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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
(Ud. 19/01/2007), Sentenza n. 8067
URBANISTICA E EDILIZIA - Reati edilizi - Condono - Opere non residenziali -
Esclusione della condonabilità - Fattispecie: muro di contenimento - Art. 4 D.
L. n. 398/1993 conv. L. n. 493/1993 - L. n. 662/1996. Sono escluse dal
condono edilizio tutte le opere a destinazione non residenziale. Pertanto, la
costruzione di un terrapieno, costituito da un muro con funzione di contenimento
con notevoli dimensioni (così come nella specie) non è soggetta alla semplice
denuncia di inizio dei lavori, ai sensi dell'art. 4 del D.L.. 5 ottobre 1993 n.
398, convertito in L. 4 dicembre 1993 n. 493, come sostituito dall'art. 2, comma
60, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (Cass., Sez. III, 17 giugno 1999 - 29
settembre 1999, n. 11126). In conclusione, per la realizzazione di un terrapieno
costituito da un muro con funzione di contenimento di notevoli dimensioni è
necessario il permesso di costruire. Pres. Vitalone Est. Amoroso Ric. Zenti ed
altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27 febbraio 2007 (Ud.
19/01/2007), Sentenza n. 8067
URBANISTICA E EDILIZIA - Condono edilizio - Nuove costruzioni non
residenziali - Esclusione - Procedimenti penali per violazioni edilizie - L. n.
326/2003 - Art. 44 L. n.47/1985. I procedimenti penali per violazioni
edilizie relative a nuove costruzioni non residenziali non possono essere
sottoposti, durante la pendenza dei termini di presentazione del cd. condono
edilizio, alla sospensione prevista dall'art. 44 della legge 28 febbraio 1985 n.
47, cui rinviano le disposizioni di cui al decreto legge 30 settembre 2003 n.
269, convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, atteso che l'art. 32 del
citato decreto n. 289 limita l'applicabilità del condono edilizio alle sole
nuove costruzioni residenziali Cass., Sez. III, 17 febbraio 2004 - 24 marzo
2004, n. 14436, (Conf. Cass., Sez. 3, 18 novembre 2003 - 29 gennaio 2004, n.
3358). Né rileva la conservazione degli effetti penali perché comunque non
risulta un'oblazione ritualmente perfezionata con il pagamento della somma
dovuta. Pres. Vitalone Est. Amoroso Ric. Zenti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 27 febbraio 2007 (Ud. 19/01/2007), Sentenza n. 8067
URBANISTICA E EDILIZIA - Reati urbanistici - Abusivismo edilizio - Condono -
Sospensione - Limiti - Requisiti per la condonabilità - Necessità. In
materia di reati edilizi, la sospensione di cui all'art. 44 della legge 28
febbraio 1985 n. 47 non è automatica e non va applicata a tutti i procedimenti
per reati urbanistici astrattamente interessati al condono, ma solo a quelli
aventi ad oggetto opere che abbiano oggettivamente i requisiti per la
condonabilità ex art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 326 (nella specie l'opera
abusiva non risultava suscettibile di sanatoria, in quanto costruzione di tipo
non-residenziale, realizzata in assenza del titolo abilitativo). (Cass. Pen.
Sez. III, 6 aprile 2004 - 7 maggio 2004, Sentenza n. 21679). Pres. Vitalone Est.
Amoroso Ric. Zenti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27 febbraio
2007 (Ud. 19/01/2007), Sentenza n. 8067
Udienza Pubblica del 19.1.2007
SENTENZA N. 160
REG. GENERALE n. 46649/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Claudio
Vitalone Presidente
1. Dott. Vincenzo Tardino Consigliere
2. Dott. Mario Gentile Consigliere
3. Dott. Giovani Amoroso Consigliere
4. Dott. Santi Gazzarra Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Zenti Vladimiro n. a Roma il 21 aprile 1951 e da Foti Vincenza n. a Melito di Porto Salvo il 15.10.1955.
avverso la sentenza del 23 giugno 2006 della Corte d'appello di Roma.
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Angelo Di Popolo che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito l'avv. Polizzi di Sorrentino in sostituzione dell'avv. Augusto Colatei che
ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Zenti Vladimiro e Foti Vincenza erano imputati: a) del reato p. e p. dall'
artt. 110 C.P., 20 lettera b), legge n. 47 del 1985 per aver realizzato, in
concorso tra loro e in assenza della prescritta concessione edilizia le seguenti
opere: muro di contenimento in cemento armato avente una lunghezza di mt. 17,50
ed un'altezza variabile da mt. 2,20 a mt. 3,80; installazione di un box in
lamiera sagomata delle dimensioni di mt. 5,00 e mt. 2,50 con altezza di mt. 2,20
al colmo in aderenza ad una tettoia aperta; installazione di un prefabbricato in
pannelli coibentati delle dimensioni di mt. 2,00 x mt. 1,20 con altezza di mt.
2,00, adibito a servizi igienici; b) reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 1, 3,
17, 18, 20 legge n. 64 del 1974 per avere eseguito i lavori relativi alle opere
di cui al capo a) in zona sismica senza avere rispettato le norme e le
prescrizioni tecniche contenute nei decreti ministeriali vigenti, omettendo di
depositare, prima dell'inizio dei lavori, gli atti progettuali presso l'Ufficio
del Genio Civile competente; c) reato p.e p. agli artt. 110 C.P., 1, 2, 4, 13,
14 legge n. 1086 del 1971 per avere realizzato le strutture in cemento armato
descritte al capo a) senza il progetto esecutivo, senza previa denuncia dei
lavori al Genio Civile e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico
competente (reati accertati in Guidonia, il 5.7.2002).
2. Con sentenza in data 9-5-2005 Tribunale di Tivoli dichiarava gli imputati
colpevoli e li condannava ad un mese e giorni 4 di arresto e €5500 di ammenda.
3. Avverso tale sentenza ha interposto appello il difensore degli imputati,
censurando l'errata interpretazione della legge sul condono edilizio operata dal
giudicante.
La Corte d'appello di Roma, con
sentenza del 23 giugno 2006, in riforma della sentenza del Tribunale di Tivoli,
dichiarava non doversi procedere nei confronti dei predetti in ordine al reato
di cui al capo B) perché estinto per prescrizione ed eliminava la relativa pena;
determinava la residua pena nella misura di mesi uno giorni due di arresto ed €
5.000 di ammenda; confermava nel resto l'impugnata sentenza.
4. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma gli imputati hanno
proposto ricorso per cassazione con tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è manifestamente infondato e quindi inammissibile.
1.1. Il primo motivo del ricorso, con cui i ricorrenti denunciano la violazione
della normativa sul condono ritenuto, dall'impugnata sentenza, inapplicabile in
ragione del carattere non residenziale dell'opera, è destituito di fondamento.
Questa Corte (Cass., Sez. III, 6 aprile 2004 – 7 maggio 2004, n. 21679) ha già
affermato che in materia di reati edilizi, la sospensione di cui all'art. 44
della legge 28 febbraio 1985 n. 47 non è automatica e non va applicata a tutti i
procedimenti per reati urbanistici astrattamente interessati al condono, ma solo
a quelli aventi ad oggetto opere che abbiano oggettivamente i requisiti per la
condonabilità ex art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 326 (nella specie l'opera
abusiva non risultava suscettibile di sanatoria, in quanto costruzione di tipo
non-residenziale, realizzata in assenza del titolo abilitativo). Cfr. anche Cass.,
Sez. III, 17 febbraio 2004 – 24 marzo 2004, n. 14436, secondo cui i procedimenti
penali per violazioni edilizie relative a nuove costruzioni non residenziali non
possono essere sottoposti, durante la pendenza dei termini di presentazione del
cd. condono edilizio, alla sospensione prevista dall'art. 44 della legge 28
febbraio 1985 n. 47, cui rinviano le disposizioni di cui al decreto legge 30
settembre 2003 n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, atteso che
l'art. 32 del citato decreto n. 289 limita l'applicabilità del condono edilizio
alle sole nuove costruzioni residenziali (Conf. Cass., Sez. 3, 18 novembre 2003
– 29 gennaio 2004, n. 3358). Né rileva la conservazione degli effetti penali
perché comunque non risulta un'oblazione ritualmente perfezionata con il
pagamento della somma dovuta.
1.2. Anche il secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti contestano che la
realizzazione del muro di contenimento richieda il titolo concessorio, è
infondato.
In proposito questa Corte (Cass.,
Sez. III, 17 giugno 1999 – 29 settembre 1999, n. 11126) ha già affermato che la
costruzione di un terrapieno, costituito da un muro con funzione di contenimento
con notevoli dimensioni (così come nella specie) non è soggetta alla semplice
denuncia di inizio dei lavori, ai sensi dell' art. 4 del D.L.. 5 ottobre 1993 n.
398, convertito in L. 4 dicembre 1993 n. 493, come sostituito dall'art. 2, comma
60, della legge 23 dicembre 1996 n. 662. Nella specie il muro di contenimento
era di notevoli dimensioni essendo stato realizzato in cemento per una lunghezza
di mt. 17,50 ed un'altezza variabile da mt. 2,20 a mt. 3,80. In ogni caso a
quest'opera si aggiungeva anche l'installazione di un box in lamiera sagomata
delle dimensioni di mt. 5,00 e mt. 2,50 con altezza di mt. 2,20 al colmo in
aderenza ad una tettoia aperta; nonché l'installazione di un prefabbricato in
pannelli coibentati delle dimensioni di mt. 2,00 x mt. 1,20 con altezza di mt.
2,00, adibito a servizi igienici.
3. Il terzo motivo, con cui i ricorrenti censurano la mancanza di un preciso
avvertimento nel decreto di citazione in ordine alla possibilità dei riti
alternativi, è infondato essendo di tutta evidenza che il riferimento contenuto
nel decreto di citazione a giudizio alla facoltà di chiedere i riti alternativi
"prima della dichiarazione del dibattimento di primo grado" non poteva
intendersi altrimenti che come "prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento di primo grado".
4. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima
consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento in
solido nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle
ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00 (mille) ciascuno.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese processuali e, ciascuno di loro, al versamento di euro
1.000,00 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2007
L' estensore
Il presidente
Giovani Amoroso
Claudio Vitalone
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