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RIFIUTI - Discariche - Gestione dei rifiuti - Dir. 75/442/CEE e
succ. mod., dir. 91/689/CEE, dir. 1999/31/CE - Inadempimento di Stato -
Repubblica Italiana. Non avendo adottato tutti i provvedimenti
necessari: - per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza
pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e per vietare l’abbandono, lo
scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti; - affinché ogni
detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad
un’impresa che effettua le operazioni di smaltimento o di recupero, oppure
provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento conformandosi alle
disposizioni della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE,
relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo
1991, 91/156/CEE; - affinché tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano
operazioni di smaltimento siano soggetti ad autorizzazione dell’autorità
competente; - affinché in ogni luogo in cui siano depositati (messi in
discarica) rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e
identificati; e - affinché, in relazione alle discariche che hanno ottenuto
un’autorizzazione o erano già in funzione alla data del 16 luglio 2001, il
gestore della discarica elabori e presenti per l’approvazione dell’autorità
competente, entro il 16 luglio 2002, un piano di riassetto della discarica
comprendente le informazioni relative alle condizioni per l’autorizzazione e
le misure correttive che ritenga eventualmente necessarie; e affinché, in
seguito alla presentazione del piano di riassetto, le autorità competenti
adottino una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle
operazioni, facendo chiudere al più presto le discariche che non ottengano
l’autorizzazione a continuare a funzionare, o autorizzando i necessari
lavori e stabilendo un periodo di transizione per l’attuazione del piano, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi
degli artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva
91/156/CEE, dell’art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 12 dicembre
1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi, e dell’art. 14, lett. a)
c), della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle
discariche di rifiuti. Pres. Rosas, Rel. Klucka - Commissione
delle Comunita europee c. Repubblica Italiana - CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Sez. III,
26 aprile 2007, causa C-135/05
CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
«Inadempimento di uno Stato - Gestione dei rifiuti - Direttive
75/442/CEE, 91/689/CEE e 1999/31/CE»
Nella causa C-135/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 22 marzo 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra D.
Recchia e dal sig. M. Konstantinidis, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I. M. Braguglia, in qualità
di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J. Klučka
(relatore), U. Lõhmus, A. Ó Caoimh e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11
gennaio 2007,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla
Corte di constatare che, non avendo adottato tutti i provvedimenti
necessari:
- per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza
pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e per vietare l’abbandono, lo
scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti;
- affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore
privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni di
smaltimento o di recupero, oppure provveda egli stesso al recupero o
allo smaltimento conformandosi alle disposizioni della direttiva del
Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194,
pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991,
91/156/CEE (GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»);
- affinché tutti gli stabilimenti o le imprese che effettuano operazioni
di smaltimento siano soggetti ad autorizzazione dell’autorità
competente;
- affinché in ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica)
rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati; e
- affinché, in relazione alle discariche che hanno ottenuto
un’autorizzazione o erano già in funzione alla data del 16 luglio 2001,
il gestore della discarica elabori e presenti per l’approvazione
dell’autorità competente, entro il 16 luglio 2002, un piano di riassetto
della discarica comprendente le informazioni relative alle condizioni
per l’autorizzazione e le misure correttive che ritenga eventualmente
necessarie; e affinché, in seguito alla presentazione del piano di
riassetto, le autorità competenti adottino una decisione definitiva
sull’eventuale proseguimento delle operazioni, facendo chiudere al più
presto le discariche che non ottengano l’autorizzazione a continuare a
funzionare, o autorizzando i necessari lavori e stabilendo un periodo di
transizione per l’attuazione del piano,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi degli artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442, dell’art. 2, n. 1,
della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai
rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), e dell’art. 14, lett. a) c),
della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle
discariche di rifiuti (GU L 182, pag. 1).
Contesto normativo
La direttiva 75/442
2 L’art. 4 della direttiva 75/442 prevede quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i
rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all’ambiente (…)
(…)
Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per vietare
l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti».
3 L’art. 8 della direttiva 75/442 impone agli Stati membri di adottare
le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti li
consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che
effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B di tale
direttiva, oppure provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento,
conformandosi alle disposizioni di detta direttiva.
4 L’art. 9, n. 1, della direttiva 75/442 dispone che, ai fini
dell’applicazione, in particolare, dell’art. 4 della stessa direttiva,
tutti gli stabilimenti o le imprese che effettuano le operazioni di
smaltimento di rifiuti debbono ottenere l’autorizzazione dell’autorità
competente incaricata di attuare le disposizioni di tale direttiva.
L’art. 9, n. 2, precisa che dette autorizzazioni possono essere concesse
per un periodo determinato, essere rinnovate, essere accompagnate da
condizioni e obblighi, o essere rifiutate segnatamente quando il metodo
di smaltimento previsto non è accettabile dal punto di vista della
protezione dell’ambiente.
La direttiva 91/689
5 L’art. 2 della direttiva 91/689 così dispone:
«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per esigere che in
ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica) rifiuti
pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati.
(…)».
La direttiva 1999/31
6 Ai sensi dell’art. 14, lett. a) c), della direttiva 1999/31:
«Gli Stati membri adottano misure affinché le discariche che abbiano
ottenuto un’autorizzazione o siano già in funzione al momento del
recepimento della presente direttiva possano rimanere in funzione
soltanto se (...)
a) entro un anno dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1 [vale
a dire entro il 16 luglio 2002], il gestore della discarica elabora e
presenta all’approvazione dell’autorità competente un piano di riassetto
della discarica comprendente le informazioni menzionate nell’articolo 8
e le misure correttive che ritenga eventualmente necessarie al fine di
soddisfare i requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi i
requisiti di cui all’allegato I, punto 1;
b) in seguito alla presentazione del piano di riassetto, le autorità
competenti adottano una decisione definitiva sull’eventuale
proseguimento delle operazioni in base a detto piano e alla presente
direttiva. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per far
chiudere al più presto, a norma dell’articolo 7, lettera g), e
dell’articolo 13, le discariche che, in forza dell’articolo 8, non
ottengono l’autorizzazione a continuare a funzionare;
c) sulla base del piano approvato, le autorità competenti autorizzano i
necessari lavori e stabiliscono un periodo di transizione per
l’attuazione del piano. Tutte le discariche preesistenti devono
conformarsi ai requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi
i requisiti di cui all’allegato I, punto 1, entro otto anni dalla data
prevista nell’articolo 18, paragrafo 1 [ossia entro il 16 luglio 2009]».
7 Ai sensi dell’art. 18, n. 1, della detta direttiva, gli Stati membri
adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
necessarie per conformarsi alla stessa entro due anni a decorrere dalla
sua entrata in vigore [vale a dire, entro il 16 luglio 2001] e ne
informano immediatamente la Commissione.
Procedimento precontenzioso
8 A seguito di varie denunce, di interrogazioni parlamentari, di
articoli di stampa, nonché della pubblicazione, avvenuta il 22 ottobre
2002, di un rapporto del Corpo forestale dello Stato (in prosieguo: il «CFS»),
che evidenziava l’esistenza di un gran numero di discariche illegali e
non controllate in Italia, la Commissione ha deciso di controllare
l’osservanza da parte di detto Stato membro degli obblighi ad esso
incombenti ai sensi delle direttive 75/442, 91/689 e 1999/31.
9 Tale rapporto completava la terza fase di un procedimento avviato nel
1986 dal CFS al fine di contabilizzare le discariche illegali nei
territori boschivi e montagnosi delle Regioni a statuto ordinario in
Italia (vale a dire la totalità delle regioni italiane, eccetto il
Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige e
la Valle d’Aosta). Un primo censimento, avvenuto nel 1986, aveva
riguardato 6 890 degli 8 104 comuni italiani e aveva consentito al CFS
di accertare l’esistenza di 5 978 discariche illegali. Un secondo
censimento, effettuato nel 1996, aveva riguardato 6 802 comuni e aveva
rivelato al CFS l’esistenza di 5 422 discariche illegali. Dopo il
censimento del 2002, il CFS ha ancora catalogato 4 866 discariche
illegali, 1 765 delle quali non figuravano nei precedenti studi. Secondo
il CFS, 705 tra le dette discariche abusive contenevano rifiuti
pericolosi. Per contro, il numero delle discariche autorizzate era
soltanto di 1 420.
10 I risultati di quest’ultimo censimento sono riassunti dalla
Commissione come segue:
Regione |
Numero di discariche abusive | Superficie delle discariche abusive (m²) | Discariche attive/non attive | Discariche bonificate/non bonificate |
Abruzzo |
361 | 1 016139 | 111 / 250 | 70 / 291 |
Basilicata |
152 | 222 830 | 40 / 112 | 43 / 109 |
Calabria |
447 | 1 655 479 | 81 / 366 | 19 / 428 |
Campania |
225 | 445 222 | 40 / 185 | 37 / 188 |
Emilia Romagna |
380 | 254 398 | 189 / 191 | 59 / 321 |
Lazio |
426 | 663 535 | 120 / 306 | 110 / 316 |
Liguria |
305 | 329 507 | 145 / 160 | 58 / 247 |
Lombardia |
541 | 1 132 233 | 124 / 417 | 159 / 382 |
Marche |
244 | 364 781 | 70 / 174 | 41 / 203 |
Molise |
84 | 199 360 | 14 / 70 | 13 / 71 |
Piemonte |
335 | 270 776 | 114 / 221 | 119 / 216 |
Puglia |
599 | 3 861 622 | 440 / 159 | 37 / 562 |
Toscana |
436 | 545 005 | 107 / 329 | 154 / 282 |
Umbria |
157 | 71 510 | 33 / 124 | 61 / 96 |
Veneto |
174 | 5 482 527 | 26 / 148 | 50 / 124 |
Totale |
4 866 | 16 519 790 | 1 654 / 3 212 | 1 030 / 3 836 |
11 Benché i dati forniti dal CFS riguardino soltanto le quindici regioni
italiane a statuto ordinario, la Commissione dichiara di voler
perseguire, nel procedimento in esame, la Repubblica italiana per la
totalità delle discariche abusive esistenti sul suo territorio. Infatti,
la Commissione disporrebbe di informazioni da cui risulterebbe che la
situazione è analoga nelle regioni a statuto speciale.
12 Detta istituzione rinvia, al riguardo, al piano di gestione dei
rifiuti della Regione Siciliana, notificato alla Commissione il 4 marzo
2003 e al quale è allegato il piano di bonifica delle zone inquinate
della regione in questione. Tale piano evidenzierebbe l’esistenza di
numerose discariche abusive, di siti di rifiuti abbandonati, di depositi
di rifiuti non autorizzati e di siti non specificati, di cui alcuni
conterrebbero rifiuti pericolosi.
13 Lo stesso varrebbe per le Regioni Friuli-Venezia Giulia,
Trentino-Alto Adige e Sardegna, in relazione alle quali la Commissione
completa la descrizione della situazione complessiva in Italia mediante
documenti ufficiali provenienti dalle autorità di dette regioni e
mediante rapporti delle commissioni parlamentari di inchiesta, nonché
attraverso articoli di stampa.
14 A titolo di esempio, la Commissione menziona una discarica situata
nella località «Cascina Corradina» nel comune di San Fiorano, che
inizialmente ha costituito oggetto di un procedimento distinto,
successivamente riunito al procedimento in esame ai fini del ricorso
dinanzi alla Corte.
15 In base a tutte queste informazioni la Commissione, conformemente
all’art. 226 CE, con lettera dell’11 luglio 2003, ha invitato il governo
italiano a presentare le sue osservazioni a tale riguardo.
16 Non avendo ottenuto dalle autorità italiane alcuna informazione che
consentisse di concludere che era stato posto fine agli inadempimenti
addebitati, la Commissione, con lettera del 19 dicembre 2003, ha emanato
un parere motivato, invitando la Repubblica italiana ad adottare i
provvedimenti necessari per conformarsi ad esso entro due mesi dalla sua
notifica.
17 La Commissione non ha ricevuto alcuna risposta al detto parere
motivato. Di conseguenza, essa ha proposto il ricorso in esame.
Sul ricorso
Sulla ricevibilità
18 Il governo italiano sostiene che il ricorso della Commissione
dovrebbe essere dichiarato irricevibile a causa della genericità e
dell’indeterminatezza dell’inadempimento addebitato, che impedirebbe a
detto governo di presentare una difesa precisa tanto in fatto quanto in
diritto. In particolare, la Commissione non avrebbe individuato i
detentori o i gestori delle discariche né i proprietari dei siti sui
quali i rifiuti sono stati abbandonati.
19 La Commissione ritiene, per contro, di poter esaminare, in un unico
procedimento, la questione dello smaltimento dei rifiuti sulla totalità
del territorio italiano. Siffatto approccio, da essa qualificato
«orizzontale», consentirebbe, da un lato, di individuare e di correggere
più efficacemente i problemi strutturali sottesi all’asserito
inadempimento della Repubblica italiana e, dall’altro, di alleggerire i
sistemi di controllo del rispetto del diritto comunitario in materia
ambientale. A questo proposito, la Commissione rinvia alle conclusioni
dell’avvocato generale Geelhoed, relative alla causa C 494/01,
Commissione/Irlanda (sentenza 26 aprile 2005, Racc. pag. I 3331).
20 Anzitutto, occorre evidenziare che, fatto salvo l’obbligo della
Commissione di soddisfare l’onere della prova gravante su di essa
nell’ambito della procedura prevista dall’art. 226 CE, il Trattato CE
non contiene alcuna norma che si opponga all’esame complessivo di un
numero rilevante di situazioni, in base alle quali la Commissione
ritenga che uno Stato membro sia stato inadempiente, in modo ripetuto e
prolungato, agli obblighi ad esso incombenti ai sensi del diritto
comunitario.
21 Si desume poi da costante giurisprudenza che una prassi
amministrativa può costituire oggetto di un ricorso per inadempimento,
qualora risulti in una certa misura costante e generale (v.,
specificamente, sentenza Commissione/Irlanda, cit., punto 28 e
giurisprudenza ivi citata).
22 Infine, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato ricevibili
ricorsi della Commissione proposti in contesti analoghi, in cui
quest’ultima deduceva precisamente una violazione strutturale e
generalizzata degli artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442 da parte di
uno Stato membro (sentenza 6 ottobre 2005, causa C 502/03,
Commissione/Grecia, non pubblicata nella Raccolta) e una violazione di
tali medesimi articoli, nonché dell’art. 14 della direttiva 1999/31
(sentenza 29 marzo 2007, causa C 423/05, Commissione/Francia, non
pubblicata nella Raccolta).
23 Di conseguenza, il ricorso della Commissione è ricevibile.
Nel merito
Sull’onere della prova
24 Il governo italiano sostiene che le fonti di informazione
sulle quali la ricorrente fonda il suo ricorso sarebbero prive di
credibilità in quanto, da un lato, i rapporti del CFS non sono stati
elaborati in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del territorio, che sarebbe l’unica autorità nazionale competente
rispetto all’ordinamento giuridico comunitario, e, dall’altro, gli atti
delle commissioni parlamentari di inchiesta o gli articoli di stampa
costituirebbero non confessioni, ma soltanto fonti generiche di prova,
la cui fondatezza dev’essere dimostrata da chi le invoca.
25 La Commissione, al contrario, considera che i rapporti elaborati dal
CFS costituiscono una fonte di informazioni affidabili e privilegiate in
materia ambientale. Infatti, il CFS costituirebbe una forza di polizia
dello Stato ad ordinamento civile che ha il compito, in particolare, di
difendere il patrimonio forestale italiano, di tutelare l’ambiente, il
paesaggio e l’ecosistema, nonché di esercitare attività di polizia
giudiziaria al fine di vigilare sul rispetto delle normative nazionali e
internazionali in materia.
26 A tale riguardo si deve ricordare che, nell’ambito di un procedimento
per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, spetta alla Commissione
provare la sussistenza dell’asserito inadempimento. Ad essa spetta
fornire alla Corte gli elementi necessari affinché questa accerti
l’esistenza di siffatto inadempimento, senza potersi basare su alcuna
presunzione (sentenza 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi
Bassi, Racc. pag. 1791, punto 6).
27 Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti, a norma dell’art. 10 CE, ad
agevolare la Commissione nello svolgimento del suo compito, che
consiste, in particolare, ai sensi dell’art. 211 CE, nel vigilare
sull’applicazione delle norme del Trattato, nonché delle disposizioni
adottate dalle istituzioni in forza dello stesso Trattato (sentenza
Commissione/Irlanda, cit., punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
28 In una simile prospettiva, si deve tener conto del fatto che, nel
verificare la corretta applicazione pratica delle disposizioni nazionali
destinate a garantire la concreta attuazione della direttiva, tra cui
quelle adottate nel settore dell’ambiente, la Commissione, che non
dispone di propri poteri di indagine in materia, dipende in ampia misura
dagli elementi forniti da eventuali denuncianti, da organizzazioni
private o pubbliche attive sul territorio dello Stato membro
interessato, nonché da questo stesso Stato membro (v., in tal senso,
sentenza Commissione/Irlanda, cit., punto 43 e giurisprudenza ivi
citata).
29 A tal riguardo, i rapporti elaborati dal CFS e da commissioni
parlamentari d’inchiesta o documenti ufficiali provenienti, in
particolare, da autorità regionali possono essere considerati, quindi,
come valide fonti d’informazione per l’avvio, da parte della
Commissione, del procedimento di cui all’art. 226 CE.
30 Ne discende, in particolare, che, quando la Commissione ha fornito
elementi sufficienti a far emergere determinati fatti verificatisi sul
territorio dello Stato membro convenuto, spetta a quest’ultimo confutare
in modo sostanziale e dettagliato i dati forniti dalla Commissione e le
conseguenze che ne derivano (sentenza Commissione/Irlanda, cit., punto
44 e giurisprudenza ivi citata).
31 In simili circostanze, infatti, spetta innanzi tutto alle autorità
nazionali effettuare i controlli in loco necessari, in uno spirito di
cooperazione leale, conformemente al dovere di ogni Stato membro,
ricordato al punto 27 della presente sentenza, di facilitare
l’adempimento del compito generale della Commissione (sentenza
Commissione/Irlanda, cit., punto 45 e giurisprudenza ivi citata).
32 Pertanto, quando la Commissione si richiama a denunce circostanziate,
dalle quali emergono ripetuti inadempimenti alle disposizioni della
direttiva, spetta allo Stato membro interessato confutare in modo
concreto i fatti affermati in tali denunce. Del pari, quando la
Commissione ha fornito elementi sufficienti a far risultare che le
autorità di uno Stato membro hanno posto in essere una prassi reiterata
e persistente contraria alle disposizioni di una direttiva, spetta a
tale Stato membro confutare in modo sostanziale e dettagliato i dati in
tal modo forniti, nonché le conseguenze che ne derivano (sentenza
Commissione/Irlanda, cit., punti 46 e 47, nonché giurisprudenza ivi
citata). Tale obbligo incombe agli Stati membri in virtù del dovere di
leale cooperazione, enunciato all’art. 10 CE, durante tutto il
procedimento di cui all’art. 226 CE. Orbene, risulta dal fascicolo che
le autorità italiane non hanno cooperato pienamente con la Commissione
ai fini dell’istruzione della presente causa nella fase del procedimento
precontenzioso.
Sulla violazione degli artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442,
dell’art. 2, n. 1, della direttiva 91/689 e dell’art. 14, lett. a) c),
della direttiva 1999/31
- Argomenti delle parti
33 Per confutare le censure dedotte dalla Commissione, il governo
italiano, fondandosi sulle informazioni che ha potuto ottenere presso le
amministrazioni regionali, provinciali, nonché presso il Nucleo
Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri, sostiene anzitutto che i
dati forniti dalla Commissione sono inconsistenti e non corrispondono
alla situazione reale in Italia. Esso contesta, in particolare, il
numero di «discariche abusive» censite dalla Commissione in quanto
quest’ultima, in primo luogo, avrebbe conteggiato talune discariche più
volte, in secondo luogo, avrebbe qualificato come discariche abusive
semplici depositi o siti con rifiuti in abbandono, di cui una parte
starebbe per essere bonificata o in cui i rifiuti sarebbero già stati
rimossi e, in terzo luogo, avrebbe travisato il loro grado di
pericolosità, poiché la maggior parte di tali discariche sarebbe sotto
controllo o sotto sequestro.
34 Il governo italiano ricorda, poi, i progressi recenti che la
Repubblica italiana ha realizzato nell’attuazione degli obblighi
derivanti dalle direttive 75/442, 91/689 e 1999/31.
35 La Commissione sostiene, in primo luogo, che il governo italiano non
fornisce informazioni in senso contrario, provenienti da una fonte di
livello paragonabile alle proprie. In secondo luogo, benché la
Commissione prenda atto del fatto che i rifiuti sono stati rimossi da
talune discariche, essa sostiene che le situazioni che stanno per essere
regolarizzate sono in numero notevolmente minore di quelle per le quali
le autorità nazionali non hanno avviato alcuna azione per rimediare al
loro carattere abusivo.
- Giudizio della Corte
36 Anzitutto, risulta da giurisprudenza costante che l’esistenza di
un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello
Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel
parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti
successivi, quand’anche essi costituiscano un’attuazione corretta delle
norme di diritto comunitario che sono oggetto del ricorso per
inadempimento (v., in tal senso, sentenze 11 ottobre 2001, causa C
111/00, Commissione/Austria, Racc. pag. I 7555, punti 13 e 14; 30
gennaio 2002, causa C 103/00, Commissione/Grecia, Racc. pag. I 1147,
punto 23; 28 aprile 2005, causa C 157/04, Commissione/Spagna, non
pubblicata nella Raccolta, punto 19; e 7 luglio 2005, causa C 214/04,
Commissione/Italia, non pubblicata nella Raccolta, punto 14).
37 Successivamente, per quanto riguarda più specificamente la
valutazione della violazione da parte di uno Stato membro dell’art. 4
della direttiva 75/442, occorre ricordare che quest’ultimo prevede che
gli Stati membri adottino le misure necessarie per assicurare che i
rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all’ambiente, senza peraltro precisare il contenuto concreto
delle misure che devono essere adottate per assicurare tale obiettivo.
Tuttavia, ciò non toglie che tale disposizione vincola gli Stati membri
quanto all’obiettivo da raggiungere, pur lasciando agli stessi un potere
discrezionale nella valutazione della necessità di tali misure (sentenza
9 novembre 1999, causa C 365/97, Commissione/Italia, detta «San Rocco»,
Racc. pag. I 7773, punto 67). Non è quindi possibile, in via di
principio, dedurre direttamente dalla mancata conformità di una
situazione di fatto agli obiettivi fissati all’art. 4 di tale direttiva
che lo Stato membro interessato sia necessariamente venuto meno agli
obblighi imposti da questa disposizione. Nondimeno, è pacifico che la
persistenza di una tale situazione di fatto, in particolare quando
comporta un degrado rilevante dell’ambiente per un periodo prolungato
senza intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati
membri hanno abusato del potere discrezionale che questa disposizione
conferisce loro (sentenza San Rocco, cit., punti 67 e 68).
38 A tale riguardo, occorre constatare che la fondatezza delle censure
addebitate alla Repubblica italiana risulta chiaramente dal fascicolo.
Infatti, benché le informazioni fornite da tale governo abbiano permesso
di constatare che il rispetto in Italia degli obiettivi previsti dalle
disposizioni del diritto comunitario che costituiscono l’oggetto
dell’inadempimento è migliorata nel corso del tempo, tali informazioni
rivelano tuttavia che, alla scadenza del termine fissato nel parere
motivato, persisteva una generale mancanza di conformità delle
discariche a siffatte disposizioni.
39 Per quanto riguarda la censura relativa alla violazione dell’art. 4
della direttiva 75/442, è pacifico che, alla scadenza del termine
fissato nel parere motivato, vi era sul territorio italiano un
considerevole numero di discariche in cui i gestori non avevano
garantito il riciclaggio o lo smaltimento dei rifiuti in modo tale da
non mettere in pericolo la salute dell’uomo e da non utilizzare
procedimenti o metodi che potessero recare pregiudizio all’ambiente,
nonché un considerevole numero di siti di smaltimento incontrollato di
rifiuti. A titolo d’esempio, come risulta dall’allegato 1 alla
controreplica del governo italiano, quest’ultimo ha ammesso l’esistenza,
constatata durante un controllo a livello locale a seguito del
censimento effettuato dal CFS, di 92 siti interessati da abbandono di
rifiuti nella Regione Abruzzo.
40 L’esistenza di una tale situazione per un periodo prolungato di tempo
ha necessariamente per conseguenza un degrado rilevante dell’ambiente.
41 Quanto alla censura relativa alla violazione dell’art. 8 della
direttiva 75/442, è accertato che, alla scadenza del termine impartito,
le autorità italiane non hanno garantito che i detentori di rifiuti
procedessero essi stessi allo smaltimento o al recupero dei rifiuti o li
consegnassero ad un raccoglitore o ad un’impresa incaricata di
effettuare tali operazioni, conformemente alle disposizioni della
direttiva 75/442. A tale riguardo, risulta dall’allegato 3 alla
controreplica del governo italiano che le autorità italiane hanno
recensito almeno 9 siti con tali caratteristiche nella Regione Umbria e
31 nella Regione Puglia, in provincia di Bari.
42 Per quanto riguarda la censura relativa alla violazione dell’art. 9
della direttiva 75/442, non è contestato che, alla scadenza del termine
fissato nel parere motivato, numerose discariche erano in funzione senza
aver ottenuto l’autorizzazione delle autorità competenti. Lo
testimoniano, in particolare, così come risulta chiaramente
dall’allegato 3 alla controreplica del governo italiano, i casi di
abbandono di rifiuti già menzionati ai punti 39 e 41 della presente
sentenza, ma anche la presenza di almeno 14 discariche abusive nella
Regione Puglia, in provincia di Lecce.
43 Per quanto riguarda la censura relativa al fatto che le autorità
italiane non hanno garantito la catalogazione o l’identificazione dei
rifiuti pericolosi in ogni discarica o luogo in cui questi ultimi
fossero depositati, ossia quella relativa alla violazione dell’art. 2
della direttiva 91/689, è sufficiente rilevare che il governo di detto
Stato membro non presenta argomenti e prove specifiche al fine di
contraddire le affermazioni della Commissione. In particolare, esso non
nega l’esistenza sul suo territorio, al momento della scadenza del
termine fissato nel parere motivato, di almeno 700 discariche abusive
contenenti rifiuti pericolosi, che non sono quindi sottoposti ad alcuna
misura di controllo. Ne consegue che le autorità italiane non possono
conoscere il flusso di rifiuti pericolosi depositati in tali discariche
e che, pertanto, l’obbligo di catalogarli ed identificarli non è stata
rispettato.
44 Infine, ciò vale anche per la censura relativa alla violazione
dell’art. 14 della direttiva 1999/31. Nella fattispecie, il governo
italiano ha segnalato esso stesso che 747 discariche che si trovano sul
proprio territorio nazionale avrebbero dovuto costituire oggetto di un
piano di riassetto. Orbene, l’esame dell’insieme dei documenti forniti
in allegato alla controreplica del governo italiano rivela che, alla
scadenza del termine impartito, tali piani erano stati presentati solo
per 551 discariche e che solo 131 piani erano stati approvati dalle
competenti autorità. Peraltro, così come giustamente fa notare la
Commissione, detto governo non ha precisato quali fossero le azioni
intraprese per quanto riguarda le discariche i cui piani di riassetto
non erano stati approvati.
45 Ne consegue che la Repubblica italiana è venuta meno, in modo
generale e persistente, agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli
artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442, dell’art. 2, n. 1, della
direttiva 91/689 e dell’art. 14, lett. a) c), della direttiva 1999/31.
Di conseguenza, il ricorso della Commissione è fondato.
46 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre
dichiarare che, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari:
- per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza
pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e per vietare l’abbandono, lo
scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti;
- affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore
privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni di
smaltimento o di recupero, oppure provveda egli stesso al recupero o
allo smaltimento conformandosi alle disposizioni della direttiva 75/442;
- affinché tutti gli stabilimenti o le imprese che effettuano operazioni
di smaltimento siano soggetti ad autorizzazione dell’autorità
competente;
- affinché in ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica)
rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati; e
- affinché, in relazione alle discariche che hanno ottenuto
un’autorizzazione o erano già in funzione alla data del 16 luglio 2001,
il gestore della discarica elabori e presenti per l’approvazione
dell’autorità competente, entro il 16 luglio 2002, un piano di riassetto
della discarica comprendente le informazioni relative alle condizioni
per l’autorizzazione e le misure correttive che ritenga eventualmente
necessarie; e affinché, in seguito alla presentazione del piano di
riassetto, le autorità competenti adottino una decisione definitiva
sull’eventuale proseguimento delle operazioni, facendo chiudere al più
presto le discariche che non ottengano l’autorizzazione a continuare a
funzionare, o autorizzando i necessari lavori e stabilendo un periodo di
transizione per l’attuazione del piano,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi degli artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442, dell’art. 2, n. 1,
della direttiva 91/689 e dell’art. 14, lett. a) c), della direttiva
1999/31.
Sulle spese
47 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) Non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari:
- per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza
pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e per vietare l’abbandono, lo
scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti;
- affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore
privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni di
smaltimento o di recupero, oppure provveda egli stesso al recupero o
allo smaltimento conformandosi alle disposizioni della direttiva del
Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come
modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE;
- affinché tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano operazioni di
smaltimento siano soggetti ad autorizzazione dell’autorità competente;
- affinché in ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica)
rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati; e
- affinché, in relazione alle discariche che hanno ottenuto
un’autorizzazione o erano già in funzione alla data del 16 luglio 2001,
il gestore della discarica elabori e presenti per l’approvazione
dell’autorità competente, entro il 16 luglio 2002, un piano di riassetto
della discarica comprendente le informazioni relative alle condizioni
per l’autorizzazione e le misure correttive che ritenga eventualmente
necessarie; e affinché, in seguito alla presentazione del piano di
riassetto, le autorità competenti adottino una decisione definitiva
sull’eventuale proseguimento delle operazioni, facendo chiudere al più
presto le discariche che non ottengano l’autorizzazione a continuare a
funzionare, o autorizzando i necessari lavori e stabilendo un periodo di
transizione per l’attuazione del piano,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi degli artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442, come modificata dalla
direttiva 91/156/CEE, dell’art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio
12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi, e
dell’art. 14, lett. a) c), della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999,
1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Firme
________________________________________
* Lingua processuale: l'italiano.
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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
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