AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
(Segnalata da Nicola Giudice)
TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III PENALE,
13 dicembre 2007 , n. 4169
URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione
Siciliana - Art. 25 L.R. n. 22/96 - Programmi costruttivi -Approvazione -
Intervento sostitutivo del commissario ad acta - Presupposti. E’ pur vero
che l’art. 25 della L.R. Sicilia n. 22/96 stabilisce che i Comuni “sono tenuti”
ad approvare i programmi costruttivi (strumenti ad iniziativa privata che, se
approvati, costituiscono ed equivalgono a varianti dei P.R.G.) e che, in caso di
inerzia oltre certi limiti temporali, in loro vece può essere invocato
l’intervento in via sostitutiva di un commissario ad acta all’uopo nominato.
Tuttavia, tale obbligatoria approvazione non viene prevista sic et simpliciter
ma viene condizionata al ricorrere di alcuni ben determinati presupposti: i
programmi costruttivi possono essere approvati anche se ricadenti in zone
destinate a verde agricolo, purchè si tratti di zone vicine al centro abitato e
a condizione che si siano esaurite le aree di espansione già a destinazione
abitativa (“C” o “B”). Sicchè, in presenza di aree con tale destinazione, la
nomina del commissario ad acta deve ritenersi illegittima. Giud. mon. Alcamo -
Imp. Consiglio (avv.ti Mangano e Raimondi) - TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III
Penale, 13 dicembre 2007, n. 4169
URBANISTICA ED EDILIZIA - Programma costruttivo - Obbligo della stipula di
una convenzione tra privato e p.a. - Insussistenza - Sistematica e continuativa
prassi amministrativa - Ragioni. L’obbligo della stipula di una convenzione
tra il privato e la pubblica amministrazione è previsto obbligatoriamente solo
per i c.d. piani di lottizzazione ad iniziativa di privato che costituiscono uno
strumento del tutto diverso dai programmi costruttivi. Nel caso del programma
costruttivo non ricorre un analogo obbligo di legge anche se esiste una
sistematica e continuativa prassi amministrativa che prevede la stipula di
convenzioni anche in questi casi. E ciò, a ben vedere, non senza una logica
spiegazione, atteso che nel caso dei programmi costruttivi esistono una serie di
materie che vanno convenzionalmente regolate tra il privato e l’ente
territoriale, quale, ad esempio, la cessione del diritto di superficie che, come
è noto, va fatta con atto pubblico essendo una cessione di diritto reale minore.
Giud. mon. Alcamo - Imp. Consiglio (avv.ti Mangano e Raimondi) - TRIBUNALE DI
PALERMO, Sez. III Penale, 13 dicembre 2007, n. 4169
URBANISTICA ED EDILIZIA - Avvio dei lavori - Preventivo ottenimento dei pareri
prescritti. Il privato che disponga l’avvio dei lavori deve avere
preventivamente ottenuto tutti i pareri prescritti dalla legge (ad es, parere
igienico sanitario, nulla-osta del Genio Civile e parere del Settore opere e
manutenzioni del locale Comune). Giud. mon. Alcamo - Imp. Consiglio (avv.ti
Mangano e Raimondi) - TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III Penale, 13 dicembre
2007, n. 4169
N. 4169/2007 SENT.
N. 761/2007 G.R.T.
N. 1489/2006 R.G.N.C.
TRIBUNALE DI PALERMO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice Monocratico Dott. Vittorio ALCAMO della Sezione Terza Penale del
Tribunale di Palermo, all’udienza del 7 dicembre 2007, con l’intervento del P.M.
Dott. Marco Bottino, e con l’assistenza del Cancelliere B3 Dott.ssa Rosalia
Greco
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nei confronti di
CONSIGLIO Salvatore, nato a Cammarata (AG) il 2.2.1960, res.te in San Giovanni
Gemini (AG) Via Mantegna 4
Libero /Contumace
Difeso di fiducia dagli Avv.ti Roberto Mangano e Salvatore Raimondi
Parte civile costituita: Legambiente, rappresentata dall’Avv. Fabio Lanfranca
IMPUTATO
Per il reato di cui all’art. 44, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001 perché, quale
committente e legale rappresentante dell’impresa “IACEV S.r.l.”, in violazione
delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, in assenza della prescritta
sottoscrizione della relativa convenzione urbanistica da parte
dell’amministrazione comunale e in assenza del titolo abilitativi richiesto
dalle vigenti leggi urbanistiche, realizzava lavori edilizi abusivi in Palermo -
località Rocca-Mezzomonreale in un’area di mq 51000 ricadente in zona F1
destinata a verde agricolo, consistenti:
- Nella realizzazione di opere di spianamento e sbancamento di terreno per
complessivi mq 9000 circa, tra le quali due ampi scavi di mq 1610 e di mq 2356
circa, entrambi avente la profondità di mq 4,00 circa;
- nella realizzazione di due corpi di fabbrica, il primo con struttura di
fondazione ed un’elevazione f.t. avente struttura in c.a. composta da 23
pilastri e due muri di sostegno in c.a. con solaio di copertura, con superficie
totale di mq. 330 circa; il secondo per una superficie di 330 circa, avente
soltanto l’armatura metallica della fondazione;
così determinando un’illegittima trasformazione della destinazione urbanistica
dell’area a scopo edificatorio.
Accertato in Palermo nel giugno 2004.
Con la recidiva reiterata ed infraquinquennale
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Il PM. chiede la condanna a mesi dieci di arresto ed € 25.000/00 di ammenda,
nonché applicare le pene accessorie come per legge e la confisca.
L’Avv. Lanfranca per la parte civile conclude come da comparsa conclusionale e
nota spese che deposita.
L’Avv. Mangano nell’interesse dell’imputato chiede l’assoluzione con la più
ampia formula liberatoria. Deposita memoria difensiva.
L’Avv. Raimondi si associa alle richieste dell’Avv. Mangano.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con il decreto in atti il Procuratore della Repubblica di Palermo citava a
giudizio innanzi al Tribunale di Palermo in composizione monocratica Consiglio
Salvatore per rispondere del reato di cui in epigrafe (fatto commesso in Palermo
fino al giugno 2004; con la recidiva).
All’udienza del 25.6.2007 si costituiva parte civile, senza alcuna opposizione,
l’associazione “Legambiente”, il P.M. si riportava al capo di imputazione e le
parti chiedevano i rispettivi mezzi di prova.
Il Giudice, pertanto, ammetteva le prove richieste e, nel corso della medesima
udienza, veniva escusso il teste Maone Antonio, all’esito della cui audizione,
su concorde richiesta delle parti veniva revocata l’audizione del teste Farina
al quale le parti rinunciavano.
All’udienza del 17.9.2007 venivano escussi i testi Paleologo Giovanni, Raimondo
Francesco e Bazan Giuseppe e veniva ammessa la produzione di documenti.
Il 27 ottobre successivo, la difesa scioglieva positivamente una riserva su una
produzione documentale richiesta dal P.M. che veniva ammessa, deponeva il teste
Clotta Giovanni e veniva ammessa anche una produzione della difesa.
All’udienza del 16.11.2007 veniva revocata l’ordinanza ammissiva delle prove
nella parte relativa all’esame del teste Zammataro e dello stesso imputato ai
quali le parti rinunciavano.
Quindi venivano dichiarati utilizzabili gli atti e chiusa l’istruzione
dibattimentale, e, dopo un rinvio chiesto per la discussione, all’odierna
udienza il P.M. e la difesa concludevano come da verbale.
Ciò posto, ritiene il Giudice che le risultanze dell’istruzione dibattimentale
consentano di affermare la penale responsabilità dell’imputato in ordine al
reato ascrittogli in rubrica.
La presente vicenda processuale, intrecciandosi inevitabilmente con il
procedimento tuttora in corso davanti all’Autorità Giudiziaria amministrativa e
facendo riferimento ad un lungo ed articolato iter procedimentale, assume
aspetti di particolare complessità.
All’imputato, infatti, viene contestato il reato di cui all’art. 44, lett. c)
del D.P.R. 380/01 per avere, nella sua qualità di amministratore e legale
rappresentante della IACEV s.r.l.”, realizzato, in un terreno destinato a verde
agricolo ed esteso circa 51.000 mq, alcune opere edili:
- in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
- in assenza della prescritta sottoscrizione di una convenzione urbanistica da
parte del locale Comune;
- ed in assenza del prescritto titolo abilitativo.
La complessità della vicenda e del relativo iter burocratico-amministrativo non
deve, tuttavia, far perdere di vista l’obiettivo centrale del presente
accertamento giudiziale.
Il giudice penale, invero, non deve dar luogo ad una riedizione del processo
tuttora in corso presso la competente autorità giudiziaria amministrativa né
deve sostituirsi ad essa ma verificare la sussumibilità della specifica condotta
oggetto della presente contestazione nella individuata fattispecie criminale.
Nell’eseguire tale doveroso compito lo scrivente deve tuttavia certamente
rifarsi alla situazione giuridica e di fatto esistente al momento della condotta
(giugno 2004), senza però sconfinare in ambiti che non gli sono propri, specie
in considerazione della attuale pendenza del correlato processo amministrativo.
La prima verifica che la contestazione impone è connessa alla sussistenza o meno
di una violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici da parte della
IACEV s.r.l.
Quest’ultima, avendo ottenuto un finanziamento ai sensi della legge n. 457/78,
aveva chiesto al Comune di Palermo l’assegnazione di un’area per la
realizzazione di un “programma costruttivo” di circa 150 alloggi con una prima
istanza avanzata il 31.7.2001 che veniva esitata negativamente.
Il 12 dicembre successivo la società avanzava una seconda istanza questa volta
finalizzata ad ottenere l’approvazione di un programma costruttivo sempre di 150
alloggi ma in una zona preventivamente individuata dalla stessa (“Riserva Reale”
in località Rocca).
Anche tale seconda istanza veniva rigettata in quanto in contrasto con le
direttive consiliari di indirizzo del 1999 (la n. 225) che escludeva la
possibilità di realizzare alloggi di edilizia sociale in aree destinate a verde
agricolo e che indicava il centro storico come unica macro-area destinata a tale
scopo.
Orbene, già dall’esame di tale primissima fase del complesso iter in esame
appare evidente come il Comune di Palermo avesse chiaramente espresso la propria
volontà amministrativa, frutto di una precisa scelta di politica urbanistica di
sua stretta competenza.
Non trova, pertanto, conferma la tesi difensiva fondata sulla presunta costante
inanità e comunque sulla unilateralità ed immotivata contrarietà del Comune di
Palermo a qualsiasi iniziativa della società in questione, atteso che l’ente
territoriale, fin dalla fase iniziale, ha chiaramente manifestato le proprie
scelte urbanistiche e lo ha adeguatamente motivate come conseguenza di indirizzi
politico-amministrativi, che non possono essere sostituiti tout court dalla, pur
rilevante, libera iniziativa imprenditoriale privata.
A seguito delle due istanze di cui sopra, la società presentava al Comune
diverse versioni del medesimo programma costruttivo su aree differenti tra loro.
Anche tali iniziative non venivano condivise vuoi perché dapprima ricadenti in
parte in zone demaniali e poi per altre ragioni tecniche.
Con parallela iniziativa, la IACEV con istanza del 28.1.2002 chiedeva
all’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente la nomina di un commissario ad
acta per l’approvazione in via sostitutiva del programma costruttivo.
Alle richieste di chiarimenti dell’Assessorato, il Comune rispondeva in modo
dilatorio ma evidenziando il continuo mutare dell’area di volta in volta
suggerita dal privato, a seguito delle prescrizioni indicate dall’ente medesimo.
Sino a questo momento, dunque, appare evidente come l’insistenza della IACEV nel
cercare di ottenere l’approvazione del suddetto programma costruttivo non
trovasse alcuna sponda nella P.A., posto che ogni soluzione proposta era stata
esaminata e rigettata nel merito del Comune di Palermo con atteggiamento chiaro
ed in equivoco.
La situazione, tuttavia, subiva un sostanziale mutamento allorquando il nominato
commissario ad acta dapprima proponeva (con delibera n. 9 del 7.3.2003) al
Consiglio comunale l’approvazione del programma costruttivo in variante allo
strumento urbanistico e, successivamente all’inerzia del Consiglio protrattasi
per il termine di legge, si sostituiva ad esso emettendo la delibera n. 108 del
23.4.2003 con la quale approvava il programma costruttivo.
A tale proposito, tuttavia, va premesse sin d’ora come il T.A.R., con la
sentenza in atti, abbia dichiarato illegittimo tale provvedimento emesso in via
sostitutiva dal commissario ad acta per le motivazioni desumibili dalla lettura
della citata decisione.
Pur non di meno, la IACEV ha fatto chiaramente leva su tale delibera per
trasformare quella che sino ad ora poteva apparire come una legittima
aspettativa in una vera e propria pretesa almeno dal punto di vista che ci
occupa.
Ed invero, se per un verso deve convenirsi circa la piena legittimità del
ricorso ai c.d. “programmi costruttivi” come strumenti ad iniziativa privata
che, se approvati, costituiscono ed equivalgono a varianti dei P.R.G., per altro
verso deve tenersi conto del complessivo dato normativo richiamato.
Prendendo spunto da leggi precedenti, con la L.R. 22/96 la Regione ha previsto i
programmi costruttivi non più solo come strumento a termine ma entro il solo
limite rappresentato dall’esaurimento dei fondi pubblici destinati alla
realizzazione di interventi abitativi.
Ed è pur vero che l’art. 25 stabilisce che i Comuni “sono tenuti” ad approvare i
programmi costruttivi e che, in caso di inerzia oltre certi limiti temporali, in
loro vece può essere invocato l’intervento in via sostitutiva di un commissario
ad acta all’uopo nominato.
Tuttavia, tale obbligatoria approvazione non viene prevista sic et simpliciter
ma viene condizionata al ricorrere di alcuni ben determinati presupposti.
Per quel che interessa in questo processo, i programmi costruttivi possono
essere approvati anche se ricadenti in zone destinate a verde agricolo, purchè
si tratti di zone vicine al centro abitato e, soprattutto, a condizione che si
siano esaurite le aree di espansione già a destinazione abitativa (“C” o “B”):
Orbene, nel caso in esame, come è stato peraltro evidenziato prima di questo
Giudice dal T.A.R. con la sentenza citata (v. pag. 24), è proprio questo il
punctum dolens.
Al momento dell’adozione della delibera n. 108 - il 23.4.2003 - esisteva una
variante generale al P.R.G. che individuava espressamente alcune aree “C” c.d.
di nuova espansione ed altre aree “B” di completamento.
Si tratta della variante al P.R.G. adottata con D. dir. N. 124 del 13.3.2002
che, proprio in relazione all’aspetto funzionale cui faceva riferimento la
normativa in esame, individuava delle nuove aree di espansione classificate come
“C” e “B”.
Solo all’esaurimento di queste nuove aree il Comune sarebbe stato tenuto ad
approvare il programma di costruzione predisposto dalla IACEV su aree destinate
a verde agricolo.
Ragionando a contrario, atteso che il Comune di Palermo, prima ancora delle
richieste della IACEV aveva indicato diverse aree a destinazione abitativa di
tipo B e C, non era per nulla tenuto ad approvare il programma costruttivo.
Il presupposto legale della nomina del commissario ad acta - l’omessa doverosa
approvazione del programma costruttivo - pertanto non appare, in adesione a
quanto sinora sostenuto dalla giustizia amministrativa, sussistere nel caso di
specie.
Ciò non di meno, l’imputato ha fatto leva proprio su tal provvedimento in via
sostitutiva (poi dichiarato illegittimo dal TAR) per dare avvio al programma
costruttivo ed ai conseguenti lavori, senza neppure fermarsi di fronte ad una
volontà contraria reiteratamente (sia pure talora con notevole e colposo
ritardo) espressa dall’amministrazione e ad un’ordinanza di sospensione dei
lavori.
A giudizio dello scrivente, al momento del fatto di reato in contestazione
(giugno 2004), la situazione giuridica era certamente controversa e passibile di
varie interpretazioni ma non consentiva, neppure sotto il profilo dell’elemento
psicologico del reato, al Consiglio di ritenere legittimamente autorizzati i
lavori che aveva disposto di avviare nella sua qualità di amministratore della
IACEV.
La seconda violazione contestata nel capo di imputazione, come si è detto,
riguarda la mancanza di una convenzione tra la società ed il Comune di Palermo.
Sotto tale profilo la difesa ha avuto certamente ragione nel sostenere che
nessuna normativa statale o regionale stabilisce l’obbligo della stipula di una
convenzione tra il privato che presenta un programma costruttivo e l’ente
comunale.
Tale obbligo è, invero, previsto obbligatoriamente solo per i c.d. piani di
lottizzazione ad iniziativa di privato che, com’è noto costituiscono uno
strumento del tutto diverso dai programmi costruttivi.
Un piano di lottizzazione, cioè, non può considerarsi giuridicamente valido ed
efficace se non è seguito dalla stipula di una convenzione tra il Comune e il
privato proponente, nella quale, come è noto, si convenga la cessione di alcune
aree, gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria etc. etc.
Nel caso del programma costruttivo certamente non ricorre un analogo obbligo di
legge anche se, come confermato anche da alcuni testi, esiste una sistematica e
continuativa prassi amministrativa che prevede la stipula di convenzioni anche
in questi casi.
E ciò, a ben vedere, non senza una logica spiegazione, atteso che nel caso dei
programmi costruttivi esistono una serie di materie che vanno convenzionalmente
regolate tra il privato e l’ente territoriale, quale, ad esempio, la cessione
del diritto di superficie che, come è noto, va fatta con atto pubblico essendo
una cessione di diritto reale minore.
Del resto anche la IACEV ha dimostrato di essere a conoscenza di tale prassi
amministrativa, posto che nel suo programma costruttivo ha per l’appunto
inserito, accento a tutti gli elaborati tecnici, anche uno schema di convenzione
da stipulare con il Comune di Palermo (v. documento in atti al punto 14).
Anche sotto questo profilo, dunque, il Consiglio non poteva certamente ritenere
legittimamente di essere autorizzato ad avviare i lavori, atteso che la
convenzione dallo stesso proposta non solo non era stata sottoscritta dal Comune
ma assai difficilmente lo sarebbe stata in considerazione dell’atteggiamento
costantemente negativo del suddetto ente.
Né può sostenersi - come ha fatto l’imputato nel carteggio in atti - che la
convenzione in parola poteva essere stipulata in un secondo momento, posto che
l’esecuzione dei lavori avrebbe di fatto posto nel nulla il potere contrattuale
della parte pubblica nella stipulando convenzione.
Infine, all’imputato viene contestato il reato sotto un ulteriore profilo
connesso al ricorso alla Denuncia di Inizio Attività (o D.I.A.).
L’argomento si presenta ancora più strettamente tecnico ed autorizza la
formulazione di ipotesi interpretative, ancora una volta, di segno diverso tra
loro.
In sostanza, dall’Accusa si sostiene l’avvio dei lavori in assenza di un valido
titolo abilitativo che, viceversa, la difesa dell’imputato ritiene dell’imputato
ritiene di individuare proprio nella D.I.A.
In effetti l’esame della normativa regionale e statale di riferimento sembra
indurre a ritenere possibile il ricorso alla D.I.A. anche in caso di un
programma costruttivo come quello in esame.
E, del resto, in tal senso si è espresso anche il dirigente comunale Giuseppe
Monteleone, il quale, nella sua qualità di responsabile del settore concessioni
edilizie del locale Comune, ha formulato un parere favorevole alla D.I.A. da
parte della IACEV (si tratta di un documento in data 1.3.2004 prodotto dalla
difesa all’udienza del 25.6.2007).
Sul punto lo scrivente si limita ad osservare come l’accertamento anche di tale
ulteriore profilo non appare decisivo per l’affermazione della penale
responsabilità del Consiglio alla luce delle risultanze sin qui esaminate.
La natura abusiva - al momento del fatto in contestazione - delle opere in
concreto avviate dalla IACEV, invero, emerge aliunde con sufficiente chiarezza e
conducenza.
Pur tuttavia, appare di dover evidenziare come il pur legittimo ricorso alla
D.I.A. non può ritenersi esaustivo ai fini dell’ottenimento del titolo
abilitativo, atteso che il privato che disponga l’avvio dei lavori deve avere
preventivamente ottenuto tutti i pareri prescritti dalla legge (ad es. parere
igienico sanitario, nulla-osta del Genio Civile e parere del Settore opere e
manutenzioni del locale Comune).
Si pensi, infatti, alla situazione obiettivamente inammissibile in cui potrebbe
trovarsi un privato che, dando avvio alla procedura D.I.A. ed iniziando i
lavori, realizzi un’opera asseritamente munita di titolo abilitativo per la
quale intervenga successivamente un parere igienico-sanitario contrario o un
nulla osta negativo da parte del Genio Civile.
Ciò posto in ordine agli aspetti cruciali della presente vicenda processuale,
deve solamente aggiungersi che nessun dubbio ricorre (né è stato sollevato dalla
difesa) circa il titolo di proprietà dell’immobile, la qualifica soggettiva
dell’imputato e la sua veste di committente delle opere in esame.
Sulla base di tali risultanza istruttorie, a giudizio dello scrivente, va
affermata la penale responsabilità dell’imputato in relazione al reato
ascrittogli.
Ed invero, nella deposizione dei testi escussi e dalla copiosa documentazione in
atti è stato sufficientemente dimostrato che il prevenuto ha realizzato o,
comunque, fatto realizzare nel terreno di circa 51.000 mq destinato a verde
agricolo sito in località Rocca-Mezzomonreale e di proprietà della società IACEV
s.r.l. le opere in cemento armato e gli sbancamenti meglio descritti nel capo di
imputazione in violazione dei vigenti strumenti urbanistici, in assenza di una
convenzione con il Comune e del titolo abilitativo.
Quanto all’elemento soggettivo, trattandosi di contravvenzione, è sufficiente la
colpa sicuramente sussistente, in considerazione della ormai universale
conoscenza, salvo eccezioni soggettive da dimostrare da parte di chi ne abbi
interesse, della esistenza di un controllo preventivo, consistente nel rilascio
di autorizzazioni e di concessioni, da parte della pubblica autorità sulla
realizzazione di opere edilizie.
In particolare, si è già evidenziato come, proprio per le suesposte
considerazioni, il Consiglio al momento del fatto non avrebbe potuto
legittimamente ritenere autorizzate le opere che disponeva di avviare.
Ad ogni modo, trattandosi di contravvenzione, quantomeno sotto il profilo della
colpa non pare che possa in alcun modo dubitarsi della sussistenza dell’elemento
psicologico del reato in contestazione.
Sulla scorta di tali sintetiche considerazioni, dunque, va affermata la penale
responsabilità del Consiglio, al quale non possono concedersi le circostanze
attenuanti generiche, in considerazione della sua personalità criminale
desumibile dal certificato penale in atti.
Anzi l’esistenza di detti precedenti deve far ritenere la recidiva così come
contestata dal P.M. nel decreto di citazione a giudizio.
Appare, pertanto, congrua, ex art. 27 co. 3° Cost. ed avuto riguardo ai criteri
oggettivi e soggettivi di cui all’art. 133 c.p. la pena di mesi otto di arresto
e 30.000,00 euro di ammenda, così determinata: pena base mesi sei di arresto e
24.000,00 di ammenda aumentata fino alla suddetta pena finale per effetti della
ritenuta recidiva.
Segue di diritto la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
L’imputato va, inoltre, condannato al risarcimento del danno in favore della
parte civile costituita Legambiente, da determinarsi nella competente sede
civile nonché alla refusione delle spese legali di costituzione e difesa che
liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre I.V.A. e c.p.a. se dovuti come per
legge.
A tale proposito ci si limita a richiamare la costante giurisprudenza della
Corte di legittimità in tema di diritto al risarcimento da parte di associazione
ambientaliste, ed in modo particolare proprio dell’associazione Legambiente, per
reati in materia edilizia che producano danni al territorio ed all’ambiente.
Nel caso in esame, peraltro, risulta agli atti che la suddetta associazione si è
resa parte attiva nel procedimento amministrativo facendo ricorso al T.A.R. e
così sostenendo le ragioni ambientaliste in modo concreto e fattivo.
Ai sensi del disposto di cui all’art. 240 c.p. e 44 e ss. D.P.R. 380/01, va poi
ordinata la confisca di quanto in giudiziale sequestro, ricorrendone le
condizioni di legge.
Sussistendo, invece, i presupposti previsti dagli artt. 163 e ss. c.p. e nella
ragionevole previsione che l’imputato, nonostante l’esistenza dei suddetti
precedenti, si asterrà nel futuro dal commettere ulteriori reati, l’esecuzione
della pena può essere sospesa, per il termine ed alle condizioni di legge.
Ai sensi dell’art. 7 L. 47/85 e succ. mod. va inoltre ordinata la demolizione
delle opere abusivamente realizzate.
Si osserva in proposito che l’ordine di demolizione da parte del giudice ai
sensi della norma citata costituisce atto dovuto in caso di condanna e di
mancata esecuzione della demolizione, senza che vi sia alcun rapporto
alternativo tra esso e l’ordine analogo eventualmente emesso dalla pubblica
amministrazione, trattandosi di misura diretta a rendere ineludibile l’obbligo
della demolizione delle opere abusive.
Infine, stante la relativa complessità della presente fattispecie, lo scrivente
indica, ai sensi dell’art. 544 co. 3 c.p.p., il termine di giorni novanta per il
deposito della motivazione della sentenza.
P.Q.M.
Visti gli articoli di legge in epigrafe, 99 c.p., 533-535 c.p.p.;
DICHIARA
Consiglio Salavtore colpevole del reato ascrittogli e con la recidiva contestata
in atti lo condanna alla pena di mesi otto di arresto e di 30.000,00 euro di
ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Visto l’art. 538 e ss. c.p.p.;
condanna il predetto imputato al risarcimento dei danni in favore della parte
civile costituita “legambiente”, da determinarsi nella competente sede civile
nonché alla refusione delle spese di costituzione e difesa che liquida in
complessivi euro 4.000,00 oltre I.V.A. e c.p.a. se dovuti come per legge.
Visto l’art. 163 c.p.;
ordina sospendersi l’esecuzione della suddetta pena per il termine e alle
condizioni di legge.
Visto l’art. 240 c.p. e 44 e ss. D.P.R. 380/01;
ordina la confisca di quanto in giudiziale sequestro.
visto l’art. 7 ult. co. L. 47/85 e succ. mod.;
ordina la demolizione delle opera abusive meglio descritte nel capo
d’imputazione.
Visto l’art. 544 co.3 c.p.p.;
indica il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione della
sentenza.
Palermo, 7 dicembre 2007
Il giudice monocratico
V. Alcamo
Dep. 13/12/07
Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it