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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
URBANISTICA E EDILIZIA - Denuncia di danno temuto - Regime di comunione -
Mancanza di accordo - Legittimazione dei comproprietari. La denuncia di
danno temuto può essere proposta anche da alcuni comproprietari di un bene in
regime di comunione indivisa nei confronti degli altri comproprietari, nel caso
in cui la mancanza di accordo impedisca di ovviare alla situazione di pericolo.
Presidente Pontorieri, Relatore Piccialli, Ric. Malaguti ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 29 Gennaio 2007 (Ud. 21/11/2006), Sentenza n. 1778
PROCEDURE E VARIE - Istanza cautelare di danno temuto - Compromissione del
diritto di proprietà - Pericolo di danno alla salute - Disciplina civilistica -
Artt. 832 c.c. e 1172 cod. civ.. La deduzione del pericolo di danno alla
salute non assume rilievo caratterizzante ed esclusivo, ai fini dell'istanza
cautelare di danno temuto, nei casi in cui tale pericolo costituisca la
conseguenza di una menomazione delle facoltà di godimento pieno ed esclusivo
che, ai sensi dell'art. 832 c.c., connotano il diritto di proprietà, la cui
compromissione giustifica, pertanto, il ricorso all'azione di cui all'art. 1172
cod. civ.. Presidente Pontorieri, Relatore Piccialli, Ric. Malaguti ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 29 Gennaio 2007 (Ud. 21/11/2006), Sentenza
n. 1778
PROCEDURE E VARIE - Azioni nunciatorie - Denuncia di danno temuto e denunzia
di nuova opera - Differenza - Istanza cautelare - Disciplina applicabile - Artt.
1171 e 1172 c.c.. Il carattere di esclusiva altruità della cosa, produttiva
di pericolo, non può ritenersi condizione della denuncia di danno temuto, alla
stregua di un raffronto tra le due previsioni normative regolanti le due
distinte ipotesi di azioni nunciatorie, ove si consideri che, mentre quella di
cui all'art. 1171 c.c., con riguardo alla denunzia di nuova opera, espressamente
richiede che l'opera sia stata "da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui
fondo", nell'ipotesi di cui all'art. 1172 cit. cod., la previsione di "qualsiasi
edificio, albero o altra cosa..." quale fonte generativa del pericolo
sovrastante la cosa formante oggetto del diritto tutelato, per la sua ampia
omnicomprensività consenta il ricorso all'azione cautelare a prescindere dal
suddetto requisito, purché la parte istante non sia in condizione di provvedervi
autonomamente. Presidente Pontorieri, Relatore Piccialli, Ric. Malaguti ed
altro. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 29 Gennaio 2007 (Ud. 21/11/2006),
Sentenza n. 1778
Udienza Pubblica del 21.11.2006
SENTENZA N.
REG. GENERALE n.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli III. mi Signori
Omissis
ha pronunciato la seguente
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 26.9.96 Camillo Malaguti e Rosanna Paganini, premesso di essere proprietari di un immobile sottostante altro, appartenente a Gino Paganini Maurizia Lombardi, a servizio di entrambi i quali esisteva nel cortile comune una vasca biologica, denunziavano al Pretore di Ferrara, ai sensi dell'art. 1172 c.c., la situazione, pericolosa per la salute e l'igiene derivante dal cattivo funzionamento del manufatto e chiedevano di essere autorizzati a realizzare, nel medesimo cortile, una nuova vasca per loro esclusivo uso.
All'esito del conseguente procedimento sommario, nel quale gli intimati Paganini
Lombardi si erano costituiti, contestando sotto vari profili, preliminari e di
merito, la domanda, ammesse ed espletate consulenza tecnica e prova
testimoniale, con ordinanza in data 24.4.97 l'adito pretore accolse la richiesta
cautelare, così come proposta dai ricorrenti, assegnando termine per l'inizio
della causa di merito.
A tanto provvedevano i ricorrenti, con atto di citazione notificato il
21.5.97, nel quale chiedevano la conferma del provvedimento interdittale, con
condanna alle spese dei resistenti; costituitisi questi ultimi, insistevano per la
reiezione della domanda.
Con sentenza in data 24.5.2000 del Tribunale di Ferrara, subentrato ope legis
al soppresso ufficio pretorile, il provvedimento interdittale veniva
confermato, dandosi atto della relativa esecuzione da parte degli attori, e le
spese del giudizio erano poste a carico dei convenuti, la cui dichiarata
indifferenza alla domanda attrice, di fatto non contrastata ed ulteriormente
comprovata dalle testimonianze acquisite in fase di merito, veniva ritenuta di
"carattere emulativo".
Proposto appello dai soccombenti, resistito dagli originari attori, con
proposizione di gravame incidentale, con sentenza del 18.2-4.4.2002
della Corte di Bologna,
l'impugnazione principale veniva respinta ed, in accoglimento di quella
incidentale, Paganini-Lombardi venivano condannati anche al rimborso, omesso in
primo grado, delle spese della consulenza tecnica espletata in sede
cautelare, oltre a quelle del secondo grado del giudizio.
La decisione suddetta si basa sulle seguenti essenziali considerazioni:
a) il ricorso cautelare non poteva ritenersi, come sostenuto dagli
appellanti, nullo per indeterminatezza dei diritti a cautela dei quali si era
agito, dovendo questi individuarsi, come precisato fin dall'inizio e ribadito con
la domanda di merito la cui decisione aveva peraltro assorbito quella interdittale nel diritto alla salute ed in quello di proprietà;
b) i convenuti appellanti, che avevano rilevato come gli attori non avessero mai
chiesto alcun provvedimento a loro carico, erano comunque da considerarsi
soccombenti, perché, pur dichiarandosi indifferenti alla avversa domanda, vi
avevano, in sostanza, opposto resistenza; d'altra parte, non avevano interesse a
dolersi della qualifica "emulativa", attribuita alla loro posizione dai primi
giudici, non essendone scaturita alcuna statuizione pregiudizievole;
c) ricorrevano nelle specie tutte le condizioni previste dall'art. 1172 c.c., costituiti
dal pericolo di un danno grave e prossimo alla salute, oltre che alla proprietà
dei ricorrenti, il cui bagno veniva invaso dai rigurgiti provenienti dalla
fognatura; la natura comune del bene determinante pericolo non costituiva
ostacolo all'accoglimento della domanda; il richiesto e concesso provvedimento autorizzativo consentito dall'ampia e non tipizzante previsione dell'art. 1172
c.c., era reso necessario dal dissenso degli altri comproprietari alla
collocazione della nuova vasca nell'area comune;
d) nessuna prova, d'altra parte, era stata fornita in ordine all'eccepita
circostanza che il malfunzionamento della vasca comune fosse dovuto a fatto
imputabile ai ricorrenti.
Avverso tale sentenza Gino Paganini e Maurizia Lombardi hanno proposto ricorso
per cassazione affidato a due motivi.
Resistono Camillo Malaguti e Rosanna Paganini con controricorso, illustrato con
successive memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, respinta l'eccezione, formulata nel controricorso, di
"inesistenza e/o nullità della notificazione del ricorso per
cassazione", risultando del tutto corretta la notificazione
dell'impugnazione, eseguita, come da relazione in calce del 16.5.2003, mediante
consegna di due copie, una per ciascuno degli intimati, e per essi al comune
difensore e domiciliatario avv. Luca Cicognani, presso lo studio in Bologna del
medesimo, che li aveva, unitamente all'avv. Valerio Bozzi di Ferrara, rappresentato
e difeso nel giudizio di secondo grado (v. epigrafe della, non notificata,
sentenza);il tutto nel pieno rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 330 c.p.c.
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta "violazione e falsa applicazione
degli artt. 100 -132 n. 4 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3-5 c.p.c., omessa
insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia".
Si lamenta che la Corte d'Appello, recependo acriticamente le erronee
argomentazioni del Pretore e del Tribunale, segnatamente in ordine al ritenuto
carattere "emulativo" del contegno di convenuti, sarebbe anch'essa caduta
nell'errore dei precedenti giudici, nel ravvisare la legittimazione degli odierni
ricorrenti in una vicenda giudiziale nella quale gli stessi erano stati
coinvolti pur non avendovi dato causa, non essendo destinatari della norma
invocata dagli attori e dei conseguenti invocati provvedimenti, per di più, ritenendoli soccombenti nonostante avessero, sin dall'inizio, manifestato la
propria indifferenza all'iniziativa assunta dalle controparti.
Le censure non meritano accoglimento.
A prescindere dalla correttezza della qualificazione della domanda
cautelare, della quale si avrà modo di occuparsi nell'esame del secondo motivo, va
considerato che la legittimazione passiva dei convenuti nasceva dalla loro contitolarità del diritto di proprietà sul bene (il cortile) interessato
dall'opera che gli istanti intendevano realizzare, mentre l'interesse dei
ricorrenti a promuovere l'azione risulta dalla Corte di merito evidenziato – con
argomentazione non oggetto di specifica censura - in ragione della necessità di
"un provvedimento autorizzativo ...in quanto la nuova vasca doveva essere
collocata nell'area comune a fronte del dissenso degli altri
comproprietari" (v. pag. 10 della sentenza impugnata): finalità sufficiente a
giustificarne ex art 100 c.p.c., l'iniziativa giudiziaria. Tale opposizione, dalla
quale nasceva l'interesse degli attori ad ottenere un provvedimento, necessario a
rimuovere l'efficacia ostativa di quel dissenso (se dettato da ragioni emulative
o meno, poco o punto rileva, non avendo i giudici di appello annesso alcuna gravativa conseguenza a siffatta qualificazione del comportamento degli odierni
ricorrenti da parte dei primi giudici), aveva, del resto, trovato testuale
conferma nella formulazione del quarto motivo d'appello, nell'ambito del quale
era stato, tra l'altro, dedotto che la realizzazione dell'opera in questione
sarebbe stata inutile e, per di più, come riferiscono i giudici di secondo grado
( anche su tale punto nel ricorso non vi è censura) "impedita dalla mancanza
della necessaria distanza dal confine, che aveva fondato il legittimo rifiuto
al consenso da parte di essi convenuti".
Con il secondo motivo viene dedotta "violazione o falsa applicazione degli artt.
1172, 2697 c.c. in relazione all'art. 360 nn.3-5-c.p.c.", essenzialmente
censurandosi l'improprio ricorso, avallato dai giudici di merito, alla denuncia
di danno temuto, in una fattispecie nella quale il pericolo, asseritamente
incombente, non derivava dalla cosa altrui, bensì da una cosa propria, anche se
comune, e, peraltro, non minacciava un diritto reale o il possesso dei
ricorrenti, bensì, come esposto sia in fase cautelare, sia in quella di merito di
primo grado, e recepito dai rispettivi giudici, il solo diritto alla
salute, estraneo alla tutela di cui all'art. 1172 c.c.; solo in grado di
appello, ed inammissibilmente, era stata introdotto nella causa petendi
anche il diritto di proprietà esclusiva sull'appartamento, il cui godimento
sarebbe stato pregiudicato dal cattivo funzionamento della vecchia vasca .
Alle finalità perseguite dagli istanti - si soggiunge - sarebbero stati
sufficienti, se del caso, le azioni previste dagli artt. 1123 o 1110 cod.civ.
Neppure tali censure meritano accoglimento.
Va, al riguardo evidenziato che il pericolo del danno alla salute, sulla cui
paventata lesione particolarmente faceva leva l'istanza cautelare accolta dal
Pretore, non poteva che costituire una conseguenza mediata della, altrettanto
temuta - ed implicitamente prospettata fin dall'inizio della vertenza - lesione
del diritto di proprietà esclusiva sull'appartamento, le cui facoltà di godimento
si assumevano sostanzialmente compromesse, oltre che minacciate da ulteriori e
più gravi pregiudizi (derivanti dal rigurgito dei liquami nel proprio
appartamento) dal difettoso funzionamento della vasca, bene di proprietà non
esclusiva sul quale, al pari che sul cortile altrettanto comune, i titolari del
diritto minacciato non avevano, in ragione dell'appartenenza degli stessi anche
ai convenuti, la possibilità di autonomi interventi atti ad ovviare alla
situazione di pericolo.
La vicenda in esame va, pertanto, definita sulla scorta dei seguenti principi
a) "la deduzione del pericolo di danno alla salute non assume rilievo
caratterizzante ed esclusivo, ai fini dell'istanza cautelare di danno temuto, nei
casi in cui – come nella specie – tale pericolo costituisca la conseguenza di
una menomazione delle facoltà di godimento pieno ed esclusivo che, ai sensi
dell'art. 832 c.c., connotano il diritto di proprietà, la cui compromissione
giustifica, pertanto, il ricorso all'azione di cui all'art. 1172 cod. civ.";
b) "l'appartenenza, in regime di
comunione indivisa, della cosa, da cui proviene pericolo, anche soggetti diversi
dagli istanti, giustifica il ricorso all'azione cautelare suddetta, nonostante
questi ultimi siano contitolari della relativa proprietà, nei casi in cui la
mancanza di accordo non consenta di poter ovviare alla denunciata situazione di
pericolo."
In ordine al secondo dei sopra enunciati principi, va evidenziato che il
carattere di esclusiva altruità della cosa, produttiva di pericolo, non può
ritenersi condizione della denuncia di danno temuto, alla stregua di un
raffronto tra le due previsioni normative regolanti le due distinte ipotesi di
azioni nunciatorie, ove si consideri che, mentre quella di cui all'art. 1171 c.c.,
con riguardo alla denunzia di nuova opera, espressamente richiede che l'opera sia
stata "da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo", nell'ipotesi di
cui all'art. 1172 cit. cod., la previsione di "qualsiasi edificio, albero o
altra cosa..." quale fonte generativa del pericolo sovrastante la cosa formante
oggetto del diritto tutelato, per la sua ampia omnicomprensività consenta il
ricorso all'azione cautelare a prescindere dal suddetto requisito, purché la
parte istante non sia in condizione di provvedervi autonomamente.
Posto che anche in tali casi risulta configurabile quel "rapporto tra cosa e
cosa", nel quale la giurisprudenza di legittimità (v., in particolare, Cass.
9783/97) individua una condizione essenziale dell'azione in questione, deve
rilevarsi che evidente risultava nel caso di specie l'impossibilità delle parti
istanti di rimuovere il pericolo, considerato che la comune appartenenza alle
controparti non solo del bene da cui lo stesso promanava, ma anche di quello sul
quale avrebbe dovuto essere realizzato l'intervento atto ad ovviarvi, e l'insorto
contrasto al riguardo, implicante valutazioni da compiere alla stregua dei
principi regolatori dell'uso della cosa comune dettati dall'art. 1102 c.c., rendevano
necessario l'intervento del giudice. La circostanza che il provvedimento dei
giudice si sia esaurito nell'autorizzazione, concessa ai ricorrenti, a provvedere
direttamente all'esecuzione dell'intervento reso necessario dalla situazione di
pericolo, anziché in un ordine, convalidabile nella successiva fase di
merito, alla controparte, non può ritenersi tale da snaturare, nella specie,
l'azione proposta, considerato che non necessariamente l'interdetto deve
concretarsi nell'intimazione di un facere o non facere, ben potendo
anche comportare un pati (ordine, rispetto ai precedenti, meno incisivo
nella sfera dei destinatari), tenuto conto dell'ampia discrezionalità concessa al
giudice dall'art. 1172 co. I u.p di adottare "secondo le circostanze" i
provvedimenti più adeguati al caso; d'altra parte la concessa autotutela,
implicante l'ordine alla controparte di non opporsi alla realizzazione del
richiesto intervento su un bene comune, tale da far cessare il pericolo derivante
dall'uso dell'altro bene comune, risulta nella specie chiaramente strumentale
rispetto all'affermazione, contenuta nella successiva decisione di merito, del
diritto degli attori alla realizzazione dell'opera de qua.
Il ricorso va, conclusivamente, respinto.
Sussistono tuttavia, in considerazione della particolarità della fattispecie in
esame, in ordine alla quale non constano precedenti giurisprudenziali in termini,
giusti motivi per l'integrale compensazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del
giudizio.
Così deciso in Roma il 21 novembre
2006
L' estensore Il presidente
L. Piccialli
F. Pontorieri
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