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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 14/06/2007 (Ud. 26/04/2007), Sentenza n. 23128
 

 

URBANISTICA E EDILIZIA - Violazione sigilli e risarcimento del danno al Comune - Reato plurioffensivo. La violazione dei sigilli può ledere oltre che l'interesse della Pubblica autorità ad assicurare l'indisponibilità del bene per ragioni di giustizia o altro, anche un parallelo o concorrente interesse di un soggetto privato alla conservazione della identità del bene in attesa del suo conseguimento o a garanzia di un credito o per evitare un aggravio di danno conseguente alla sua modificazione. Questa duplice possibile potenzialità lesiva spiega le ragioni per cui correttamente il giudice può disporre la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni all’Amministrazione Comunale (nella fattispecie si è ritenuto che la violazione dei sigilli per immutare lo stato dei luoghi oggetto di sequestro, con la prosecuzione dei lavori relativi, aveva condotto ad ulteriori conseguenze il danno subito dal Comune). Va infine rilevato come proprio questa possibilità di modificazione - anche mediante la prosecuzione di lavori su di essa - dell'opera della quale l'apposizione dei sigilli è finalizzata ad assicurare "la conservazione e la identità", conduce a ritenere che il reato di cui all'art. 349 c.p. possa essere un reato plurioffensivo. Pres. Onorato Est. Ianniello Ric. D’Alba. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 14/06/2007 (Ud. 26 apr. 2007), Sentenza n. 23128

 

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Udienza pubblica del 26/04/2007

SENTENZA N. 01328 /2007
REG. GENERALE N.034949/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE



Composta dagli Sigg.:


Dott. ONORATO PIERLUIGI PRESIDENTE
1.Dott.TERESI ALFREDO CONSIGLIERE REGISTRO GENERALE
2.Dott.FIALE ALDO
3.Dott.IANNIELLO ANTONIO
4.Dott.SENSINI MARIA SILVIA


ha pronunciato la seguente


SENTENZA / ORDINANZA


sul ricorso proposto da :
1) D'ALBA BARBARA N. IL 04/05/1968
avverso SENTENZA del 20/04/2006 CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO ANTONIO

Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Passacantando Guglielmo che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv. ////
Udit i difensor Avv.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE


Con sentenza del 20 aprile 2006, la Corte d'appello di Napoli ha confermato integralmente la sentenza in data 15 maggio 2003, con la quale il locale Tribunale aveva condannato Barbara D'Alba, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di mesi sei di reclusione ed € 300,00 di multa, ritenendola colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 349 cpv. cod. pen. per avere, in Napoli, come accertato il 23 gennaio 1999, in qualità di proprietaria, committente e custode di un immobile abusivo, ripetutamente violato i sigilli ad esso apposti su disposizione dell'Autorità giudiziaria.


Il Tribunale aveva inoltre dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputata per l'abuso edilizio ed i reati connessi, perché estinti per intervenuta prescrizione. Aveva infine condannato la donna al risarcimento dei danni alla costituita parte civile Comune di Napoli, da liquidare in separata sede.


Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputata, deducendo:


1 - il vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie ai fini del giudizio di equivalenza delle generiche, che alla luce della modestia dell'abuso, avrebbero dovuto essere ritenute prevalenti. Comunque, nella valutazione, i giudici avevano illegittimamente tenuto conto anche della gravità dell'abuso edilizio, viceversa dichiarato prescritto già in primo grado, mentre avrebbero dovuto aver riguardo unicamente al fatto di violazione dei sigilli.


2 - il vizio di motivazione in ordine alla censura relativa alla condanna al risarcimento del danno al Comune quale parte civile: in mancanza di condanna e sulla base della semplice estinzione per prescrizione dei reati edilizi, la Corte d'appello non avrebbe infatti potuto, secondo la ricorrente, condannarla a risarcire al Comune danni che non potevano che derivare a questO da violazioni edilizie.


L'imputata conclude pertanto chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.


Il ricorso è infondato.


Col primo mezzo, la ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante di cui al 2° comma dell'art. 349 c.p., sostenendo la modestia dell'abuso edilizio operato e cui era finalizzata la violazione dei sigilli e deducendo che comunque la valutazione di gravità del fatto avrebbe dovuto concernere esclusivamente il reato accertato in sentenza e non quello dichiarato estinto per prescrizione.


Il motivo è in parte generico ed in parte infondato.


E' generico quando qualifica modesto soppalco l'opera che i giudici di merito hanno definito, sulla base delle risultanze istruttorie, la "completa ristrutturazione di un appartamento sito all'ultimo piano di un edificio e sua trasformazione in una unità abitativa su due piani".


Il motivo è poi infondato laddove pretende di limitare al reato oggetto di accertamento positivo le valutazioni del giudice in sede di determinazione della pena, anche attraverso il giudizio di prevalenza o equivalenza delle circostanze del reato.


Incidono infatti in tale valutazione, ai sensi dell'art. 133 c.p., non solo considerazioni inerenti la gravità del reato accertato, comunque operate nel caso in esame dai giudici, ma anche, per quel che qui interessa, la condotta contemporanea e successiva dell'imputato, nel caso di specie rappresentata dalla continuazione dell'opera nonostante l'apposizione dei sigilli, da ritenere pertanto correttamente presa in esame dai giudici di merito.


Va infine rilevato come proprio questa possibilità di modificazione - anche mediante la prosecuzione di lavori su di essa - dell'opera della quale l'apposizione dei sigilli è finalizzata ad assicurare "la conservazione e la identità", conduce a ritenere che il reato di cui all'art. 349 c.p. possa essere un reato plurioffensivo.


Appare infatti ipotizzabile che la violazione dei sigilli possa ledere oltre che l'interesse della Pubblica autorità ad assicurare l'indisponibilità del bene per ragioni di giustizia o altro, anche un parallelo o concorrente interesse di un soggetto privato alla conservazione della identità del bene in attesa del suo conseguimento o a garanzia di un credito o per evitare un aggravio di danno conseguente alla sua modificazione.


Questa duplice possibile potenzialità lesiva spiega le ragioni per cui correttamente i giudici di merito abbiano disposto la condanna dell'imputata al risarcimento dei danni al Comune di Napoli, in quanto nel caso esaminato la violazione dei sigilli per immutare lo stato dei luoghi oggetto di sequestro, con la prosecuzione dei lavori relativi, aveva condotto ad ulteriori conseguenze il danno subito dal Comune.


Anche il secondo motivo di ricorso va pertanto ritenuto infondato.


Sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con la conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.


P. Q. M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
.


 


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