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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 08/10/2007 (Ud. 25/5/2007), Sentenza n. 20986

 

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Danno causato da pubblici dipendenti - Rapporto organico fra l'attività del dipendente e la P.A. - Responsabilità civile della p.a. - Configurabilità - Nesso di causalità fra il comportamento e l'evento dannoso. Affinché ricorra la responsabilità della P.A. per un fatto lesivo posto in essere dal proprio dipendente - responsabilità il cui fondamento risiede nel rapporto di immedesimazione organica - deve sussistere, oltre al nesso di causalità fra il comportamento e l'evento dannoso, anche la riferibilità all'amministrazione del comportamento stesso, la quale presuppone che l'attività posta in essere dal dipendente sia e si manifesti come esplicazione dell'attività dell'ente pubblico, e cioè tenda, pur se con abuso di potere, al conseguimento dei fini istituzionali di questo nell'ambito delle attribuzioni dell'ufficio o del servizio cui il dipendente è addetto. Tale rifèribilità viene meno, invece, quando il dipendente agisca come un semplice privato per un fine strettamente personale ed egoistico che si riveli assolutamente estraneo all'amministrazione - o addirittura contrario ai fini che essa persegue - ed escluda ogni collegamento con le attribuzioni proprie dell'agente, atteso che in tale ipotesi cessa il rapporto organico fra l'attività del dipendente e la P.A.. (Cass. Sentenza n. 24744 del 21/11/2006; cfr. anche Cass. n. 10803 del 12 .08.2000). Presidente L. F. Di Nanni, Relatore A. Talevi, Ric. De Nuzzo. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 08/10/2007 (Ud. 25/5/2007), Sentenza n. 20986

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Danno causato da pubblici dipendenti - Finalità coerenti con le mansioni - Responsabilità civile della P.A. - Configurabilità - Elementi - Fattispecie. In materia di responsabilità della P.A. affinché un Comune sia considerato responsabile in via solidale per i danni cagionati ai parenti della vittima da un pubblico dipendente (nella specie, l'omicidio volontario commesso da parte di un vigile urbano che aveva esploso alcuni colpi di pistola nei confronti di un giovane che lo aveva provocato mentre era in servizio) occorre che si accerti non solo la sussistenza del nesso causale, ma anche la riferibilità del comportamento del dipendente all’amministrazione. Nella specie, la sentenza è stata cassata con rinvio affinchè il giudice di merito valuti se l'agente di polizia municipale avesse agito per finalità coerenti con le mansioni a lui affidate o soltanto per un fine strettamente personale ed egoistico, estraneo agli scopi dell'Amministrazione. Presidente L. F. Di Nanni, Relatore A. Talevi, Ric. De Nuzzo. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 08/10/2007 (Ud. 25/5/2007), Sentenza n. 20986


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UDIENZA del

SENTENZA N.

REG. GENERALE N.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Omissis


ha pronunciato la seguente:


sentenza

omissis


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Nell'impugnata decisione lo svolgimento del processo é esposto come segue.


"Con atto di citazione notificato il 24/11/1994 ed il 19/12/1994, De Nuzzo Antonio e Mazza Lucia nonché De Nuzzo Salvatore, i primi due quali genitori ed il terzo come fratello di De Nuzzo Mario, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Brindisi Braccio Cosimo, vigile urbano alle dipendenze del Comune di Oria e lo stesso Comune di Oria assumendo che l'11/8/1991, presso lo stadio Comunale di Oria, durante la manifestazione folcloristica "Torneo dei Rioni" il menzionato Braccio aveva sparato un colpo di pistola che aveva attinto il proprio congiunto De Nuzzo Mario uccidendolo.


Aggiungevano gli istanti che, per tale fatto, il Braccio era stato sottoposto a procedimento penale conclusosi con sentenza di condanna ad anni 16 di reclusione, sentenza di condanna pronunciata in danno di costui per omicidio volontario dalla Corte di Assise di Brindisi in data 21/05/1992 e confermata con decisione 4/2/1993 dalla Corte di Assise di Appello di Lecce prima e con decisione 23/10/1993 dalla Corte di Cassazione poi.


Precisavano i medesimi istanti che dette sentenze avevano posto a carico del Braccio anche il risarcimento dei danni nei confronti di essi congiunti, parti civili costituite, e concludevano chiedendo la condanna di costui e del Comune di Oria al pagamento solidale in proprio favore di tali danni, danni che quantificavano in £. 600.000.000 (ovvero in quella somma maggiore o minore risultante in corso di causa) instando altresì per la refusione delle spese sostenute nel procedimento penale in ragione di £. 6.910.000.


Instauratosi il contraddittorio, il Comune di Oria contestava la domanda sostenendo che le sentenze penali dedotte in causa non gli erano opponibili in quanto non aveva mai partecipato al giudizio penale come responsabile civile.


In ogni caso sempre a parere dell'Ente convenuto, la dinamica dei fatti come ricostruita con la sentenza penale di condanna escludeva che la condotta delittuosa fosse inquadrabile nell'ambito dei fini istituzionali cui era preposto il Braccio.


Concludeva il Comune di Oria instando per il rigetto della domanda con vittoria di spese di lite.


Braccio Cosimo rimaneva contumace.


Con sentenza 16/12/2000 il G.O.A. presso il Tribunale di Brindisi condannava entrambi i convenuti, in solido al pagamento in favore degli attori, della somma di £. 320.000.000 oltre interessi dalla data della sentenza al saldo e spese di lite.


Riteneva il primo giudice che in virtù del rapporto di dipendenza esistente tra il Comune di Oria ed il Braccio, vigile urbano presso detto Comune, poteva affermarsi la responsabilità del primo in solido con il secondo riconosciuto autore del fatto delittuoso.


Questo perché, sempre secondo il primo giudice, la esclusione della responsabilità extracontrattuale della P.A. poteva essere determinata soltanto ove dimostrata l'autonoma volontarietà dell'azione delittuosa realizzata al di fuori dei compiti istituzionali.


Così argomentando il primo giudice riconosceva, quale danno morale, £. 130.000.000 ciascuno ai genitori della vittima e £. 60.000.000 al fratello dello stesso.


Diversamente, lo stesso primo giudice negava il rimborso delle spese sostenute nel giudizio penale svoltosi in assenza del Comune mai citato quale responsabile civile.


Avverso tale sentenza interponeva appello il Comune di Oria.


Resistevano De Nuzzo Antonio Mazza Lucia e De Nuzzo Salvatore i quali tutti spiegavano appello incidentale.


Avverso la medesima sentenza interponeva autonomo appello Di Palmo Palma, nella qualità di tutore del marito Braccio Cosimo.


Resistevano De Nuzzo Antonio, Mazza Lucia e De Nuzzo Salvatore i quali spiegavano appello incidentale.


I giudizi così instaurati venivano riuniti con provvedimento 18/7/2001. All'udienza del 7/3/2003, sulle conclusioni in epigrafe trascritte, la controversia veniva riservata per la decisione.".


Con sentenza 2.5 - 4.7.2003 la Corte decideva come segue. "...pronunciando sull'appello 16/03/2001 e su quello 13/04/2001, appelli proposti rispettivamente dal Comune di Oria e da Da Palmo Palma, quale tutore del marito Braccio Cosimo avverso la sentenza 16/12/2000 del G.O.A. presso il Tribunale di Lecce, nei confronti di De Nuzzo Salvatore, Mazza Lucia, De Nuzzo Antonio nonché sull'appello incidentale da questi ultimi spiegato così provvede:


1) Dichiara nei confronti di Braccio Cosimo, la nullità della citazione e di tutti gli atti susseguenti ivi compresa la sentenza in esame;
2) Rigetta l'appello avanzato dal Comune di Oria;
3) Ridetermina l'ammontare del danno che viene liquidato in C. 75.000,00 per il padre De Nuzzo Antonio, in £. € 75.000,00 per la madre Mazza Lucia ed in E. 50.000,00 per il fratello De Nuzzo Salvatore: tanto oltre rivalutazione secondo indici istat, a decorrere dall'i 1/08/1991 fino alla data della presente sentenza ed interessi di legge, per lo stesso periodo da calcolarsi prima sulle sorti capitali e quindi sui successivi adeguamenti annuali secondo indici istat;
4) Condanna il Comune di Oria al pagamento delle spese processuali per questo grado del giudizio, spese liquidate in complessive €. 7.800,00 di cui E. 300,00 per spese, E. 2.500,00 per diritti, C. 5.000,00 per onorari oltre 10% rimborso spese forfetarie ed iva e cap come per legge.
5) Dichiara compensate le spese nei confronti di Di Palmo Palma, quale tutore di Braccio Cosimo.
6) Conferma nel resto.".


Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Oria.


Ha resistito con controricorso Di Palmo Palma quale tutrice di Braccio Cosimo.


Hanno resistito con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale De Nuzzo Salvatore, Mazza. Lucia e De Nuzzo Antonio.


Di Palmo Palma quale tutrice di Braccio Cosimo ha depositato memoria.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Va anzitutto disposta la riunione dei ricorsi.


Il ricorrente principale Comune di Oria, con il primo motivo, denuncia "Violazione e falsa applicazione dell'art. 354 cpc, dell'art.299 cpc e dell'art.102 cpc in relazione all'art.360 n.3) e 4), nonché del successivo n. 5) per contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" esponendo doglianze che possono essere riassunte come segue. E' pacifico tra le parti che la originaria citazione avanti al Tribunale di Brindisi fu fatta nei confronti di Braccio Cosimo ed a costui notificata il 19.12.94, a mani proprie nel carcere di Turi, pur essendo lo stesso legalmente interdetto in forza della sentenza di condanna (pena accessoria) della Corte di Assise.


Donde esattamente la Corte di Lecce ha dichiarato la nullità della atto di citazione, di tutti i susseguenti atti, nonché della sentenza appellata. La Corte di Lecce, avendo esattamente rilevato la nullità della citazione nei confronti di uno dei litisconsorti, ingiustamente ha limitato nei confronti del solo Braccio la declaratoria di nullità della sentenza. Infatti, la nullità della sentenza andava estesa necessariamente a tutti i litisconsorti (la parte ricorrente cita Cass. 03-07- 1978, n. 3282 e Cass. 16.05.1997 n.4360). Il Braccio ed il Comune sono litisconsorti necessari, sia per le ovvie ragioni processuali, sia per la inscindibilità del rapporto sostanziale. Proprio la sentenza impugnata ha ben evidenziato il rapporto di immedesimazione organica esistente tra l'Ente ed il proprio funzionario. Non può asserirsi la illiceità della condotta dell'Ente, se antecedentemente o coevamente non venga accertata la illiceità della condotta del dipendente che ha materialmente agito, attraverso un giudizio che veda validamente coinvolto anche quest'ultimo.


Il motivo è privo di pregio. La citazione in giudizio del Comune e del Braccio ha infatti comportato la contemporanea esistenza di cause che non sono né inscindibili né fra loro dipendenti (non sussistendo alcuna delle varie ipotesi di dipendenza; osserva a tal proposito il collegio che tra l'altro non sussiste una domanda del Comune contro il vigile); si è invece di fronte ad una mera responsabilità solidale che non comporta la sussistenza del dedotto litisconsorzio (cfr. Cass. Sentenza n. 16957 del 16/08/2005: "La responsabilità solidale nei confronti del danneggiato tra gli autori del fatto illecito - anche nel caso in cui questo costituisca reato - ed il responsabile civile non dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario e, quindi, il creditore può agire nei confronti di uno qualsiasi dei debitori tenuti in solido, non rilevando, in contrario, che l'obbligazione del responsabile civile presuppone l'accertamento della commissione del fatto reato da parte dell'autore materiale, poiché, essendo effettuato detto accertamento soltanto incidentalmente da parte del giudice civile, non si rende necessaria la presenza in giudizio dell'autore materiale.").


Con il secondo motivo il comune ricorrente denuncia "Violazione artt. 2043 e 2049 c.c.. art.28 Cost in relazione all'art.360 n.3) cpc, nonché del successivo n.5) per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" esponendo doglianze che vanno riassunte come segue. La sentenza afferma la responsabilità del Comune ai sensi e per gli effetti di cui agli art.2043 c.c. ed art.28 Cost. Infatti, l'Ente ed il suo funzionario agente stanno in rapporto di immedesimazione organica, cosicché il fatto illecito commesso dal funzionario è immediatamente e direttamente riferibile all'Ente pubblico.

La Corte di Lecce ha pure richiamato i risultati ermeneutici raggiunti dalla giurisprudenza della S.C. sul concetto di "occasionalità necessaria", che non viene esclusa neppure dal fatto doloso del funzionario, il comportamento di costui, ancorché anomalo ed illecito, sia comunque riconducibile ad attività ed a finalità istituzionali dell'Ente. Nella specie, ad un certo punto sopraggiungeva il Vigile Urbano Braccio Cosimo il quale rimproverava i ragazzi per la scalata abusiva, ritendendo (e sbagliando in questo) che anche il secondo gruppo di giovani volesse imitare i tre già inerpicati sul muro di cinta. Dal gruppo di giovani si staccava il De Nuzzo, il quale intendeva protestare con il vigile per il trattamento riservatogli il giorno precedente, allorquando in pieno centro cittadino gli aveva detto: multa non te ne faccio ma ti spezzo le ossa." Il vigile Braccio rispondeva: se non te le ho date ieri te le do ora." Quindi il Braccio si toglieva il berretto, prendeva a schiaffi e calci il De Nuzzo, che si difendeva e dimenava, cercava di sfuggire alla presa del vigile, cadeva e si rialzava, avrebbe voluto scappare; il Braccio estraeva la pistola dalla fondina, armava il carrello e, continuando a strattonarlo esplodeva a bruciapelo il colpo di pistola. Quindi, non c'è chi non veda che il movente del delitto è la brutale ed insana determinazione di Braccio di riaffermare platealmente la sua supremazia attraverso una sonora lezione da infliggere al Braccio alla presenza di tutti i suoi amici.


Il motivo è fondato nei limiti che verranno esposti.


Va anzitutto confermato il seguente principio di diritto: "Affinché ricorra la responsabilità della P.A. per un fatto lesivo posto in essere dal proprio dipendente - responsabilità il cui fondamento risiede nel rapporto di immedesimazione organica - deve sussistere, oltre al nesso di causalità fra il comportamento e l'evento dannoso, anche la riferibilità all'amministrazione del comportamento stesso, la quale presuppone che l'attività posta in essere dal dipendente sia e si manifesti come esplicazione dell'attività dell'ente pubblico, e cioè tenda, pur se con abuso di potere, al conseguimento dei fini istituzionali di questo nell'ambito delle attribuzioni dell'ufficio o del servizio cui il dipendente è addetto. Tale rifèribilità viene meno, invece, quando il dipendente agisca come un semplice privato per un fine strettamente personale ed egoistico che si riveli assolutamente estraneo all'amministrazione - o addirittura contrario ai fini che essa persegue - ed escluda ogni collegamento con le attribuzioni proprie dell'agente, atteso che in tale ipotesi cessa il rapporto organico fra l'attività del dipendente e la P.A." (Cass. Sentenza n. 24744 del 21/11/2006; cfr. anche Cass. n. 10803 del 12 .08.2000).


Ciò premesso si osserva che la Corte di Lecce ha concluso per la sussistenza della responsabilità del comune, in quanto:
-1) Cosimo Braccio, vigile urbano, ".....si trovava il loco "comandato in servizio" in viale Grande Europa, con il compito di vigilanza all'ingresso Stadio e vigilanza sosta in viale Grande Europa....";

-2) "...nell'espletamento di tale compito di sorveglianza si inquadra la vicenda poi degenerata nell'omicidio del De Nuzzo: il vigile che aveva sorpreso tre giovani mentre scavalcavano il muro dello stadio per assistere gratuitamente allo spettacolo, contesta alla vittima, che si trovava nei pressi dello stesso muro, le medesime intenzioni suscitando reazioni verbali che lo indispettiscono alimentando il risentimento nei confronti del ragazzo con il quale, sempre nell'espletamento della propria attività (il vigile aveva sorpreso il minore a bordo di un motociclo su cui trasportava un passeggero) aveva avuto un battibecco il giorno prima...";

-3) "...rientra nei compiti istituzionali del vigile urbano il controllo del territorio ai fini della prevenzione e repressione di eventuali reati: per l'effetto, il Braccio, in presenza di una violazione di legge (scavalcamento del muro dello stadio) avrebbe dovuto comunque intervenire ancorché non preposto alla vigilanza sul posto....".


Tale motivazione, alla luce del sopra citato principio di diritto, deve ritenersi insufficiente.


Infatti la Corte di appello ha omesso di valutare (sulla base della predetta sua ricostruzione dei fatti) se il vigile, pur trovandosi in un primo tempo ad agire solo nell'espletamento di un compito istituzionale, successivamente e cioè una volta provato (o provato in misura maggiore) il suddetto "...risentimento.." abbia (o meno) cessato di agire per finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni in questione gli furono affidate ed abbia (o meno) invece iniziato ad agire per un fine strettamente personale ed egoistico (ad es. lo sfogo del risentimento predetto) assolutamente estraneo agli scopi dell'amministrazione, o addirittura contrario ai fini che essa persegue; e quindi per un fine privo di ogni collegamento con le attribuzioni proprie dell'agente (con conseguente cessazione del rapporto organico fra l'attività del dipendente e la P.A.).


Il motivo di ricorso va dunque accolto (ex art. 360 n. 5 c.p.c.; le ulteriori doglianze debbono ritenersi assorbite).

L'accoglimento di tale motivo (concernente l'an debeatur) ha effetto assorbente sul terzo e sul quarto motivo del ricorso principale e sull'unico motivo del ricorso incidentale, che concernono (sotto vari profili) il quantum debeatur (Con il terzo motivo il comune ricorrente denuncia "Violazione dell'art.1226 c.c. e dei principi codicistici in materia di quantificazione e liquidazione dei danni in relazione all'art.360 n.3) cpc nonché del successivo n.5) per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" lamentando che la Corte ha proceduto alla liquidazione dei danni morali, addirittura aumentando quelli già elevatissimi, liquidati dal primo giudice, senza nulla dire sui criteri che l'hanno indotta a siffatta liquidazione.


Con il quarto motivo il Comune denuncia "Violazione del principio della necessaria correlazione tra chiesto e pronunciato, ultra ed extra petizione danni in relazione all'art. 360 n.3) cpc, nonché del successivo n.5) per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" esponendo doglianze che vanno riassunte nel modo seguente. La impugnata sentenza così riporta le conclusioni rassegnate dal procuratore dei sigg. DE NUZZO: "...2) accogliere l'appello incidentale e condannare in solido il Comune di Oria ed il V.U. Braccio Cosimo, a titolo di risarcimento di tutti i danni morali e materiali, al pagamento in favore degli attori della somma di £ 600.000.000 il tutto oltre interessi dal momento del fatto fino all'integrale soddisfo...". Pur non essendo stata chiesta nelle conclusioni la rivalutazione, la sentenza ha statuito che ai De Nuzzo spetti anche la rivalutazione, con evidente violazione dei suddetti principi in tema di ultra ed extra petizione.

I ricorrenti incidentali De Nuzzo Salvatore, Mazza Lucia e De Antonio denunciano "Violazione degli artt. 1223, 1226, 2043 e 2056 c.c. e dei principi codicistici in materia di liquidazione dei danni patrimoniali in relazione all'art. 360 n° 3 nonché del successivo n° 5) cpc per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" lamentando che la Corte d'Appello ha ritenuto di non dover liquidare alcun danno patrimoniale, ritenendo non raggiunta la prova in questione neppure sotto l'espetto presuntivo, in mancanza di dati relativi, alla vittima ed ai genitori, mentre invece la liquidazione era possibile).


La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto (nei limiti suddetti).


La causa va rinviata alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.


A detto Giudice del rinvio va rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.


P.Q.M.


La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo di detto ricorso, nonché il ricorso incidentale; cassa l'impugnata sentenza; e rinvia la causa, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.


Così deciso a Roma il 25.5.2007.


 


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