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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 14/06/2007 (Ud.
26/04/2007), Sentenza n. 23128
URBANISTICA E EDILIZIA - Violazione sigilli e risarcimento del danno al Comune - Reato plurioffensivo. La violazione dei sigilli può ledere oltre che l'interesse della Pubblica autorità ad assicurare l'indisponibilità del bene per ragioni di giustizia o altro, anche un parallelo o concorrente interesse di un soggetto privato alla conservazione della identità del bene in attesa del suo conseguimento o a garanzia di un credito o per evitare un aggravio di danno conseguente alla sua modificazione. Questa duplice possibile potenzialità lesiva spiega le ragioni per cui correttamente il giudice può disporre la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni all’Amministrazione Comunale (nella fattispecie si è ritenuto che la violazione dei sigilli per immutare lo stato dei luoghi oggetto di sequestro, con la prosecuzione dei lavori relativi, aveva condotto ad ulteriori conseguenze il danno subito dal Comune). Va infine rilevato come proprio questa possibilità di modificazione - anche mediante la prosecuzione di lavori su di essa - dell'opera della quale l'apposizione dei sigilli è finalizzata ad assicurare "la conservazione e la identità", conduce a ritenere che il reato di cui all'art. 349 c.p. possa essere un reato plurioffensivo. Pres. Onorato Est. Ianniello Ric. D’Alba. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 14/06/2007 (Ud. 26 apr. 2007), Sentenza n. 23128
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Udienza pubblica del 26/04/2007
SENTENZA N. 01328 /2007
REG. GENERALE N.034949/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Sigg.:
Dott. ONORATO PIERLUIGI PRESIDENTE
1.Dott.TERESI ALFREDO CONSIGLIERE REGISTRO GENERALE
2.Dott.FIALE ALDO
3.Dott.IANNIELLO ANTONIO
4.Dott.SENSINI MARIA SILVIA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA / ORDINANZA
sul ricorso proposto da :
1) D'ALBA BARBARA N. IL 04/05/1968
avverso SENTENZA del 20/04/2006 CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO ANTONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Passacantando Guglielmo che
ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv. ////
Udit i difensor Avv.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 20 aprile 2006, la Corte d'appello di Napoli ha confermato
integralmente la sentenza in data 15 maggio 2003, con la quale il locale
Tribunale aveva condannato Barbara D'Alba, previo riconoscimento delle
attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di mesi
sei di reclusione ed € 300,00 di multa, ritenendola colpevole del reato di cui
agli artt. 81 cpv. e 349 cpv. cod. pen. per avere, in Napoli, come accertato il
23 gennaio 1999, in qualità di proprietaria, committente e custode di un
immobile abusivo, ripetutamente violato i sigilli ad esso apposti su
disposizione dell'Autorità giudiziaria.
Il Tribunale aveva inoltre dichiarato non doversi procedere nei confronti
dell'imputata per l'abuso edilizio ed i reati connessi, perché estinti per
intervenuta prescrizione. Aveva infine condannato la donna al risarcimento dei
danni alla costituita parte civile Comune di Napoli, da liquidare in separata
sede.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione il
difensore dell'imputata, deducendo:
1 - il vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze
istruttorie ai fini del giudizio di equivalenza delle generiche, che alla luce
della modestia dell'abuso, avrebbero dovuto essere ritenute prevalenti.
Comunque, nella valutazione, i giudici avevano illegittimamente tenuto conto
anche della gravità dell'abuso edilizio, viceversa dichiarato prescritto già in
primo grado, mentre avrebbero dovuto aver riguardo unicamente al fatto di
violazione dei sigilli.
2 - il vizio di motivazione in ordine alla censura relativa alla condanna al
risarcimento del danno al Comune quale parte civile: in mancanza di condanna e
sulla base della semplice estinzione per prescrizione dei reati edilizi, la
Corte d'appello non avrebbe infatti potuto, secondo la ricorrente, condannarla a
risarcire al Comune danni che non potevano che derivare a questO da violazioni
edilizie.
L'imputata conclude pertanto chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
Il ricorso è infondato.
Col primo mezzo, la ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della
prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante di cui al 2°
comma dell'art. 349 c.p., sostenendo la modestia dell'abuso edilizio operato e
cui era finalizzata la violazione dei sigilli e deducendo che comunque la
valutazione di gravità del fatto avrebbe dovuto concernere esclusivamente il
reato accertato in sentenza e non quello dichiarato estinto per prescrizione.
Il motivo è in parte generico ed in parte infondato.
E' generico quando qualifica modesto soppalco l'opera che i giudici di merito
hanno definito, sulla base delle risultanze istruttorie, la "completa
ristrutturazione di un appartamento sito all'ultimo piano di un edificio e sua
trasformazione in una unità abitativa su due piani".
Il motivo è poi infondato laddove pretende di limitare al reato oggetto di
accertamento positivo le valutazioni del giudice in sede di determinazione della
pena, anche attraverso il giudizio di prevalenza o equivalenza delle circostanze
del reato.
Incidono infatti in tale valutazione, ai sensi dell'art. 133 c.p., non solo
considerazioni inerenti la gravità del reato accertato, comunque operate nel
caso in esame dai giudici, ma anche, per quel che qui interessa, la condotta
contemporanea e successiva dell'imputato, nel caso di specie rappresentata dalla
continuazione dell'opera nonostante l'apposizione dei sigilli, da ritenere
pertanto correttamente presa in esame dai giudici di merito.
Va infine rilevato come proprio questa possibilità di modificazione - anche
mediante la prosecuzione di lavori su di essa - dell'opera della quale
l'apposizione dei sigilli è finalizzata ad assicurare "la conservazione e la
identità", conduce a ritenere che il reato di cui all'art. 349 c.p. possa essere
un reato plurioffensivo.
Appare infatti ipotizzabile che la violazione dei sigilli possa ledere oltre che
l'interesse della Pubblica autorità ad assicurare l'indisponibilità del bene per
ragioni di giustizia o altro, anche un parallelo o concorrente interesse di un
soggetto privato alla conservazione della identità del bene in attesa del suo
conseguimento o a garanzia di un credito o per evitare un aggravio di danno
conseguente alla sua modificazione.
Questa duplice possibile potenzialità lesiva spiega le ragioni per cui
correttamente i giudici di merito abbiano disposto la condanna dell'imputata al
risarcimento dei danni al Comune di Napoli, in quanto nel caso esaminato la
violazione dei sigilli per immutare lo stato dei luoghi oggetto di sequestro,
con la prosecuzione dei lavori relativi, aveva condotto ad ulteriori conseguenze
il danno subito dal Comune.
Anche il secondo motivo di ricorso va pertanto ritenuto infondato.
Sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con la
conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al
pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
.
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