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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell'1/3/2007 (Ud. 12/01/2007), Sentenza n. 8667
 

 

URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzione abusiva - Proprietario non formalmente committente - Responsabilità - Presupposti - Individuazione - Art. 44, D.P.R. n. 380/2001 - Art. 110 c.p.. In tema di costruzione edilizia abusiva, il proprietario - estraneo alla esecuzione delle opere e che non le abbia commissionate - potrà rispondere della contravvenzione edilizia, a sensi del combinato disposto dell'art. 110 c.p. e del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, quando, edotto della mancanza del permesso di costruire, ha fornito un contributo causale che abbia agevolato la abusiva edificazione. A tale fine, i Giudici di merito devono verificare la esistenza di comprovati comportamenti, che possono assumere forma negativa o positiva, dai quali si possano ricavare elementi di una compartecipazione, al livello materiale o morale, del proprietario della area nella altrui condotta illecita (Cassazione Sezione terza, sentenze n. 10284/2000, 17752/2001, 31130/2001, 18756/2003, 9536/2004, 24319/2004, 216/2005, 26121/2005, 32856/2006, 79/2006). Pres. Lupo E. Est. Squassoni C. Imp. Forletti ed altri, (Rigetta, App. Lecce, 20/01/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell'1/3/2007 (Ud. 12/01/2007), Sentenza n. 8667

URBANISTICA E EDILIZIA - Concessione del permesso di costruire in sanatoria - Poteri del giudice - Accertamento del reato - Verifica delle condizioni di fatto per l'applicazione di una causa di estinzione del reato - Sussistenza - Fattispecie.
La concessione del permesso di costruire in sanatoria non esautora i Giudici di merito dall'accertare se i lavori siano stati ultimati entro il termine dalla legge fissato per ottenere il beneficio. Nella specie, dalle foto risultava che le opere, erano prive di copertura e, di conseguenza, non terminate neppure con riferimento alla peculiare nozione di ultimazione dei manufatti che la L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 2 fornisce ai fini del condono. Pres. Lupo E. Est. Squassoni C. Imp. Forletti ed altri, (Rigetta, App. Lecce, 20/01/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell'1/3/2007 (Ud. 12/01/2007), Sentenza n. 8667


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Udienza pubblica del 12/01/2007

SENTENZA N. 00058
REG. GENERALE N. 015178/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
 


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. LUPO Ernesto                       - Presidente -
Dott. SQUASSONI Claudia              - Consigliere -
Dott. FIALE Aldo                            - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo                   - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio                 - Consigliere -


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) FORLETTI ANTONIO, N. IL 07/06/1949;
2) INGROSSO MARIA ADELE, N. IL 01/12/1954;
3) DOLCE ROSARIA, N. IL 20/01/1952;
avverso SENTENZA del 20/01/2006 CORTE APPELLO di LECCE;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per: inammissibile il ricorso.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con sentenza 17 marzo 2005, il Tribunale di Lecce sd Galatina ha ritenuto Forletti Antonio, Ingrosso Maria Adele, Dolce Rosaria responsabili del reato previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b (perché, nella loro qualità di proprietari del suolo e committenti dei lavori, privi di permesso di costruire, realizzavano due villette ed un vano isolato) e li ha condannati alla pena di giustizia.


La decisione del Tribunale è stata confermata dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza 20 gennaio 2006.


Per giungere a questa conclusione, i Giudici di merito hanno disatteso la prospettazioni, difensiva dei coniugi Forletti-Ingrosso sulla loro estraneità alla abusiva edificazione; sul punto, hanno rilevato come gli stessi, comproprietari del suolo, fossero consapevoli di quanto si stava realizzando.


La Corte ha ritenuto inconferente il permesso di costruire in sanatoria L. n. 326 del 2003, ex art. 32, in quanto illegittimamente rilasciato dal momento che le opere non erano state ultimate entra il termine previsto (31 marzo 2003); all'epoca dello accertamento del reato (28 novembre 2003), i lavori erano ancora in corso. Per l'annullamento della sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria era legittimo perché i lavori erano terminati al rustico entro il termine utile e le opere in fieri all'epoca del sopralluogo erano di rifinitura: sul punto, i Giudici hanno concluso differentemente senza indagare quale fosse l'attività edilizia espletata dopo il 31 marzo 2003;
- che i coniugi Forletti-Ingrosso sono stati ritenuti responsabili per la loro mera qualifica di comproprietari del suolo ed in mancanza di prove sul loro contributo causale alla perpetrazione del reato;
- che la demolizione del vano isolato deve essere equiparata all'assenso a titolo di condono.


Le deduzioni dei ricorrenti non sono meritevoli di accoglimento.

Per quanto concerne la prima censura, è il caso di rilevare come, in tema di condono edilizio, spetti alla autorità amministrativa di valutare la ricorrenza dei presupposti per la sanatoria nei loro aspetti tecnici; compete, invece, al Giudice penale di verificare la esistenza di tutte condizioni poste dalla legge per la estinzione del reato.


Pertanto, la concessione del permesso di costruire in sanatoria non esautorava i Giudici di merito dall'accertare se i lavori siano stati ultimati entro il termine dalla legge fissato per ottenere il beneficio.
Sul tema, i ricorrenti propongono censure prive della necessaria concretezza che si pongono in insanabile contrasto con le emergenze agli atti ed in particolare, con le foto scattate all'epoca della accertamento del reato (che il Collegio è facoltizzato ad esaminare trattandosi di verificare le condizioni di fatto per l'applicazione di una causa di estinzione del reato); dalle foto risulta che le opere, in data 29 novembre 2003, erano prive di copertura e, di conseguenza, non terminate neppure con riferimento alla peculiare nozione di ultimazione dei manufatti che la L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 2 fornisce ai fini del condono.


Relativamente alla seconda censura, va osservato come, secondo la maggioritaria giurisprudenza di legittimità, le contravvenzioni edilizie, realizzate con la costruzione di un manufatto, sono reati propri dei soggetti, tra i quali non è annoverato il proprietario, individuati dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 29; tali soggetti (committente, titolare del permesso di costruire, direttore dei lavori) sono costituiti dal Legislatore garanti del rispetto dello esercizio della attività edificatoria alla relativa normativa e soli possono rispondere dei reati previsti dall'art. 44, lett. b e c.

Tale conclusione non collide con la possibilità dello estraneo - cioè di colui che è privo delle qualifiche soggettive specificate nel ricordato art. 29 - di fornire un contributo doloso alla altrui abusiva edificazione secondo le regole generali sul concorso nei reati. Non condivisibile è l'orientamento giurisprudenziale, peraltro minoritario e non recente, secondo il quale il proprietario della area può rispondere della contravvenzione edilizia per mera connivenza con l'autore del reato; il proprietario non può essere ritenuto responsabile, a sensi dell'art. 40 cpv. c.p., non esistendo una fonte formale dalla quale fare derivare l'obbligo giuridico di controllo sui beni finalizzato ad impedire il reato. Tale conclusione è confortata dalla previsione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 192 che impone al proprietario del sito, oggetto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, azioni ripristinatorie solo nel caso in cui la violazione gli sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. Pertanto, il proprietario - estraneo alla esecuzione delle opere e che non le abbia commissionate - potrà rispondere della contravvenzione edilizia, a sensi del combinato disposto dell'art. 110 c.p. e del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, quando, edotto della mancanza del permesso di costruire, ha fornito un contributo causale che abbia agevolato la abusiva edificazione. A tale fine, i Giudici di merito devono verificare la esistenza di comprovati comportamenti, che possono assumere forma negativa o positiva, dai quali si possano ricavare elementi di una compartecipazione, al livello materiale o morale, del proprietario della area nella altrui condotta illecita (Cassazione Sezione terza, sentenze n. 10284/2000, 17752/2001, 31130/2001, 18756/2003, 9536/2004, 24319/2004, 216/2005, 26121/2005, 32856/2006, 79/2006).

Tra gli elementi sintomatici del concorso del proprietario, la giurisprudenza ha enucleato, ad esempio, la destinazione del manufatto, i rapporti di parentela o affinità o coniugio con l'esecutore dell'opera, la vigilanza nella esecuzione dei lavori, la richiesta di provvedimenti abilitativi successivi, etc.. Nella ipotesi in esame, non è condivisibile la prospettazione dei ricorrenti secondo i quali la responsabilità è stata affermata in base alla mera loro qualifica di comproprietari del suolo. La situazione concreta nella quale si è svolta l'attività incriminata conduce a condividere la conclusione dei Giudici di merito ad a ritenere che, benché la sola Dolce Rosaria si sia dichiarata responsabile del reato, anche i coimputati fossero concorrenti nello abusivismo edilizio; numerosi elementi portano ad escludere che le costruzioni siano state realizzate a loro insaputa e senza la loro volontà.


I coniugi Forletti avevano la disponibilità giuridica e di fatto del suolo, erano notiziati della edificazione (avvenuta nel piccolo paese ove abitavano ad opera di una prossima congiunta); inoltre, vari accertati comportamenti (la mancata impugnativa della ordinanza sospensiva dei lavori emessa nei loro confronti il 30 gennaio 2004 e la richiesta di concessione edilizia in sanatoria del 7 marzo 2005 anche a loro favore) comprovano non solo che destinatali finali dei beni fossero i Forletti, ma attestano una loro compartecipazione, anche solo a livello morale, nella illecita edificazione. Con la residua censura, i ricorrenti formulano una doglianza non introdotta nei motivi a sostegno dello appello e che incorre nel divieto di nuove deduzioni in Cassazione.


P.Q.M.


La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2007


 


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