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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Civile SS.UU. del 9 marzo 2007 (Ud.
18/01/2007), Sentenza n. 5394
ACQUE - Consorzi di bonifica -
Custodia e gestione di un corso d'acqua - Responsabilità - Difetto di
manutenzione di un canale - Obbligo di risarcire i danni - Sussiste. Qualora
un consorzio di bonifica abbia di fatto provveduto, pur non essendo gravato del
relativo obbligo, alla manutenzione di un canale, assumendo così la custodia e
la gestione del corso d'acqua, sullo stesso grava anche la relativa
responsabilità e quindi l'obbligo di risarcire i danni derivanti da un difetto
di manutenzione. Presidente P. Vittoria, Relatore E. Bucciante. CORTE DI
CASSAZIONE Civile SS.UU. del 9 marzo 2007 (Ud. 18/01/2007), Sentenza n. 5394
ACQUE - Sentenze del T.S.A.P. - Ricorso per cassazione - Presupposti. Le
sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche, a norma degli art. 200 e
201 del citato t.u. acque, sono soggette a ricorso per cassazione, oltre che per
ragioni attinenti alla giurisdizione, soltanto per violazione di legge e dunque,
relativamente alla motivazione, esclusivamente nel caso di sua assenza, mera
apparenza o irragionevolezza (v., tra le più recenti, Cass. 24 dicembre 2005 n.
20472). Presidente P. Vittoria, Relatore E. Bucciante. CORTE DI CASSAZIONE
Civile SS.UU. del 9/03/2007, Sentenza n. 5394
PROCEDURE E VARIE - Dichiarazione dell'illegittimità costituzionale - Effetti
- Principio di conversione in mezzo di gravame - Art. 161 c.p.c.. La
dichiarazione dell'illegittimità costituzionale di una disposizione processuale
comporta bensì che la validità degli atti che ne erano disciplinati debba essere
vagliata alla stregua della nuova situazione normativa, purché però la questione
sia ancora sub judice (v., per tutte, tra le più recenti, Cass. 16 marzo 2006 n.
5853). Anche nel caso della sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità
delle norme che regolano la composizione del giudice, pertanto, per il principio
di conversione in mezzo di gravame sancito dall'art. 161 c.p.c., la nullità
della sentenza può venire in questione soltanto se è stata fatta valere a suo
tempo come ragione di impugnazione (v., tra le altre, Cass. 6 febbraio 2003 n.
1733, 3 marzo 2003 n. 3074, 24 dicembre 2005 n. 20472, con le quali, proprio con
riferimento alla dichiarazione di incostituzionalità del citato art. 138 t.u.
acque, si è esclusa la rilevabilità del vizio di costituzione del Tribunale
regionale delle acque pubbliche, ove non sia stato dedotto nell'atto
introduttivo del giudizio di gravame). Presidente P. Vittoria, Relatore E.
Bucciante. CORTE DI CASSAZIONE Civile SS.UU. del 9 marzo 2007, Sentenza n.
5394
PROCEDURE E VARIE - Processo civile - Sentenze impugnabili e motivi del
ricorso per cassazione - Questione di legittimità costituzionale - Art. 360, c.
1° c.p.c.. In materia di successione di leggi, il legislatore ha ampia
discrezionalità di modulare nel tempo la disciplina introdotta con il solo
limite della ragionevolezza, il quale non è superato se una facoltà processuale
viene attribuita solo per il futuro in coerenza col principio tempus regit actum,
sicché non diventano retroattivamente efficaci atti che la disciplina precedente
non consentiva. (v., Corte cost. 13 gennaio 2006 n. 9). Nella specie, è
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata
in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 27 del d.lgs. n. 40 del 2006 in
riferimento all'art. 360, ult. co. cod. proc. civ. nel testo modificato
dall'art. 2 d.lgs. citato, nella parte in cui prevede la facoltà di impugnare
con ricorso per cassazione tutte le tipologie di vizi previsti all'art. 360, 1°
co. cod. proc. civ., sentenze contro le quali la legge ammetteva che il ricorso
per cassazione per violazione di legge operava solo per le sentenze pubblicate
dopo la sua entrata in vigore. Presidente P. Vittoria, Relatore E. Bucciante.
CORTE DI CASSAZIONE Civile SS.UU. del 9 marzo 2007, Sentenza n. 5394
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Udienza pubblica del 18/01/2007
SENTENZA N. 1614
REG. GENERALE N. 25010/2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Paolo VITTORIA - Primo Presidente f.f. -
Dott. Roberto PREDEN - Presidente di sezione -
"
Giulio GRAZIADEI -
Consigliere -
" Guido VIDIRI
"
" Pasquale PICONE "
" Mario FINOCCHIARO "
" Aldo DE MATTEIS "
" Ettore BUCCIANTE Rel. "
"
Saverio Toffoli
"
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA SUD PONTINO (già CONSORZIO DI BONIFICA N. 6), in persona
del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO
PISANO 16, presso lo studio degli avvocati ARCANGELO GUZZO e
CLAUDIO MARTINO, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine del
ricorso;
- ricorrente -
contro
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
nonché contro
FALLIMENTO SOCIETA' FONDITTICA S.P.A.;
- intimato -
e sul 2° ricorso n° 28692/03 proposto da:
FALLIMENTO FONDITTICA S.P.A., in persona del Curatore pro-tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE
GIGLI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIUSEPPE MERCANTI,
giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
CONSORZIO DI BONIFICA SUD PONTINO (già CONSORZIO DI BONIFICA N. 6), in persona
del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO
PISANO 16, presso lo studio degli avvocati ARCANGELO GUZZO CLAUDIO MARTINO, che
lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine del controricorso al
ricorso incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
nonchè contro
REGIONE LAZIO;
- intimata -
avverso la sentenza n. 53/03 del Tribunale Superiore delle acque pubbliche di
ROMA, depositata il 15/04/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/07 dal
Consigliere Dott. Ettore BOCCIANTE;
uditi gli avvocati Claudio MARTINO, Giuseppe GIGLI, Wally FERRANTE
dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele
PALMIERI che ha concluso, previa riunione dei ricorsi, per il rigetto di
entrambi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.p.a. Fondittica, esercente un allevamento di anguille in località
Pantanello nel comune di Fondi, ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale
regionale delle acque pubbliche di Roma il consorzio di bonifica della piana di
Fondi e Monte San Biagio e la Regione Lazio, chiedendo che fossero condannati al
risarcimento dei danni che aveva subito in seguito all'allagamento del suo
impianto, avvenuto il 19 ottobre 1990 per la tracimazione del canale pedemontano
e il successivo cedimento di un suo argine. Il consorzio ha contrastato la
domanda, sostenendo che la difettosa manutenzione del corso d'acqua, causa
secondo l'attrice dell'evento, era addebitabile semmai all'altra convenuta; ha
inoltre affermato che in realtà l'inondazione era stata provocata da un
eccezionale nubifragio verificatosi quel giorno nella zona. La Regione Lazio è
rimasta contumace. Nel corso del giudizio si è costituito, in luogo della s.p.a.
Fondittica, il curatore del suo fallimento, che intanto era stato dichiarato dal
Tribunale di Latina.
All'esito dell'istruzione della causa, con sentenza pubblicata il 15 luglio 1997
il Tribunale ha respinto la domanda relativamente alla Regione e l'ha
parzialmente accolta nei riguardi del consorzio, che ha condannato al
risarcimento del 20 per cento del danno subito dall'attrice.
Impugnata in via principale dal consorzio di bonifica n. 6 (già consorzio di
bonifica della piana di Fondi e Monte San Biagio) e incidentalmente dal curatore
del fallimento della s.p.a. Fondittica, la decisione è stata confermata dal
Tribunale superiore delle acque pubbliche, che con sentenza pubblicata il 15
aprile 2003 ha rigettato entrambi gli appelli, ritenendo: - la questione di
nullità della sentenza di primo grado, per illegittima costituzione del giudice,
è preclusa, in quanto non ha formato oggetto di impugnazione ed è stata
sollevata dal consorzio di bonifica n. 6 soltanto nella sua memoria
conclusionale; il vizio di costruzione del canale, peraltro escluso dalla
consulenza tecnica di ufficio svolta in appello, non era stato fatto valere a
fondamento della domanda e quindi non può essere preso in considerazione; - la
responsabilità del consorzio discende non dalle norme che disciplinano la
materia, ma dall'attività di manutenzione che di fatto esso ha esercitato;
- tale attività è stata carente, come risulta dalla prova testimoniale, dalle
fotografie in atti, dalle deduzioni dello stesso appellante principale; - il
nubifragio non è stato evento eccezionale, secondo quanto emerge dalle
consulenze tecniche di ufficio; la localizzazione dell'allevamento in una conca
prossima al canale non comporta concorso di colpa della società Fondittica,
poiché la portata del corso d'acqua era del tutto adeguata e non faceva temere
allagamenti; nonostante l'esclusione di altre concause imputabili a
comportamenti umani, non può essere accordato al fallimento della s.p.a.
Fondittica un risarcimento superiore al 20 per cento dell'ammontare totale del
danno, poiché il terzo motivo dell'appello incidentale è condizionato
all'accoglimento del primo, che invece viene respinto;
- la quantificazione del danno operata dal consulente tecnico di ufficio è condivisibile.
Il consorzio di bonifica Sud Pontino (già consorzio di bonifica n. 6) ha
proposto ricorso per cassazione, in base a sette motivi. Si sono costituiti con
distinti controricorsi la Regione Lazio e il curatore del fallimento della
s.p.a. Fondittica, quest'ultimo formulando anche due motivi di impugnazione in
via incidentale, cui il consorzio di bonifica Sud Fontino ha opposto un proprio
controricorso. Sono state presentate memorie dal consorzio di bonifica Sud
Pontino e dal curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono
riunite in un solo processo, in applicazione dell'art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo del ricorso principale il consorzio di bonifica Sud Pontino
si duole del mancato accoglimento, da parte del Tribunale superiore delle acque
pubbliche, dell'eccezione di nullità della sentenza di primo grado, per
illegittimità della composizione del giudice che l'aveva pronunciata: vizio che
avrebbe dovuto, secondo il ricorrente, essere riconosciuto sussistente anche di
ufficio, in quanto dava luogo a una ipotesi di difetto di giurisdizione,
derivante dalla incostituzionalità, dichiarata dalla Corte costituzionale con la
sentenza 17 luglio 2002 n. 353, dell'art. 138 del testo unico sulle acque e gli
impianti elettrici, approvato con il regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
nella parte in cui disponeva che ai Tribunali regionali delle acque pubbliche
fossero aggregati tre funzionari del genio civile, dei quali uno doveva essere
membro del collegio giudicante.
La censura è infondata.
La dichiarazione dell'illegittimità costituzionale di una disposizione
processuale comporta bensì che la validità degli atti che ne erano disciplinati
debba essere vagliata alla stregua della nuova situazione normativa, purché però
la questione sia ancora sub judice (v., per tutte, tra le più recenti,
Cass. 16 marzo 2006 n. 5853). Anche nel caso della sopravvenuta dichiarazione di
incostituzionalità delle norme che regolano la composizione del giudice,
pertanto, per il principio di conversione in mezzo di gravame sancito dall'art.
161 c.p.c., la nullità della sentenza può venire in questione soltanto se è
stata fatta valere a suo tempo come ragione di impugnazione (v., tra le altre,
Cass. 6 febbraio 2003 n. 1733, 3 marzo 2003 n. 3074, 24 dicembre 2005 n. 20472,
con le quali, proprio con riferimento alla dichiarazione di incostituzionalità
del citato art. 138 t.u. acque, si è esclusa la rilevabilità del vizio di
costituzione del Tribunale regionale delle acque pubbliche, ove non sia stato
dedotto nell'atto introduttivo del giudizio di gravame).
Correttamente, quindi, il Tribunale superiore ha ritenuto preclusa la questione
relativa alla nullità, della sentenza di primo grado, in quanto era stata
prospettata dal consorzio di bonifica n. 6 non con il ricorso in appello, ma
soltanto con la memoria conclusionale.
Con il secondo motivo del ricorso principale si sostiene che anche la sentenza
di secondo grado è affetta da nullità, poiché gli effetti della pronuncia di
incostituzionalità dell'art. 138 t.u. acque debbono essere estesi anche all'art.
139, che disciplina la composizione del Tribunale superiore in maniera analoga a
quella dei Tribunali regionali, in quanto dispone che del collegio giudicante
faccia parte un membro effettivo del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
L'assunto va disatteso.
Come già questa Corte ha avuto occasione di avvertire (v. Cass. 16 marzo 2004 n.
5322, 27 luglio 2004 n. 14082, 24 ottobre 2005 n. 20472), si deve escludere che
la menzionata sentenza della Corte costituzionale abbia determinato la
caducazione anche dell'art. 139 t.u. acque, oltre che dell'art. 138 al quale
esclusivamente si riferisce, senza ulteriori pronunce ai sensi dell'art. 27
della legge 11 marzo 1953, n. 87. La prima di quelle norme stabiliva (fino alle
modificazioni introdotte, con effetto dal 1 gennaio 2004, dal decreto legge 24
dicembre 2003, n. 354, convertito con legge 26 febbraio 2004, n. 45) che del
collegio giudicante del Tribunale superiore dovesse far parte uno dei membri
effettivi del Consiglio superiore dei lavori pubblici «non aventi funzioni di
amministrazione attiva»; nei Tribunali regionali, invece, il collegio veniva
integrato con un funzionario del genio civile. Proprio la persistenza, per
quest'ultimo magistrato "laico", del rapporto di servizio con un'amministrazione
dotata di un ruolo "attivo" nel campo delle acque pubbliche, ha portato alla
dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 138, essendosi ritenuto che
potessero derivarne condizionamenti, con conseguente compromissione della
indipendenza che deve essere assicurata, per il disposto dell'art. 108 Cost.,
agli estranei che partecipano alla amministrazione della giustizia. Una tale
eventualità non è invece prospettabile per i componenti, privi di funzioni di
amministrazione attiva, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che è un
organo consultivo, avente il compito di dare pareri facoltativi o obbligatori,
ma mai vincolanti, nelle materie di sua competenza, sicché è da escludere ogni
pericolo di immedesimazione dei suoi membri (funzionari pubblici, magistrati
amministrativi ed esperti esterni) con le amministrazioni parti in causa davanti
al Tribunale superiore delle acque pubbliche.
Ne consegue altresì che è manifestamente infondata (come del resto già è stata
ritenuta con Cass. 27 luglio 2004 n. 14082) la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 139 t.u. acque, che il consorzio di bonifica Sud
Pontino ha formulato nel contesto del secondo motivo del ricorso principale,
nell'erroneo presupposto che la questione sia «pressoché identica a quella già
decisa - nel senso della incostituzionalità - con la menzionata decisione n.
353/2002».
Con il terzo motivo di ricorso si sostiene, innanzi tutto, che la manutenzione
del canale pedemontano, non competeva al consorzio della piana di Fondi e Monte
san Biagio, ma alla Regione Lazio.
L'assunto è inconferente, poiché anche nella sentenza impugnata si è escluso che
il consorzio fosse tenuto a provvedere alla manutenzione, secondo la
legislazione statale e regionale in materia di bonifica: in applicazione del
principio enunciato da Cass. 12 giugno 1992 n. 7232, il Tribunale superiore ha
confermato la condanna del consorzio al risarcimento dei danni, in quanto di
fatto, pur senza esservi obbligato, aveva svolto (in maniera inadeguata) tale
compito, così assumendo la custodia e gestione del corso d'acqua e facendosi
carico della relativa responsabilità.
Le ulteriori doglianze formulate nello stesso terzo motivo del ricorso
principale e nei successivi possono essere prese in esame contestualmente,
poiché sono accomunate dalla loro attinenza ad accertamenti di fatto e
apprezzamenti di merito compiuti dal giudice a quo: l'effettività della
manutenzione del canale da parte del consorzio; le carenze di tale attività; il
carattere non eccezionale del nubifragio avvenuto nella zona il giorno
dell'allagamento; l'assenza di un concorso della società Fondittica nella
causazione dell'evento, per la scelta dell'ubicazione del suo impianto; 1a
quantificazione del danno.
Anche queste censure vanno disattese.
Le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche, a norma degli art.
200 e 201 del citato t.u. acque, sono soggette a ricorso per cassazione, oltre
che per ragioni attinenti alla giurisdizione, soltanto per violazione di legge e
dunque, relativamente alla motivazione, esclusivamente nel caso di sua assenza,
mera apparenza o irragionevolezza (v., tra le più recenti, Cass. 24 dicembre
2005 n. 20472).
Da tali vizi la sentenza impugnata, sui punti in questione, è del tutto immune,
poiché per ognuno è stato dato conto, in maniera esauriente e logicamente
coerente, delle ragioni della decisione, attraverso l'esposizione, l'esame e la
valutazione delle pertinenti risultanze istruttorie testimoniali, documentali e
tecniche.
Con la sua memoria il ricorrente principale, per il caso che i motivi di
impugnazione in esame vengano ritenuti riconducibili, anziché alla carenza
assoluta di motivazione, al paradigma dell'omissione, insufficienza o
contraddittorietà, osserva che l'ultimo comma dell'art. 360 c.p.c., introdotto
dall'art. 2 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, consente di
denunciare anche questi ultimi tali vizi, con il ricorso per cassazione avverso
le sentenze e gli altri provvedimenti che in precedenza erano impugnabili
soltanto per violazione dì legge; eccepisce quindi l'illegittimità
costituzionale, per violazione degli art. 3 e 24 Cost., dell'art. 27 dello
stesso decreto legislativo, che limita la suddetta facoltà alle sentenze e agli
altri provvedimenti pubblicati dopo la sua entrata in vigore.
La questione è manifestamente infondata.
Il giudice delle leggi ha più volte riconosciuto (v., da ultimo, Corte cost. 13
gennaio 2006 n. 9) che «in materia di successione di leggi, il legislatore ha
ampia discrezionalità di modulare nel tempo la disciplina introdotta, con
l'unico limite della ragionevolezza»: limite che non è superato come neppure è
violato il diritto di difesa - se una facoltà processuale viene attribuita, in
coerenza con il principio tempus regit actum, soltanto per il futuro,
sicché non diventano retroattivamente efficaci atti che la disciplina precedente
non consentiva.
Con il primo motivo del ricorso incidentale il curatore della s.p.a. Fondittica
lamenta che il Tribunale superiore delle acque pubbliche non ha provveduto sul
terzo motivo del suo appello incidentale, erroneamente ritenendolo condizionato
all'accoglimento del primo motivo; era invece subordinato al suo rigetto, come
doveva apparire logico nonostante un refuso dattilografico, consistito nello
scrivere "accoglimento" invece di "non accoglimento".
La doglianza deve essere accolta.
Sebbene rubricata come «violazione dell'art. 112 c.p.c. per omissione di
pronuncia», la censura attiene in realtà all'interpretazione data al motivo di
gravame in questione dal giudice di secondo grado, il quale in effetti non ha
mancato di prenderlo in considerazione, anche se non lo ha esaminato nel merito,
reputando che la parte avesse inteso proporlo solo per il caso di accoglimento
del primo motivo del suo appello. Non si verte quindi in tema di errores in
procedendo, che questa Corte possa accertare mediante l'esame diretto degli
atti di causa, bensì di vizi della motivazione, in ordine a una valutazione che
è riservata al giudice del merito (V., tra le altre, Cass. 21 febbraio 2006 n.
3702). D'altra parte, come si è prima segnalato in occasione dell'esame del
ricorso principale, la motivazione deve essere stata totalmente omessa o
risultare soltanto apparente o irragionevole, per costituire valida ragione di
cassazione della sentenza impugnata.
Questa, in effetti, è inficiata da tali vizi.
Il contenuto dei due motivi di appello di cui si tratta è esposto compiutamente
nel ricorso incidentale (che risulta quindi rispettoso della regola
dell'"autosufficienza") e negli stessi termini nel controricorso del consorzio
di bonifica Sud Pontino: con il primo di tali motivi si era chiesto che i due
convenuti fossero condannati in solido al risarcimento integrale dei danni, nel
presupposto che al consorzio di bonifica della piana di Fondi e Monte San Biagio
fossero addebitabili le carenze di manutenzione, alla Regione Lazio i difetti di
costruzione del canale pedemontano; con il terzo motivo, «in via subordinata ove
si ritenesse di accogliere il primo motivo», si era chiesto che comunque il
consorzio fosse condannato al risarcimento della metà dei danni, ove delle due
concause fosse stata ritenuta «riconoscibile» solo la prima.
Il Tribunale superiore ha disatteso il primo motivo, osservando che i difetti di
costruzione non erano stati fatti valere ab initio dalla società attrice
come causa petendi ed erano inoltre risultati insussistenti. Ha poi
rilevato che «il terzo motivo dell'appello incidentale, siccome condizionato
all'accoglimento del primo motivo incidentale - volto ad affermare la
responsabilità della Regione Lazio - che viene invece rigettato, non può essere,
per assorbimento, preso in esame». Anziché limitarsi alla constatazione del
tenore testuale della premessa del terzo motivo dell'appello incidentale, si
sarebbe dovuto verificare - e spiegare adeguatamente le ragioni della soluzione
adottata - se quella formulazione potesse essere conseguenza di un semplice
lapsus, in ipotesi evidenziato dal rapporto tra le due domande, delle quali la
minore sarebbe stata illogicamente condizionata all'accoglimento della maggiore,
invece di esserne assorbita.
Appunto assorbito resta il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale
il curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica, per il caso di accoglimento
del terzo motivo del ricorso principale, sostiene che il consorzio di bonifica
della piana di Fondi e di Monte San Biagio era obbligato alla manutenzione del
canale pedemontano non solo perché vi provvedeva di fatto, ma anche perché vi
era tenuto di diritto, in base alle norme che disciplinano la materia,
contrariamente a quanto in proposito ha ritenuto il Tribunale superiore delle
acque pubbliche.
Rigettato dunque il ricorso principale, accolto il primo motivo dell'incidentale
e dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata è cassata in relazione
alla censura accolta, con rinvio al Tribunale superiore delle acque pubbliche,
cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
DISPOSITIVO
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; accoglie il primo
motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo; cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia la causa al Tribunale
superiore delle acque pubbliche, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del
giudizio di legittimità.
Roma, 18 gennaio 2007
Il Presidente
Il Consigliere estensore
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