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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 22/06/2007 (Cc
18/05/2007), Sentenza n. 24736
RIFIUTI - Trasporto illecito (culpa in vigilando) - Omissione -
Responsabilità - Natura - Art. 256, c. 2 D. Lgs. n. 152/2006. In materia di
rifiuti, il reato di cui all'art. 256, comma secondo del D. Lgs. n. 152 del
2006, sebbene reato proprio dell'imprenditore o del responsabile di ente, non è
necessariamente un reato a condotta attiva, potendo concretarsi anche in una
omissione, nel caso in esame ipotizzata quanto meno con riferimento ad una
culpa in vigilando, restando riservato alla sede di merito l'accertamento
pieno dell'eventuale contenuto attivo, partecipativo o omissivo della condotta
del ricorrente. Pres. Lupo - Est. Ianniello - Ric. Sorce. CORTE DI CASSAZIONE
Penale Sez. III, 22/06/2007 (Cc 18/05/2007), Sentenza n. 24736
PROCEDURE E VARIE - Misure cautelari reali - Procedimenti di impugnazione -
Fumus commissi delicti - Valutazione degli elementi. Nei procedimenti
di impugnazione in materia di misure cautelari reali la verifica delle
condizioni di legittimità della misura da parte del Tribunale del riesame o
dell'appello non può tradursi in una anticipata decisione della questione di
merito concernente la responsabilità dell'indagato in ordine al reato oggetto di
indagine, ma deve limitarsi a un controllo di compatibilità tra fattispecie
concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante la valutazione
dell'antigiuridicità penale del fatto così come contestato, tenendosi conto,
nell'accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti", degli
elementi dedotti dall'accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative
contestazioni difensive. (cfr., Cass. 18/05/2004, n. 23214 e 20/01/2006 n.
2635). Pres. Lupo - Est. Ianniello - Ric. Sorce. CORTE DI CASSAZIONE Penale
Sez. III, 22/06/2007 (Cc 18/05/2007), Sentenza n. 24736
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UDIENZA CAMERA DI CONSIGLIO DEL 18/05/2007
SENTENZA N.00493 /2007
REG. GENERALE N. 006882/2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Sigg.:
Dott. LUPO ERNESTO PRESIDENTE
1.Dott.CORDOVA AGOSTINO CONSIGLIERE
2.Dott.GENTILE MARIO
3.Dott.IANNIELLO ANTONIO
4.Dott.GAllARA SANTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1) SORCE GIOACCHINO N. IL 00/00/0000 avverso ORDINANZA del 22/12/2006 TRIB.
LIBERTA' di CALTANISSETTA
sentita la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO ANTONIO
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Passacantando Guglielmo che ha concluso per
l'annullamento con rinvio.
Udit i difensor Avv. //
La Corte osserva:
con decreto del 1° dicembre 2006, il G.I.P. presso il Tribunale di Caltanisetta
aveva disposto il sequestro preventivo dell'autocarro Fiat Ducato targato
AA382GY di proprietà della Edil For s.r.l., sulla base dell'ipotesi
investigativa che questo fosse stato utilizzato per trasportare e scaricare
rifiuti speciali quali sfabbricidi provenienti dallo smantellamento di un
magazzino della società medesima, in ordine alla quale è indagato il suo legale
rappresentante Gioacchino Sorce per i reati previsti dall'art. 256, commi 1° e
2° del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152.
Su richiesta di riesame in data 14 dicembre 2006 nell'interesse della Edil For,
il Tribunale di Caltanisetta ha annullato il decreto di sequestro limitatamente
all'ipotesi di reato di cui al primo comma dell'art. 256 cit.,
confermando nel resto il provvedimento in riesame e mantenendo il vincolo reale
sull'autocarro.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore di Gioacchino
Sorce, amministratore unico e legale rappresentante della Edil For s.r.l.,
deducendo:
1 - la violazione dell'art. 256 del D. Lgs. n. 152/06 e degli artt. 110, 40 e
43, 3° comma c.p..
Il ricorrente sostiene la sua estraneità e quindi l'estraneità della società al
fatto, del tutto occasionale, di iniziativa dei due dipendenti al di fuori
dell'orario di lavoro. Comunque la sentenza ipotizzerebbe il concorso colposo
(per difetto di vigilanza) del titolare di impresa in un fatto di reato commesso
dai dipendenti, mentre il reato è proprio del titolare di impresa col quale
semmai possono concorrere i dipendenti.
Comunque anche la culpa in vigilando sarebbe meramente affermata senza
alcuna argomentazione o accertamento relativamente alla capacità di controllo
dell'operato dei dipendenti.
2 - la violazione art. 256, 2° comma D. Lgs. n. 152/06 in relazione agli artt.
40, l° comma, 43, 3° comma e 110 c.p. nonché 27 Cost.
Mancherebbe l'accertamento dell'eventuale comportamento omissivo e dell'attribuibilità
dello stesso al legale rappresentante della società.
3 - la violazione art. 256, 2° comma e 259 D. Lgs. n. 152/06 e difetto assoluto
di motivazione.
Pur aderendo alla interpretazione dell'art. 256, 2° comma di cui a Cass. 31
agosto 2004 n. 35710, il ricorrente rileva come i rifiuti abbandonati non
fossero riferibili all'oggetto dell'attività della società che non cura il
montaggio, riparazione o sistemazione di piastrelle e ceramiche, ma che
unicamente le vende. Per cui solo l'acquirente impresa di costruzioni, che
monta, ripara o sistema piastrelle, produce residui che deve smaltire e appunto
ad essa sarebbe rivolta la norma incriminatrice. Mancherebbe insomma nel caso in
esame l'inerenza del rifiuto al suo produttore-impresa, non essendo sufficiente
la mera pertinenza soggettiva con una persona che ha la qualità di imprenditore.
Il ricorrente chiede pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata, coi
provvedimenti conseguenti.
Il ricorso è infondato.
Con riguardo al primo ed al secondo motivo di ricorso, va ricordato che, secondo
la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra tante, le sentenze 18
maggio 2004, n. 23214 e 20 gennaio 2006 n. 2635 di questa sezione), nei
procedimenti di impugnazione in materia di misure cautelari reali la verifica
delle condizioni di legittimità della misura da parte del Tribunale del riesame
o dell'appello non può tradursi in una anticipata decisione della questione di
merito concernente la responsabilità dell'indagato in ordine al reato oggetto di
indagine, ma deve limitarsi a un controllo di compatibilità tra fattispecie
concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante la valutazione
dell'antigiuridicità penale del fatto così come contestato, tenendosi conto,
nell'accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti", degli
elementi dedotti dall'accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative
contestazioni difensive.
Nel caso in esame l'ipotesi accusatoria posta alla base del provvedimento di
sequestro è quella dell'abbandono di rifiuti riferibile all'impresa del
ricorrente in quanto suoi erano i dipendenti alla guida del camion trasportante
i rifiuti poi abbandonati e suo era anche il camion. Ciò che nella sede
cautelare appare sufficiente a sostenere il fumus commissi delicti in
capo al legale rappresentante della società, essendo poi riservato al giudizio
di merito, nel contraddittorio tra le parti, l'accertamento pieno dell'eventuale
colpevolezza dello stesso.
Né appare fondato il rilievo secondo cui il reato sarebbe stato commesso dai
dipendenti della società, mentre al ricorrente sarebbe addebitato unicamente un
difetto di vigilanza, ipotesi non riconducibile neppure in astratto alla
fattispecie penale considerata.
Il reato di cui all'art. 256, comma secondo del D. Lgs. n. 152 del 2006, sebbene
reato proprio dell'imprenditore o del responsabile di ente, non è infatti
necessariamente un reato a condotta attiva, potendo concretarsi anche in una
omissione, nel caso in esame ipotizzata quanto meno con riferimento ad una
culpa in vigilando, restando riservato alla sede di merito l'accertamento
pieno dell'eventuale contenuto attivo, partecipativo o omissivo della condotta
del ricorrente.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono pertanto infondati.
Quanto al terzo motivo, il ricorrente non contesta più (come aveva fatto in sede
di appello) l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale il
legislatore ha voluto distinguere l'ipotesi contravvenzionale di cui al 2° comma
dell'art. 256 rispetto all'illecito amministrativo di cui all'art. 255, primo
comma del D. Lgs. n. 152/06 sostanzialmente sulla base del dato relativo alla
qualità di imprenditore dell'autore della condotta o comunque di esercente una
attività in maniera continuativa nel primo caso e non nel secondo (Cass. 31
agosto 2004 n. 35710, 6 novembre 2003 n. 42377) e ciò anche se nell'ipotesi di
reato l'abbandono di rifiuti avvenga occasionalmente o in maniera limitata
(Cass. 8 giugno 2004 n. 25463).
L'imputato deduce peraltro che perché sia configurabile in astratto la
fattispecie incriminatrice è necessario che i rifiuti abbandonati siano
riferibili oggettivamente all'attività dell'impresa che pone in essere la
relativa condotta, situazione che sarebbe da escludere nel caso in esame.
Il mezzo è manifestamente infondato, alla luce della circostanza che l'originale
qualificazione dei rifiuti abbandonati come "propri" delle imprese e dei
responsabili di enti, contenuta nel secondo comma dell'art. 51 del D. Lgs. 5
febbraio 1997 n. 22, è stata eliminata con l'art. 7, comma 7 del D. Lgs. 8
novembre 1997 n. 389 e non più riproposta nel testo del secondo comma dell'art.
256 del D. Lgs. n. 152, che recepisce in situazione di continuità normativa il
contenuto della precedente norma incriminatrice.
Concludendo, alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto e il
ricorrente va condannato, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle
spese processuali.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così decisa m Roma il 18 maggio 2007
Depositata in Cancelleria il 22/06/2007
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