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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 15/11/2007 (Ud.
12/10/2007), Sentenza n. 42109
PESCA marittima - Pesca con materie esplodenti - Leggi penali speciali -
Concorso formale con altri reati - Configurabilità - Danneggiamento aggravato
del “mare territoriale” - Delitto di ricettazione - Concorso formale tra la
ricettazione ed il reato di messa in commercio del pescato illegittimamente
acquistato. In materia di pesca marittima con uso di materie esplodenti
(art.15, lett. d, L. 14 luglio 1965, n. 963) colui il quale pesca con gli
esplosivi risponde non solo della loro detenzione illegale ovvero della
contravvenzione di cui all’art. 678 cod. pen. (Cass. Sez. Un. 15/10/1986 n
10901, Granata), ma anche - in concorso formale - del delitto di danneggiamento
aggravato del “mare territoriale” (art.635, comma secondo, n.3 cod. pen.), in
quanto bene pubblico esposto alla pubblica fede e destinato a pubblica utilità (Cass
sez I, 20/02/1987, n 287; Cass 20/11/2003). Inoltre, l’acquirente del pescato
proveniente dalla cattura mediante esplosivi o da danneggiamento delle risorse
marine, risponde del delitto di ricettazione (art.648 cod. pen.) se acquista
consapevolmente pesce proveniente dai predetti delitti. Infine, vi è concorso
formale tra la ricettazione ed il reato di messa in commercio del pescato
illegittimamente acquistato, trattandosi di norme che offendono beni giuridici
diversi. Presidente C. Vitalone, Relatore C. Petti. CORTE DI CASSAZIONE
Penale, Sez. III, 15/11/2007 (Ud. 12/10/2007), Sentenza n. 42109
PROCEDURE E VARIE - Armi e materie esplodenti - Carattere della "micidialita"
- Nozione - Accertamento sulla pericolosità. In tema di armi e materie
esplodenti, l'ambito di applicabilità dell'art.678 cod.pen. è limitato - oltre
ad alcune ipotesi residuali non ricadenti per mancanza di una espressa
previsione sotto l'impero di una normativa speciale - alle condotte aventi ad
oggetto le materie esplodenti che, in rapporto alle circostanze del caso
concreto, non presentino il carattere della "micidialita"; quest'ultimo
carattere è insito invece nella sottospecie delle materie esplodenti
rappresentata da quei composti chimici, o miscugli di composti chimici,
specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti,
deflagranti o dirompenti per impiego bellico o civile, indicati comunemente come
esplosivi: siffatta situazione ossia la micidialità può peraltro determinarsi
anche quando non si tratti propriamente di esplosivi, vale a dire di materie
appositamente studiate e realizzate per cagionare con il loro uso conseguenze
devastanti, bensì di materie che in determinate condizioni ambientali, di cui il
detentore sia consapevole, possono acquisire la stessa potenzialità lesiva degli
esplosivi. Quindi anche le bombe carte o i giochi pirici possono rientrare nella
categoria degli esplosivi allorché, per le loro caratteristiche intrinseche o
per il rilevante numero, posseggono la stessa pericolosità degli esplosivi
(Cass. Sez. III, Sent. n 6959 del 09/04/1997 - 14/07/1997). L'accertamento sulla
pericolosità della sostanza rappresenta un giudizio di fatto riservato al
giudice del merito. Presidente C. Vitalone, Relatore C. Petti. CORTE DI
CASSAZIONE Penale, Sez. III, 15/11/2007 (Ud. 12/10/2007), Sentenza n. 42109
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
IN FATTO
Con sentenza del 26 maggio del 2005, la corte d'appello di Lecce, sezione
distaccata di Taranto, confermava quella pronunciata dal tribunale della
medesima città nei confronti di Di Comite Angelo e Morelli Stefano, i quali
erano stati condannati alla pena di euro 1000 di multa, rettificata in ammenda
dalla corte territoriale, quali responsabili del reato di cui all'articolo 15
lettera d) della legge n 963 del 1965, per avere, in concorso tra loro, messo in
vendita chilogrammi 210 di pesce proveniente da pesca di frodo perché catturato
mediante l'uso di materiale esplodente. Fatto commesso il 3 aprile del 2001.
Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo:
la violazione dell'articolo 191 c.p.p. in relazione all'articolo 63 e 350 c.p.p,
per avere i giudici del merito affermato la responsabilità dei prevenuti sulla
base di dichiarazioni non utilizzabili e più precisamente sulla base delle
spontanee dichiarazioni rese dagli indagati durante la fase delle indagini
preliminari,delle quali peraltro non era stata data lettura a norma
dell'articolo 511 c.p.p.;
la mancanza ed illogicità della motivazione:
a) in ordine alla prova della destinazione del prodotto alla vendita;
b) in merito all'elemento psicologico del reato, tanto più che il pesce era stato acquistato nel corso di un'asta la quale si svolge sotto il controllo del direttore del mercato e non era stato in alcun modo provata la cattura mediante materiale esplodente;
c) in ordine al concorso di persone;
l'omessa motivazione sulla determinazione della pena irrogata in misura
notevolmente superiore al minimo;
l'omessa motivazione in ordine alla richiesta dei benefici di legge
IN DIRITTO
La corte rileva che la sentenza non era appellabile. Invero, a norma dell'art.
593 comma terzo, cod. proc. pen. le sentenze di condanna alla sola pena
dell'ammenda non erano appellabili prima della riforma introdotta con la legge n
46 del 2006 e non lo sono tuttora . Ne consegue che, proposto appello avverso
una di tali sentenze, la Corte di merito deve astenersi dal pronunciare la
decisione di secondo grado e limitarsi a qualificare come ricorso l'impugnazione
stessa e trasmettere gli atti alla corte di legittimità; ove la Corte d'appello
pronunci invece la sentenza di secondo grado e venga poi presentato ricorso per
Cassazione, detta sentenza deve essere annullata senza rinvio e la Suprema Corte
deve ritenere il giudizio, qualificando come ricorso per Cassazione l'appello
proposto avverso la sentenza di primo grado (Cass 14 giugno 2000, Lipari).
L'errore del giudice nel qualificare multa la pena pecuniaria non può incidere
sul regime dell'impugnabilità oggettiva delle sentenze.
Questa corte deve quindi esaminare il solo atto d'appello qualificandolo
ricorso. Nella fattispecie, con l'appello, i ricorrenti si erano limitati a
dedurre il difetto di motivazione in ordine all'elemento psicologico del reato
ed alla misura della pena.
Il primo motivo non è manifestamente infondato perché in effetti nella sentenza
di primo grado manca la motivazione in ordine all'elemento psicologico del
reato, sia con riferimento alla consapevolezza di mettere in commercio pesce
proveniente da pesca di frodo sia con riguardo ad eventuale negligenza nella
valutazione del prodotto messo in commercio. Un annullamento con rinvio per
carenze motivazionali sarebbe però incompatibile con il principio di cui
all'articolo 129 c.p.p. che impone l'immediata declaratoria di una causa di non
punibilità. Nella fattispecie il reato contravvenzionale è allo stato estinto
per prescrizione essendo abbondantemente decorso il termine prescrizionale
massimo previsto dall'articolo 157 c.p., sia nel testo vigente prima della
riforma introdotta con la legge n 251 del 2005 che in quello attuale.
Nel merito dagli atti accessibili a questa corte non emergono in maniera
evidente cause di proscioglimento più favorevoli della declaratoria di
estinzione del reato per prescrizione. Anzi sarebbe configurabile un reato più
grave della semplice contravvenzione contestata. Invero l'articolo 15 lettera d)
della legge n 963 del 1965 vieta di danneggiare le risorse marine biologiche
mediante l'uso di materie esplodenti. Tale comportamento è punibile a titolo
contravvenzionale salvo che non costituisca più grave reato (art 24 legge
citata). Orbene colui il quale pesca con gli esplosivi, oltre a rispondere
eventualmente del delitto di detenzione di esplosivi ai sensi degli artt 10 e 12
della legge n 497 del 1974(così cass 11193 del 1984) o della contravvenzione di
cui all'articolo 678 c.p., dovrebbe rispondere anche del delitto di
danneggiamento perseguibile d'ufficio a nonna del capoverso dell'articolo 635 n
3 perché perpetrato su bene pubblico esposto alla pubblica fede e destinato a
pubblica utilità quale deve considerarsi il mare territoriale. Invero il
riferimento all'articolo 625 n 7 contenuto nell'articolo 635 non deve essere
limitato ai beni mobili che possono essere oggetto di furto poiché il
legislatore, nello stabilire l'aggravante per il danneggiamento, ha tenuto
conto, non della natura mobiliare del bene, ma della sua destinazione a
soddisfare una pubblica utilità (così, in maniera condivisibile, Cass sez I, 20
febbraio 1987, n 287; Cass 20 novembre 2003, riv 228552). Il mare territoriale
ed il fondale marino, pur qualificabili come res communes omnium, sono
soggetti,anche sotto il profilo del diritto internazionale (convenzioni di
Ginevra del 1958), alla sovranità dello Stato che è portatore di un interesse
diretto alla loro integrità (sez. 2^, 10.2.1984, Mento, rv 164776/7), sia per
garantirne la conservazione come risorse naturali e la duratura fruizione da
parte di tutti, sia per poterne disporre iure imperii nei casi previsti
dalla legge (ad esempio in materia di pesca o di concessione anche ad altri fini
di tratti di mare territoriale, ovvero in materia di esplorazione e sfruttamento
del fondo e sottofondo marino). D'altra parte, questa corte con decisione n
42119 del 2002,Combacio, ha ritenuto configurabile il delitto di danneggiamento
aggravato nel comportamento di colui il quale frantumi gli scogli sotterranei
per pescare le specie ittiche che vivono al loro interno,ad esempio datteri (in
senso conforme Cass 13 maggio del 2004 riv 229714).
A proposito dell'uso di materiale esplodente nella pesca di frodo si deve
rilevare che la linea di demarcazione tra la contravvenzione di detenzione di
materiale esplodente di cui all'articolo 678 c.p. ed il delitto di detenzione di
esplosivi, di cui agli artt 1 e 2 della legge n 895 del 1967 come modificati
dagli artt 10 e 12 della legge n 497 del 1974, è costituito dalla natura del
materiale impiegato ossia dalla sua potenzialità offensiva (Cass. Sez. Un. 15
ottobre 1986 n 10901, Granata). Questa corte ha avuto modo di precisare più
recentemente (Sent. n 6959 del 09/04/1997 - 14/07/1997) che, in tema di armi e
materie esplodenti, l'ambito di applicabilità dell'art.678 cod.pen. è limitato -
oltre ad alcune ipotesi residuali non ricadenti per mancanza di una espressa
previsione sotto l'impero di una normativa speciale - alle condotte aventi ad
oggetto le materie esplodenti che, in rapporto alle circostanze del caso
concreto, non presentino il carattere della "micidialita'"; quest'ultimo
carattere è insito invece nella sottospecie delle materie esplodenti
rappresentata da quei composti chimici, o miscugli di composti chimici,
specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti,
deflagranti o dirompenti per impiego bellico o civile, indicati comunemente come
esplosivi: siffatta situazione ossia la micidialità può peraltro determinarsi
anche quando non si tratti propriamente di esplosivi, vale a dire di materie
appositamente studiate e realizzate per cagionare con il loro uso conseguenze
devastanti, bensì di materie che in determinate condizioni ambientali, di cui il
detentore sia consapevole, possono acquisire la stessa potenzialità lesiva degli
esplosivi. Quindi anche le bombe carte o i giochi pirici possono rientrare nella
categoria degli esplosivi allorché, per le loro caratteristiche intrinseche o
per il rilevante numero, posseggono la stessa pericolosità degli esplosivi.
L'accertamento sulla pericolosità della sostanza rappresenta un giudizio di
fatto riservato al giudice del merito. Nel caso esaminato nella decisione dianzi
indicata questa corte ha ritenuto che la detenzione di 50 "cipolle" e 70 "tracchi
ad otto girate" posti in unico contenitore potesse configurare non la
contravvenzione di cui all'art. 678 codice penale ma il delitto di cui agli
artt. 10 e 12 della legge n 497 del 1974.
Dai principi dianzi esposti discende che colui il quale acquista il pescato
proveniente da cattura mediante esplosivi o da un danneggiamento di risorse
marine risponde del delitto di ricettazione perché acquista cose provenienti da
delitto (detenzione di esplosivi o danneggiamento aggravato) ovviamente se è
consapevole dell'illecita provenienza del prodotto. Il delitto di ricettazione
può concorrere con la messa in commercio del pescato illecitamente acquistato,
trattandosi di nonne che offendono beni giuridici diversi(l'articolo 648 il
patrimonio e l'articolo 15 della legge n 963 del 1965 l'interesse dello Stato al
regolare svolgimento dell'attività di pesca) così come il delitto di
ricettazione di prodotti con segni mendaci può concorrere con quello di cui
all'articolo 474 c.p. per la messa in commercio degli stessi prodotti (Cass.
Sez. unite 7 giugno del 2001 n 23427) e come quello di ricettazione di opere
cinematografiche o musicali illecitamente duplicate può concorrere con la messa
in commercio delle stesse opere (Cass. Sez. Un. 23 dicembre del 2005 n 47164).
Nella fattispecie in esame trattasi di condotte incriminatici diverse, sia sotto
il profilo strutturale che cronologico, le quali, come già precisato, offendono
beni giuridici diversi e tra le quali non può configurarsi un rapporto di
specialità. Invero tra i divieti previsti dall'articolo 15 della legge n 963 del
1965 non è contemplato l'acquisto del pescato il quale costituisce quindi un
fatto lecito se non effettuato in mala fede in violazione di divieti previsti da
altre norme, come ad esempio l'articolo 648 c.p. Pertanto la messa in commercio
di pescato proveniente da pesca di frodo può concorrere con il delitto di
ricettazione allorché la cattura sia stata effettuata mediante l'utilizzo di
esplosivo ovvero mediante danneggiamento di risorse marine,a condizione che
l'acquirente sia consapevole della delittuosa provenienza della merce. Nella
fattispecie dalla sentenza della corte territoriale, ancorché annullata, emerge
tuttavia che la cattura del pesce mediante l'uso di materiale esplodente era
palese. Pertanto questo collegio ritiene opportuno disporre la trasmissione
degli atti al procuratore della Repubblica presso i tribunale di Taranto per
l'eventuale configurabilità del delitto di ricettazione a carico dei prevenuti
P. Q. M.
LA CORTE
Letto l'articolo 620 c.p.p.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e, qualificato il proposto appello
come ricorso,annulla senza rinvio la sentenza pronunciata il 22 aprile del 2004
dal tribunale di Taranto, rettificata in ammenda la pena pecuniaria con essa
inflitta,perché il reato è estinto per prescrizione.
Dispone trasmettersi gli atti al pubblico ministero presso il tribunale di
Taranto.
Così deciso in Roma il 12 ottobre del 2007
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