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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzione abusiva - Spontanea demolizione del
manufatto - Estinzione del reato per autodemolizione - Reato paesaggistico -
Reato di abuso edilizio - Concorso tra i due reati - Disciplina applicabile -
D.P.R n. 380/2001 - L. n. 47/1985 - Art. 1 c. 36, 1 quinquies L. n.
308/2004. La spontanea demolizione del manufatto ad opera dell'agente non
estingue il reato di abuso edilizio, giacché tale causa estintiva non è prevista
dalla legge n. 47 del 1985 né dal testo unico approvato con D.P.R. n. 380 del
2001. L'estinzione del reato come conseguenza della spontanea demolizione del
manufatto da parte dell'agente, prima che venga disposta dall'ufficio o comunque
prima che intervenga la condanna, e stata prevista con il comma 36, 1
quinquies dell'art. 1 della legge n. 308 del 2004, ma riguarda i soli
manufatti realizzati su beni paesaggisticamente vincolati ed estingue solo il
reato paesaggistico. Tale norma non può essere applicata analogicamente al reato
urbanistico trattandosi di fatto che offende un bene giuridico diverso da quello
paesaggistico, tanto è vero che è configurabile il concorso tra i due reati
proprio perché sono diversi i beni giuridici violati. Il fatto che siano
entrambi sanzionati con la medesima pena prevista nella stessa norma penale non
fa venire meno la loro autonomia. Pres. Vitalone, Est. Petti, Ric. Bollino.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 gennaio 2007 (Ud. 9/11/2006), Sentenza
n. 231
URBANISTICA E EDILIZIA - Reati urbanistici-edilizi - Autodemolizione delle
opere abusive - Estinzione del reato - Esclusione. In materia di reati
urbanistici-edilizi, l'autodemolizione delle opere abusive non comporta
l'estinzione del reato commesso con la loro costruzione, in quanto nei reati
urbanistici, prima ancora dell'alterazione dell'assetto urbanistico, assume
rilevanza penale l'elusione del controllo che l'autorità amministrativa è
chiamata ad esercitare, in via preventiva e generale, sull'attività edilizia
assoggettata a regime concessorio. Inoltre con l'ultimazione dei lavori il reato
si è già perfezionato in tutti i suoi elementi per cui il ripristino dello stato
dei luoghi è elemento del tutto estraneo alla fattispecie (Cass. Sez. III 9
giugno 1998 n 10199; Cass. sez. III 17 novembre 1995 Caputo; Cass. Sez. III n
2706 del 1992 Cass. n 4569 del 1989). Pres. Vitalone, Est. Petti, Ric. Bollino.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 gennaio 2007 (Ud. 9/11/2006),
Sentenza n. 231
URBANISTICA E EDILIZIA - Opera abusiva - Autodemolizione come causa di non
perseguibilità dell'autore - Limiti - Artt. 13 e 22 L. n. 47/1985 ed ora in base
all'art. 36 del Testo unico. L'autodemolizione come causa di non
perseguibilità dell'autore rileva nei soli casi espressamente previsti dalla
legge (ad esempio nell'ipotesi di cui all'art 8 quater della legge 21 giugno
1985 n 298 in base al quale non erano perseguibili coloro che avevano eliminato
le opere abusive entro la data stabilita nella norma stessa). Al di fuori delle
ipotesi di non perseguibilità espressamente previste, l'autodemolizione estingue
il reato solo se accompagnata dal certificato di conformità dell'opera
rilasciato in base agli artt. 13 e 22 della legge n. 47 del 1985 ed ora in base
all'articolo 36 del Testo unico. Pres. Vitalone, Est. Petti, Ric. Bollino.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/01/2007 (Ud. 9/11/2006), Sentenza n. 231
URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzione abusiva sanabile - Spontanea demolizione
- Certificato di conformità - Richiesta e rilascio - Effetti - Estinzione del
reato. L'autodemolizione non impedisce la richiesta ed il rilascio del
certificato di conformità secondo l'orientamento espresso dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 167 del 29 marzo 1989, ribadito in qualche
decisione di questa stessa sezione (cfr. Cass. n. 35011 del 2003) nella quale si
è statuito che " l'estinzione del reato di costruzione abusiva, per effetto del
combinato disposto degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985 n 47, si
verifica anche a favore di chi abbia demolito manufatto sempre che si tratti di
costruzione che, se non demolita, avrebbe potuto ottenere la concessione in
sanatoria; in tal caso l'accertamento e la certificazione di conformità
effettuata dal Sindaco ai sensi dei citati artt. 13 e 22 legge n, 47 del 1985
tiene luogo della sanatoria rilasciata per i manufatti ancora esistenti". Pres.
Vitalone, Est. Petti, Ric. Bollino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10
gennaio 2007 (Ud. 9/11/2006), Sentenza n. 231
URBANISTICA E EDILIZIA - Condono - Opere sanabili e provvedimento di
sequestro - Termini prescritti per la sanatoria - Art. 32 c. 25 L. n. 326/2003 -
Art. 43 L. n. 47/1985. In materia di sanatoria, l'articolo 43 della legge n.
47 del 1985, richiamato dall'articolo 32 comma 25 della legge 326 del 2003,
dispone che possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per
provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, limitatamente al completamento
delle opere necessarie per rendere funzionali le strutture gia realizzate, non
può essere circoscritto ai soli provvedimenti di organi giurisdizionali
amministrativi, ma deve essere inteso quale norma di favore per chi abbia
rispettato i provvedimenti giurisdizionali anche del giudice penale non
ultimando per tale ragione la costruzione nei termini prescritti (Cass. sez. III
2 settembre 2005 n 3284;13 dicembre 1999 n. 14148; 3 luglio 1998 n 7847).
Opinando diversamente, si verificherebbero ingiustificate disparità tra chi ha
osservato il provvedimento di sequestro,e per tale ragione non ha potuto quindi
completare l'opera, e chi, invece, violando i sigilli, ha completato l'opera nei
termini prescritti e quindi potrebbe usufruire del condono. Pres. Vitalone, Est.
Petti, Ric. Bollino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 gennaio 2007 (Ud.
9/11/2006), Sentenza n. 231
Udienza Pubblica del 9.11.2006
SENTENZA N. 1757
REG. GENERALE n. 18624/05
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. Claudio Vitalone Presidente
2. Dott. Ciro Petti Consigliere
3. Dott. Vincenzo Tardino Consigliere
4. Dott. Gentile Mario Consigliere
5. Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Bollino
Carmela, nata il 23 dicembre del 1959 a Palermo avverso la sentenza del
tribunale Avellino del 3 ottobre del 2005;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il sostituto procuratore generale dott. Francesco Salzano, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
- udito il difensore avv. Papalia Ubaldo, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
- letti il ricorso e le sentenza denunciata, osserva quanto segue
IN FATTO
Con sentenza del 27 gennaio 2003, il
Tribunale di Termini Imerese, in composizione monocratica, unificati i reati
sotto il vincolo della continuazione e concesse le attenuanti generiche,
condannava Bollino Carmela alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 8.000,00
di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, quale responsabile dei
seguenti reti:
a) del reato di cui all'art. 20,
lett. b) della legge n° 47/85, per avere, in assenza di concessione edilizia,
proceduto alla costruzione di opere abusive, consistenti: 1) in un fabbricato
con struttura in cemento armato, composto da piano seminterrato delle dimensioni
di mt. 10,30 x 8,50 circa e da un piano terra delle dimensioni di mt 10,50 x
8,50 circa; 2) in un manufatto in lamiera di mt. 5 x 2,50; 3) in altro manufatto
in muratura e "copertura in onduline di mt. 2 x 2,50; 4) in un forno ed un WC
delle dimensioni di mt. 1 x 1,50;
b) del reato di cui agli artt. 17 e 20 della legge n° 64/1974, per avere
iniziato i lavori in zona sismica, omettendo i prescritti preavvisi al Sindaco e
all'Ufficio del Genio Civile;
c) del reato di cui agli artt. 18 e 20 della legge n° 64/74, per avere eseguito
le opere anzidette senza essere munito della preventiva autorizzazione
dell'Ufficio del Genio Civile;
d) del reato di cui agli artt. 1, 2 e 13 della Legge n° 1086/71, per avere
eseguito opere in cemento armato in assenza di progetto esecutivo redatto da
tecnico abilitato e senza la direzione dei lavori da parte di questi;
e) del reato di cui agli artt. 1, 4 e 14 della legge n° 1086/71, per avere
iniziato i lavori in cemento armato, omettendo la prescritta denuncia
all'Ufficio del Genio Civile. Fatti ritenuti commessi il 17 marzo del 2000.
Disponeva la demolizione dei
manufatti abusivi e concedeva all'imputata il beneficio della sospensione
condizionale della pena.
Proponeva rituale appello il difensore, il quale censurava l'impugnata sentenza,
sostenendo che il primo giudice avrebbe dovuto assolvere la BOLLINO dai reati
ascrittile per non aver commesso il fatto, non essendo provato che costei fosse
stata la committente dei lavori, a nulla rilevando che fosse proprietaria del
suolo (1° motivo). Il procedimento, peraltro, avrebbe dovuto essere sospeso,
essendo stata presentata istanza di condono (2° motivo). La pena
inflitta era, in ogni caso, eccessiva, avuto riguardo alla modesta
rilevanza dell'abuso ed allo stato d'incensuratezza dell'imputata, alla quale
avrebbero dovuto essere concessi tutti benefici di legge (3° motivo).
Al dibattimento il difensore produceva copia della domanda di condono con
allegato bollettino di versamento della prima rata. Disposte informazioni presso
il Comune di Altavilla Milicia sulla congruità del versamento eseguito, in
relazione alla tipologia dell'abuso commesso, si accertava che la prevenuta aveva
versato l'intera somma dovuta per oblazione per complessivi € 10.709,00,
ritenuta congrua in relazione alla superficie delle opere residenziali
realizzate e che la definizione dell'illecito edilizio aveva ad oggetto
unicamente il fabbricato composto da piano seminterrato e primo piano (punto
1 del capo a dell'imputazione), ma non anche le altre separate ed autonome opere
abusive (punti 1, 2 e 3 del medesimo capo a).
Con sentenza del 24 gennaio del 2005 la corte, in parziale riforma di quella
impugnata, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputata in
ordine ai reati ascritti ai capi B) e C) perché si erano estinti per
prescrizione e riduceva a mesi tre e giorni venti di arresto ed € 7600,00 di
ammenda la pena inflitta per gli altri reati.
A fondamento della decisione, per
quanto ancora rileva in questa sede, osservava che il condono non era
applicabile perché l'opera
non era stata ultimata entro il 31 marzo del 2003 giacché, a seguito di un
esposto anonimo, agenti della Polizia Municipale di Altavilla Milizia, il 17
marzo del 2000, avevano proceduto al sequestro dei manufatti che all'epoca non
erano ancora ultimati; che i reati di cui ai capi A), D) ed E) non si erano
prescritti avuto riguardo al periodo di sospensione del processo per la
presentazione della domanda di condono
Ricorre per cassazione l'imputata
deducendo:
la violazione dell'articolo 43 della legge n. 47 del 1985, per avere il
tribunale omesso di considerare che il fabbricato non era stato ultimato perché
oggetto di sequestro per cui, in forza della norma citata, la sanatoria si
doveva considerare possibile;
la violazione dell'articolo 157 c.p., per la mancata declaratoria di estinzione
dei reati per prescrizione: la corte ai fini del decorso del termine
prescrizionale non avrebbe dovuto computare il periodo di sospensione per il
condono proprio perché aveva ritenuto l'opera non condonabile. Precisa che i
manufatti per i quali non era stata presentata la domanda di condono erano stati
già demoliti
In DIRITTO
Il collegio rileva che allo stato tutti i reati si sono prescritti essendo
ormai decorso il termine prescrizionale prorogato, avuto pure riguardo al
periodo pari ad anni uno, mesi due e gg. 13 durante il quale il dibattimento è
rimasto sospeso per impedimento dell'imputato o del suo difensore (Sentenza
delle Sezioni unite 28 novembre 2001 Cremonese) ed al periodo di sospensione
legale pari a mesi 10 e gg. 28 per la presentazione della domanda di condono,
trattandosi di opere condonabili, e così ad un periodo di sospensione
complessivo pari ad anni due, mesi uno e gg. 11. Di conseguenza il reato si è
prescritto il 28 ottobre del 2006.
Il ricorso non è manifestamente infondato. Invero, secondo il prevalente
orientamento di questa corte, l'articolo 43 della legge n. 47 del 1985,
richiamato dall'articolo 32 comma 25 della legge 326 del 2003, in base al quale
possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per provvedimenti
amministrativi o giurisdizionali, limitatamente al completamento delle opere
necessarie per rendere funzionali le strutture gia realizzate, non può essere
circoscritto ai soli provvedimenti di organi giurisdizionali amministrativi, ma
deve essere inteso quale norma di favore per chi abbia rispettato i
provvedimenti giurisdizionali anche del giudice penale non ultimando per tale
ragione la costruzione nei termini prescritti (Cass. sez. III 2 settembre 2005 n
3284; 13 dicembre 1999 n. 14148; 3 luglio 1998 n 7847). Opinando diversamente, si
verificherebbero ingiustificate disparità tra chi ha osservato il provvedimento
di sequestro, e per tale ragione non ha potuto quindi completare l'opera, e chi,
invece, violando i sigilli, ha completato l'opera nei termini prescritti e
quindi potrebbe usufruire del condono.
La declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione prevale sul condono
perché questo non è applicabile ai manufatti per i quali non è stata presentata
la relativa istanza. D'altra parte la spontanea demolizione del manufatto ad
opera dell'agente non estingue il reato di abuso edilizio, giacché tale causa estintiva non è prevista dalla legge n. 47 del 1985 né dal testo unico approvato
con D.P.R. n. 380 del 2001. L'estinzione del reato come conseguenza della
spontanea demolizione del manufatto da parte dell'agente, prima che venga
disposta dall'ufficio o comunque prima che intervenga la condanna, e
stata prevista con il comma 36, 1 quinquies dell'art 1 della legge n. 308
del 2004, ma riguarda i soli manufatti realizzati su beni paesaggisticamente vincolati ed estingue solo il reato paesaggistico. Tale
norma non può essere applicata analogicamente al reato urbanistico trattandosi
di fatto che offende un bene giuridico diverso da quello paesaggistico, tanto è
vero che è configurabile il concorso tra i due reati proprio perché sono diversi
i beni giuridici violati. Il fatto che siano entrambi sanzionati con la medesima
pena prevista nella stessa norma penale non fa venire meno la loro autonomia. Secondo l'orientamento di questa Corte l'autodemolizione delle opere abusive
non comporta l'estinzione del reato urbanistico commesso con la loro
costruzione, in quanto nei reati urbanistici, prima ancora dell'alterazione
dell'assetto urbanistico, assume rilevanza penale l'elusione del controllo che
l'autorità amministrativa è chiamata ad esercitare, in via preventiva e
generale, sull'attività edilizia assoggettata a regime concessorio. Inoltre con
l'ultimazione dei lavori il reato si è già perfezionato in tutti i suoi elementi
per cui il ripristino dello stato dei luoghi è elemento del tutto estraneo alla
fattispecie (Cass. Sez. III 9 giugno 1998 n 10199; Cass. sez. III 17 novembre
1995 Caputo; Cass. Sez. III n 2706 del 1992 Cass. n 4569 del 1989). L'autodemolizione
come causa di non perseguibilità dell'autore rileva nei soli casi espressamente
previsti dalla legge (ad esempio nell'ipotesi di cui all'art 8 quater della
legge 21 giugno 1985 n 298 in base al quale non erano perseguibili coloro che
avevano eliminato le opere abusive entro la data stabilita nella norma stessa).
Al di fuori delle ipotesi di non perseguibilità espressamente previste, l'autodemolizione
estingue il reato solo se accompagnata dal certificato di conformità dell'opera
rilasciato in base agli artt. 13 e 22 della legge n. 47 del 1985 ed ora in base
all'articolo 36 del Testo unico. L'autodemolizione non impedisce la richiesta ed
il rilascio del certificato di conformità secondo l'orientamento espresso dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 167 del 29 marzo 1989, ribadito in
qualche decisione di questa stessa sezione (cfr. Cass. n. 35011 del 2003) nella
quale si è statuito che " l'estinzione del reato di costruzione abusiva, per
effetto del combinato disposto degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985
n 47, si verifica anche a favore di chi abbia demolito manufatto sempre che si
tratti di costruzione che, se non demolita, avrebbe potuto ottenere la
concessione in sanatoria; in tal caso l'accertamento e la certificazione di
conformità effettuata dal Sindaco ai sensi dei citati artt. 13 e 22 legge n, 47
del 1985 tiene luogo della sanatoria rilasciata per i manufatti ancora
esistenti".
A norma dell'articolo 100 del Testo unico sull'edilizia copia di questa sentenza
va trasmessa all'ufficio tecnico della Regione Siciliana per quanto di
competenza
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 620 c.p.p.
Annulla
Senza rinvio la sentenza impugnata perché estinti per prescrizione i
reati ascritti. Dispone trasmettersi copia di questa
sentenza all'ufficio tecnico della Regione Siciliana.
Così deciso in Roma il 9 novembre del 2006
L' estensore
Il presidente
Ciro Petti
Claudio Vitalone
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