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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
RIFIUTI - Scarti di lavorazione
del legno - Sottoprodotti industriali - Esclusione. Gli scarti della
lavorazione del legno costituiti da truciolato e addensato ovvero da scarti di
legno sminuzzati a varie granulometrie e forme successivamente compattati con
l’utilizzo di collanti sono da considerarsi rifiuti e non sottoprodotti
industriali "legalmente commercializzabili dall'impresa che li produce". Pres.
Vitalone, Est. De Maio, Ric. De Filippis. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III,
dell'1 giugno 2007 (CC. 20 apr. 2007), Sentenza n. 21625
PROCEDURE E VARIE - Indagini preliminari - Sequestro preventivo eseguito da
ufficiali di P.G. - Situazione di urgenza - Ex art.321 co.3 bis cpp.
Oltre al PM, quando sussista una situazione di urgenza, anche gli ufficiali di
P.G., ex art.321 co.3 bis cpp, possono procedere di propria iniziativa al
sequestro preventivo "nel corso delle indagini preliminari, ...prima
dell'intervento del PM". Pres. Vitalone, Est. De Maio, Ric. De Filippis.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 1/06/2007 (CC. 20/04/2007), Sentenza n.
21625
PROCEDURE E VARIE - Misura cautelare - Verifica delle condizioni di
legittimità - Limiti. La verifica delle condizioni di legittimità della
misura cautelare da parte del tribunale del riesame o dalla Corte di Cassazione
non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente
la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra
la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione
riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli
stessi (Cass. Sez. Un. 4.5. 2000 n.7, Mariano, rv. 215840). Pres. Vitalone, Est.
De Maio, Ric. De Filippis. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 1 giugno 2007
(CC. 20 apr. 2007), Sentenza n. 21625
C.C. del 20.4.2007
SENTENZA N. 387
REG. GENERALE N. 003973/2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
III SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. VITALONE CLAUDIO
PRESIDENTE
1.Dott.DE MAIO GUIDO
CONSIGLIERE
2.Dott.TARDINO VINCENZO LUIGI
3.Dott.GENTILE MARIO
4.Dott.SARNO GIULIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA / ORDINANZA
sul ricorso proposto da :
1) DE FILIPPIS FRANCESCO N. IL 15/08/1934 avverso ORDINANZA del 21/11/2006 TRIB.
LIBERTA' di LECCE
sentita la relazione fatta dal Consigliere DE MAIO GUIDO
l
sentite le conclusioni del P.G. Dr. G. Izzo - rigetto del ricorso -
Uditi i difensori Avv. Luigi Rella (Lecce) e Luigi Capone (Lecce).
MOTIVAZIONE
Con decreto in data 2.11.2006 il GIP del Tribunale di Lecce convalidò il
sequestro preventivo operato dagli agenti di P.G. ex art.321 co.3 bis cpp e
dispose il sequestro preventivo di tre forni a timo verticale per la produzione
di calce e di rifiuti costituiti da scarti di lavorazione del legno trattato,
facenti parte dell'azienda La Calcaria srl, nei confronti del legale
rappresentante di tale società, Francesco De Filippis venivano ipotizzati i
reati di cui agli artt.279 co.1 e 2, 256, co.1 e 4 d.l.vo 152/06 e all'art.674
cp.
Avverso tale decreto la difesa dell'indagato propose istanza di riesame, che il
Tribunale del Riesame di Lecce ha rigettato con ordinanza in data 21.11.2006, a
sua volta impugnata con ricorso per cassazione.
Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt.111 co.6 Cost, 191-244-246
-247-250-321-352 e 354 cpp, in relazione alla inutilizzabilità del verbale di PG
dei CC di Lecce in quanto atto probatorio formato in violazione dei divieti di
legge. Si sostiene che "l'intero ciclo procedimentale del sequestro, eseguito
dalla PG... trova il suo presupposto essenziale nell'inspicere e nel
perquaerere compiuto di iniziativa dai militari della PG senza il titolo di
legittimazione costituito dal decreto di ispezione e/o perquisizione emanato dal
PM ai sensi degli artt.244 e 247 cpp e altresì in assenza dei presupposti di cui
all'art.352 cpp (flagranza del reato, evasione, esecuzione di provvedimenti
restrittivi)"; nella specie si verserebbe in una "ipotesi di utilizzazione della
ispezione e perquisizione come mezzi di ricerca della notitia criminis".
Il motivo è infondato, dovendosi, innanzi tutto, puntualizzare che nella specie
la PG ha proceduto, non a un sequestro probatorio, come sembrano ritenere il
ricorrente e, in parte, lo stesso Tribunale del Riesame, i quali hanno fatto
entrambi ricorso a principi e norme proprie per l'appunto alla disciplina del
sequestro probatorio; si tratta, invece, di un sequestro preventivo d'urgenza
effettuato di iniziativa dalla PG ex art.321 co.3 bis cpp. La legittimità
dell'intervento degli operanti, quindi, deve essere parametrata su tale norma
che faculta, oltre il PM, anche ufficiali di P.G. a procedere di propria
iniziativa al sequestro preventivo "nel corso delle indagini preliminari,
...prima dell'intervento del PM", quando sussista una situazione di urgenza.
Risulta, quindi, un fuor d'opera lamentare, come fa il ricorrente, la mancanza
del "titolo di legittimazione costituito dal decreto di perquisizione emanato
dal PM ai sensi degli artt.244 e 247 cpp", dal momento che la legittimazione
della particolare attività della P.G. discende dalla norma citata dell'art.321
co.3 bis, quando sia ravvisabile il pericolo che la libera disponibilità di una
cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso e
sussista la situazione d'urgenza nella norma stessa prevista. I giudici di
merito, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità in quanto
sorretta da adeguata motivazione, hanno affermato la sussistenza di entrambi i
requisiti menzionati, rilevando che "all'atto del sopralluogo i forni
sequestrati sono risultati in funzione con l'immissione in atmosfera di sostanze
che, sulla base dei preliminari accertamenti, devono ritenersi, allo stato,
superiori ai livelli consentiti secondo il parametro di valutazione...che in
questa sede è condizione sufficiente e necessaria per la legittimità del
provvedimento". Del resto, il ricorrente, che si è limitato a contestare la
sussistenza del fumus dei reati ipotizzati, non ha parlato affatto
dell'altro requisito dell'urgenza; deve, peraltro, essere osservato al riguardo
che è pacifico che l'eventuale insussistenza delle ragioni d'urgenza rimane
assorbita dalla convalida del sequestro (nella specie, effettuata dal GIP con il
decreto impugnato), potendosi nell'eventuale giudizio di riesame fare questione
solo della legittimità del sequestro stesso. In base a quanto precede e a quanto
sarà anche in seguito precisato, da un lato, risulta inconferente anche
l'ulteriore deduzione del ricorrente, secondo cui ispezione e perquisizione si
sarebbero nel caso in esame trasformati in mezzi di ricerca e acquisizione della
notitia criminis perchè effettuate prescindendo da un'ipotesi di reato
"sufficientemente determinata nei suoi elementi fattuali"; dall'altro, è,
invece, pertinente ed esatta, l'affermazione sopra sottolineata del Tribunale
del Riesame circa "l'urgenza di provvedere ai sensi dell'art.321 co.3 bis cpp".
Possono essere esaminati congiuntamente il secondo e il terzo motivo,
concernenti entrambi la ravvisabilità del fumus dei reati ipotizzati.
In particolare, con il secondo motivo si denuncia violazione o erronea
applicazione della legge penale perchè nel caso specifico il fatto addebitato
non è stato valutato in base al d.l.vo 152/2006 (legge vigente nel tempo in cui
il fatto è stato commesso), in quanto "mentre da una parte per le norme
sanzionatorie si è tenuto conto del nuovo Testo Unico Ambientale..., dall'altra,
per quanto attiene alle norme precettive, atti e fatti sono stati vagliati al
lume delle previgenti normative, ora non più in vigore".
La censura investe, innanzi tutto, il procedimento logico in base al quale i
militari operanti hanno ritenuto il concetto "scarti della lavorazione del
legno" equivalente al concetto di "rifiuto", essendo tale equivalenza, in base
alla speciale normativa ambientale vigente, del tutto errata; non sarebbe stato
considerato che "gli scarti della lavorazione del legno" sono in realtà
"sottoprodotti industriali" legalmente commercializzati dall'impresa che li
produce, la quale, nell'esercizio legittimo di tale attività commerciale, ha
venduto con regolare fatturazione direttamente a La Calcaria"; inoltre,
"sottoponendo il combustibile rinvenuto nei depositi de La Calcaria a verifica
di legalità secondo i parametri della vigente legislazione si accerta
che...nella categoria dei combustibili consentiti, la cui conversione energetica
può essere effettuata attraverso la combustione diretta ...rientrano la legna da
ardere e le biomasse combustibili".
Secondo il ricorrente, in base alla legislazione vigente, "risultano pienamente
rispettati i valori-limite di emissione gabellati dal legislatore e perciò si
rivelano destituiti di fondamento i rilievi dei CC operanti, sia riguardo alla
concentrazione-limite delle polveri da rispettare, sia anche riguardo alla
concentrazione delle polveri riscontrata con l'analisi dei fumi a suo tempo
eseguita da La Calcaria e di cui riferisce la relazione tecnica". Il ricorrente
conclude censurando anche "il passaggio del verbale di sequestro dei CC...in cui
viene dichiarata "inesistente/decaduta" l'autorizzazione regionale", la quale "è
invece pienamente legittima, essendo stata espressamente prevista con l'art.13
co.1 dpr 203/88"; inoltre, l'art.281 co.1 lett. a) NCA ha legittimato gli
impianti autorizzati in via provvisoria o in forma tacita, al punto "da
consentirne la prosecuzione di esercizio con termine entro il 31.12.2010 per la
domanda di autorizzazione definitiva ai sensi delle vigenti disposizioni,
quando, come nel caso in esame, si tratti di impianti anteriori al 1988".
Con l'ultimo motivo si denuncia "il difetto dei presupposti del vincolo e,
quindi, della configurabilità dei reati ipotizzati dagli operatori della PG", in
relazione in particolare all'ipotesi di cui all'art.674 cp che non sarebbe
ravvisabile "in assenza di puntuale motivazione in ordine alla sussistenza
concreta dei relativi elementi costitutivi, considerato che, per quanto è
desumibile dallo stesso verbale dei NOE CC di Lecce, il terreno cui si riferisce
l'imputazione è ubicato in zona agricola del tutto isolata, distante dal più
vicino insediamento abitativo, non soggetta a pubblico transito e destinata ad
uso strettamente privato;...nel caso in esame, il GIP prima e il Giudice del
Riesame poi hanno ritenuto sussistenti le condizioni per la ravvisabilità
dell'art.674 cp non solo senza indicare quale delle ipotesi in esso contemplate
sia in concreto attribuibile all'indagato, ma senza neppure dar conto, mediante
congrua motivazione, dell'esistenza degli elementi integranti l'illecito
contestato".
Le censure citate sono infondate dovendo ritenersi che il fumus dei reati
ipotizzati è stato esattamente ritenuto sussistente sulla base dei rilievi
seguenti:
I) i rifiuti utilizzati per la
combustione dei forni sono costitutiti da truciolato e addensato, ovvero da
scarti di legno sminuzzati a varie granulometrie e forme e successivamente
compattati con l'utilizzo di collanti. Tale ultimo rilievo infirma le deduzione
del ricorrente secondo cui si tratterebbe non di rifiuti, ma di sottoprodotti
industriali "legalmente commercializzati dall'impresa che li produce"; infatti,
come esattamente osservato dal Tribunale la presenza di collanti (che non può
essere ridiscussa in questa sede, trattandosi di un accertamento di fatto) fa sì
che non si tratti di "rifiuti della lavorazione del legno non trattato a base
esclusivamente di legno verde o componenti di legno vergine". Risulta quindi
chiaro che attiene a una diversa valutazione delle risultanze processuali la
contraria deduzione del ricorrente, secondo cui (pag.14 ric.) "nessun oggettivo
elemento di giudizio è stato acquisito circa la contaminazione da inquinanti
esistente negli scarti della lavorazione del legno rinvenuti nell'azienda de
La Calcaria"
II) dalla verifica preliminarmente compiuta (e che deve ritenersi sufficiente ai
fini dell'attuale fase cautelare) è risultato che "gli impianti della ditta
De Filippis non hanno, allo stato, le caratteristiche tecniche per poter
utilizzare i rifiuti, costituiti da scarti vegetali e scarti di legno con la
conseguente emissione in atmosfera di polveri superiori ai limiti prescritti";
III) il recupero energetico dei rifiuti avrebbe superato il limite di emissioni
di polveri di 50 mg/nm3; per contro, i limiti presi a riferimento del consulente
di parte (150 mg/m3, v.relaz. tecnica allegata all'istanza di riesame) sono da
ritenere, sempre allo stato, erronei, perché non riguardano l'utilizzo di
rifiuti, verificatasi nella specie, in alternativa ai combustibili tradizionali;
IV) di conseguenza, "gli impianti risultano sprovvisti di un qualsivoglia
sistema di abbattimento delle emissioni". Al riguardo è vero che, come
sostenuto dal ricorrente, in base all'art.281 co.1 lett.a) divo 152/2006, per
gli impianti anteriori al 1988 le domande di autorizzazione devono essere
presentate tra la data di entrata in vigore del decreto stesso e il 31.12.2010,
ma la norma stessa precisa che "il gestore deve adottare, fino alla pronuncia
dell'autorità competente, tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche
temporaneo delle emissioni". E ciò non può certo dirsi nel caso in esame in
cui va considerata sostanzialmente esatta la conclusione del Tribunale secondo
cui l'autorizzazione provvisoria concessa dalla Regione Puglia "è da
considerarsi inesistente/decaduta", sia per l'utilizzo di rifiuti quale
combustibile, sia per la tanto più necessaria propter hoc presentazione
del progetto di adeguamento.
Deve, infine, essere tenuto nel debito conto che, per giurisprudenza
assolutamente consolidata fin dalla sentenza delle Sez. Un. di questa Corte 4.5.
2000 n.7, Mariano, rv. 215840) la verifica delle condizioni di legittimità della
misura cautelare da parte del tribunale del riesame o dalla Corte di Cassazione
non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente
la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra
la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione
riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli
stessi. In adesione a tale principio, devono ritenersi sufficienti, ai fini
dell'attuale fase cautelare e quindi della astratta configurabilità dei reati
ipotizzati, gli elementi sopra citati individuati dal Tribunale del Riesame. La
lunga discussione del ricorrente (da pag.17 a 21) circa il progetto di
adeguamento e il sistema di abbattimento nonché la differenziazione dei valori
di emissione minimi e massimi "a seconda della tipologia degli impianti, della
potenza termica da essi sviluppata e della tipologia dei combustibili in essi
utilizzati integra una discussione nel merito dell'accusa che andrà prospettata
al giudice della plena cognitio"; oltre tutto, la discussione stessa è
fondata sul presupposto (di cui a pag.20 ric.) che le emissioni non contengano
sostanze inquinanti (ipotesi, quanto meno allo stato, astrattamente non
condivisibile in ragione, soprattutto, della già segnalata presenza di sostanze
collanti nel combustibile).
Deve, pertanto, concludersi che, non potendo essere accolte le censure mosse, il
ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese.
P . Q .M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deliberato il 20.4.2007
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