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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26/01/2007 (c.c. 19/10/2006), Sentenza n. 2881

 


URBANISTICA E EDILIZIA - Realizzazione di un soppalco all'interno di una unità immobiliare - Incremento della superficie utile calpestabile - Permesso di costruire e/o denunzia di inizio dell'attività - Necessità - Disciplina - Art. 22, 3° c., TU, n. 380/2001 - Art. 2 n. 19/2001 L. R. Campania. L'esecuzione di un soppalco all'interno di una unità immobiliare, realizzato attraverso la divisione in altezza di un vano allo scopo di ottenente una duplice utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un mutamento di destinazione d'uso, costituisce intervento ali ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di costruire o, in alternativa, la denunzia di inizio dell'attività, ai sensi dell'art. 22, 3° comma, del TU, n. 380/2001. Detto intervento infatti, comporta un incremento della superficie utile calpestabile che, a norma dell'art. 10, 1° comma - lett. c), dello stesso T.U., impone l'applicazione del regime di alternatività indipendentemente da una contemporanea modifica della sagoma o del volume. Tale disciplina non si pone in contrasto con le previsioni dell'art. 2 della legge n. 19/2001 della Regione Campania". Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. P.M. in proc. Picone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (c.c. 19/10/2006), Sentenza n. 2881

URBANISTICA E EDILIZIA - C.d. opere interne - Ristrutturazione edilizia - Riconducibilità - Condizioni - Nuova formulazione apportata dal T.U. n. 380/2001. Nella formulazione del T.U. n. 380/2001, le c.d. opere interne non sono più previste, come categoria autonoma di intervento sugli edifici esistenti e devono ritenersi riconducibili alla "ristrutturazione edilizia" allorquando comportino aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche dei volumi, dei prospetti o delle superfici, ovvero mutamenti di destinazione d'uso. Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. P.M. in proc. Picone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (c.c. 19/10/2006), Sentenza n. 2881

URBANISTICA E EDILIZIA - Interventi di ristrutturazione edilizia - Definizione - Manutenzione straordinaria - Restauro e risanamento conservativo - C.d. Superdia (ossia le D.I.A. in alternativa al permesso di costruire) - Artt. 3 c. 1° - lett. d) e 10, 1° c - lett. c), T.U. n. 380/2001 e s.m. D.Lgs n. 301/2002. L'art. 3, 1° comma - lett. d), del T.U. n. 380/2001 - come modificato dal D.Lgs 27.12.2002, n. 301 definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti". Pertanto, l'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia non vincolati, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato). Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. P.M. in proc. Picone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (c.c. 19/10/2006), Sentenza n. 2881

URBANISTICA E EDILIZIA - Interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore - Definizione - D.I.A. - Presupposti - Art. 22, 3° c. - lett. a), T.U. n. 380/2001 e s.m. D.Lgs. n. 301/2002. L'art. 22, 3° comma - lett. a), T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, prevede, che le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte nell'art. 10, 1° comma - lett. c, che possono incidere sul carico urbanistico) possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività. Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. P.M. in proc. Picone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (c.c. 19/10/2006), Sentenza n. 2881



Camera di consiglio del 19.10.2006
SENTENZA N. 1016
REG. GENERALE n. 20207/06


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori

 

   Dott. Amedeo Postiglione    Pres.

1.  "     Vincenzo Tardino        Cons.

2.  "     Mario Gentile

3.  "     Aldo Fiale

4.  "     Maria Silvia Sensini

 

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

 

sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica preso il Tribunali di Napoli

 

avverso la sentenza 28-2-2006 del G.I.P. del Tribunali di Napoli, emessa nei confronti di :

 

1- PICONE Giuseppina, n. a Napoli il 22-8-1973

 

2- AMATO Luigi, n. a Napoli il 4-4-1971

 

Sentita la relazione fatta dal Consigliere M. Aldo Fiale

 

Lette le richieste del P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 

Picone Giuseppina ed Amato Luigi sono stati indagati in relazione ai reati di cui:


- agli artt. 110 cod. pen. e 44, Iett. b), D.P.R. n. 380/2001 (per avere, in concorso tra loro, in qualità di committenti, iniziato continuato ed eseguito, in assenza dei permesso di costruire e di D.I.A., in una unità immobiliare preesistente di mq. 47, la realizzazione di un soppalco in muratura impostato a mt. 2,10 dal calpestio ed mt. 2,00 dalla copertura, collegato con l'ambiente sottostante a mezzo di una scala in muratura ed adibito a camera da letto munita di finestra delle dimensioni di mt. 1,00 x 1,40, corredata da grata di ferro).


- agli artt. 110 cod. pen. e 64, 65, 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato le strutture portanti indicate al capo che precede non in base a progetto esecutivo, senza previa denunzia dei lavori al Genio Civile e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico competente;


- agli artt. 110 cod. pen. e 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001 (per avere eseguito i lavori anzidetti, in zona sismica, omettendo di depositare, prima del loro inizio, gli atti progettuali presso l'ufficio del Genio Civile competente e senza avere ottenuto la previa autorizzazione).


Reati tutti accertati in Napoli, alla via San Liborio, n. 43, II piano, il 17.10.2005.


Il P.M. ha chiesto emettersi decreto penale di condanna ma il G.I.P. del Tribunale di Napoli - con sentenza del 28.2.2006, resa ai sensi dell'art. 129 c p.p. - ha dichiarato non doversi procedere, limitatamente alla contravvenzione di cui all'art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001, "perché il fatto non é previsto dalla legge come reato", ordinando la restituzione degli atti al P.M. per le residue imputazioni.


Ha rilevato il G.I.P. che "la realizzazione di soppalchi all'interno di un manufatto non richiede la c.d. Superdia (ossia le D.I.A. in alternativa al permesso di costruire), in quanto l'aumento di superficie utile - che non può essere sottaciuto - non si accompagna, del caso di specie, alla modifica della sagoma o della volumetria del manufatto. Un'attenta lettura della norma contestata impone, infatti, di ritenere che, per aversi punibilità ex art. 44 D.P.R. 380/2001, non è sufficiente che vi sia un aumento di superficie, ma occorre che cumulativamente sussistano anche le altre condizioni della modifica o della sagoma esterna dell'edificio o dell'aumento dei volumi".


Ad integrazione e conferma di tale assunto, lo stesso G.I.P. ha fatto riferimento alla sentenza n. 40829/2005 di questa III Sezione della Corte di Cassazione e "ad una legge regionale - ritenuta costituzionalmente legittima - che autorizza la realizzazione di soppalchi interni dell'edificio solo previa D.I.A. e senza necessità di permesso di costruire".


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore delta Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale - dopo avere premesso di non condividere l'orientamento della giurisprudenza di legittimità in essa richiamato - ha eccepito che:


- la proposta interpretazione dell'art. 10, comma l° - lett. c), del D.P.R. n. 380/2001 contrasterebbe con il dato testuale, poiché le singole fattispecie, per le quali tale disposizione richiede il permesso di costruire, sono separate da virgole, in funzione evidentemente disgiuntiva, come sarebbe reso palese dalla disgiunzione "o" introdotta per separare la modifica dei prospetti da quella delle superfici;


- l'interpretazione medesima contrasterebbe pure con il dato sistematico, non potendosi spiegare altrimenti il rapporto con la disposizione della lettera e 1 del precedente art. 3, in quanto tale norma, sanzionando "l'ampliamento dei manufatti esistenti all'esterno della sagoma esisterete" già punirebbe le ristrutturazioni che comportino contemporaneamente modifica di sagoma, di volume ed aumento delle superfici utili.


MOTIVI DELLA DECISIONE

 

 Il ricorso è fondato e deve essere accolto.


1. Nel vigore dell'art. 26 della legge n. 47/1985 e dell'art. 4 della legge n. 493/1993, come modificato dall'art. 2, comma 60, della legge n. 662/1996, la giurisprudenza di questa Corte Suprema si è orientata nel senso che - per la realizzazione di soppalchi interni a costruzioni preesistenti - non occorresse la concessione né l'autorizzazione edilizia. Si riteneva, quindi, sufficiente il procedimento di D.I.A., la cui mancanza era sanzionata solo in via amministrativa (vedi Cass., Sez. III 3.6.1994, n. 6573, Vicini; 28.3,1990, n. 4323, De Pan).


Dopo l'entrata in vigore del D.P.R. n 380/2001 (T.U. dell'edilizia), detto indirizzo è stato Confermato da questa III Sezione con la sentenza 10.11.2005, n. 40829, ric. P.M. in proc. D'Amato ed altro, ove si é argomentato che "La realizzazione di opere interne anche in base al testo unico deve ritenersi consentita, come avveniva nella legislazione previgente, previa mera denunzia di inizio dell'attività a condizione che non integri veri e propri interventi di ristrutturazione comportanti modifiche della sagoma o della destinazione d'uso (cfr, Cass. 3577 del 2001) e ciò perché in base all'attuale disciplina sono assentibili con la denuncia d'inizio lavori cosiddetta semplice, ossia quella prevista dall'art. 22 del TU. commi 1 e 2 (...) tutti quegli interventi per i quali non è richiesto il permesso di costruire e per quello in questione tale permesso, alle condizioni sopra indicate, non è richiesto giacché, anche se è aumentata la superficie in concreto utilizzabile, non sono stati modificali volume e sagoma".


2. La sentenza n. 40829/2005 riguardava una vicenda in cui erano stati realizzati due soppalchi all'interno di una preesistente unità immobiliare: adibiti l'uno ad uso studio e l'altro a cameretta per i bambini.


L'orientamento giurisprudenziale in essa enunciato non è, però, condiviso da questo Collegio alla stregua dei seguenti rilievi:


2.1 Le c.d. "opere interne", nella normativa edilizia, sono state soggette - come già si è accennato - ad un regime autonomo semplificato secondo le previsioni sia della legge n. 47/1985 (art. 26 modificato dalla legge n. 298/1985) sia della legge n. 662/1996 (art. 2. comma 60).


Trattavasi di interventi edilizi che si collocavano trasversalmente rispetto a quelli di manutenzione, restauro e ristrutturazione, delineati dall'art. 31 della legge n. 457 del 1978.


La lettera e) dell'art. 2, comma 60, della legge 23.12.1996, n. 662 [modificata dal D.L. n. 67/1997, convertito dalla legge n. 135/1997] assoggettava, in particolare, a denuncia di inizio dell'attività le "opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e limitatamente agli immobili comprese nelle zone omogenee A.... non modifichino la destinazione d'uso".


Opere siffatte non dovevano essere realizzate su immobili vincolati e dovevano essere conformi agli strumenti urbanistici, rispettando altresì le norme di sicurezza e quelle igienico-sanitarie degli edifici (onde l'illegittimità della realizzazione di vani di dimensioni insufficienti ad assicurare le prescritte condizioni di creazione ed illuminazione). Esse non dovevano, poi, recare pregiudizio alla statica dell'immobile, cioè all'equilibrio delle forze di azione e di reazione che si realizza all'interno delle strutture portanti di un manufatto e ne determina le stabilità.


Le opere interne non sono più previste, nella formulazione dello T.U. n. 380/2001, come categoria autonoma di intervento sugli edifici esistenti e devono ritenersi riconducibili alla "ristrutturazione edilizia" allorquando comportino aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche dei volumi, dei prospetti o delle superfici, ovvero mutamenti di destinazione d'uso.


2.2 L'art. 3, 1° comma - lett. d), del T.U. n. 380/2001 - come modificato dal D.Lgs 27.12.2002, n. 301 - definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".


La ristrutturazione edilizia non è vincolata, pertanto, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).


La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.


2.3 L'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutta o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliare, modifiche del volume della sagoma, dei prospetti a delle superfici", ovvero si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A).


2.4 L'art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso T.U., come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato - tali interventi possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività.


2.5 Dalle disposizioni legislative dianzi ricordate si deduce che sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio dell'attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte nell'art. 10, 1° comma - lett. c, che possono incidere sul carico urbanistico).


Il T.U. n. 380/2001 ha introdotto, in sostanza, uno sdoppiamento della categoria delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dall'art. 31, 1° comma - lett. d), della legge n. 457/1978, riconducendo ad essa anche interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume.


Tali incrementi però, devono essere necessariamente modesti, poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'esistente (in termini sia di volume ma anche soltanto di superficie), verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione".


3. Nella fattispecie in esame non si verte nell'ipotesi, dianzi descritta, di "ristrutturazione edilizia di portata minore", essendosi realizzata un aumento di superficie necessario e sufficiente ad imporre il permesso di costruire o la D.I.A. alternativa.


La prospettazione proposta dalla sentenza impugnata, secondo la quale la nuova normativa richiederebbe - perché debba considerarsi insufficiente la semplice D.I.A. - una contemporanea modifica di superficie, volume e sagoma contrasta con la formulazione testuale dell'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, con le innovazioni introdotte dal D.Lgs n. 301/2002. che - come si è detto - assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia «che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche de! volume, della sagoma, dei prospetti n delle superfici».


Al contrario, la modifica di uno qualsiasi degli anzidetti parametri di riferimento realizza autonomamente la fattispecie, senza necessità di sovrapposizione, come si deduce anche dalla disgiuntiva finale utilizzata dal legislatore.


Siamo in presenza, dunque, di un intervento assoggettabile, alternativamente ed a scelta dell'interessato, a permesso di costruire ovvero a denunzia di inizio dell'attività ai sensi dell'art. 22, 3° comma - lett. a), del T.U. n. 380/2001, come sostituito dal D.Lgs. n. 301/2002, ed in una ipotesi siffatta, in mancanza del permesso di costruire, anche l'omesso esperimento della procedura di D.I.A. comporta l'applicazione delle sanzioni penali di cui al successivo art. 44 (vedi Cass., Sez. V, 26.4.2005, Giordano, nonché Sez. III 19.11.2003, Landolina e 14.7.2003, Tollon).


4. Dette conclusioni non trovano smentita nella legge regionale genericamente evocata dal G.I.P. nella sentenza impugnata.


Trattasi della legge 28.11.2001, n. 19 della Regione Campania, il cui art. 2 prevede, al 1° comma, che "possono essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio di attività: a) gli interventi edilizi di cui all'art. 4 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come sostituito dall'art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, lettere a), b), c), d), e) ed f). ".


Il medesimo 1° comma dell'art. 2 della legge regionale in esame, però, fa pure riferimento (indifferenziato quanto al procedimento abilitativo), nelle successive lettere b), c) e d), a quegli interventi edilizi che - secondo l'art. 22, 3° comma, del T.U. n 380/2001, come sostituito dal D.Lgs. n. 27.12.2002, n. 301 - "possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività in alternativa al permesso di costruire".


La disposizione regionale, pertanto - al di là di ogni valutazione circa il carattere formale o sostanziale del rinvio in essa contenuto a disposizioni legislative statali espressamente abrogate dall'art. 136, 1° comma, lett. g), del D.P.R. n. 380/2001 (pubblicato in G.U. del 20.10.2001) - non individua ipotesi di opere realizzabili mediante D.I.A. riconducibili ai soli casi di cui al 10 e 2° comma dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001, ma accomuna nella medesima previsione di possibile ricorso al procedimento della denuncia di attività anche quegli interventi per i quali il 3° comma del citato art. 22 prevede l'alternatività tra D.I.A. e permesso di costruire.


La stessa disposizione regionale, pertanto, lungi dall'affermare che le opere interne comportanti aumento delle superfici utili siano realizzabili sempre ed esclusivamente previa mera denunzia di inizio dell'attività, si limita a recepire, al riguardo, la normativa statale.


5. Alla stregua di tutte le argomentazioni svolte, va formulato, in conclusione, il principio di diritto secondo il quale "l'esecuzione di un soppalco all'interno di una unità immobiliare, realizzato attraverso la divisione in altezza di un vano allo scopo di ottenente una duplice utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un mutamento di destinazione d'uso, costituisce intervento ali ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di costruire o, in alternativa, la denunzia di inizio dell'attività, ai sensi dell'art. 22, 3° comma, del TU, n. 380/2001. Detto intervento infatti, comporta un incremento della superficie utile calpestabile che, a norma dell'art. 10, 1° comma - lett. c), dello stesso TU., impone l'applicazione del regime di alternatività indipendentemente da una contemporanea modifica della sagoma o del volume. Tale disciplina non si pone in contrasto con le previsioni dell'art. 2 della legge n. 19/2001 della Regione Campania".


6. La sentenza impugnata va conseguentemente annullata, con rinvio al Tribunale di Napoli, il cui G.I.P. si atterrà al principio dianzi enunciato.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,


visti gli artt. 608, 611 e 623 c.p.p.,


annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.


Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 19.10.2006


L' estensore              Il presidente
               Aldo Fiale                    Amedeo Postiglione


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