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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Penale, 30 Novembre 2007
(Ud. 24/10/2007), Sentenza n. 44822
FAUNA E FLORA - Uccisione e maltrattamento di animali - Elemento soggettivo -
Individuazione - Rapporti con i reati previsti dagli artt. 727 e 638 c.p. - Art.
544 ter - Stato di necessità ex art. 54 cod. pen. - Configurabilità -
Condizioni. In tema di individuazione dell’elemento soggettivo nei delitti
di uccisione e maltrattamento di animali, sulla interpretazione della locuzione
“senza necessità” contenuta nei predetti delitti, nonché in tema di rapporti tra
le nuove fattispecie e quelle di cui agli artt.727 e 638 cod. pen., la nuova
fattispecie che punisce il maltrattamento di animali (art. 544 ter cod. pen.)
configura un reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva
dell’integrità e della vita dell’animale sia tenuta “per crudeltà”, mentre
configura un reato a dolo generico quando la stessa è tenuta “senza necessità”.
Sicché, nel concetto di “necessità”, che esclude la configurabilità dei delitti
di uccisione e maltrattamento di animali, è compreso lo stato di necessità ex
art. 54 cod. pen., nonché ogni altra situazione che induca all’uccisione o al
danneggiamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire
l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti
inevitabile. Presidente E. Papa, Relatore M. Margherita. CORTE DI CASSAZIONE
Sezione III Penale, 30 Novembre 2007 (Ud. 24/10/2007), Sentenza n. 44822
FAUNA E FLORA - Uccisione e maltrattamento di animali - Rapporti con i reati
previsti dagli artt. 727 e 544 ter - Continuità normativa - Abolitio criminis
della condotta - Esclusione. Tra il reato di cui all'art. 727 c.p.
(norma che punisce oggi il solo abbandono di animali) e quello introdotto
all'art. 544 ter c.p. dalla legge n. 189 del 2004 (che ha inserito il nuovo Tit.
IX bis nel Libro II del Codice penale), sussiste continuità normativa non solo
per l'identità della rubrica, (maltrattamento di animali), ma anche perché sono
rimaste identiche le condotte punibili. Non vi è stata quindi abolitio
criminis della condotta prevista nel testo originario della norma che è
stata invece integralmente sussunta nel nuovo art. 544 ter c.p. (v. Cass. Pen.
Sez III sent. 5 dicembre 2005, n. 46784 e Cass. Pen sez. III sent. 26 aprile
2005, n. 21744). Presidente E. Papa, Relatore M. Margherita. CORTE DI
CASSAZIONE Sezione III Penale, 30/11/2007 (Ud. 24/10/2007), Sentenza n. 44822
FAUNA E FLORA - Uccisione e maltrattamento di animali - Rapporti tra gli
artt. 727 e 638 c.p. - Bene protetto - Individuazione. Nel rapporto tra le
nuove fattispecie introdotte dalla legge 1° agosto 2004, n. 189 (che ha inserito
il nuovo Tit. IX bis nel Libro II del Codice penale), e quella contemplata dal
novellato art. 638 cod. pen., da un lato, il bene protetto è la proprietà
privata dell’animale (e non il sentimento per gli animali, bene tutelato dal
previgente art. 727 cod. pen. e dalle nuove fattispecie introdotte dalla legge
n.189/2004) e, dall’altro, le nuove fattispecie si differenziano dal novellato
art. 638 cod. pen. per il diverso elemento soggettivo, in quanto nelle prime la
consapevolezza dell’appartenenza dell’animale ad un terzo - persona offesa è
elemento costitutivo del reato. Presidente E. Papa, Relatore M. Margherita.
CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Penale, 30/11/2007 (Ud. 24/10/2007), Sentenza n.
44822
FAUNA E FLORA - Uccisione e maltrattamento di animali - Disciplina vigente -
Reato a dolo specifico - Configurabilità. Il maltrattamento di animali,
prima disciplinato come contravvenzione dall'art. 727 c.p., è divenuto delitto
ai sensi degli artt. 544 bis e ss c.p. mentre l'attuale norma contenuta
nell'art. 727 c.p., introdotta sempre dal comma terzo dell'art. 1 della legge 1
agosto 2004 n. 189, contempla esclusivamente l'abbandono di animali. Di
conseguenza, le disposizioni contenute nella contravvenzione di cui all'art. 727
c.p. ante novellam (legge n. 189 del 2004) sono infatti rifluite integralmente
negli artt. 544 bis, ter, quater e quinquies c.p.. Pertanto, il nuovo delitto si
configura come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva
dell'integrità e della vita dell'animale - che può consistere sia in un
comportamento commissivo come omissivo - sia tenuta per crudeltà, e a dolo
generico quando essa è tenuta, come nel caso in esame, senza necessità.
Presidente E. Papa, Relatore M. Margherita. CORTE DI CASSAZIONE Sezione III
Penale, 30 Novembre 2007 (Ud. 24/10/2007), Sentenza n. 44822
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UDIENZA del 24/10/2007
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata il 28 giugno 2004 il Tribunale di Modica dichiarava non
doversi procedere nei confronti di Cesare Borgia, imputato in ordine al reato di
cui all'art. 727 c.p. per avere ucciso, il 17
giugno 2000, in Scicli, con un colpo di fucile da caccia e senza necessità, un
cane di proprietà di Francesca Alfano, perché il reato era estinto per
prescrizione.
Proposta impugnazione dal Borgia la Corte di Appello di Catania, con sentenza
pronunciata il 26 maggio 2006, confermava la sentenza del Tribunale.
Ha proposto ricorso per Cassazione il Borgia chiedendo l'annullamento
dell'impugnata sentenza per i motivi che saranno nel prosieguo esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'inosservanza o l'erronea
applicazione della legge penale.
Deduce il Borgia che il fatto, così come contestato, non sussisteva in quanto
non rientrava nella previsione dell'art. 727 c.p., prima della legge di riforma
del 20 luglio 2004, n. 189, l'ipotesi di aver ucciso un cane con un colpo di
fucile senza necessità.
Rileva il ricorrente che,nel reato di maltrattamento di animali di cui all'art.
727 c.p. ante novellami l'incrudelimento consiste nel provocare sofferenza agli
stessi sottoponendoli a condizioni di vita che non sono rese astrattamente
necessarie dalle esigenze della loro custodia e che provocano comunque
ingiustificate sofferenze. Il caso in esame avrebbe invece potuto costituire il
delitto di uccisione o danneggiamento di animali altrui di cui all'art. 638 c.p.
ma non la contravvenzione prevista e punita dall'art. 727 c.p.
Il motivo è infondato.
Nel caso in esame è contestato al Borgia di aver ucciso con un colpo di fucile
da caccia, senza necessità, un cane di proprietà di Francesca Alfano.
L'art. 727 del codice penale che, riproducendo sostanzialmente il disposto
dell'art. 491 del codice Zanardelli, sanzionava il maltrattamento di animali,
inserito nella prima sezione del capo secondo del libro terzo del codice penale,
avente ad oggetto le contravvenzioni concernenti la polizia dei costumi, prima
della riforma intervenuta con l'art. 1 della legge 1 agosto 2004 n. 189
stabiliva, al primo e al secondo comma che "chiunque incrudelisce verso animali
senza necessità o li sottopone a strazio o sevizie o a comportamenti e fatiche
insopportabili per le loro caratteristiche, ovvero li adopera in giochi,
spettacoli o lavori insostenibili per la loro natura, valutata secondo le loro
caratteristiche anche etologiche o li detiene in condizioni incompatibili con la
loro natura o abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini
della cattività, è punito con ammenda da lire due milioni e lire dieci milioni.
La pena è aumentata se il fatto è commesso con mezzi particolarmente dolorosi,
quale modalità del traffico, del commercio, del trasporto, dell'allevamento,
della mattazione o di uno spettacolo di animali o se causa la morte
dell'animale.
La norma è volta a proibire comportamenti arrecanti sofferenze e tormenti agli
animali, nel rispetto del principio di evitare all'animale, anche quando questo
debba essere sacrificato per un ragionevole motivo, inutili crudeltà ed
ingiustificate sofferenze.
Tale principio aveva trovato applicazione anche nella legge 12 giugno 1931, n
924 (modificata dalla legge 1 maggio 1941 n. 615) in tema di vivisezione, nel
testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio
della caccia, approvato con r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, modificato con d.p.r.
10 giugno 1955 n. 987, nella legge 12 giugno 1913, N 611 (con le modifiche
apportate dalla legge 10 febbraio 1927, n. 292) avente ad oggetto provvedimenti
per la protezione degli animali, nel r.d. 20 dicembre 1928, n. 3298, che detta
alcune disposizioni sulle modalità di macellazione degli animali e che all'art.9
prevede che per la macellazione degli animali si devono adottare procedimenti
atti a produrre la morte nel modo più rapido possibile", nel testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) che vieta gli
spettacoli o trattenimenti pubblici che importino strazio o sevizie di animali e
nel relativo regolamento ( art. 130 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635) che, in
riferimento all'art. 70 del TU PS, indica una serie di trattenimenti vietati.
In tali disposizioni l'oggetto di tutela è il sentimento di pietà e di
compassione che l'uomo prova verso gli animali e che viene offeso quando un
animale subisce crudeltà e ingiustificate sofferenze. Scopo dell'incriminazione
è quindi di impedire manifestazioni di violenza che possono divenire scuola di
insensibilità delle altrui sofferenze.
Del resto anche l'esegesi storica della norma contenuta nell'art. 727 c.p.
ante novellam conduce a tale conclusione.
Mentre l'art. 685 del Codice penale del 1859 puniva soltanto coloro che "in
luoghi pubblici" incrudeliscono contro animali domestici, configurando una
contravvenzione che trovava collocazione tra quelle riguardanti l'ordine
pubblico, nel codice Zanardelli la contravvenzione contenuta nell'art. 491 c.p.
era inserita tra quelle concernenti la pubblica moralità ed erano soppresse le
limitazioni della pubblicità del luogo ed della natura domestica dell'animale.
Successivamente l'art. 727 del codice Rocco (ante novellam del 22
novembre 1993, n. 473) tutelava il sentimento di pietà nei confronti degli
animali, qualsiasi essi siano e in qualunque luogo si trovino, mentre il reato
di cui all'art. 727 c.p. nella formulazione introdotta con la legge 22 novembre
1993, n. 473, vigente all'epoca della commissione dell'illecito, sembra
introdurre nell'ordinamento la tutela dell'animale inteso come essere vivente (
v. Cass. pen. sez. III sent. 13 ottobre 1998, n. 12910) in quanto prende in
considerazione la sofferenza degli animali in relazione alla loro natura e alle
loro caratteristiche, anche ecologiche.
Peraltro la disposizione, anche in quanto inserita nella sezione prima del capo
secondo del titolo primo del libro terzo, avente ad oggetto le contravvenzioni
concernenti la polizia dei costumi, risulta tutelare esclusivamente il
sentimento di humana pietas nei confronti degli animali, essendo ancora
embrionale in tale materia, diversamente dalla normativa in materia di tutela
dall'inquinamento, in cui oggetto della tutela è la salvaguardia dell'ambiente e
la salute di ogni essere vivente ( v. in proposito sent. pen. sez. III 23
gennaio 2004, n 8147), il concetto di tutela dell'animale in sé, come facente
parte dell'ambiente in cui l'uomo è inserito.
A sua volta l'art. 1 comma 1 della legge 20 luglio 2004, n. 189, ha introdotto,
dal 1 agosto 2004, nel libro secondo del codice penale, (dei delitti in
particolare) al capo III, il titolo IX bis, avente ad oggetto " i delitti contro
il sentimento per gli animali", l'art. 544 bis c.p. " Uccisioni di animali" che
sanziona con la reclusione da tre mesi a tre anni " chiunque, per crudeltà o
senza necessità cagiona la morte di un animale " e l'art. 544 ter c.p.
"maltrattamento di animali' che, al primo comma, sanziona con la reclusione da
tre mesi a un anno o con la multa da 3000 a 15000 euro "chiunque per crudeltà o
senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie
o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue
caratteristiche etologiche.
Tale ultimo articolo, al terzo comma, statuisce che "la pena è aumentata della
metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale". Nel
suddetto titolo sono inoltre inseriti anche l'art. 544 quater e 544
quinquies c.p. che sanzionano rispettivamente spettacoli o manifestazioni
che comportino sevizie o strazio per gli animali e l'organizzazione o la
direzione di combattimenti tra animali.
Rileva il Collegio che tra la contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. ed i
delitti contro il sentimento degli animali introdotti dall'art. i della legge 1
agosto 2004. n. 189 ed in particolare, l'art. 544 bis e ss. c.p. ter c.p.
sussiste continuità normativa, sia con riferimento al bene protetto sia per
l'identità delle condotte, con la conseguenza che correttamente, in quanto norma
più favorevole al reo, è stata ritenuta applicabile, nel caso in esame, la
previgente disposizione di cui all'art. 727 c.p., configurando essa una
contravvenzione e non un delitto come i successivi reati sanzionati dagli artt.
544 e ss. c.p.
Le disposizioni contenute nella contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. ante
novellam (la citata legge n. 189 del 2004) sono infatti rifluite
integralmente negli artt. 544 bis, ter, quater e quinquies c.p..
Il maltrattamento di animali, prima disciplinato come contravvenzione dall'art.
727 c.p., è quindi divenuto delitto ai sensi degli artt. 544 bis e ss c.p.
mentre l'attuale norma contenuta nell'art. 727 c.p., introdotta sempre dal comma
terzo dell'art. 1 della legge 1 agosto 2004 n. 189, contempla esclusivamente
l'abbandono di animali.
Ricorda il Collegio che in relazione a fattispecie analoga a quella in esame
questa Corte ha specificato che " tra il reato di cui all'art. 727 c.p. e quello
introdotto all'art. 544 ter c.p. dalla legge n. 189 del 2004 sussiste continuità
normativa non solo per l'identità della rubrica, (maltrattamento di animali), ma
anche perché sono rimaste identiche le condotte punibili. Non vi è stata quindi
abolitio criminis della condotta prevista nel testo originario della
norma che è stata invece integralmente sussunta nel nuovo art. 544 ter c.p. ( v.
Cass. Pen. Sez III sent. 5 dicembre 2005, n. 46784 e Cass. Pen sez. III sent. 26
aprile 2005, n. 21744).
Il nuovo delitto si configura come reato a dolo specifico, nel caso in cui la
condotta lesiva dell'integrità e della vita dell'animale - che può consistere
sia in un comportamento commissivo come omissivo - sia tenuta per crudeltà, e a
dolo generico quando essa è tenuta, come nel caso in esame, senza necessità.
Ritiene in proposito il Collegio che nel concetto di necessità che esclude la
configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. ante novellam
del 2004 e dei delitti di cui agli attuali artt. 544 bis e ss c.p. è compreso lo
stato di necessità di cui all'art. 54 c.p. e ogni altra situazione che induca
all'uccisione o al danneggiamento dell'animale per evitare un pericolo imminente
o per impedire l'aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto
altrimenti inevitabile e tale stato di necessità non è neppure stato dedotto nel
caso in esame.
Deve quindi applicarsi la legge sostituita, il pregresso art. 727 c.p., quale
norma che disciplina integralmente la fattispecie in esame e che è più
favorevole al reo rispetto ai delitti di cui agli artt. 544 bis e ss. C.p.
Diversa fattispecie è invece quella prevista dall'art. 638 c.p., alla quale fa
riferimento il ricorrente, così come modificata dall'art. comma 2 della legge 20
luglio 2004 che ha introdotto l'inciso " salvo che il fatto costituisca più
grave reato" . Tale norma stabilisce infatti che chiunque, senza necessità,
uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad
altri è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino ad un
anno o con la multa fino a lire seicentomila. Detta disposizione è contenuta nel
titolo tredicesimo del libro secondo del codice penale, avente ad oggetto i
delitti contro il patrimonio, in cui il bene protetto é la proprietà privata
dell'animale, sicchè, pur potendo coincidere l'elemento oggettivo con quello
descritto nell'art 727 ante novellam e nell'attuale 544 ter c.p. (quando
si sia in presenza di animali domestici), muta l'elemento soggettivo,
costituito, nel reato di cui all'art. 638 c.p., dalla coscienza e volontà di
produrre, senza necessità, il deterioramento, il danneggiamento o l'uccisione di
un animale altrui e in cui, diversamente dalla contravvenzione di cui all'art.
727 ante novellam e dal delitto di cui all'art, 544 ter c.p., in cui è
tutelato il sentimento per gli animali, è tutelato l'animale come un bene
patrimoniale e in cui, quindi, la consapevolezza dell'appartenenza di esso ad un
terzo soggetto, parte offesa, è un elemento costitutivo del reato.
Considerato che il fatto storico dell'uccisione dell'animale con un fucile da
caccia e senza necessità è stato contestato nella sua integrità al ricorrente,
il quale è stato quindi posto grado di difendersi in ordine alla contravvenzione
di cui all'art.727 c.p. vigente all'epoca dei fatti contestati e meno grave
rispetto al delitto di cui agli artt. 544 e ss. c.p.; rilevato che comunque
questi non ha interesse a che gli venga contestato il delitto di cui all'art.
638 c.p. che comunque, oltre ad essere più grave della contravvenzione di cui
all'art. 727 c.p. ante novellam n. 189 del 2004, concorrerebbe
formalmente con essa, va respinto il primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui agli artt. 606
lettere B) ed E) del codice di procedura penale. Deduce il ricorrente che la
deposizione della testimone Alfano, posta a fondamento della decisione, non era
mai stata assunta nel giudizio, avendo il giudice emesso sentenza nella fase
degli atti preliminari e non • essendo stato riaperto il dibattimento nella fase
di appello.
Il secondo motivo è generico e comunque privo di rilevanza in quanto il giudice
di merito ha dichiarato l' estinzione del reato per prescrizione maturata prima
dello stesso decreto di citazione a giudizio con riferimento alla
contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. ante novellam e richiesta, del
resto, anche dallo stesso difensore dell'imputato, oltre che dal pubblico
ministero.
Va quindi respinto, il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2007
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