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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Presupposti - Eccezione - D. Lgs. n.
152/2006. Il produttore, ferme la altre condizioni qualitative, può decidere
di conservare i rifiuti in deposito per tre mesi in qualsiasi quantità, prima di
avviarli allo smaltimento o al recupero (privilegiando il limite temporale)
oppure può scegliere di conservare i rifiuti in deposito per un anno, purché la
quantità non raggiunga i venti metri cubi (assumendo così come decisivo il
limite quantitativo). Solo per le isole minori è eccezionalmente consentito che
il deposito sia protratto per un anno anche se il quantitativo depositato supera
il limite predetto (Cass. 30 novembre 2006 n. 39544). Pres. Onorato, Est.
Ianniello, Ric. Storace. (annulla senza rinvio, sentenza del 26 maggio 2006,
Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina). CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 19 aprile 2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 15997
Udienza Pubblica del 14.03.2007
SENTENZA N. 00823/2007
REG. GENERALE n. 044064/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. ONORATO PIERLUIGI Presidente
2. Dott. TERESI ALFREDO Consigliere
3. Dott. FRANCO AMEDEO Consigliere
4. Dott. IANNIELLO ANTONIO Consigliere
5. Dott. GAllARA SANTI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da :
1) STORACE ANDREA
N. IL 15/11/1957
avverso SENTENZA del 26/05/2006
TRIB.SEZ.DIST.
di CECINA
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO ANTONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Francesco Salzano
che ha concluso per: rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 26 maggio 2006, il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di
Cecina, ha condannato Andrea Storace, riconosciute le attenuanti generiche, alla
pena di € 4.000,00 di ammenda (pena sospesa), dichiarandolo colpevole del reato
di cui all'art. 51, comma 1°, lett. a) del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (oggi
art. 256, comma 1°, lett. a) del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152), per avere, in
qualità di legale rappresentante della s.r.l. Vacanze In, svolto attività di
smaltimento di rifiuti non autorizzata, depositando, in una porzione di terreno
di mq. 150 circa, mc. 100 di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da
demolizioni edili poste in essere nell'adiacente campeggio, anch'esso di
proprietà della società (come accertato in Rosignano Marittimo, località Mazzata
il 4 febbraio 2004).
In particolare, il Tribunale ha ritenuto di escludere la qualificazione di
deposito temporaneo sostenuta dalla difesa relativamente al raggruppamento
mediante ruspa dei rifiuti, in ragione del ritenuto superamento dei tempi di
giacenza degli stessi, che, in quanto in quantità superiore ai 20 mc., avrebbero
dovuto essere raccolti e avviati ad operazioni di smaltimento immediatamente,
mentre risultavano presenti nell'area da circa due mesi.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del
proprio difensore, deducendo l'erronea interpretazione dell'art. 6, lett. m), n.
3 del D. Lgs. n. 22/97, come modificato dal D. Lgs. n. 389/97 e 183 D. Lgs. n.
152/06 nonché dell'art. 51, comma 1°, lett. a) del D. Lgs. n. 22/97, come
modificato dall'art. 256 del D. Lgs. n. 152/06, ribadendo che nel caso in esame
si era trattato di una ipotesi di deposito temporaneo in quanto raggruppamento
di rifiuti speciali non pericolosi sul luogo di produzione per circa due mesi
(come accertato anche dal Tribunale), senza che fosse pertanto decorso il limite
temporale di tre mesi, indicato dalla legge in alternativa al limite
quantitativo, per avviarli alle operazioni di recupero o smaltimento.
Il ricorrente chiede pertanto l'annullamento della sentenza impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
E' pacifica nel caso in esame la qualificazione del materiale depositato
nell'area indicata come rifiuto speciale non pericoloso proveniente da
demolizioni edili.
Altrettanto incontestato è il fatto che tali rifiuti siano stati raggruppati,
utilizzando una ruspa, in un luogo protetto qualificato come di produzione del
rifiuto stesso, giacendovi per circa due mesi (fino al momento del sequestro) in
attesa del relativo smaltimento, le cui prime operazioni di raccolta e trasporto
erano state già concordate con una impresa autorizzata.
Ciononostante, il Tribunale ha ritenuto di qualificare il fatto in termini di
deposito preliminare o stoccaggio non autorizzato (per la distinzione tra
deposito temporaneo irregolare, messa in riserva irregolare e deposito
incontrollato o abbandono di rifiuti cfr., recentemente, Cass. 30
novembre 2006 n. 39544) anziché come deposito temporaneo, come tale esente dalla
necessità di autorizzazione, avendo interpretato la relativa definizione, così
come espressa all'art. 6, lett. m), n. 3) del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, nel
senso che essa esclude l'ipotesi in cui, pur avendo l'accumulo di rifiuti
superato il limite di 20 metri cubi, essi non siano stati immediatamente avviati
alle operazioni di smaltimento o recupero.
Una tale interpretazione fonda su di una lettura della norma citata in senso
molto rigorista, in passato sostenuta anche da alcune decisioni di questa Corte
(cfr. Cass. sez. 3^, 21 aprile 2000 n. 4957, 12 dicembre 2002 n. 41520,
24 marzo 2003 n. 13113, 20 maggio 2003 n. 22063), criticata da buona parte della
dottrina e che con la recente entrata in vigore del D. Lgs. n. 152 del 2006 non
appare più giustificata neppure dalla possibile bivalenza del tenore letterale
della disposizione, come rilevato anche dal ricorrente.
Nella tormentata formulazione del testo dell'art. 6, lett. m), n. 3) del D.Lgs.
n. 22/97 la condizione quantitativo/temporale perché il raggruppamento dei
rifiuti nel luogo in cui sono prodotti potesse essere definito deposito
temporaneo era così indicata: "i rifiuti... devono essere raccolti e avviati
alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale
indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il
quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i venti metri cubi;
il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di
rifiuti in deposito non supera i venti metri cubi nell'anno o se,
indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in
stabilimenti locaizzati nelle isole minori".
Secondo l'interpretazione da cui si dissente, la norma andrebbe interpretata nel
senso che il termine di durata di un anno si applica quando in tutto tale arco
temporale non si superi mai il limite di venti metri cubi, mentre la cadenza
almeno trimestrale assumerebbe autonomo rilievo quando l'accumulo non superi nel
trimestre i 20 metri cubi (ma è prevedibile che li superi nell'anno) mentre in
ogni caso l'avviamento alle operazioni di recupero o smaltimento deve essere
effettuato immediatamente al superamento dei 20 metri cubi.
Come già rilevato da questa Corte nella recente sentenza n. 39544/06, cit.,
una tale esegesi appare in contrasto col tenore letterale della disposizione,
finendo per tradurre l'espressione "ovvero" in chiave esplicativa, come
sinonimo di "ovverosia", anziché disgiuntiva, come viceversa normalmente
essa deve intendersi e come nel testo in esame è fatto palese dalla combinazione
di quell'ovvero, con l'espressione "in alternativa".
L'interpretazione in parola appare altresì "entrare in contraddizione con se
stessa quando ammette che il limite trimestrale vale indipendentemente dalla
quantità di rifiuti in deposito, ma poi esige che non venga superato il limite
di venti metri cubi nel corso dell'anno" e quindi è costretta a forzare
ancora una volta il significato dei termini usati.
In ogni caso, la possibilità di interpretare in chiave esplicativa il termine "ovvero"
su cui è stato costruito il significato qui criticato, è oggi venuta meno, con
l'emanazione del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (in forza della delega contenuta
nella legge 15 dicembre 2004 n. 308), il quale all'art. 183, lett. m), n. 3)
riorganizza la formulazione letterale della definizione di deposito temporaneo
di rifiuti non pericolosi, indicando, quanto al requisito che qui interessa,
come modalità alternative, a scelta del produttore, due ipotesi di tempi di
raccolta e avviamento alle operazioni di recupero o smaltimento, contrassegnate
da numeri diversi (3.1 e 3.2) e separate da un "oppure", termine che non
si presta ad una lettura in senso esplicativo, vale a dire:
"3.1) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in
deposito;
3.2) quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunga i 20
metri cubi. In ogni caso allorché il quantitativo di rifiuti non superi i venti
metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un
anno".
Segue, come terza ipotesi sub 3.3), quella riferita al deposito temporaneo
effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori.
Alla luce di siffatte puntualizzazioni nella formulazione della disposizione,
resta "pertanto definitivamente chiarito che il produttore, ferme la altre
condizioni qualitative, può decidere di conservare i rifiuti in deposito per tre
mesi in qualsiasi quantità, prima di avviarli allo smaltimento o al recupero
(privilegiando il limite temporale) oppure può scegliere di conservare i rifiuti
in deposito per un anno, purché la quantità non raggiunga i venti metri cubi
(assumendo così come decisivo il limite quantitativo). Solo per le isole minori
è eccezionalmente consentito che il deposito sia protratto per un anno anche se
il quantitativo depositato supera il limite predetto" (sentenza n. 39544,
cit.).
Applicando al caso in esame la
regola relativa al limite quantitativo temporale del deposito temporaneo,
così come qui interpretata, deve concludersi nel senso che il ricorrente, avendo
optato per il primo corno dell'alternativa indicata col raggruppare nell'area di
produzione quantitativi di rifiuti superiori a venti metri cubi ma per un
periodo inferiore a tre mesi, ha rispettato il requisito stabilito dalla legge
nella dimensione temporale.
Poiché l'unico elemento in
contestazione nel giudizio era appunto il rispetto o meno del requisito
quantitativo/temporale, devesi concludere che il fatto contestato non è
riconducibile alla fattispecie penale indicata.
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non
sussiste.
P. Q. M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non
sussiste.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2007
L' estensore
Il presidente
Antonio Ianniello
Onorato Pierluigi
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