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(Segnalata da
Augusto Atturo)
CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezioni Unite, 25/07/2007 (Ud.
3/07/2007), Sentenza n. 16411
CACCIA - PROCEDURE E VARIE - Opposizione alla sospensione della licenza di porto
di fucile per uso caccia - Giurisdizione del giudice ordinario - Caccia
esercitata in forma diversa da quella prescelta - Art. 22L. 24/11/1981, n. 689 -
Artt. 23,31 e 32, L. 11/02/1992, n. 157. Sussiste la giurisdizione del
giudice ordinario, in merito all'opposizione proposta avverso la sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della licenza di porto di fucile per
uso di caccia, irrogata dal questore, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 157
del 1992, per avere esercitato la caccia in forma diversa da quella prescelta ai
sensi dell'art. 12 comma 5, trattandosi di atto vincolato potenzialmente lesivo
di posizioni di diritto soggettivo. Presidente: Carbone V. Estensore: Malpica E.
Min. Interno (Avv. Gen. Stato) contro Montagnoli (n.c.) CORTE DI CASSAZIONE
Civile, Sezioni Unite, 25 luglio 2007, (Ud. 3/7/2007), n. 16411
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. Un. Civ.
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. NICASTRO Gaetano - Presidente di sezione -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. MORELLI Mario Rosario - Consigliere -
Dott. BONOMO Massimo - Consigliere -
Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere -
Dott. MALPICA Emilio - rel. Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, QUESTURA DI TERNI,
in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
- ricorrenti -
contro
MONTAGNOLI PIETRO SEVERINO;
- intimato -
e sul 2^ ricorso n 06158/05 proposto da:
MONTAGNOLI PIETRO SEVERINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. DA CARPI
6, presso lo studio dell'avvocato TARTAGLIA FURIO, rappresentato e difeso
dall'avvocato PIERMARINI PIERMARINO, giusta delega a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
MINISTERO DELL'INTERNO, QUESTURA TERNI;
- intimati -
avverso la sentenza n. 879/03 del Tribunale di TERNI, depositata il 05/01/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/07/07 dal
Consigliere Dott. Emilio MALPICA;
udito l'Avvocato SAULINO dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha
concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso principale, giurisdizione
dell'a.g.o., rinvio per il resto ad una sezione semplice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Pietro Severino Montagnoli propose opposizione al provvedimento di sospensione
della licenza di porto di fucile per uso di caccia adottato nei suoi confronti
dal Questore di Terni, ai sensi della L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 32,
commi 4 e 5, per aver esercitato la caccia in forma diversa da quella prescelta,
in violazione dell'art. 31, comma 1, lett. a), della medesima legge. A
fondamento della domanda, negò la sussistenza della violazione contestatagli,
precisando di aver provveduto al pagamento della sanzione pecuniaria in misura
ridotta solo perché indotto in errore dalle assicurazioni dei verbalizzanti in
ordine alle relative conseguenze, e lamentando infine la violazione dei termini
procedimentali ed il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
Con sentenza del 5 gennaio 2004, il Tribunale di Terni accolse l'opposizione,
annullando il provvedimento impugnato. Il tribunale, respinta l'eccezione di
difetto di giurisdizione sollevata dall'avvocatura dello stato in relazione al
fatto che la sospensione della licenza di caccia costituiva sanzione accessoria
a quella pecuniaria conseguente di diritto all'applicazione di quest'ultima,
senza esercizio di poteri discrezionali da parte dell'amministrazione, osservò,
nel merito, che il provvedimento era illegittimo perché emesso oltre il termine
di giorni 30 previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 2.
Per la cassazione della predetta sentenza hanno proposto ricorso il Ministero
dell'Interno e la Questura di Terni, in forza di due motivi; ha resistito con
controricorso il Montagnoli, proponendo a sua volta ricorso incidentale
condizionato, affidato ad un solo motivo; il resistente ha depositato anche
memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l'Avvocatura dello Stato denuncia violazione e falsa
applicazione della L. n. 157 del 1992, art. 32, commi 4, 5 e 6, della L. n. 689
del 1981, artt. 22 e 23, e dell'art. 103 Cost., e vizi di motivazione.
Contestala sussistenza della giurisdizione dell'AGO, assumendo che erroneamente
il tribunale ha ritenuto che la sanzione inflitta segua de jure all'adozione
dell'ordinanza- ingiunzione, in quanto essa è inflitta all'esito di autonoma
valutazione discrezionale dell'amministrazione. A parere della parte ricorrente
la L. n. 157 del 1992, art. 32, ed in particolare il comma 6, conferisce
all'autorità amministrativa una potestà valutativa ai fini dell'adozione della
sanzione amministrativa della sospensione temporanea della licenza.
Il motivo è infondato.
L'illecito amministrativo ascritto a Montagnoli Pietro Severino è quello
previsto dalla L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 31, comma 1, lett. a), il quale
irroga la sanzione del pagamento della somma da L. 400.000 (Euro 206,58) a L.
2.400.000 (Euro 1.239) "per chi esercita la caccia in una forma diversa da
quella prescelta ai sensi dell'art. 12, comma 5"; l'art. 32, comma 4, poi,
prevede che "oltre alle sanzioni amministrative previste dall'art. 31, si
applica il provvedimento della sospensione per un anno della licenza di porto di
fucile per uso di caccia nei casi indicati dallo stesso art. 31, comma 1, lett.
a)... ".. Il successivo comma 5, nello stabilire la competenza del Questore ad
emettere il relativo provvedimento, condiziona l'emissione stessa alla avvenuta
definizione del procedimento sanziontorio principale, o perché sia stato
effettuato il pagamento in misura ridotta, o perché non sia stata proposta
opposizione nel termine avverso l'ordinanza ingiunzione, sicché la sanzione
principale è divenuta inoppugnabile, o, infine, perché sia stato definito il
relativo giudizio.
Alla stregua delle disposizioni che precedono emerge in tutta evidenza che
nell'irrogare la sanzione accessoria in argomento il Questore non esercita alcun
potere discrezionale, ne' sulla possibilità o meno di irrogazione, ne' sulla
durata della sospensione, atteso che la legge stabilisce in via generale che,
sussistendo le condizioni richieste, la sanzione deve essere applicata e deve
avere la durata di un anno. Erroneamente l'avvocatura dello stato richiama il
disposto dell'art. 32, comma 6, per evidenziare la sussistenza di poteri
discrezionali dell'autorità amministrativa; la disposizione in parola si
riferisce non già all'ipotesi oggetto del presente giudizio, ma alla eventualità
che a fini cautelari, il Questore, sulla segnalazione degli agenti accertatori,
proceda immediatamente "al ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi
di pubblica sicurezza". Nella specie soltanto ricorre l'esercizio di poteri
discrezionali, ma essa è estranea all'oggetto del presente giudizio.
La assenza di qualsivoglia discrezionalità nel provvedimento irrogativo della
sanzione accessoria di cui ai commi 4 e 5, radica senza ombra di dubbio la
giurisdizione del giudice ordinario ai fini dell'opposizione, trattandosi di
atto vincolato potenzialmente lesivo di posizioni di diritto soggettivo.
Deve quindi essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario, come
fondatamente statuito dal tribunale.
Con il secondo motivo, che l'amministrazione ricorrente propone in via
logicamente subordinata, si denuncia violazione o falsa applicazione della L. n.
689 del 1981, art. 28, L. n. 241 del 1990, art. 32, nonché vizio di motivazione.
Si duole l'avvocatura dello Stato che il tribunale abbia ritenuto applicabile al
procedimento sanzionatorio il termine di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2,
fermo restando che secondo la dottrina e la giurisprudenza amministrativa, il
termine in questione è ordinatorio e non perentorio.
Il motivo è fondato.
Queste sezioni unite, con la sentenza 20.4.2006. n. 9591, hanno avuto modo di
chiarire che "la disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2,
comma 3, tanto nella sua originaria formulazione... secondo cui il procedimento
amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto
nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo
2005, n. 35, art. 36 bis, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui
detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo
legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla
L. 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e
compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i
cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell'interesse
dell'incolpato, il rispetto di un termine così breve".
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione alla fondatezza del motivo in
esame. Poiché il tribunale ha ritenuto assorbenti le ragioni di illegittimità
del provvedimento poste a fondamento della sentenza, questa va cassata con
rinvio allo stesso tribunale di Terni - in diversa composizione - il quale dovrà
esaminare gli altri motivi dell'opposizione, come lo stesso intimato ha
richiesto con il ricorso incidentale, peraltro non necessario a tal fine e,
comunque, assorbito.
Il Giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La corte a sezioni unite, riunisce i ricorsi; rigetta il primo motivo del
ricorso principale, affermando la giurisdizione dell'A.G.O.;
accoglie il secondo motivo, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese,
al tribunale di Terni.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2007.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2007
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