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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28 dicembre 2007
(Ud. 18/12/2007), Sentenza n. 27187
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Installazioni di discariche - Ricorso
- Competenza - Giurisdizione amministrativa - Principio di diritto
“nell’interesse della legge” - C.d. diritto vivente - Art. 363, comma 3, c.p.c.
- Fattispecie. E’ inammissibile il ricorso della Presidenza del Consiglio e
del Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania avverso
un'ordinanza del Tribunale di Salerno che aveva ordinato in via cautelare al
Commissario straordinario di astenersi dall'installare e dal porre in esercizio
un impianto di discarica dei rifiuti nel Comune di Serre, ritenendo tale
attività potenzialmente lesiva del diritto alla salute dei cittadini e del
diritto ad un ambiente igienicamente sicuro delle imprese casearie del medesimo
territorio. (Nella specie, la Cassazione a Sezioni Unite, ha pronunciato la
prima sentenza “nell'interesse della legge”, ai sensi della nuova formulazione
dell'art. 363, comma 3, c.p.c., formulando il principio di diritto da applicare
in analoghe fattispecie). Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte. CORTE DI
CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28 dicembre 2007 (Ud. 18/12/2007), Sentenza n.
27187
RIFIUTI - Emergenza "rifiuti" della Campania - Ubicazione discarica -
Smaltimento di scarti non pericolosi dei rifiuti solidi urbani - Provvedimenti
cautelari - Giurisdizione del G.A.. Le controversie relative alla
installazione delle discariche di rifiuti spettano all'esclusiva giurisdizione
del giudice amministrativo in quanto questioni afferenti la gestione del
territorio nell'interesse dell'intera collettività nazionale, anche qualora sia
denunciata una lesione ai diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione,
quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.), accertando la sussistenza in
concreto dei diritti vantati e provvedendo in ordine al contemperamento o alla
limitazione dei suddetti diritti in rapporto all'interesse generale pubblico
all'ambiente salubre. Spetta allo stesso giudice amministrativo adottare, se ne
ricorrono le condizioni, i provvedimenti cautelari per assicurare
provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste
inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono
di essere danneggiati dai comportamenti materiali o dai provvedimenti
autoritativi finalizzati all'installazione delle discariche. Presidente V.
Carbone, Relatore F. Forte. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28
dicembre 2007 (Ud. 18/12/2007), Sentenza n. 27187
RIFIUTI - Diritti fondamentali tutelati dalla costituzione - Diritto alla
salute (art. 32 Cost.) - Provvedimenti cautelari - Giurisdizione del G.A..
Anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla costituzione, quali il
diritto alla salute (art. 32 Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta come
effetto di un comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e
conseguente ad atti della P.A. di cui sia denunciata l'illegittimità, in materie
riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come ad es.
in quella di gestione del territorio, compete a detti giudici la cognizione
esclusiva delle relative controversie e circa la sussistenza in concreto dei
diritti vantati e il contemperamento o la limitazione dei suddetti diritti in
rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre e la emissione di
ogni provvedimento cautelare, per assicurare provvisoriamente gli effetti della
futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente
risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti
comportamenti o provvedimenti. Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28/12/2007 (Ud. 18/12/2007), Sentenza n.
27187
PROCEDURE E VARIE - Riunione di ufficio di procedimenti in Cassazione - Art. 273
c.p.c.. Trova applicazione anche in Cassazione l'art. 273 c.p.c, per il
quale, quando due procedimenti relativi alla stessa causa pendono dinanzi allo,
stesso ufficio giudiziario, va disposta, anche di ufficio, la loro riunione (in
tal senso Cass. S.U. 15 febbraio 1979 n. 982 e Cass. 24 luglio 1971 n. 2468).
Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile
del 28 dicembre 2007 (Ud. 18/12/2007), Sentenza n. 27187
PROCEDURE E VARIE - Lesione di diritti soggettivi che non sia espressione di
un potere esercitato dalla P.A. - Giurisdizione - G.O. Nei casi in cui vi è
un comportamento materiale lesivo di diritti soggettivi, che non sia espressione
di un potere comunque esercitato dalla P.A., la cognizione delle controversie
per danni derivati da tali attività è del giudice ordinario. Presidente V.
Carbone, Relatore F. Forte. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28
dicembre 2007 (Ud. 18/12/2007), Sentenza n. 27187
PROCEDURE E VARIE - Provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti della
sentenza di merito - Ricorso straordinario per cassazione - Esclusione - C.d.
tutela cautelare - Artt. 111, 700 e 41 c.p.c. - Art. 363 c.p.c. - Art. 4 D.Lgs.
2/02/2006 - C.d. diritto vivente. Contro i provvedimenti urgenti
anticipatori degli effetti della sentenza di merito, emessi ai sensi dell'art.
700 c.p.c. non è proponibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi
dell'art. 111 c.p.c., perché detti atti sono privi di stabilità e inidonei a
divenire giudicato, ancorché nessuna delle parti del procedimento cautelare
abbia interesse a iniziare l'azione di merito, avendo la tutela cautelare
soddisfatto ogni esigenza del ricorrente e non avendo interesse il resistente a
dedurre comunque la inesistenza del diritto cautelato; tale ricorso, qualora il
provvedimento urgente sia stato pronunciato ante causam, e non sia
iniziato il giudizio di merito a tutela del diritto cautelato, non può
valutarsi, anche se il ricorrente lo richieda, come istanza di regolamento
preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c. da qualificare anche
essa inammissibile, finché l'istante non abbia iniziato un giudizio di merito
per il quale sorge l'oggetto del procedimento unitamente all'interesse concreto
e attuale a conoscere il giudice dinanzi al quale lo stesso deve eventualmente
proseguire, anche se diverso da quello che ha emesso il provvedimento urgente in
via anticipatoria e cautelare e per fare accertare, in via definitiva ed
immodificabile e con effetto di giudicato anche esterno, quale sia il giudice
che ha giurisdizione sulla controversia, iniziata all'esito della procedura
interinale e fino a quando il processo sul merito non risulti deciso con
sentenza di primo grado. Tuttavia, la non ricorribilità ex art. 111 Cost. o la
rilevata inammissibilità dell'istanza di regolamento preventivo di
giurisdizione, così come la mancata previsione di mezzi diversi di impugnabilità
nell'interesse delle parti, dei provvedimenti anticipatori, urgenti emessi ai
sensi dell'art. 700 c.p.c. e delle ordinanze collegiali che li hanno confermati,
costituiscono uno dei nuovi presupposti espressi nel 1° comma dell'art. 363
c.p.c., come novellato dall'art. 4 del D.Lgs. 2 febbraio 2006, per il
riconoscimento della legittimazione del P.G. presso la Corte di Cassazione a
proporre ricorso nell'interesse della legge, ai sensi del primo comma del
predetto articolo, che nel testo previgente non conteneva siffatte indicazioni.
Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile
del 28/12/2007 (Ud. 18/12/2007), Sentenza n. 27187
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. Un. Civile
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
Svolgimento del processo
Con ordinanza del l° giugno 2007, il Tribunale di Salerno rigettava il reclamo
ex art. 669 terdecies avverso l'ordinanza del giudice monocratico, emessa
ai sensi dell'art. 700 c.p.c. il 28 aprile 2007, che, in accoglimento della
domanda del Comune di Serre e di terzi intervenuti, aveva ordinato al
Commissario straordinario di governo per l'emergenza rifiuti in Campania "di
astenersi dall'istallare e dal porre in esercizio l'impianto di discarica dei
rifiuti nel Comune di Serre, in località Valle della Masseria, come meglio
individuato... nell'ordinanza n. 14 del 24.1.07" di detto Commissario.
Il provvedimento reclamato, a cautela del diritto alla salute dei ricorrenti e
della salubrità dell'ambiente, anticipando la reintegrazione in forma specifica
di cui all'art. 2058, 1° comma, c.c., aveva respinto l'eccezione di difetto di
giurisdizione del giudice ordinario sollevata dalla Avvocatura erariale, secondo
la quale l'attività del Commissario delegato di cui si inibiva il proseguimento
aveva natura pubblicistica, perché fondata sulla sua ordinanza n. 14/07, basata
sulle leggi n.ri 225/92 e 290/06.
Secondo Tribunale, peraltro, in rapporto al petitum sostanziale e alle
posizioni fondamentali a cautela delle quali era stato chiesto il provvedimento,
cioè del diritto dei ricorrenti alla salute e all'ambiente, situazione che non
poteva essere affievolita o degradata a interesse legittimo dal potere
amministrativo, la giurisdizione era dell'A.G.O., mancando in fatto la richiesta
di un sindacato qualsiasi dai giudici sugli atti commissariali.
Richiamate le pronunce di queste S.U. che, uniformandosi ai principi enunciati
dalla Corte Costituzionale nelle due sentenze n. 204/04 e 191/06 (S.U. n. 13659
e 13660 del 2006), avevano rilevato come la tutela rìsarcitoria e demolitoria a
fronte di comportamenti illeciti della P.A., anche nelle materie di
giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, non abrogava la ripartizione
dell'art. 103 Cost., il tribunale riteneva che tale cognizione doveva
riconoscersi ai giudici amministrativi, solo quando la P.A. non incidesse su
diritti incomprimibili della persona.
Pertanto la tutela giudiziaria nella fattispecie non spettava ai giudici
amministrativi, essendo il diritto alla salute "sovrastante alla stessa
amministrazione, di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di
interesse pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo ma anche di
pregiudicarlo nel fatto indirettamente" (pag. 5 ordinanza impugnata).
L'ordinanza richiamava la decisione del Consiglio di Stato n. 556/06, per la
quale, in riferimento a diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione
deve riconoscersi la giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, ove sia
chiesto l'annullamento di atti costituenti espressione illegittima del potere
della P.A., come nel caso non era in fatto accaduto.
Infatti i ricorrenti non denunciavano l'illegittimità dei provvedimenti, che
avevano individuato il sito per la realizzazione della discarica, ma deducevano
il pericolo per la salute e l'ambiente che poteva derivare dalla installazione
della discarica, cioè da condotte materiali e di fatto, potenzialmente lesive di
diritti incomprimibili, rispetto ai quali nessun atto della P.A. avrebbe potuto
trasformare i diritti in interessi, perché si sarebbe dovuto ritenere emesso in
assoluta carenza di potere.
Pur avendo il giudice amministrativo gli stessi poteri cautelare di quello
ordinario, secondo il Tribunale dì Salerno, solo la cognizione di essi da parte
del giudice ordinario garantiva la pretesa dei soggetti cautelati, allorché non
emergesse una violazione delle regole che presidiano alla attività della P,A.
formalmente rispettosa delle norme procedimentali e di quelle tecniche, per
impedire la lesione del diritto dei ricorrenti.
Ritenuta la proponibilità di una inibitoria atipica, fondata sull'art. 2058 c.c.
e tendente alla prevenzione dell'illecito in rapporto al diritto alla salute,
posizione soggettiva non affievolibile con atti della P.A., era affermata la
legittimazione attiva dei ricorrenti.
Il Tribunale rigettava quindi il reclamo del Commissario, per l'esistenza del
fumus bori juris e del periculum in mora come descritti nel
provvedimento cautelare impugnato: chiaro era il rischio per la salute, in
un'area di notevole interesse ambientale per la protezione della fauna e
soggetta a vincolo idrogeologico, vicina a zona vincolata da destinazione
urbanistica a un P.I.P., per il quale piccole imprese artigianali casearie
avrebbero potuto perdere ogni possibilità di attività produttiva, per gli
indispensabili principi di igiene anche ambientale.
Il Tribunale rilevava inoltre che il provvedimento a base dell'attività da
inibire, aveva tenuto presente il risparmio di tempo e di spesa che il sito
consentiva piuttosto che l'esigenza di evitare gli evidenziati rischi di danno
ai citati diritti incomprimibili dei cittadini; pertanto, anche se l'attività
materiale disposta con il provvedimento riguardava solo la elaborazione di un
eventuale progetto, dalla stessa difesa dell'Amministrazione il tribunale aveva
rilevato che si voleva superare l'emergenza regionale in materia di rifiuti
urbani con la costruzione della discarica, per cui il periculum era
presente.
Per la cassazione di tale ordinanza, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e
il Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania hanno proposto
ricorso straordinario di cinque motivi, ai sensi dell'art. 111 Cost., illustrato
da memoria ex art. 378 c.p.c., da valutare eventualmente come istanza di
regolamento preventivo di giurisdizione anche per l'eventuale causa di merito o
come richiesta di pronuncia del principio di diritto per la speciale rilevanza
della questione ai sensi dell'art. 363, 3° comma c.p.c.; si sono difesi, con
controricorso, il Comune di Serre e la Regione Campania, mentre gli altri
intimati, parti del procedimento cautelare meglio individuati in epigrafe, non
si sono difesi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve disporsi la riunione dei due ricorsi iscritti al n.
16438 e al n. 19133 del R.G. del 2007, contenenti identica istanza di
regolamento preventivo di giurisdizione in ordine alla stessa causa, proposta
rispettivamente in via principale, ovvero subordinata al mancato accoglimento
dell'impugnazione ex ar. 111 Cost., per difetto di giurisdizione contro
l'ordinanza di cui sopra. Pure dinanzi a questa Corte infatti trova applicazione
l'art. 273 c.p.c, per il quale, quando due procedimenti relativi alla stessa
causa pendono dinanzi allo, stesso ufficio giudiziario, va disposta, anche di
ufficio, la loro riunione (in tal senso Cass. S.U. 15 febbraio 1979 n. 982 e
Cass. 24 luglio 1971 n. 2468).
Nella fattispecie, la richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio,
depositata tempestivamente ai sensi dell'art. 369 cpv. c.p.c., solo per il
ricorso n. 16438/07 estende i suoi effetti, in ordine alla procedibilità del
ricorso per regolamento preventivo, anche in rapporto all'altra istanza, che
dovrà quindi ritenersi ritualmente proposta e procedibile, non essendo rilevante
la carenza di tale deposito denunciata dal sostituto procuratore generale dr.
Pasquale Ciccolo, nelle sue richieste scritte relative al solo ricorso n.
19133/07, nel quale l'adempimento risultava omesso dagli istanti.
2.1. Il primo motivo di ricorso ex art. 111 Cost. denuncia il difetto di
giurisdizione dell'A.G.O. nel procedimento cautelare de quo, ai sensi
dell'art. 360 n. 1 e 41 c.p.c., avendo il giudice conosciuto di atti
amministrativi, prodromici alla localizzazione di un'opera pubblica sul
territorio della Regione Campania (discarica per lo smaltimento di scarti non
pericolosi dei rifiuti solidi urbani) ed emessi dal Commissario delegato al
settore ai sensi del D.L. n. 263 del 2006 convertito in legge n. 29 dello stesso
anno, nell'esercizio dei suoi poteri.
Nella materia, riguardante l'uso del territorio e da qualificare quindi
"urbanistica", la tutela dei diritti, anche incomprimibili a interessi
legittimi, allorché siano lesi da comportamenti illeciti esecutivi di
provvedimenti amministrativi, non spetta al giudice ordinario, che ha cognizione
sulle sole controversie relative a comportamenti di mero fatto della P.A., per i
quali la Corte costituzionale, con le sentenze n. 204 del 2004 e 191 del 2006,
gli ha riconosciuto competenza per ogni controversia, anche di risarcimento dei
danni.
Quando, nelle materie di giurisdizione esclusiva, i comportamenti si fondano su
atti amministrativi e esprimono poteri della P.A., pur se illegittimamente
esercitati, di essi conosce il giudice amministrativo.
Ogni impianto industriale ed opera pubblica ed ogni uso del territorio può
incidere sul diritto alla salute e all'integrità dell'ambiente, e l'art. 34,
comma 2, del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come successivamente modificato,
riserva ai giudici amministrativi la materia urbanistica; la stessa ordinanza
impugnata, peraltro, mentre nega ogni rilievo agli atti del commissario che
dispongono l'attività da essa inibito, ne rileva il mancato approfondimento
sotto il profilo dei pericoli per la salute e l'ambiente, avendo la P.A. dato
rilievo solo a profili di comodità e rapidità nella scelta del sito per
collocare la discarica.
Nel caso, se vi è stata la lesione di posizioni soggettive dei ricorrenti, essa
è dipesa da un atto del commissario, la cui legittimità doveva essere oggetto di
cognizione dei giudici amministrativi, come del resto appare dalle stesse
ordinanze delle S.U. n. 13659 e 13660/06, richiamate nel provvedimento oggetto
di impugnazione.
Non si è in presenza di una mera attività materiale e compete al giudice
amministrativo conoscere il concreto esercizio del potere, come tale
riconoscibile e dedotto, nel procedimento adottato dal Commissario per emettere
il provvedimento con cui ha disposto l'invio di tecnici, per accertare le
condizioni di fattibilità della discarica in un'area specificamente individuata
del Comune dì Serre.
Nel caso, vi è stato un intervento inibitorio del giudice ordinario per impedire
un'attività materiale esecutiva di un provvedimento della P.A., la cui
legittimità poteva essere valutata dal solo giudice amministrativo, anche ai
sensi dell'art. 4 della legge n. 2248 del 1865 all. E, essendo irrilevanti i
richiami operati alle sentenze delle S.U. nell'ordinanza impugnata, in quanto
oggetto di essi, allorchè si è deciso sul riparto di giurisdizione in favore
dell'A.G.O., sono stati sempre e solo comportamenti materiali e di fatto della
P.A., in nessun caso conosciuti come espressione di un potere esercitato, sia
pure illegittimamente, dalla amministrazione.
Le S.U. hanno solo e sempre affermato che, quando vi è un comportamento
materiale lesivo di diritti soggettivi, che non sia espressione di un potere
comunque esercitato dalla P.A., la cognizione delle controversie per danni
derivati da tali attività è del giudice ordinario.
Il Consiglio di Stato nella sentenza citata nel provvedimento oggetto di ricorso
(n. 556/06) conferma tale indirizzo ermeneutico, chiarendo che i giudici
amministrativi sono competenti a conoscere, nella materie loro riservate, le
controversie che impugnino atti della P.A., come deve ritenersi quella a base
del procedimento cautelare sfociato nella ordinanza impugnata, che valuta la
ordinanza commissariale n. 14 del 24 gennaio 2007, che aveva solo disposto
l'accesso dei tecnici alla località Valle della Masseria in Comune di Serre per
le indagini conoscitive prodromiche alla progettazione della discarica. Che si
sia censurato tale atto amministrativo emerge dal contenuto del provvedimento
del Tribunale, nel quale si rileva il difetto di istruttoria e la violazione di
legge che inficerebbe l'atto amministrativo a base dell'attività in concreto
inibita, contestualmente dichiarandosi irrilevante lo stesso atto nell'azione di
merito eventuale. A conclusione del 1° motivo di ricorso, viene posto iI quesito
di diritto, correttamente formulato, in ordine alla cognizione del G.O. o del
G.A. su una controversia che tenda alla inibitoria della localizzazione di
un'opera pubblica, mentre è efficace il provvedimento che consente indagini
conoscitive preordinate alla sua progettazione.
Gli altri quattro motivi d'impugnazione, che, quando sono relativi a violazioni
di legge contengono il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis,
possono così riassumersi:
a) mancanza di strumentalità dell'inibitoria domandata rispetto all'azione di reintegrazione ai sensi dell'art. 2058 c.c. e violazione conseguente dell'art. 700 c.p.c., neppure promovibile nella fattispecie;
b) difetto di legittimazione del Comune di Serre, i cui poteri in materia di igiene e sanità sono stati trasferiti dalla legge n.290/06 al Commissario per l'emergenza rifiuti in Campania;
c) violazione dell'art. 5 della legge 225 del 1992, per avere il tribunale inciso su poteri emergenziali riservati alla P.A.; d) omessa motivazione.
Mentre il controricorrente Comune di Serre chiede il rigetto dell'impugnazione
infondata per le valide ragioni di cui all'ordinanza impugnata, la Regione
Campania interviene in adesione alla posizione del Commissario e della
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
2.1. Pregiudiziale è la questione dell'ammissibilità del ricorso straordinario
ex art. 111 Cost. per la cassazione, per motivi attinenti alla giurisdizione ex
art. 360, 1° comma n. 1, c.p.c., dell'ordinanza collegiale del Tribunale di
Salerno, che ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento urgente,
anticipatorio degli effetti di una futura sentenza, emesso ai sensi dell'art.
700 c.p.c. Le amministrazioni ricorrenti deducono che l'impugnazione è
ammissibile o può valere come istanza di regolamento preventivo di
giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c. in rapporto alla causa di merito,
cui il procedimento cautelare è funzionalmente collegato, ai sensi degli artt.
669 ter e quater, in quanto tale causa è divenuta ormai solo
eventuale ed è esperibile senza limiti temporali perentori da ciascuna delle
parti del procedimento (art. 669 octies, 6° comma, c.p.c.), per effetto
della novella di cui al D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge 14 maggio
2005 n. 80, che ha abrogato il termine perentorio "non superiore a sessanta
giorni" per iniziare l'azione di merito, imposto al primo comma dello stesso
articolo in ogni caso di accoglimento di istanza cautelare dalla previgente
normativa (legge 26 novembre 1990 n. 353). Resta fermo il collegamento
funzionale tra procedimento cautelare ante causam ai sensi dell'art. 700
c.p.c. e giudizio di merito, che devono entrambi avere a fondamento una stessa
causa petendi, potendo l'interessato chiedere il provvedimento cautelare
di urgenza solo per "assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul
merito", a evitare un pregiudizio imminente e irreparabile che al diritto
oggetto di causa possa derivare dal decorso del tempo necessario a farlo valere
in via ordinaria.
2.2. La pregressa temporaneità dell'efficacia dei provvedimenti urgenti ex art.
700 c.p.c. e di quelli anticipatori delle sentenze di merito è stata in passato
solo una delle ragioni per le quali se ne é negata la ricorribilità per
cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., rendendo essa palese la loro natura
non definitiva, per il carattere provvisorio e strumentale di essi.
Per i provvedimenti cautelari ante causam emessi con un termine
perentorio entro cui iniziare la causa di merito e le ordinanze collegiali che
rigettano i reclami contro di essi ai sensi dell'art. 669 terdecies
c.p.c., s'è negata la definitività, essendo "naturalmente" temporanei, e la
decisorietà, essendo "modificabili" con la pronuncia conclusiva della causa di
merito, che necessariamente segue il procedimento sommario (Cass. 8 giugno 2007
n. 13396, 25 maggio 2007 n. 12252, 21 novembre 2006 n. 24668, 11 aprile 2006 n.
8446, 22 febbraio 2006 n. 3919).
Nel medesimo senso sono pure le sentenze che, in materia societaria e
d'intermediazione finanziaria, nella quale l'art. 23 del D. Lgs. 17 gennaio 2003
n. 5, ha anticipato la riforma del 2005 dei provvedimenti urgenti ex art. 700
c.p.c., hanno negato l'abrogazione della natura strumentale dei provvedimenti
cautelare rispetto ai giudizi di merito, negando la ricorribilità di tali atti
per cassazione, anche ai sensi dell'art. 111 Cost. (così Cass. 7 giugno 2007 n.
13360 e 8 marzo 2007 n. 5335).
I provvedimenti urgenti anteriori all'inizio del giudizio di merito ai sensi
dell'art. 700 c.p.c. conservano natura cautelare, ma hanno autorità ed efficacia
invocabile solo nel successivo processo di merito e non "in un diverso processo"
(art. 669 octies, ultimo comma) e, nonostante le rilevanti modifiche
subite per effetto dell'art. 2, comma 3, lett. e-bis), del citato D.L. n. 35 del
2005, convertito nella legge n. 80 dello stesso anno, devono considerarsi ancora
come non ricorribili per cassazione, per la loro natura comunque instabile.
2.3. La novella non ha inciso sulle condizioni per la concessione del
provvedimento di urgenza di cui all'art. 700 c.p.c. all'esito del procedimento
ante causam, ed ha intenti deflattivi delle cause ordinarie, non
imponendo l'azione di merito successiva per conservare l'efficacia esecutiva
dell'ordinanza cautelare.
Questa, con effetti anticipatori della eventuale pronuncia di merito, conserva
un'efficacia permanente che può venir meno, come già accadeva nella previgente
normativa, o per il mancato pagamento della cauzione di cui all'art. 669
undecies, o qualora intervenga una sentenza, anche non passata in giudicato,
che dichiari "inesistente il diritto a cautela del quale" esso è stato emesso.
Il 6° comma dell'art. 669 octies, introdotto dalla novella del 2005, per
i provvedimenti cautelare anticipatori degli effetti della sentenza di merito e
per quelli ex art. 700 c.p.c. (anche essi costituenti di regola anticipo della
non necessaria futura pronuncia in una causa ordinaria), pur abrogando il
termine finale perentorio entro cui iniziare la causa di merito, ha riaffermato
che questa può essere iniziata da ciascuna delle parti della procedura
cautelare, attenuando e non eliminando il carattere strumentale del procedimento
cautelare e del provvedimento d'urgenza, rispetto al giudizio di merito.
Ciò é chiaro non tanto perché l'autorità del provvedimento sussiste solo per il
processo nel quale si fa valere il diritto a cautela del quale lo stesso è stato
emesso, ma anche perché il suo contenuto accertativo non può mai "fare stato"
tra le parti e i loro aventi causa, ai sensi dell'art. 2909 c.c., dal momento
che la sua efficacia può venire sempre meno per effetto di altra "sentenza anche
non passata in giudicato", che dichiari inesistente il diritto a cautela del
quale esso venne emesso.
Di fatto, il provvedimento ai sensi dell'art. 700 c.p.c. non è "stabile", tanto
che il permanere della sua efficacia può venir meno per effetto di altra
sentenza, anche essa instabile, perché impugnabile o impugnata, per cui deve
logicamente negarsi che esso possa divenire giudicato, finché l'accertamento a
base della sua emissione non risulti confermato da una sentenza di merito
divenuta non più impugnabile.
Il provvedimento inoltre, come gli altri della stessa natura emessi ante
causam, può essere revocato ad opera del giudice del procedimento cautelare
oppure dal giudice dell'eventuale giudizio di merito durante l'istruttoria,
quando questo sia iniziato da una delle parti della fase cautelare; l'efficacia
anticipatoria dei provvedimenti ex art. 700 c.p.c., tesi "ad assicurare
provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito", può permanere in via
definitiva, evitandosi così un altro processo ordinario per far valere il
diritto protetto in via urgente, se le parti non esercitino la facoltà
d'iniziare la causa di merito i cui effetti sono stati anticipati a cautela del
diritto esercitato con la successiva azione.
Tale novità normativa non assicura la stabilità, neppure provvisoria, del "decisum",
anche se, in quanto può seguire il processo di merito, permane la strumentalità
del provvedimento cautelare, che però non è più indispensabile come in passato a
connotare il provvedimento urgente.
Non vi è una stabilità o definitività del provvedimento urgente, il cui
contenuto decisorio e anticipatorio della eventuale sentenza di merito, può
conservare efficacia permanente, allorché la eliminazione del pregiudizio
imminente e irreparabile di cui all'art. 700 c.p.c., abbia soddisfatto ogni
interesse del ricorrente, al punto da indurlo a non far valere in via ordinaria
il diritto stesso e per la sua revoca il destinatario del provvedimento non
agisca con azione di accertamento negativo del diritto cautelato, per farne
dichiarare la inesistenza.
Nella concreta fattispecie, si tratterebbe per le amministrazioni ricorrenti, di
proporre l'azione di accertamento negativo non del diritto alla salute, che
nessun giudice potrebbe denegare, ma solo del carattere non jure
del loro comportamento conseguente ad atti legittimi del Commissario e della
mancata lesione del predetto diritto alla salute per effetto dell'attività
contestata da chi ha chiesto l'inibitoria, con la quale si sono eseguiti
provvedimenti commissariali legittimi.
Comunque, anche allorché il giudizio di merito non sia iniziato da nessuna delle
parti del procedimento cautelare, il permanere dell'efficacia esecutiva del
provvedimento che lo conclude non ne comporta la stabilità, da intendere come
concreta idoneità a costituire giudicato ai sensi dell'art. 2909 c.c., e di
conseguenza deve negarsi la ricorribilità straordinaria dell'atto ai sensi
dell'art. 111 della Cost. 2.4. Il ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111
Cost. è infatti logicamente e giuridicamente ammissibile, solo se può
determinare in astratto, con la potenziale decisione negativa su di esso, il
giudicato sostanziale del provvedimento impugnato.
Tale conclusione ancor oggi è incompatibile con la circostanza normativamente
prevista, che altra sentenza, "anche non passata in giudicato", possa far venir
meno ogni efficacia del provvedimento anticipatorio impugnato, qualora accerti
la inesistenza del diritto a cautela del quale questo è stato emesso;
l'ordinanza anticipatoria degli effetti di sentenza, potendo venir meno per la
ragione indicata è inidonea a divenire giudicato e non è assimilabile alle
sentenze rebus sic stantibus o a stabilità provvisoria, ovvero a quelle
che hanno effetto di giudicato interno, essendo irrilevanti al di fuori di un
certo processo, (su tali tipi di sentenze, tra molte, cfr. Cass. 16 marzo 2007
n. 6293, 23 gennaio 2006 n. 1229. 25 agosto 2005 n. 17320, 2 novembre 2004 n.
21049, 15 maggio 2003 n. 757).
Le sentenze di cui sopra contengono comunque un accertamento che fa stato tra le
parti, di regola relativo a un rapporto di durata o che permane nel tempo, con
conseguente loro modificabilità, mentre il provvedimento cautelare anticipatorio
del contenuto di una sentenza ha una stabilità della sua efficacia esecutiva, ma
non dell'accertamento su cui esso si basa, che può sempre venir meno in
conseguenza di altra pronuncia, che in tanto può incidere su di essa senza
costituire giudicato, in quanto il provvedimento urgente è solo apparentemente
definitivo. Pertanto, il ricorso straordinario per cassazione deve dichiararsi
inammissibile in tutti i suoi motivi, non avendo il provvedimento impugnato
stabilità oggettiva e non potendo fare "stato" tra le parti e i loro aventi
causa un accertamento in esso eventualmente contenuto, rispetto alla cui
efficacia può incidere una qualsiasi pronuncia di altro giudice, anche soggetta
ad impugnazione, con la negazione della concreta esistenza del diritto a cautela
del quale esso è stato emesso.
3.1. Come risulta da quanto detto, il primo motivo di ricorso denuncia il
difetto di giurisdizione non per una pretesa inesistenza del diritto cautelato
né per un affievolimento di esso a interesse legittimo, circostanze che
avrebbero potuto essere dedotte anche con l'azione di accertamento negativo, ad
opera delle Amministrazioni ricorrenti, in sede di azione di merito successiva
al procedimento cautelare; con l'atto si afferma invece la giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo nella materia relativa all'uso o gestione
del territorio, ai sensi dell'art. 34, 2° comma, del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80,
come sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205, anche in ordine
al diritto cautelato, pur se costituzionalmente garantito.
Nella fattispecie, alle Amministrazioni ricorrenti potrebbe riconoscersi un
interesse a chiedere sin da questo momento e prima dell'inizio della causa di
merito da una delle parti della procedura cautelare, la individuazione in via
definitiva del giudice dinanzi al quale proporre la domanda fondata sul preteso
diritto cautelato, attraverso l'accertamento della giurisdizione sin dalla fase
sommaria in cui ancora si trova il procedimento, anteriore al giudizio
ordinario, che peraltro, per l'assenza di termini perentori, potrebbe iniziare
anche dopo la decisione sul regolamento.
Tale interesse a proporre il regolamento preventivo sarebbe in astratto
riconoscibile per ciascuna delle parti del procedimento cautelare e permarrebbe
fino alla decisione della causa di merito con la sentenza di primo grado (art.
41, 1° comma, c.p.c.).
Se è indubbio che nei procedimenti cautelari, la cui efficacia è soggetta a
termine perentorio (669, octies, 1° comma) non è possibile né il ricorso
straordinario né il regolamento preventivo di giurisdizione se non sia
cominciato il giudizio di merito (così tra le altre Cass. S.U. ordd. 20 giugno
2007 n. 14301, 18 ottobre 2005 n. 20128), e se è corretta l'affermazione che
l'emanazione di un provvedimento cautelare in corso di causa non è ostativa alla
proposizione del regolamento preventivo fino alla sentenza di primo grado ai
sensi dell'art. 41 c.p.c. (Cass. 19 gennaio 2007 n. 1144, 21 settembre 2006 n.
20504, 6 maggio 2003 n. 6889), da tali rilievi non può desumersi che, con la
legittimazione a iniziare la causa del merito, alle parti della procedura
cautelare anteriore all'azione di merito, possa riconoscersi anche quella a
proporre il regolamento preventivo, con conseguente ammissibilità delle istanze
proposte ai sensi dell'art. 41 c.p.c. riunite in questa sede.
Le ricorrenti correttamente non chiedono nella fattispecie di applicare il
capoverso dell'art. 41 c.p.c., che sembra riservare alla P.A. un trattamento
speciale, della cui legittimità costituzionale potrebbe dubitarsi in rapporto
alla condizione di parità delle parti nel giusto processo ai sensi dell'art.
111, comma 2, Cost., con questione irrilevante nel caso, non dovendosi dare
applicazione alla citata norma (nello stesso senso Cass. S.U. 27 luglio 1998 n.
7340); tale norma, comunque, è da ritenere ormai superata per l'abrogazione
tacita dell'art. 368 c.p.c. che ad essa dava attuazione conseguente a quella
dell'art. 19 del R.D. 3 marzo 1934 n. 383, che tale eccezionale legittimazione
riconosceva, con l'art. 274, comma 1, lett. a, del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267.
Peraltro nella memoria di cui all'art. 378 c.p.c., le amministrazioni ricorrenti
deducono che sarebbe allo stato pendente la causa di merito successiva al
provvedimento inibitorio ottenuto in via sommaria, ma non producono la
documentazione atta a provare tale circostanza ai sensi dell'art. 372 c.p.c.,
con elenco dei documenti esibiti notificati alle controparti.
Poiché una certificazione dalla competente cancelleria della pendenza del
processo di merito e la copia della domanda introduttiva di questo, in base alla
quale, ai sensi dell'art. 386 c.p.c., deve essere determinata la giurisdizione,
avrebbero costituito la prova dell'esistenza delle condizioni di ammissibilità
del regolamento preventivo di giurisdizione, consistenti nell'azione di merito
pendente prima della sentenza di primo grado, come meglio sarà poi chiarito, è
indubbio che la produzione di detti documenti ai sensi dell'art. 372 c.p.c.,
sarebbe stata legittima tendendo a rendere ammissibile l'istanza di regolamento,
mentre il loro mancato deposito esclude la prova della certa pendenza di un
giudizio introdotto da una domanda sulla quale solo poteva prospettarsi la
questione di giurisdizione, finché la causa non fosse stata decisa nel merito in
primo grado, rendendo anche per tale profilo formale precluse le istanze di
regolamento proposte.
3.2. Gli artt. 41, 367 e 382 c.p.c. escludono comunque la conformità al modello
normativo di un regolamento di giurisdizione relativo ad una causa ormai
esaurita, quale è la procedura cautelare anteriore alla domanda di merito,
ovvero ad una non ancora iniziata e da decidere in rapporto ad un giudizio, che
potrebbe anche non esservi mai, mancando comunque in tal caso la domanda su cui
valutare la giurisdizione e l'oggetto stesso del procedimento incidentale
introdotto con il ricorso per regolamento.
La natura solo "eventuale" del giudizio di merito esclude nella fattispecie
l'attualità dell'interesse all'istanza di regolamento preventivo non preceduta
dalla domanda introduttiva (386 c.p.c.) di una causa iscritta a ruolo e pendente
alla data del ricorso; è solo in rapporto alla cognizione della causa instaurata
con tale domanda che può prospettarsi il dubbio del difetto di giurisdizione del
giudice adito, che allo stato ancora non è individuabile, in difetto degli
elementi che consentano di individuare causa petendi e petitum a
base del giudizio per il quale accertare quale giudice deve avere cognizione.
Pertanto, per tale difetto di oggetto, di conformità alle norme vigenti e di
interesse attuale, non può che dichiararsi inammissibile nella fattispecie il
ricorso per regolamento preventivo, anche dopo le novelle normative sopra
richiamate, in conformità alle conclusioni scritte del P.G. sul ricorso n.
19133/07.
3.3. Nella concreta fattispecie, nonostante le sentenze della Corte
Costituzionale del 24 gennaio 2007 n. 77 e di queste Sezioni unite del 22
febbraio 2007 n. 4109, che hanno affermato la legittimazione a proseguire
dinanzi al giudice dotato di giurisdizione il processo iniziato dinanzi a
ufficio giudiziario che ne sia privo, prima dell'inizio dell'azione di merito
non vi è interesse delle parti a proporre l'istanza di regolamento, in presenza
di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice che ha
emesso il provvedimento urgente, invano dedotti in sede cautelare e nel reclamo.
Infatti, pur se l'azione di merito è autonoma, comunque la fase cautelare
precedente ad essa in tanto è funzionale e connessa a quella successiva, in
quanto questa, che è solo eventuale, sia iniziata e quindi, fino
all'introduzione della causa di merito comunque non si può neppure chiedere
dinanzi a quale giudice proporla, rimanendo sempre e solo possibile e non certo
il giudizio successivo.
La diversità di trattamento dell'istanza di regolamento di giurisdizione, negli
artt. 669 ter e 669 quater, potendosi proporre in detta seconda
ipotesi e non nella prima, consegue non solo al dato letterale delle norme di
cui all'art. 41 e 367 c.p.c., per cui solo se vi sia un giudizio di merito
iniziato e fino alla sentenza di primo grado, anche quando vi siano stati
provvedimenti cautelari, può proporsi il regolamento, che è e resta
inammissibile, senza una causa nella quale sorge la questione, irrilevante in
rapporto a un giudizio solo eventuale ed astratto.
Proprio gli intenti deflattivi delle novelle normative in materia cautelare,
inducono a ritenere che nulla è innovato rispetto al regolamento preventivo di
giurisdizione, anche se non è più necessaria una causa di merito successiva,
allorché prima di iniziare la stessa si ottengano provvedimenti anticipatori ai
sensi dell'art. 700 c.p.c., sorgendo l'interesse alla risoluzione della
questione di giurisdizione dalle Sezioni unite, solo se una delle parti della
fase sommaria ha iniziato la causa ordinaria.
Il regolamento preventivo vuole evitare che la risoluzione della questione di
giurisdizione in sede di merito possa incorrere in successive modifiche nel
corso del giudizio e presuppone che questo sia iniziato, trovando la sua ragione
di essere nell'evitare ritardi nella definizione della causa, che deve essere
nata prima della sua proposizione, connessa anche al fine di ottenere un giusto
processo di durata ragionevole (artt. 111 Cost.: così, di regola, per i
regolamenti proposti in corso di causa: S.U. ordd. 22 agosto 2007 n. 17831, la
cit. n. 20504 del 2006, 20 aprile 2006 n. 9196 e 25 luglio 2002 n. 10995).
Solo l'eventuale inizio del procedimento ordinario in base alla lettera delle
norme vigenti (artt. 41 e 367 c.p.c.) e alla logica, avrebbe consentito la
valutazione del ricorso come istanza di regolamento preventivo di giurisdizione.
Nel caso di emissione di provvedimenti cautelare o interinali, modificativi di
quello urgente per cui è causa nel corso del giudizio di merito iniziato, il
regolamento è ovviamente invece ammissibile (cfr. anche Cass. S.U. ordd. 25
maggio 2007 n. 12068, ord. 11 marzo 2004 n. 5052, ord. 12 marzo 2001 n. 1005).
Anche se l'eventuale esito positivo del regolamento potrebbe costituire
mutamento di circostanze, in astratto idoneo a legittimare la parte a chiedere
al giudice che ha emesso il provvedimento urgente la revoca di esso, ai sensi
dell'art. 669 decies, può dubitarsi sul piano logico che, una volta
denegata la giurisdizione di detto giudice, gli si possa consentire la revoca o
modifica del suo atto giurisdizionale, per effetto di una pronuncia vincolante
che ha escluso ogni suo potere cognitivo nella fattispecie, con la conseguenza
che comunque dovrebbe iniziarsi il giudizio di merito del giudice individuato
come dotato di poteri cognitivi, in contrasto con l'intento deflattivo del
legislatore di evitare giudizi di merito.
4.1. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile sia come
impugnazione straordinaria ai sensi dell'art. 111 c.p.c., in rapporto a un atto
privo di stabilità, che come istanza di regolamento preventivo, in difetto di
una causa pendente per la quale accertare il giudice che deve conoscerla.
Le amministrazioni resistenti nella fase cautelare, solo se avessero iniziato la
causa di merito, sarebbero state legittimate a chiedere a queste Sezioni Unite
la individuazione definitiva del giudice che doveva esaminare la loro domanda,
la cui causa petendi deve ritenersi solo allegata alle loro eccezioni,
contrapposte alla istanza cautelare di controparte, ma non risulta proposta
ritualmente a fondamento di un atto introduttivo di un giudizio di merito che
allo stato non è ancora nato.
E' ben vero che le ricorrenti in questa sede non deducono l'inesistenza della
posizione soggettiva cautelata, che esse non negano, denunciando il difetto di
giurisdizione del tribunale ordinario, per essere la controversia riservata in
via esclusiva a quello amministrativo, anche in rapporto a diritti
incomprimibili e tutelati dalla Costituzione, dei quali esse escludono comunque
la lesione, in assenza di un loro comportamento non jure in quanto
conseguente le loro condotte hanno solo eseguito un provvedimento commissariale,
la cui legittimità si afferma dovrebbe essere accertata dal giudice
amministrativo e non da quello ordinario.
Ma alcuna azione si è proposta, dinanzi a un giudice di merito, che possa
legittimare le ricorrenti al regolamento preventivo inammissibile al di fuori
delle ipotesi di cui agli artt. 41 e 367 c.p.c. e quindi l'istanza di
regolamento di giurisdizione non può che ritenersi preclusa.
41.2. Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto: "Contro i
provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti della sentenza di merito,
emessi ai sensi dell'art. 700 c.p.c. non è proponibile né il ricorso
straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 c.p.c., perché detti atti
sono privi di stabilità e inidonei a divenire giudicato, ancorché nessuna delle
parti del procedimento cautelare abbia interesse a iniziare l'azione di merito,
avendo la tutela cautelare soddisfatto ogni esigenza del ricorrente e non avendo
interesse il resistente a dedurre comunque la inesistenza del diritto cautelato;
tale ricorso, qualora il provvedimento urgente sia stato pronunciato ante
causam, e non sia iniziato il giudizio di merito a tutela del diritto
cautelato, non può valutarsi, anche se il ricorrente lo richieda, come istanza
di regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c. da
qualificare anche essa inammissibile, finché l'istante non abbia iniziato un
giudizio di merito per il quale sorge l'oggetto del procedimento unitamente
all'interesse concreto e attuale a conoscere il giudice dinanzi al quale lo
stesso deve eventualmente proseguire, anche se diverso da quello che ha emesso
il provvedimento urgente in via anticipatoria e cautelare e per fare accertare,
in via definitiva ed immodificabile e con effetto di giudicato anche esterno,
quale sia il giudice che ha giurisdizione sulla controversia, iniziata all'esito
della procedura interinale e fino a quando il processo sul merito non risulti
deciso con sentenza di primo grado".
5.1. La non ricorribilità ex art. 111 Cost. o la rilevata inammissibilità
dell'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, cosi come la mancata
previsione di mezzi diversi di impugnabilità nell'interesse delle parti, dei
provvedimenti anticipatori, urgenti emessi ai sensi dell'art. 700 c.p.c. e delle
ordinanze collegiali che li hanno confermati, costituiscono uno dei nuovi
presupposti espressi nel 1° comma dell'art. 363 c.p.c., come novellato dall'art.
4 del D.Lgs. 2 febbraio 2006, per il riconoscimento della legittimazione del
P.G. presso la Corte di Cassazione a proporre ricorso nell'interesse della
legge, ai sensi del primo comma del predetto articolo, che nel testo previgente
non conteneva siffatte indicazioni.
Allorché le parti non possono, nel loro interesse sulla base delle normativa
vigente investire la Corte di Cassazione di questioni di particolare importanza,
in rapporto a provvedimenti giurisdizionali inimpugnabili e il P.G. presso la
stessa Corte non richieda nell'interesse della legge la enunciazione di un
principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi ai
sensi dell'art. 363, l° comma, c.p.c., non è dubitabile che questa Corte a
Sezioni unite, che ai sensi dell'art. 374, 2° comma c.p.c. su dette questioni
deve comunque pronunciarsi, su disposizione del primo presidente, dichiarati
inammissibili i ricorsi incompatibili con la vigente normativa, possano
esercitare d'ufficio il loro potere discrezionale di pronunciare il principio di
diritto applicabile nella vicenda processuale come ad esse prospettata dai
soggetti il cui ricorso sia stato ritenuto precluso.
La norma novellata, a differenza di quella previgente, attribuisce alla Corte
suprema per la prima volta tale potere discrezionale, come espressione del suo
potere di nomofilachia, per il quale, mentre normalmente, nei casi di ricorsi
ammissibili, si enuncia la regola del caso concreto, formando così il c.d.
diritto vivente, può anche eccezionalmente pronunciarsi una regola di giudizio
idonea a servire, come criterio di decisione per la soluzione di casi analoghi o
simili, non potendo pronunciarsi alcunché sulla fattispecie sottoposta in
concreto alla cognizione dei giudici di legittimità.
Non è dubitabile che la particolare importanza della questione di diritto, non
può desumersi solo dall'incidenza di essa in rapporto alla normativa e al c.d.
diritto vivente, di cui deve tenere invece conto in via esclusiva il P.G. che
ricorra nell'interesse della legge, ma anche agli elementi di fatto, come gli
interessi in gioco in genere oggetto delle controversie, in cui può rilevare la
risoluzione della questione.
Tale rilievo anche sociale e di fatto della questione di massima di particolare
importanza emerge sicuro, in rapporto all'emergenza "rifiuti" della Campania e
si connette all'interesse giuridico dei problemi collegati all'esercizio dei
poteri amministrativi, con atti e comportamenti delle autorità, che hanno
rilievo anche in rapporto ai diritti incomprimibili dei privati e agli interessi
diffusi di varie categorie di cittadini.
Anche se il principio di diritto da enunciare non può avere effetto diretto sui
provvedimenti per i quali si è dichiarato inammissibile il ricorso (art. 363,
ultimo comma, c.p.c.), la pronuncia può rilevare comunque in relazione alla
causa diversa che eventualmente abbia avuto inizio dopo il procedimento
sommario, rispetto alla quale si sono emessi i provvedimenti anticipatori
inimpugnabili per cassazione e comunque, la esistenza notoria di più
controversie, analoghe al presente processo e relative, all'emissione di
ordinanze inibitorie per la P.A. di comportamenti esecutivi di provvedimenti
amministrativi, in quanto potenzialmente lesivi di diritti incomprimibili e
tutelati dalla Costituzione, evidenzia la importanza particolare della questione
di giurisdizione prospettata in questa sede, che rende necessario nel caso
l'esercizio del potere discrezionale di questa Corte di pronunciare su di essa
la regola di diritto in astratto applicabile, rilevante per ogni ipotesi analoga
di cautele chieste ad evitare i maggiori danni a diritti fondamentali che
potrebbero derivare dalla ritardata soluzione del processo di merito iniziato a
tutela degli stessi.
Appare quindi opportuna la pronuncia di ufficio del principio di diritto sui
problemi posti, ai sensi dell'art. 363, 3° comma, c.p.c., sollecitata, sia pure
in via subordinata, dalle amministrazioni ricorrenti, in rapporto alla rilevanza
della soluzione della questione di giurisdizione in una pluralità di casi
analoghi (in tal senso, cfr. Cass. 21 maggio 2007 n. 11682, che per la prima e
unica volta sembra avere applicato la novella normativa indicata).
5.2. Nella fattispecie risulta con chiarezza che, ai sensi del D.L. 9 ottobre
2006 n. 263, convertito nella legge 6 dicembre 2006 n. 290, il Commissario
delegato per l'emergenza del settore rifiuti nella regione Campania, ha adottato
un provvedimento nell'esercizio dei suoi poteri (art. 1) e, in attuazione
dell'art. 5 di detta legge, ha proceduto alla ricerca e individuazione "delle
aree da destinare a siti di stoccaggio o discariche", tenendo conto "del carico
e degli impatti ambientali gravanti sulle aree su cui già insistono
discariche... in evidente stato di saturazione", disponendo, con procedure di
somma urgenza (comma 2), "i necessari interventi di sistemazione delle
discariche e delle relative infrastrutture".
Come risulta dal ricorso e dallo stesso provvedimento impugnato in questa sede,
con l'ordinanza n. 14 del 24 gennaio 2007, il Commissario aveva nominato i
tecnici per le indagini conoscitive relative all'area Masseria della Valle in
Serre, al fine di accertare l'idoneità del sito ad essere destinato a discarica
e di provvedere alla progettazione delle necessarie infrastrutture, in rapporto
al territorio in cui esse dovevano essere sistemate.
Tale attività dei tecnici, conseguente al provvedimento commissariale emesso
nell'esercizio dei poteri conferiti dalle norme sopra riportate, è stata
l'occasione per il giudice designato alla misura cautelare, per ordinare al
commissario delegato "di astenersi dall'installare e dal porre in esercizio
l'impianto di discarica dei rifiuti nel Comune di Serre, in località Valle della
Masseria, come meglio individuato negli atti del presente procedimento e in
particolare nell'ordinanza n. 14 del 24.1.07".
L'inibitoria dell'attività materiale, potenzialmente lesiva del diritto alla
salute dei cittadini di Serre e ad un ambiente igienicamente sicuro delle
imprese casearie intervenute nella fase sommaria, si fonda sul presupposto che,
sui diritti fondamentali protetti dalla Costituzione, come quello alla salute in
concreto nel caso cautelato, in quanto gli stessi non sono degradabili ad
interessi legittimi, la P.A. agirebbe sempre in carenza assoluta di potere e
quindi i comportamenti di essa dovrebbero sempre ritenersi non fondati
sull'esercizio di un potere e valutarsi come attività materiali e di mero fatto,
riservate alla esclusiva cognizione del giudice ordinario. Tale tesi è infondata
e non conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la quale distingue sempre
tra i comportamenti materiali, che esprimono l'esercizio di un potere
amministrativo e sono collegati comunque ad un fine pubblico o di pubblico
interesse legalmente dichiarato, da quelli di mero fatto, riservando quindi
soltanto i primi alla cognizione dei giudici amministrativi, nella materie
riservate alla giurisdizione esclusiva di questi ultimi (cfr. con le sentenze
citate nella ordinanza impugnata e richiamate in ricorso anche delle S.U. le ord.
22 agosto 2007 n. 17831, 7 febbraio 2007 n. 2688 e 2689, 11 gennaio 2007 n. 368
e le sentenze 8 giugno 2007 n. 13397 e 8 maggio 2007 n. 10375 le più recenti,
tra molte).
Effettivamente, prima della devoluzione alla giurisdizione esclusiva dei giudici
amministrativi di alcune materie e allorchè il riparto di giurisdizione si
fondava solo sulla tradizionale bipartizione tra diritti soggettivi e interessi
legittimi e sulla individuazione del c.d. petitum sostanziale, proprio in
materia di discariche di rifiuti urbani, questa Corte aveva riservato al giudice
ordinario ogni controversia in materia di danno alla salute, che dalla
collocazione nel territorio di tali infrastrutture poteva derivare (cfr. S.U.
sentenze del 17 novembre 1992 n. 12307 e 28 novembre 1990 n. 11457).
Successivamente al D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come modificato dalla legge 21
luglio 2000 n. 205, non vi è invece ragione per denegare la cognizione dei
giudici amministrativi allorché, in materia di giurisdizione esclusiva, vi sia
una controversia avente ad oggetto comportamenti materiali che siano effetto di
atti della P.A, o espressione di poteri di questa e ledano diritti, anche se
fondamentali e tutelati dalla costituzione, perché comunque resta ferma la
cognizione giurisdizionale dei giudici amministrativi, sulla base di quanto
chiarito anche dalle sentenze della C. Cost. 28 aprile 2004 n. 204, 8 marzo 2006
n. 191, in rapporto alla lettura della parola "comportamenti", di cui all'art.
34, 1° comma del D.Lgs. sopra richiamato.
Nello stesso senso è anche la pronuncia della C. Cost. 27 aprile 2007 n. 140,
che ha chiarito la piena legittimità costituzionale della cognizione esclusiva
dei giudici amministrativi sui diritti tutelati dalla costituzione, anche se con
riferimento ad una normativa (art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004 n.
311) che riserva a detti giudici solo "le procedure e i provvedimenti" in
materia di energia elettrica, ma non ha riferimento ai comportamenti connessi
alla gestione degli elettrodotti e al campo elettromagnetico da questi prodotto,
per i cui effetti lesivi sulla salute correttamente si è affermato di recente,
la cognizione del giudice ordinario (S.U. ord. 8 marzo 2006 n. 4908, richiamata
nell'ordinanza impugnata). In tale senso del resto è lo stesso dettato normativo
dell'art. 3 della legge n. 205 del 2000 che ha modificato l'art. 21 della legge
n. 1034 del 1971, espressamente prevedendo una tutela cautelare nel corso del
processo dinanzi ai giudici amministrativi, assimilabile a quella di cui
all'art. 700 c.p.c., per la quale, quando il ricorrente alleghi un pregiudizio
grave e irreparabile per l'esecuzione dell'atto amministrativo da lui impugnato,
egli può chiedere l'emanazione di misure cautelari idonee ad assicurare
interinalmente gli effetti della decisione del ricorso al Tar, che, sull'istanza
di provvedimento urgente, si pronuncia con decreto in camera di consiglio.
La norma aggiunge che "la concessione o il diniego della misura cautelare non
può essere subordinata a cauzione quando la concessione o il diniego della
misura cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il
diritto alla salute, all'integrità, dell'ambiente, ovvero ad altri beni di
primario rilievo costituzionale", così evidenziando che anche il giudice
amministrativo ha piena cognizione di essi, quando si verta in una controversia
riservata alla sua giurisdizione esclusiva (sulla costituzionalità della mancata
previsione nel processo amministrativo di misure cautelari anteriori al giudizio
cfr. C. Cost. 26 febbraio 2002 n. 179 e sulla esigenza di tale tutela cautelare
ante causam anche dinanzi ai giudici amministrativi, nelle materie
disciplinate dalla normativa U.E, cfr. Corte di giustizia, sez. IV, 29 aprile
2004, ricorso C. 202/03).
Nel caso non è dubitabile che la causa eventuale di merito attiene all'uso o
gestione del territorio regionale, tendendo ad inibire la collocazione su
un'area sita nel comune di. Serre dell'opera pubblica particolare costituita
dalla discarica.
Deve quindi ritenersi che la controversia è da qualificare "urbanistica" o
edilizia ed è quindi regolata, sul piano della tutela giurisdizionale, dall'art.
34, 1' comma, del citato D.Lgs. n. 80 del 1998, come successivamente modificato.
In tale materia, per l'art. 7 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come
modificato dall'art. 35 del D.Lgs. N. 80 del 1998, sostituito dall'art. 7 della
legge n. 205 del 2000 "il tribunale amministrativo regionale ...conosce anche di
tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento dei danni, anche
attraverso la reintegrazione in forma specifica..." cui si è fatto espresso
riferimento per la inibitoria in concreto disposta in via interinale e urgente
dai giudici ordinari nella concreta fattispecie, anche ai sensi dell'art. 2058
c.c.
Nessun dubbio vi è nella giurisprudenza amministrativa sulla esistenza per essa
dei poteri di accertamento negativo dei diritti, che nel caso dovrebbe essere a
fondamento della sola eventuale azione di merito delle amministrazioni
ricorrenti, non avendo le stesse ottenuto la revoca del provvedimento urgente
nella stessa sede cautelare (cfr. su tali poteri di accertamento negativo, Cons.
St. 26 luglio 2006 n. 413).
5.3. Pertanto, in rapporto alle questioni prospettate in questa sede, dichiarati
inammissibili i ricorsi come proposti, deve pronunciarsi, ai sensi dell'art.
363, 3 ° comma c.p.c. il seguente principio di diritto: "Anche in materia di
diritti fondamentali tutelati dalla costituzione, quali il diritto alla salute
(art. 32 Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta come effetto di un
comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad
atti della P.A. di cui sia denunciata l'illegittimità, in materie riservate alla
giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come ad es. in quella di
gestione del territorio, compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle
relative controversie e circa la sussistenza in concreto dei diritti vantati e
il contemperamento o la limitazione dei suddetti diritti in rapporto
all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre e la emissione di ogni
provvedimento cautelare, per assicurare provvisoriamente gli effetti della
futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente
risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti
comportamenti o provvedimenti".
La novità delle questioni prospettate e delle soluzioni adottate rende equa la
totale compensazione delle spese tra le parti che in questa sede hanno espletato
difese, nulla disponendosi rispetto alle altre parti intimate, nella presente
fase di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111
Cost. e le istanze riunite di regolamento preventivo di giurisdizione e,
pronuncia ai sensi dell'art. 363, 3° comma, c.p.c. il seguente principio di
diritto sulla questione proposta in questa sede:«Anche in materia di diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione, come il diritto alla salute (art. 32
Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento
materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A.
di cui sia denunciata la illegittimità, in materie riservate alla giurisdizione
esclusiva dei giudici amministrativi, come ad es. in quelle di gestione del
territorio, compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative
controversie circa la sussistenza in concreto dei diritti vantati e il
contemperamento o limitazione dei suddetti diritti con l'interesse generale
pubblico all'ambiente salubre e la emissione di ogni provvedimento cautelare,
per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle
richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che
deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti››.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della
corte Suprema di
Cassazione del 18 dicembre 2007.
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