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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. VI, del 24/04/2007 (Ud.
07/02/2007), Sentenza n. 16527
SALUTE - Esercizio abusivo della professione - Interventi di detartarizzazione - Art. 348 c.p. - Fattispecie. Soltanto l’igienista dentale in luogo del medico dentista, - e non già l’assistente di poltrona - può, a seguito della normativa contenuta nella legge 26 febbraio 1999, n. 42 e D.M. 15 marzo 1999, n. 137, eseguire operazioni di detartarizzazione. Nel caso di specie, relativi a fatti commessi prima dell’entrata in vigore della suddetta normativa, è stato stabilito, pur nel silenzio della previgente normativa, che le operazioni di detartarizzazione, in quanto consistenti in atti invasivi sulla persona del paziente, dovevano ritenersi comunque riservate ai soli medici abilitati. Presidente S. F. Mannino, Relatore G. Paoloni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. VI, del 24/04/2007 (Ud. 07/02/2007), Sentenza n. 16527
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Udienza pubblica del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omisssis
Fatto e diritto
1.- All'esito di indagini preliminari il medico dentista Egidio Ventura era
tratto a giudizio (unitamente alla collega Laura Moretti concorrente nel reato
sub B) davanti al Tribunale di Aosta in composizione monocratica per rispondere
dei reati di:
A) esercizio abusivo della professione di medico dentista per aver consentito l'improprio esercizio di tale professione da parte dell'odontotecnico Silvio Gasparella presso il Centro Dentistico Odontoiatrico Valdostano
B) esercizio abusivo della professione di igienista dentale per aver consentito l'improprio esercizio di tale attività (interventi di pulizia dentale o detartrasi) da parte di Orietta Gasparella, semplice segretaria e assistente di poltrona;
C) lesionipersonali in danno di Silvana Agostino, paziente del C.D.O.V. srl, derivanti da erroneo trattamento odontoiatrico (protesi dentaria).
Al termine del giudizio di primo grado, nel quale si costituivano quali parti
civili la citata Agostino e la A.N.D.I.-Valle d'Aosta (Associazione Nazionale
medici Dentisti Italiani), il Tribunale di Aosta assolveva il Ventura dai reati
di cui ai capi A) e C) della rubrica per non aver commesso il fatto e ne
affermava -invece- la penale responsabilità, unitamente a quella della Moretti,
per il reato di abusivo esercizio della professione di igienista dentale (capo
B) svolto dall'assistente Orietta Gasparella (a sua volta tratta a giudizio e
separatamente giudicata nelle forme di cui all'art. 444 cpp). Per l'effetto il
Ventura e la Moretti erano condannati alla pena di euro 500,00 di multa ciascuno
nonché al risarcimento dei danni in favore delle due costituite parti civili.
Tale decisione era gravata dall'appello dei due imputati.
Con l'epigrafata sentenza in data 31.1.2006 la Corte di Appello di Torino
dichiarava la prescrizione del reato per la parte temporalmente riferibile
all'imputata Moretti e confermava la sentenza di condanna nei confronti di
Egidio Ventura.
2.- Contro detta sentenza di appello ha proposto ricorso nell'interesse del
Ventura il difensore dell'imputato, deducendo due motivi di censura.
Con il primo motivo si ipotizza violazione della legge penale e manifesta
illogicità della motivazione nella parte in cui, nell'inosservanza del disposto
dell'art. 348 cp e della normativa di settore, la sentenza configura come reato
l'abusivo esercizio dell'attività di igienista dentale. Si osserva in proposito
che deve reputarsi incongruo il riferimento operato dalla sentenza di appello
(sulla scia della sentenza di primo grado) all'attività professionale di
odontotecnico per dedurre che -essendo a costui inibiti interventi diretti nel
cavo orale del paziente- a maggior ragione tal genere di pratiche, tra cui deve
inscriversi la pulizia dentale (detartarizzazione), non è effettuabile da una
semplice assistente di poltrona quale la Gasparella. Ad avviso del ricorrente le
mansioni attribuite all'igienista dentale, prima della recente regolamentazione
normativa della professione (intervenuta dopo i fatti per i quali è processo),
esercitabile previo conseguimento di diploma universitario (L. 26.2.1999 n. 42 e
D.M. 15.3.1999 n. 137), possono e debbono essere assimilate a quelle di un
infermiere professionale, cui non sarebbero vietati interventi del tipo della
detartrasi. I giudici del merito avrebbero in altri termini, secondo il
ricorrente, creato una fattispecie incriminatrice (abusivo esercizio della
professione di igienista dentale) sconosciuta all'ordinamento penale vigente al
momento dei fatti di causa.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce il difetto di motivazione in merito
alla effettiva consapevolezza da parte del dott. Ventura dell'assenza di titoli
abilitativi in capo alla segretaria/assistente Orietta Gasparella ai fini
dell'esecuzione degli interventi di pulizia dentale nonché in merito alla
sottostante attribuzione al medesimo Ventura di un ruolo di vigilanza e di
controllo sull'attività e sulle pratiche odontoiatriche svolte presso il
C.D.O.V. di Aosta, che certamente non poteva competergli. Sia perché il dott.
Ventura non prestava il proprio servizio presso il centro con continuità
quotidiana, recandovisi (al pari degli altri medici dentisti colà operanti)
soltanto un paio di volte a settimana. Sia soprattutto perché il centro
disponeva di un direttore sanitario, cui è riconducibile la verifica della
regolarità formale e sostanziale delle competenze degli operatori del centro
dentistico sanitario. Sarebbe incongruo, secondo il ricorrente, dedurre la
consapevolezza dell'attività antigiuridica da parte del dott. Ventura sulla base
delle sole sue dichiarazioni dibattimentali circa la supponibilità (presunzione)
che le pratiche di pulizia dentaria da lui prescritte fossero eseguite dalla
assistente di sala.
3.- Il primo motivo di ricorso è infondato.
In vero la Corte di Appello di Torino perviene a conclusioni in ordine alla
apprezzabilità o meno in sede penale dell'attività svolta dall'assistente di
poltrona dentistica Orietta Gasparella immuni -nei limiti valutativi del
presente giudizio di legittimità- da lacune, da contraddizioni ovvero da
illogicità. L'impugnata sentenza si pone correttamente il quesito se, in difetto
di espressa disciplina interdittiva, la natura abusiva di una attività
professionale non espressamente individuata come tale possa divenire penalmente
illecita ai sensi dell'art. 348 cp, ove l'interpretazione delle norme vigenti
induca a farla ritenere riservata soltanto a soggetti titolari di specifica
abilitazione. La Corte territoriale fornisce una risposta secondo cui, pur nel
silenzio normativo all'epoca dei fatti di causa, l'assistente di poltrona non
poteva (e non potrebbe oggi) svolgere operazioni di detartarizzazione, attività
da ritenersi riservata al medico dentista e -dunque- penalmente censurabile ex
art. 348 cp in caso di abusivo svolgimento. Pur riconoscendo la ragionevolezza
dell'eventuale assimilazione dell'operato dell'assistente di poltrona a quella
di un infermiere, prospettata dalla difesa dell'imputato, la Corte osserva che
il mansionario delle attività espletabili dagli infermieri professionali, quale
regolato dal DPR 225/1974 esclude che costoro possano effettuare interventi,
cruenti o incruenti, che includano medicazioni delle cavità orali. Deve allora
inferirsi, secondo la Corte sabauda, che soltanto ai medici abilitati sono
riservati -secondo le rispettive specializzazioni-atti invasivi sulla persona
del paziente. Dell'invasività delle operazioni di detartrasi non può dubitarsi,
atteso che le stesse richiedono l'impiego di strumenti specialistici e
presiedono ad un'attività di assoluta delicatezza in ragione degli esiti
(infezioni, guasti) che possono derivare da una loro inesperta effettuazione.
Coerente e ineccepibile si rivela, dunque, l'assunto dell'impugnata sentenza che
riconosce la penale rilevanza dell'abusivo esercizio dell'attività di igienista
dentale praticata dall'assistente Gasparella. L'igienista dentale soltanto alla
luce dell'attuale disciplina legislativa (che richiede un diploma universitario
o titolo professionale equipollente) può oggi eseguire, in luogo del medico
dentista, interventi di detartarizzazione.
4.- Fondato deve, invece, reputarsi il secondo motivo di ricorso.
La sentenza della Corte di Appello ricompone la penale responsabilità del
Ventura con specifico riguardo all'elemento soggettivo del reato ascrittogli,
limitandosi ad evidenziare -in ciò riprendendo la motivazione del giudice di
primo grado- che l'imputato non poteva non avere "consapevolezza del fatto che
ad effettuare le detartarizzazioni fosse personale non abilitato ". Dalle
dichiarazioni dibattimentali dell'imputato (che ha asserito di poter presumere
che le operazioni di pulizia dentale da lui prescritte ai pazienti non fossero
eseguite dagli altri medici dentisti frequentanti lo studio odontoiatrico
aostano ma dall'assistente di sala Orietta Gasparella) la Corte evince una
sostanziale ammissione di responsabilità del Ventura ("...il prevenuto era in
grado di presumere, vale a dire di rendersi conto e sapere, che le stesse non
erano poste in essere neppure dagli altri medici ... '). Null'altro si aggiunge
in sentenza sull'effettiva consapevolezza da parte del dott. Ventura della
carenza di titoli abilitativi della Gasparella ai fini dell'espletamento delle
prescritte detartrasi. Né soprattutto si chiarisce l'effettiva relazione causale
sussistente tra la condotta (omissiva o commissiva) del dott. Ventura e il
prodursi dell'evento lesivo costituito dall'abusivo esercizio dell'attività di
igienista dentale riferibile alla Gasparella. Ciò nonostante l'imputato, con i
motivi di appello, abbia specificamente sottolineato come non potesse competere
a lui il controllo dei titoli abilitativi dei professionisti operanti presso il
centro dentistico aostano, ma al direttore sanitario dello stesso, profilo
professionale presente (come imposto dalla legge) presso il C.D.O.V. srl di
Aosta ed effettivamente ricoperto dal dott. Alberto Carrai. Su questo specifico
profilo la sentenza della Corte torinese omette qualsiasi commento o
considerazione.
Le illustrate sbrigative conclusioni raggiunte dall'impugnata sentenza in ordine
al (concorrente) contegno penalmente rilevante ascritto all'imputato non possono
condividersi.
Dalle motivazioni di entrambe le sentenze di merito, che si integrano e
coniugano ai fini del vaglio di legittimità rimesso a questa Corte, non possono
non rimarcarsi due congiunte evenienze. Da un lato emerge che il dott. Ventura
frequentava per l'esercizio della sua professione dentistica il centro aostano
per non più di "una o due volte la settimana" (sentenza di primo grado).
Situazione che già rende arduo ricondurre in tutto o in parte allo stesso
Ventura la responsabilità indiretta per le attività sanitarie odontoiatriche
eseguite presso il centro in tutti gli altri restanti giorni della settimana,
ivi comprese quelle svolte da personale non medico (odontotecnici, assistenti di
poltrona). Da un altro lato e congiuntamente la presenza di un direttore
sanitario del centro implica, come assume il ricorrente, che su questi
incombesse per legge l'onere specifico di assicurare l'espletamento di attività
sanitarie o assimilabili presso il centro dentistico da parte di persone munite
dei corrispondenti titoli abilitativi. Ciò che indubbiamente non può non valere
anche per la verifica dell'idoneità professionale dell'assistente Orietta
Gasparella, ancorché costei fosse altresì la "titolare dell'esercizio" (cioè del
CDOV srl), come si puntualizza nell'impugnata sentenza di appello. Ne consegue
che non soltanto rimane priva di adeguata e persuasiva motivazione
l'attribuzione soggettiva al Ventura del concorso in un reato quale l'art. 348
cp punibile a titolo di dolo, ma altresì -e prima ancora- rimane indimostrata
l'effettiva riconducibilità di una attività di controllo e verifica del
legittimo operato (quanto a possesso dei titoli abilitativi) di altri medici o
collaboratori sanitari da parte di un medico frequentante lo studio
professionale senza alcuna continuità temporale.
Le considerazioni svolte inducono all'annullamento senza rinvio dell'impugnata
sentenza per non avere l'imputato commesso il fatto-reato ascrittogli.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata dal Ventura per non aver commesso il
fatto.
Roma, così deciso il 7 febbraio 2007
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