agente abbia tratto il convincimento della liceità del comportamento tenuto.


Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.


Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 14.03.2007.


L' estensore              Il presidente
 Antonio Ianniello                   Pierluigi Onorato


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