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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 8/5/2007 (Cc.
8/3/2007), Sentenza n. 17359
CACCIA - Detenzione selvaggina morta - Airone cenerino o ardea cinerea - Specie cacciabili - Esclusione - Fattispecie: volatile abbattuto da un soggetto e da altro soggetto rinvenuto morto - Art. 18 e 30 lett. H) L. n. 157/92. In materia di specie cacciabili, l’airone cenerino o ardea cinerea non rientra fra gli animali indicati nell'art. 18 Legge 157/92 e pertanto è compreso nella previsione sanzionatoria di cui all'art. 30, lett. H). Nel caso in cui il volatile venga abbattuto da un soggetto e da altro soggetto rinvenuto morto, l'impossessamento da parte di costui non integra il reato di cui all'art. 30 citato, essendo venuta meno la ragione della tutela legislativa che si limita, in mancanza di espressa specifica norma, alla salvaguardia della selvaggina intesa come essere vivente (sent, n. 201982). Pres. Lupo - Est. Franco - Ric. Merli. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 30/05/2007 (Ud. 3/4/2007), Sentenza n. 21212
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UDIENZA CAMERA DI CONSIGLIO DEL 03/04/2007
SENTENZA N. 1039/2007
REG. GENERALE N. 32249/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli ill.mi Sigg.:
Dott. Ernesto Lupo
Presidente
Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
Dott.ssa Maria Silvia Sensini Consigliere
Avv. Santi Gazzara
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Merli Romano, nato a Pecoraia il 26 agosto 1938;
avverso la sentenza emessa il 23 maggio 2006 dal giudice del tribunale di
Voghera;
- udita nella pubblica udienza del 3 aprile 2007 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Angelo Di Popolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Voghera dichiarò Merli
Romano colpevole del reato di cui agli artt. 18 e 30, comma 1, lett. H), legge
11 febbraio 1992, n. 157, per avere, durante l'esercizio venatorio, detenuto nel
carniere un esemplare di airone cenerino (ardea cinerea) nei cui confronti non è
consentita la caccia, e lo condannò alla pena dell'ammenda.
L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione di legge perché nella ipotesi in cui - come è avvenuto nella
specie - un volatile di specie protetta venga abbattuto da una persona e
rinvenuto morto da un terzo, il suo impossessamento non integra il reato
contestato. La semplice detenzione di un volatile morto, quindi, non può farsi
rientrare nella fattispecie di cui all'art. 30, lett. H), cit., che limita la
sua tutela alla selvaggina vivente.
Inoltre, l'art. 2, comma l, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, specifica
tassativamente tutte le specie di uccelli oggetto di tutela, e fra queste non è
indicato l'airone cenerino.
2) violazione di legge e vizio di motivazione perché egli aveva dimostrato la
provenienza non illegittima dell'animale detenuto, il che escludeva la sua
responsabilità penale.
Erroneamente il giudice non ha valutato la sua versione, secondo cui il volatile
in questione era stato abbattuto da altri cacciatori che egli aveva sentito
sparare ed era stato poi trovato già abbattuto dal suo cane.
Motivi della decisione
La seconda parte del primo motivo - che va esaminata preliminarmente - è
infondata. L'art. 2, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, infatti,
elenca le specie animali oggetto di particolare protezione. Il successivo art.
18, invece, indica le specie cacciabili nei diversi periodi di tempo ivi
indicati, mentre il contestato art. 30, lett. H), punisce, tra l'altro, «chi
abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la
caccia non è consentita». L'uccello di cui al presente processo (airone cenerino
o ardea cinerea) non rientra fra quelli cacciabili indicati nell'art. 18 e
pertanto è compreso nella previsione sanzionatoria di cui all'art. 30, lett. H).
Nel resto, invece, il primo motivo è fondato. Il giudice del merito, invero, non
ha approfondito le circostanze per le quali l'imputato avesse nel suo carniere
l'airone già morto (anche se ancora caldo) ed in particolare se lo avesse
abbattuto o lo stesso fosse stato abbattuto da altri cacciatori e poi l'imputato
se ne fosse impossessato avendolo trovato abbandonato, secondo la versione
difensiva.
E ciò perché il giudice ha ritenuto che la citata disposizione di cui all'art.
30, lett. H), punisca in ogni caso la detenzione di un animale di specie non
tacciabile, anche qualora si tratti di detenzione di animale morto.
Si tratta però di una erronea interpretazione della disposizione in questione,
che è già stata autorevolmente disattesa da una precedente decisione di questa
Corte, che il Collegio ritiene di dover ribadire, anche perché non è stato
addotto dalla sentenza impugnata alcun argomento che possa indurre a mutare
orientamento.
Ed invero, la sentenza della Sez. III, 2 marzo 1995, n. 3980, Peretti, dopo aver
premesso che si tratta di una disposizione a più fattispecie, in quanto la
condotta che integra il reato può concretarsi o nell'abbattimento, o nella
cattura, o nella detenzione, ha osservato che tale previsione ha lo scopo di
creare un ventaglio di ipotesi in modo tale da tutelare completamente la specie
animale, evitando possibili elusioni della norma. Ha però anche osservato che è
evidente che, allorché il legislatore parla di detenzione, non può che riferirsi
all'animale vivo catturato da altra persona. Perché la detenzione da parte di
chi cattura il volatile ovvero la detenzione ad opera di chi lo abbatte non può
costituire reato per effetto del rapporto di consunzione che si configura
allorché la consumazione di un certo tipo di reato comporta la realizzazione
necessaria di altra fattispecie.
Va pertanto riconfermato il principio che, allorché il volatile venga abbattuto
da una persona e da un terzo rinvenuto morto, l'impossessamento da parte di
costui non integra il reato di cui all'art. 30 citato, essendo venuta meno la
ragione della tutela legislativa che si limita, in mancanza di espressa
specifica nonna, alla salvaguardia della selvaggina intesa come essere vivente
(sent. cit., n. 201982).
La sentenza impugnata deve quindi essere annullata perché, contrariamente a
quanto in essa ritenuto, la detenzione del volatile morto di per sé non è
prevista dalla legge come reato.
Ritiene tuttavia il Collegio che l'annullamento debba essere pronunciato con
rinvio proprio perché, per quanto dianzi rilevato e per l'erronea
interpretazione della norma da cui è partito, il giudice del merito ha omesso di
accertare tutte le specifiche circostanze del caso concreto ed in particolare se
sussistano le prove che l'imputato non ha solo detenuto l'uccello morto ma lo ha
anche abbattuto e debba quindi ritenersi responsabile per tale ragione, sempre
che, ovviamente, possa ritenersi che la ipotesi dell'abbattimento sia stata
specificamente contestata con il capo di imputazione. Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Voghera.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 3 aprile
2007
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