Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE COSTITUZIONALE, 26 Gennaio 2007 (Ud. 10/1/2007) Sentenza n. 12
Rifiuti - Rifiuti pericolosi e speciali di origine extraregionale - Principio di autosufficienza - Art. 182, c. 5 del D.Lgs. n. 152/2006 - Inapplicabilità - Art. 6, c. 19 L.R. Sardegna n. 6/2001 - Divieto di trasporto e smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale - Illegittimità costituzionale. Il principio di autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti urbani ordinari - stabilito espressamente, ora, dall’art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato affermato dall’art. 5, c. 5, del d.lgs. n. 22 del 1997- non trova applicazione con riguardo alle tipologie di rifiuti speciali pericolosi, fra i quali sono compresi gran parte di quelli di origine sanitaria (Corte Cost. n. 281 del 2000), né a quelli speciali non pericolosi (Corte Cost. n. 335/2001). Per tali tipologie di rifiuti - pericolosi e speciali (Corte Cost. n. 505 del 2002) - non è possibile infatti preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l’obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (Corte Cost. n. 335 del 2001). Peraltro, in vista della necessità, per tali categorie di rifiuti, che lo smaltimento sia effettuato nella maniera più appropriata in strutture specializzate, non presenti in maniera omogenea sul territorio nazionale, in ordine logico va data priorità al requisito della specializzazione rispetto a quello della prossimità. Ne deriva l’illegittimità costituzionale dell’ art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6, nella parte in cui, nel fare «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale», non esclude dall’applicabilità del divieto i rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, operando una indiscriminata assimilazione di ogni genere di rifiuto, in contrasto con il principio fondamentale rilevabile nella legislazione dello Stato. Pres. Flick, Red. Napolitano - S. s.r.l. c. Regione Sardegna - CORTE COSTITUZIONALE - 26 gennaio 2007(ud. 10 gennaio 2007), sentenza n. 12
Rifiuti - Ambiente - Regione Sardegna - Smaltimento di rifiuti - Divieto di smaltimento di rifiuti pericolosi di provenienza extraregionale. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), nella parte in cui, nel fare «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale», non esclude dall’applicabilità del divieto i rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi. Presidente G. M. Flick - Relatore P. M. Napoletano - S. s.r.l. c. Regione Sardegna - CORTE COSTITUZIONALE - 26 gennaio 2007(ud. 10 gennaio 2007), sentenza n. 12
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
SENTENZA N. 12
ANNO 2007
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), promosso con ordinanza del 27 settembre 2004 dal Tribunale amministrativo regionale della Sardegna sul ricorso proposto da Sipsa Ecologica S.r.l. contro la Regione Sardegna, iscritta al n. 18 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 5 dicembre 2006 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
udito l’avvocato Salvatore Alberto Romano per la Regione Sardegna.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna ha sollevato, con ordinanza del 27 settembre 2004, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), in riferimento agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e in relazione agli artt. 5, 11, 18 e 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), nonché in riferimento all’art. 41 della Costituzione.
Il Tribunale rimettente precisa che il giudizio a quo, promosso da una società che gestisce, in territorio sardo, un impianto di termodistruzione specializzato nello smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi, ha ad oggetto la legittimità del provvedimento regionale con il quale la autorizzazione all’esercizio del detto impianto è stata vincolata all’osservanza della previsione normativa contenuta nell’art. 6, comma 19, della legge regionale n. 6 del 2001, in base alla quale «è fatto divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale».
Il rimettente, ricordato come il medesimo Tribunale amministrativo già aveva sollevato in passato, in termini analoghi, questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione ora censurata e che, in tale occasione, la Corte, con ordinanza n. 45 del 2004, ne aveva dichiarato la manifesta inammissibilità per non avere, allora, il rimettente considerato che l’applicazione della norma impugnata era stata sospesa per effetto di altra norma, preesistente alla emissione della ordinanza con la quale la questione era stata sollevata, rileva che, avendo, alla data in cui la questione viene nuovamente trattata, cessato i suoi effetti la norma che disponeva la sospensiva, la fattispecie sottoposta al suo esame è regolata dall’art. 6, comma 19, della legge regionale n. 6 del 2001.
Nell’ordinanza di rimessione del 27 settembre 2004, così come nella precedente, il Tribunale amministrativo regionale rileva, preliminarmente, come la tematica dedotta in giudizio non possa essere affrontata in termini di disapplicazione della legge regionale impugnata (per asserito contrasto con le direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE), in quanto la ricorrente individua il contrasto non con la normativa comunitaria, ma con i principi statali dettati dal d.lgs. n. 22 del 1997 (che ha dato attuazione alle suddette direttive nell’ordinamento nazionale).
Il giudice a quo osserva, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, che più volte la Corte costituzionale ha affermato che il principio di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi, stabilito dall’art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 22 del 1997 - il quale vieta lo smaltimento di tali rifiuti in Regioni diverse da quella in cui sono stati prodotti - non è applicabile rispetto ai rifiuti pericolosi, riguardo alla cui eliminazione vale, viceversa, il criterio della necessaria individuazione degli appropriati impianti specializzati, che non consente di determinare a priori l’ambito territoriale ottimale di smaltimento.
Aggiunge il rimettente che, sebbene le peculiari connotazioni geografiche e socio-economiche della Regione Sardegna potrebbero giustificare sul punto un diverso regime rispetto alle altre regioni d’Italia, stanti anche i profili di diseconomicità che potrebbero derivare dallo smaltimento di rifiuti pericolosi extraregionali in stabilimenti ubicati in Sardegna, nondimeno la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge regionale n. 6 del 2001 si pone in termini di non manifesta infondatezza.
Infatti, prosegue il Tribunale amministrativo, la norma in questione non è riconducibile ad alcuna di quelle, elencate nell’art. 3 dello statuto di autonomia, per le quali la Regione dispone di competenza legislativa primaria, potendo essere compresa, peraltro solo in parte, in quella dell’«igiene e sanità», indicata all’art. 4, lettera i), del medesimo statuto. Cioè fra quelle riguardo alle quali la competenza legislativa regionale, essendo concorrente, è assoggettata al rispetto dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato; limiti segnatamente individuati in quelli dettati dagli artt. 5, 11, 18 e 26 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997.
Infine, il rimettente ritiene la norma censurata in contrasto anche con l’art. 41 della Costituzione, in quanto, «qualora si ritenga l’insussistenza di condizioni che legittimerebbero la Regione Sarda ad adottare una legislazione differente da quelle delle altre regioni», resterebbe priva di giustificazione la compressione del diritto di iniziativa economica della impresa ricorrente nonché delle altre imprese del settore.
2.- Si è tempestivamente costituita in giudizio la Regione Sardegna sostenendo la inammissibilità della questione e, in subordine, la sua infondatezza.
Quanto alla prima eccezione, ad avviso della difesa regionale il rimettente avrebbe motivato sulla non manifesta infondatezza «in modo perplesso ed equivoco», offrendo argomenti sia a favore sia contro la pretesa illegittimità della norma.
Sulla infondatezza, la difesa regionale ritiene che la disciplina di cui trattasi rientrerebbe nell’ambito della competenza legislativa funzionalmente riservata alla Regione.
Infatti, rammentato come la materia connessa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti è intrecciata con la complessa problematica relativa alla duplice competenza legislativa in tema di «tutela dell’ambiente» e di «valorizzazione dei beni ambientali» e che la prima è considerata nella giurisprudenza della Corte non una “materia” ma un “valore” cui sottendono una serie di competenze legislative ora statali ora regionali, la Regione osserva che la disciplina relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti si interseca con le competenze, esclusive, relative a «agricoltura» e a «acque minerali e termali» e con quelle, concorrenti, relative a «commercio» e a «igiene e sanità».
Ciò detto, essa rileva che, caduto, per effetto dell’art. 10 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), per le materie di cui all’art. 117, comma quarto, della Costituzione, il limite posto dalle «norme di riforma economico-sociale» (sentenza n. 274 del 2003), la sua competenza legislativa esclusiva è subordinata solo al rispetto della Costituzione e delle norme comunitarie, mentre, quanto alla competenza concorrente, la medesima è tenuta solo al rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.
Riguardo allo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi, il principio fondamentale, prosegue la difesa regionale, è costituito dal principio di autosufficienza, mentre, per quelli pericolosi, vige il principio che lo smaltimento debba avvenire «in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi», integrandosi così il criterio della specializzazione con quello della prossimità, onde ridurre il più possibile i rischi connessi alla movimentazione dei rifiuti.
La Regione sostiene, pertanto, che, legittimamente, data la sua peculiarità insulare, essa, nel bilanciare i due criteri, ha valorizzato il secondo, considerati i rischi che potrebbero derivare dal trasferimento via mare di rifiuti pericolosi.
Riguardo alla censura connessa alla violazione dell’art. 41 della Costituzione, la difesa regionale osserva che questa è subordinata alla presunta incompetenza regionale ad emanare la normativa impugnata. Dimostrata, perciò, la infondatezza di tale primo assunto, discenderebbe anche la infondatezza della seconda censura.
3.- Nell’imminenza della trattazione della questione in udienza pubblica la Regione Sardegna ha depositato una memoria illustrativa in cui ha ribadito le proprie conclusioni, anche alla luce delle intervenute sopravvenienze normative, costituite dall’articolato del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), ritenute non incidenti in maniera significativa sulla questione.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna dubita, con riferimento agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e in relazione agli artt. 5, 11, 18 e 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), nonché con riferimento all’art. 41 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), nella parte in cui tale disposizione nel fare «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale», non distingue, ai fini della applicabilità del divieto, fra rifiuti urbani non pericolosi e rifiuti pericolosi (rectius: speciali).
Va, peraltro, detto che nella ordinanza di rimessione è anche menzionato l’art. 120 della Costituzione; ma, per ciò che concerne questo parametro, deve chiarirsi che nel provvedimento del giudice a quo esso è solamente citato, senza alcuna argomentazione e con formulazione che induce a ritenerlo riferito alla prospettazione avanzata dal ricorrente nel giudizio a quo e non ai motivi di impugnazione della norma. Esso, pertanto, neppure richiamato nel dispositivo della ordinanza, non costituisce parametro di costituzionalità invocato dal rimettente.
2.- Poiché la difesa della costituita Regione Sardegna ha preliminarmente eccepito la inammissibilità della questione - avendo, a suo avviso, il rimettente prospettato il dubbio di costituzionalità in maniera perplessa, con argomenti destinati sia a sostenere la possibile incostituzionalità della norma impugnata sia, al contrario, volti a confermarne la compatibilità costituzionale - questa Corte deve prioritariamente decidere su tale punto.
L’eccezione non è fondata.
Dall’esame della ordinanza di rimessione emerge con chiarezza che il Tribunale amministrativo regionale, esaminata e richiamata la giurisprudenza di questa Corte formatasi sulla specifica tematica, ritiene la norma censurata inconciliabile con i principi dalla medesima enunciati.
E’ ben vero che a tali considerazioni il giudice amministrativo aggiunge che, stante la peculiarità geografica propria della Sardegna, regione insulare, potrebbe essere difficile ipotizzare un sito ubicato nell’isola quale luogo più appropriato per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi prodotti «nelle regioni dell’Italia continentale».
Ma - a prescindere dalla circostanza che la presente questione non viene sollevata sotto il profilo della ragionevolezza o meno del divieto imposto dalla norma impugnata ma per una lamentata inosservanza da parte del legislatore sardo dei limiti costituzionalmente fissati alla sua autonomia normativa - tale rilievo, attenendo, come riconosciuto dallo stesso rimettente, alla «economicità complessiva del ciclo produttivo» connesso alla attività di smaltimento dei rifiuti, si risolve in una osservazione di tipo fattuale sulla opportunità di determinate scelte legislative sulle quali, prosegue il rimettente, «la discussione è (al medesimo) preclusa».
Si aggiunga che queste considerazioni vengono svolte dal rimettente dopo aver concluso la sua disamina in ordine alla sussistenza, alla luce della giurisprudenza costituzionale che viene analizzata (sentenze n. 505 del 2002, n. 335 del 2001 e n. 281 del 2000), del requisito della “non manifesta infondatezza”. Esse, quindi, non si inseriscono nel processo decisionale che lo induce a sottoporre alla Corte la questione di legittimità, ma sono espressamente formulate come un contributo ex post rimesso alla valutazione della Corte.
Per ciò che concerne le ulteriori questioni di ammissibilità, va dato atto che il rimettente, chiamato a giudicare della legittimità di un provvedimento amministrativo emanato in applicazione della norma censurata, ha adeguatamente motivato in ordine alla rilevanza nel giudizio a quo della prospettata questione, dal cui esito dipende, infatti, la decisione della controversia nell’ambito della quale l’incidente di costituzionalità si inscrive.
Va altresì osservato che non preclusiva dell’esame del merito della presente questione è l’abrogazione delle norme statali indicate dal rimettente come espressive dei principi fondamentali cui il legislatore regionale deve attenersi nell’esplicazione della competenza legislativa concorrente, avvenuta successivamente alla adozione della ordinanza con la quale è stata sollevata la questione.
Infatti, anche se l’intero decreto legislativo n. 22 del 1997 è stato espressamente abrogato a seguito della entrata in vigore dell’art. 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), tuttavia deve rilevarsi che il contenuto dell’art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 22 del 1997 - individuato dal rimettente quale principio fondamentale violato - è stato trasfuso, per quanto interessa, con corrispondenza sostanziale, nel vigente art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale, non diversamente dalla previgente disposizione, prevede per i soli rifiuti urbani non pericolosi il divieto di smaltimento al di fuori della Regione ove gli stessi sono stati prodotti.
3.- Nel merito, la questione è fondata.
Il titolo di legittimazione legislativa, riguardo alla disciplina afferente allo smaltimento dei rifiuti, è rinvenibile, con riferimento alla Regione Sardegna, nell’art. 4, lettera i), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), il quale dispone che la Regione, in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento interno ed internazionale, nonché entro i principi stabiliti con legge dello Stato, ha competenza legislativa in materia di «igiene e sanità pubblica». Si verte, quindi, in materia in cui, alla luce dello speciale statuto di autonomia, la Regione ha potestà legislativa concorrente.
La competenza primaria nelle materie dell’ «agricoltura» e delle «acque minerali e termali», invocata dalla Regione, non rileva se non come limite esterno, nel senso che tali materie non debbono essere negativamente incise dalla normativa relativa alla gestione dei rifiuti. Si tratta, peraltro, di un’ipotesi che risulta estranea alla questione in oggetto.
Occorre, pertanto, vedere se la disposizione censurata dal Tribunale amministrativo, la quale, come detto, vieta in generale di trasportare, stoccare, conferire o trattare nel territorio sardo, anche al fine di ivi provvedere al loro smaltimento, rifiuti di ogni genere, sia o meno in linea con i principi dettati in materia dallo Stato.
Questa Corte già più volte è intervenuta sui limiti imposti dalla legislazione regionale allo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale, pervenendo sostanzialmente ad una duplice soluzione in relazione alla tipologia dei rifiuti in questione.
Da un lato si è statuito che, alla luce del principio di autosufficienza stabilito espressamente, ora, dall’art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato, affermato dall’art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 22 del 1997, il divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale è applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi; mentre si è, d’altro canto, affermato che il principio dell’autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere per quelli pericolosi - fra i quali sono compresi, fra gli altri, anche gran parte di quelli di origine sanitaria (sentenza n. 281 del 2000) - né per quelli speciali non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001).
Si è, infatti, rilevato che per tali tipologie di rifiuti - pericolosi e speciali (sentenza n. 505 del 2002) - non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l’obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001).
Tanto più che vi è la necessità, per determinate categorie di rifiuti (quali quelli sanitari pericolosi), che lo smaltimento avvenga in strutture specializzate, non presenti in maniera omogenea sul territorio nazionale. Questa constatazione vale a superare le argomentazioni della Regione che tendono a valorizzare il requisito della “prossimità” rispetto a quello della “specializzazione”. E’ evidente, infatti, che l’ordine logico richiede che il requisito della “specializzazione” preceda quello della “prossimità”, posto che solo dopo aver determinato la tipologia dei rifiuti può aversi un quadro della dislocazione degli impianti che trattano del loro smaltimento nel territorio nazionale. Del resto, questa Corte già si è pronunciata nelle sentenze innanzi citate sulla impossibilità che, per le tipologie di rifiuti che esulano dalla “ordinarietà”, sia predeterminato un ambito territoriale ottimale e sulla necessità che lo smaltimento sia effettuato nella maniera più appropriata.
Dalle citate sentenze emerge che il principio dell’autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti urbani ordinari non si applica alle tipologie di rifiuti speciali pericolosi.
Poiché la censurata disposizione, operando una indiscriminata assimilazione di ogni genere di rifiuto di origine extraregionale, ne vieta globalmente l’ingresso nel territorio regionale, anche se, come nel caso in oggetto, finalizzato allo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi, ne deriva il suo contrasto con il principio fondamentale rilevabile nella legislazione dello Stato e, quindi, la sua incostituzionalità.
4.- L’accoglimento della questione con riferimento alla violazione dei limiti fissati alla autonomia legislativa regionale, assorbe la residua censura svolta dal rimettente riguardo alla affermata lesione dell’art. 41 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), nella parte in cui, nel fare «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale», non esclude dall’applicabilità del divieto i rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 2007.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2007.
Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it