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CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Penale, 30/11/2007 (Ud.
24/10/2007), Sentenza n. 44815
PROCEDURE E VARIE - Getto pericoloso di cose - Tentativo di percosse -
"Ridimensionamento” del fatto nei suoi elementi soggettivi - Diversa
qualificazione giuridica del fatto - Principio di correlazione tra l'accusa e
l'accertamento - Nullità della sentenza - Esclusione - Art. 674 cod. pen. La
violazione del principio di correlazione tra l'accusa e l'accertamento contenuto
in sentenza si verifica soltanto quando il fatto accertato si trovi, rispetto a
quello contestato, in rapporto di eterogeneità o incompatibilità sostanziale,
nella specie, il ricorso dell’imputato tratto a giudizio per l’imputazione di
tentate percosse avverso la sentenza di condanna per il reato di getto
pericoloso di cose, è inammissibile, stante la correttezza della diversa
qualificazione giuridica del fatto operata dal giudice di merito, affermando
che, nel caso in cui la condotta dell’agente non sia finalizzata ad infliggere
una menomazione fisica alla parte lesa, essa (nella specie, lancio di un sasso
contro l’offeso) integra l’ipotesi contravvenzionale prevista dall’art. 674 cod.
pen., (getto pericoloso di cose), a seguito del “ridimensionamento” del fatto
nei suoi elementi soggettivi. Pres. Papa, Rel. Margherita, Ric. Di Guilmi.
CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Penale, 30/11/2007 (Ud. 24/10/2007), Sentenza n.
44815
PROCEDURE E VARIE - Difesa dell'imputato - Obbligo di correlazione tra accusa
e sentenza - Diversa qualificazione giuridica del fatto - Rapporto di
eterogeneità o incompatibilità sostanziale - Fattispecie: esclusione
dell’esimente della legittima difesa. L'obbligo di correlazione tra accusa e
sentenza non può ritenersi violato da qualsiasi modificazione rispetto
all'accusa originaria ma soltanto nel caso in cui la modificazione
dell'imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato. La
violazione del principio di correlazione tra l'accusa e l'accertamento contenuto
in sentenza si verifica soltanto quando il fatto accertato si trovi, rispetto a
quello contestato, in rapporto di eterogeneità o incompatibilità sostanziale,
(v. Cass. pen. sez. IV, 15/01/2007, sent. n.10103). Nella fattispecie, è stata
ritenuta, peraltro, del tutto priva di giuridico fondamento la tesi circa
l'applicazione dell'esimente della legittima difesa, non potendo ritenersi, che
il mero vociare della parte lesa in un'auto, comportasse che l'imputato potesse
ritenersi costretto a lanciare un sasso dalla necessità di difendere un diritto
proprio contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta e tanto meno che tale
difesa fosse proporzionata all'offesa. Pres. Papa, Rel. Margherita, Ric. Di
Guilmi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Penale, 30/11/2007 (Ud. 24/10/2007),
Sentenza n. 44815
PROCEDURE E VARIE - Inammissibilità del ricorso - Effetti - Dichiarazione di
cause di non punibilità - Esclusione - Art. 129 c.p.p.. L’inammissibilità
del ricorso, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell'art., 129 cod.. proc. pen., nella specie la prescrizione
del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso,
(Cass. S.U. n. 32 del 2000, De Luca). Pres. Papa, Rel. Margherita, Ric. Di
Guilmi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Penale, 30/11/2007 (Ud. 24/10/2007),
Sentenza n. 44815
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UDIENZA del 24/10/2007
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata il 24 marzo 2005 il Tribunale di Vasto dichiarava
Giuseppe Di Guilmi responsabile del reato di cui all'art. 674 c.p., cosi
modificata l'originaria imputazione di cui agli artt 56 e 581 c.p. per avere in
Vasto, il 10 agosto 2001, posto in essere atti diretti in modo non equivoco a
colpire Michele Leombruno, lanciandogli contro un sasso, non riuscendo
nell'intento stante la reazione della vittima e lo condannava alla pena di
100,00 di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali e al
risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita.
L'imputato ha proposto appello, riconvertito in ricorso per cassazione,
trattandosi di reato punito con la sola pena dell'ammenda,
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico articolato motivo, l'imputato, premesso in fatto che il giorno dei
fatti il Leombruno era all'interno della sua automobile situata all'interno di
un'area privata e stava parlando con un'altra persona, disturbando la quiete
mentre esso imputato si era limitato a lasciar cadere una pietra all'interno
dell'area condominiale senza colpire l'auto e senza arrecare danno alle persone,
rileva il ricorrente che il giudice di primo grado aveva deciso soltanto in base
alle dichiarazioni della parte offesa, non aveva sentito la persona,
verosimilmente una ragazza, che era sull'auto con l'imputato e non aveva
considerato che nel gesto di esso imputato non vi era intenzione di arrecare
danno alle persone, ma soltanto di far rumore per tacitare le voci che
disturbavano il suo riposo. In ogni caso era stato violato il diritto alla
difesa in quanto il reato di cui all'art. 674 c.p. non gli era stato contestato
e comunque il giudice avrebbe dovuto applicare l'esimente della legittima
difesa.
In ordine ai motivi il Collegio rileva che essi sono palesemente infondati.
Per quel che attiene alla diversa qualificazione giuridica del fatto il Collegio
rileva che, come ha costantemente ritenuto questa Corte ( v. per tutte Cass. pen.
sez. IV sent. 15 gennaio 2007, n.10103), l'obbligo di correlazione tra accusa e
sentenza non può ritenersi violato da qualsiasi modificazione rispetto
all'accusa originaria ma soltanto nel caso in cui la modificazione
dell'imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato. La
violazione del principio di correlazione tra l'accusa e l'accertamento contenuto
in sentenza si verifica quindi soltanto quando il fatto accertato si trovi,
rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità o incompatibilità
sostanziale.
Nel caso in esame, invece il fatto, pur rimanendo tale nei suoi elementi
descrittivi contenuti nel capo di imputazione, lancio di un sasso contro la
parte offesa è stato ridimensionato nei suoi elementi soggettivi in quanto si è
escluso nell'imputato la volontà di infliggere una menomazione fisica alla parte
lesa o di volerne danneggiare l'auto, sicché l'ipotesi delittuosa, è stata
degradata nella figura contravvenzionale, cui all'art., 674 c.p. ( getto
pericoloso di cose), del resto conforme alla tesi dell'imputato, di cui è stato
assicurato il diritto alla difesa.
E' inoltre palesemente infondata la doglianza del ricorrente in ordine alla
mancata escussione di altro teste, (la persona che parlava nell'auto con la
persona offesa), atteso che lo stesso imputato non nega di aver lanciato il
sasso nel cortile e tale comportamento pericoloso per le persone, come ha
correttamente rilevato il giudice di merito, integra il reato di cui all'art.
674 c.p.. Del tutto priva di giuridico fondamento è infine la tesi sostenuta
dall'imputato circa l'applicazione dell'esimente della legittima difesa, non
potendo ritenersi, come ha del resto correttamente rilevato il giudice di
merito, che il mero vociare della parte lesa in un'auto, comportasse che
l'imputato potesse ritenersi costretto a lanciare un sasso dalla necessità di
difendere un diritto proprio contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta e
tanto meno che tale difesa fosse proporzionata all'offesa.
Considerato la palese infondatezza dei motivi il ricorso va dichiarato
inammissibile.
Tale inammissibilità, come ha precisato questa Corte a Sezioni Unite ( S.U. n.
32 del 2000, De Luca), non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto,la possibilità di rilevare e dichiarare le
cause di non punibilità a norma dell'art., 129 cod. proc. pen. (nella specie la
prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il
ricorso).
Consegue alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria in
favore della Cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2007
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