AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Segnalata dall'Avv. Alessandro Palmigiano
TRIBUNALE DI PALERMO Sez. I CIVILE,
Sentenza del 21/02/2007
CONSUMATORI – Attività
giornalistica – Pubblicazione di notizie e immagini senza il consenso
dell’interessato – Limiti. La pubblicazione di notizie ed immagini senza il
consenso della persona cui la notizia si riferisce o cui appartenga l’immagine
pubblicata, è legittima nell’esercizio dell’attività giornalistica, laddove si
conformi alle regole dettate dal codice di deontologia professionale (artt. 1-8)
che specificano e puntualizzano il contenuto ed i limiti del diritto di cronaca.
I diritti alla riservatezza, alla reputazione e alla privacy possono venire
sacrificati nel bilanciamento con il diritto all’informazione garantito
costituzionalmente ed anche a livello europeo dalla direttiva n. 95/46, a
condizione che si rispettino le regole dell’interesse pubblico alla notizia,
della veridicità e della continenza. G.U. Camerata Scovazzo – L.C.S. (avv.
Palmigiano) c. Giornale di Sicilia editoriale poligrafica s.p.a. (avv. Algozzini)
- TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. I civile – 21 febbraio 2007 (C.C. 9.2.2007)
CONSUMATORI – Privacy – L. 675/96, art. 18 – Colpa ex art. 2050 c.c. –
Attività giornalistica - Onere delle prova. La presunzione di colpa prevista
dall’art. 2050 c.c. per gli esercenti attività pericolose, richiamata dall’art.
18 della L. 675/96, comporta che il giornalista, in presenza di un’azione per
danni da illegittimo trattamento di dati personali, deve fornire la prova di
avere fatto di tutto per evitare il danno. G.U. Scovazzo – L.C.S. (avv.
Palmigiano) c. Giornale di Sicilia editoriale poligrafica s.p.a. (avv. Algozzini)
- TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. I civile – 21 febbraio 2007 (C.C.
9.2.2007)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PALERMO
Sez. I civile
In persona del Giudice Unico dr.
Rocco Camerata-Scovazzo
In Camera di Consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
Nel procedimento civile iscritto al n° 14302 del R.G. Affari Contenziosi
dell’anno 2001 promosso
da
Lo Cascio Sonia, nata a Palermo il 28/2/66, rappresentata e difesa dall’avvocato
Alessandro Palmigiano, giusta procura in calce all’atto di citazione, ed
elettivamente domiciliata presso il suo studio in Palermo, via Riccardo Wagner,
9- attrice
Contro
La società “Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica” S.P.A., con sede in
Palermo Via Lincoln, 21, in persona del legale rappresentante dottor Antonio
Ardizzone, rappresentato e difeso – giusta procura generale alle liti delle
22/4/1991 notaio E. Rocca- dall’Avvocato Alessandro Algozzini, presso il cui
studio in Palermo, Via Duca della Verdura, è elettivamente domiciliata –
convenuta
Conclusioni delle parti:
per l’attrice:
Piaccia al Tribunale
Ritenere e dichiarare che il Giornale di Sicilia-Editoriale Poligrafica S.P.A,
in persona del suo legale rappresentante pro tempore, in relazione ai fatti
specificati in premessa, ha leso il diritto della riservatezza, nonché la
privacy e la reputazione della signora Sonia Lo Cascio ed il suo diritto al
rispetto della propria vita privata.
Ritenere e dichiarare che il Giornale di Sicilia-Editoriale Poligrafica S.P.A.,
in persona del suo legale rappresentante pro tempore, sempre in relazione ai
fatti specificati in premessa, ha pubblicato la fotografia, il cognome, dati
personali e familiari della signora Sonia Lo Cascio senza che questa l’abbia mai
autorizzato ed arrecandole pregiudizio.
Ritenere e dichiarare che il Giornale di Sicilia ha pubblicato interviste non
autorizzate della signora Sonia Lo Cascio con dichiarazioni non vere.
Ritenere e dichiarare che il contenuto di tutti e/o alcuni degli articoli
menzionati in premessa e pubblicati da “Il Giornale di Sicilia” diffamano la
signora Sonia Lo Cascio.
In conseguenza di tutte o di alcune delle superiori statuizioni, condannare il
Giornale di Sicilia, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a
rilasciare a Sonia Lo Cascio il danno subito, da valutarsi anche in via
equitativa, determinato in € 325.367,83( £. 630 milioni).
Inoltre inibire al Giornale di Sicilia, in persona del suo legale rappresentante
pro tempore, per il futuro, la pubblicazione delle fotografie, cognome ed altri
dati personali e familiari relativi alla signora Sonia Lo Cascio.
Con vittoria di spese, competenze, rimborso forfettario ed onorari.
Per la convenuta:
Piaccia al Tribunale
Dichiarare infondate, e dunque rigettare le domande – istruttorie e di merito –
spiegate dalla attrice, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle
spese del giudizio
Fatto e Svolgimento del Processo
Con atto di citazione notificato il
14/2/2001, la signora Lo Cascio Sonia convenne innanzi a questo tribunale il
Giornale di Sicilia (d’ora in poi il quotidiano) per conseguire il risarcimento
dei danni subiti in seguito alla pubblicazione di alcuni articoli sotto le date
25,26 e 27 ottobre del 2000 nonché successivamente nel gennaio e nell’ottobre
2001. L’attrice lamentava che con i detti articoli si era lesa la sua
reputazione, il suo diritto all’immagine, il suo diritto al nome, la sua
privacy. Più in particolare era avvenuto che ella era stata nominata giudice
popolare presso la Corte d’Assise di Palermo ma che, successivamente alla sua
nomina, era stato accertato casualmente che ella aveva intrattenuto una
relazione sentimentale con il latitante Nangano Francesco, condannato
all’ergastolo. In seguito a tale notizia si era mobilitato il P.M. ed il
Presidente della Corte d’Assise e solo dietro le inesistenti pressioni di
costoro la Lo Cascio aveva rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico
anzidetto. Della notizia si era impadronita la stampa nazionale e locale, ed in
particolare il quotidiano della società convenuta che aveva pubblicato un
articolo il 25 ottobre 2000, con il quale aveva divulgato la notizia senza però
dare il nome o altri particolari che valessero ad identificare la Lo Cascio. Con
successivi articoli, pubblicati il 26 ed il 27 ottobre il quotidiano fornì
invece numerosi particolari sulla vita privata della attrice divulgandone nome,
cognome, professione e fotografia, nonché indizi atti ad identificare il suo
domicilio estivo e giungendo a pubblicare il testo di un’intervista da lei mai
concessa.
In seguito al clamore sollevato dalla serie di articoli che la riguardavano la
Lo Cascio fu costretta a dimettersi, perse alcune occasioni lavorative, fu
guardata con sospetto da conoscenti e vicini che evitarono di frequentare lei o
i suoi figli.
Conseguentemente, l’attrice chiese la condanna della società convenuta
proprietaria del quotidiano, al risarcimento dei danni subiti in seguito alla
campagna diffamatoria di cui era stata oggetto.
Si costituì la società proprietaria del quotidiano e dedusse l’infondatezza
delle domande proposte nei suoi confronti. Da un canto sostenne di non avere in
alcun modo leso i diritti dell’attrice, in ogni caso eccepì di avere agito in
esercizio del diritto di cronaca.
Nel corso del giudizio venne esperito l’interrogatorio formale delle parti
reciprocamente chiesto e vennero escussi i rispettivi testi, venne altresì
acquisita la documentazione prodotta dalle parti.
In esito all’istruzione della causa, all’udienza del 28 luglio 2006 i
procuratori delle parti precisarono le rispettive conclusioni, come sopra
trascritte, ed il sottoscritto G.U. trattenne la causa in deliberazione
assegnando alle parti i termini di cui all’art. 190 c.p.c.
MOTIVI
L’azione della sig.ra Lo Cascio, per la verità a largo raggio, è diretta a far
valere la responsabilità della società proprietaria del quotidiano per le
lesioni ai suoi diritti della personalità assertamente perpetrate con la serie
di articoli che si andrà ad esaminare di seguito e che riguardano
specificatamente:
1) il diritto al nome, utilizzato dal quotidiano senza alcun consenso da parte
sua;
2) il diritto all’immagine, per la pubblicazione di una foto senza il suo
consenso;
3) il diritto alla riservatezza, per la diffusione di vicende strettamente
personali e familiari;
4) il diritto alla reputazione, per essere stata accostata alle donne “di
mafia”;
5) la violazione della legge sulla privacy, in quanto nell’articolo erano stati
forniti particolari del tutto indifferenti all’economia della notizia giacché
era del tutto superflua la divulgazione dei suoi dati personali ed in
particolare: del nome, cognome, foto e dati familiari, il che violerebbe il
principio della pertinenza stabilito dall’art. 9 della legge. Sotto altro
aspetto la medesima legge sarebbe stata violata in relazione al principio
dell’essenzialità;
6) violazione dell’art. 6n della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea, laddove stabilisce che ogni persona “ha diritto al rispetto della
propria vita privata e familiare”.
7) Sostenne poi l’attrice che nel caso in specie non ricorrerebbero gli estremi
del diritto di cronaca, in quanto risulterebbero violati i principi della verità
della notizia, (giacché molte delle notizie diffuse non erano vere), della
continenza (in quanto vennero forniti particolari del tutto superflui per la
notizia,), e l’interesse pubblico della notizia (inteso come pubblica utilità
della divulgazione, da non confondersi con la semplice curiosità). A tal
proposito la attrice denunciò l’illegittimità della riproposizione dei medesimi
fatti con gli articoli del gennaio e dell’ottobre 2001.
A sua volta la convenuta ha dedotto di avere agito nell’esercizio del proprio
dritto di cronaca giudiziaria. Quanto alla continenza formale ha fatto richiamo
al principio che il testo di un articolo di cronaca non può essere asettico e
privo di qualsiasi incisività ed efficacia. Quanto alla pubblicazione della foto
dell’attrice ha fatto appello agli artt. 96 e 97 l. 22.4.1941 n. 633.
Fece rilevare altresì che la Lo Cascio non chiese mai alcuna rettifica.
*************
Innanzitutto va ricostruito il percorso normativo della tutela della personalità
che si è ampliato progressivamente con l’introduzione della legge n. 675/96
(sulla privacy) che vieta la divulgazione di dati personali, salve le deroghe
previste dall’art. 25 comma 1 di seguito trascritto:
ART. 25 (TRATTAMENTO DI DATI PARTICOLARI NELL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI
GIORNALISTA).
1. salvo che per i dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale,
il consenso dell’interessato non è richiesto quando il trattamento dei dati di
cui all’articolo 22 è effettuato nell’esercizio della professione di giornalista
e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità, nei limiti del diritto
di cronaca, ed in particolare dell’essenzialità dell’informazione riguardo a
fatti di interesse pubblico, al medesimo trattamento, non si applica il limite
previsto per i dati di cui all’articolo 24, nei casi previsti dal presente
comma, il trattamento svolto in conformità del codice di cui ai commi 2 e 3 può
essere effettuato anche senza l’autorizzazione del garante.
L’attività del giornalista tuttavia non è svincolata da regole giacché il
giornalista, deve attenersi alle regole dettate dal codice deontologico cui
fanno riferimento i successivi commi del citato articolo:
2. il garante promuove, nei modi di cui all’articolo 31, comma 1, lettera h),
l’adozione, da parte del consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, di un
apposito codice di deontologia relativo al trattamento dei dati di cui al comma
1 del presente articolo, effettuato nell’esercizio della professione di
giornalista, che preveda misure ed accorgimenti a garanzia degli interessati
rapportate alla natura dei dati, nella fase di formazione del codice, ovvero
successivamente, il garante prescrive eventuali misure e accorgimenti a garanzia
degli interessati, che il consiglio è tenuto a recepire.
3. ove entro sei mesi dalla proposta del garante il codice di deontologia di cui
al comma 2 non sia stato adottato dal consiglio nazionale dell’ordine dei
giornalisti, esso è adottato in via sostitutiva dal garante ed è efficace sino
alla adozione di un diverso codice secondo la procedura di cui al comma 2, in
caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia, il
garante può vietare il trattamento ai sensi dell’articolo 31, comma 1, lettera
1).
Si riportano di seguito le disposizioni del codice deontologico dei Giornalisti
che appaiono rilevanti per la decisione:
Art. 1. Principi generali
1. Le presenti norme sono volte a contemperare i diritti fondamentali della
persona con il diritto dei cittadini all’informazione e con la libertà di
stampa.
2. In forza dell’art. 21 della Costituzione, la professione giornalistica si
svolge senza autorizzazioni o censure. In quanto condizione essenziale per
l’esercizio del diritto-dovere di cronaca, la raccolta, la registrazione, la
conservazione e la diffusione di notizie su eventi e vicende relative a persone,
organismi collettivi, istituzioni, costumi, ricerche scientifiche e movimenti di
pensiero, attuate nell’ambito dell’attività giornalistica e per gli scopi propri
di tale attività, si differenziano nettamente per la loro natura dalla
memorizzazione e dal trattamento dei dati personali ad opera di banche –dati o
altri soggetti. Su questi principi trovano fondamento le necessarie deroghe
previste dai paragrafi 17 e 37 e dall’art. 9 della direttiva 95/46/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del 24 ottobre 1995 e
dalla legge n. 675/1996.
Art. 2: Banchedati di uso redazionale e tutela degli archivi personali dei
giornalisti
1. Il giornalista che raccoglie notizie per una delle operazioni di cui all’art.
1, comma 2, lettera b), della legge n. 675/1996 rende note la propria identità,
la propria professione e le finalità della raccolta, salvo che ciò comporti
rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l’esercizio della
funzione informativa; evita artifici e pressioni indebite. Fatta palese tale
attività, il giornalista non è tenuto a fornire gli altri elementi
dell’informativa di cui all’art. 10, comma 1, della legge n. 675/199.
………………………..
Art. 3.Tutela del domicilio
1. La tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai
luoghi di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e
dell’uso corretto di tecniche invasive.
Art. 4 Rettifica
1.Il giornalista corregge senza ritardo errori e inesattezze, anche in
conformità al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.
……………….
Art. 6. Essenzialità dell’informazione
1. La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non
contrasta con il rispetto della sfera privata quando l’informazione, anche
dettagliata, sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della
relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della
qualificazione dei protagonisti.
2. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve
essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo
o sulla loro vita pubblica.
3. Commenti e opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione
nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a
tutti.
Omissis…
Art. 8. Tutela della dignità delle persone
1. Salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o
pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive
della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che
ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine.
Quanto infine all’immagine la tutela è affidata alla legge 22 aprile 1941 n. 633
ed in particolare dall’ art.
art. 96. - il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo
in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo
seguente . . . omissis.
art. 97 – non occorre il consenso della persona ritrattata quando la
riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio
pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici,
didattici o colturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti,
avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
- il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando
l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onere, alla reputazione
od anche al decoro della persona ritrattata.
In definitiva dunque, la pubblicazione di notizie ed immagini senza il consenso
della persona cui la notizia si riferisce o cui appartenga l’immagine
pubblicata, è legittima nell’esercizio dell’attività giornalistica, laddove si
confermi alle regole dettate dal codice di deontologia professionale sopra
trascritte, che specificano e puntualizzano il contenuto ed i limiti del diritto
di cronaca.
Più in particolare si osserva che la diffusione di notizie e dati personali da
parte del giornalista sono soggetti all’interesse pubblico della notizia, alla
sua veridicità ed alla essenzialità della notizia. La raccolta dei dati da
diffondere (nel caso in specie intervista) è soggetta alle regole di cui al
sopra trascritto art. 2.1 allo scopo di evitare che vengano rilasciate
dichiarazioni da parte dell’intervistato senza conoscere l’identità
dell’intervistatore. Infine, ai sensi dell’art. 18 1. 675/96, vale la
presunzione di colpa prevista dall’art. 2050 c.c. per gli esercenti attività
pericolose, sicché, il giornalista, in presenza di un’azione per danni da
illegittimo trattamento di dati personali, deve fornire la prova di avere fatto
di tutto per evitare il danno.
= = = = = = =
Passando al merito, il nucleo essenziale della vicenda è costituito dal fatto
che:
- la Lo Cascio, giudice popolare presso la Corte d’Assise, era (o era stata sino
a data recente) legata sentimentalmente al latitante condannato all’ergastolo
Nangano Francesco;
- tale notizia era nota alle autorità di Polizia ma non alle autorità
giudiziarie malgrado la Lo Cascio avesse subito una perquisizione;
- infine la Lo Cascio si dimise solo dietro le pressioni del Presidente della
Corte di Assise.
Tali fatti sono pacifici tra le parti.
Sull’episodio vi furono numerosi e svariati commenti sia da parte della
televisione che da parte della stampa, oltre che locale anche nazionale – anche
questo è dato per pacifico.
Va adesso esaminato il contenuto e la forma degli articoli pubblicati dal
Giornale di Sicilia nei giorni 24, 25 e 26 ottobre per accertare se tali
articoli siano in tutto o in parte lesivi dei diritti della personalità della Lo
Cascio sopra elencati, se gli stessi siano o meno conformi alle normative
dettate in materia di tutela dei dati personali, e se il quotidiano si attenne
alle regole dettate per corretto servizio del diritto d’informazione a tutela
dei diritti della personalità.
A tal riguardo va ricordato che la difesa del quotidiano, che ha esaminato in
comparsa conclusionale compiutamente tutti gli articoli pubblicati dal
quotidiano, ha chiesto anche l’acquisizione dell’intera pagina non prodotta
dall’attrice, richiesta che è del tutto superflua giacché la pagina del 26
ottobre è stata per intero prodotta e consente di trarre una esaustiva
valutazione dei fatti. Parimenti superflua appare l’acquisizione di atti
processuali riguardanti il Nangano ed in particolare della/e sentenza/e con cui
lo stesso venne condannato, come del tutto ininfluente, peraltro, si rivela la
sentenza di definitiva assoluzione del Nangano prodotta dall’attrice ed
intervenuta solo diversi anni dopo la vicenda per cui è processo, giacché, come
si è detto alla data dei fatti il Nangano era un latitante condannato alla pena
dell’ergastolo e la Lo Cascio era a lui sentimentalmente legata (la stessa ha
asserito ma non dimostrato che la sua relazione si era interrotta da tempo) e
ricopriva l’incarico di Giudice Popolare.
Esaminando gli articoli prodotti, si rileva che il primo e cioè quello del 25
ottobre 2000 fornì la notizia senza aggiungere il nome della Lo Cascio,
specificando che ella aveva subito una perquisizione domiciliare mesi prima ed
aveva dichiarato ai poliziotti in quell’occasione di essere innamorata del
Nangano.
Il 26 ottobre i quotidiano riempie ben due pagine per intero sulla vicenda,
nella pagina 26, in un articolo intitolato “L’amore con il latitante – Il
Presidente <no a quella giurata>.” Sormontato da un occhiello nel quale si
legge: Interrogata in procura Sonia Lo Cascio, 34 anni, la giudice popolare
legata a un boss <non so dove sia>. Ma Guarnotta (il Presidente) insiste <deve
rinunciare>. In tale articolo la vicenda viene nuovamente puntualizzata e
riassunta, con l’aggiunta che la Lo Cascio aveva seguito il procedimento penale
contro il Nangano ed aveva anche progettato iniziative difensive in suo favore.
Più intrigante l’articoletto di spalla su una colonna intitolato “Un’avventura?
No è l’uomo della mia vita” e sormontato da un occhiello ove si legge “Parla la
donna di S. Flavia” In tale articolo vengono forniti particolari sulla casa
della Lo Cascio una casa di “S. Flavia al secondo piano di una bassa costruzione
color ocra, in un vasto complesso di ville e casette affacciate su una stradina
privata che parte dalla statale e giunge sino al mare”…”poi ha percorso a passo
svelto i centocinquanta metri che dividono la sua abitazione dalla statale 113”.
“Alta, bruna, occhi neri, Sonia, separata, madre di due bimbi”
L’articolo poi prosegue con l’interpolazione di alcune frasi della Lo Cascio che
si possono rinvenire nell’Agenzia Ansa del 25 ottobre, prodotta dalla convenuta
e cioè <<Sonia , …racconta i dettagli della sua storia d’amore con Francesco
Nangano: “l’ho conosciuto nel 1997, era mio vicino di casa.
Mi è stato accanto nei momenti più brutti della mia vita. Ci siamo conosciuti a
poco a poco, così come è cresciuta la nostra passione. Questa non è una
storiella passeggera è l’uomo della mia vita. Adesso mi accorgo che, più se ne
parla, più mi sento legato a lui”. E ricorda:”mi ha colpito il suo sguardo
profondo, la sicurezza che mi dava. Solo dopo averlo conosciuto, sono venuta a
sapere che aveva problemi con la giustizia. Ma l’amore ormai aveva attraversato
il mio cuore”. Assicura che non lo incontra da quando si è dato alla macchia,
quindi giura sull’innocenza del suo uomo: “è vittima di una macchinazione
giudiziaria”. E aggiunge: “sono certa che i suoi problemi giudiziari saranno
risolti al più presto, la giustizia trionferà sulle accuse perché è innocente.
Lui è vittima di una vendetta personale, ed è strano che la sua condanna sia
arrivata solo di elusivamente in base alle dichiarazioni di un solo pentito, le
cui accuse non sono state riscontrate”.
Poi torna a battere sull’argomento che l’assilla, la sua affidabilità come
giudice popolare e assistente sociale; “in passato non ho mai avuto problemi con
la giustizia, mai una denuncia, mai un procedimento. Sono sempre stata corretta
nel rispetto delle regole sociali”. No questo frastuono non se lo aspettava
proprio. E non lo capisce”>>.
La forma virgolettata in cui vengono riportate le frasi ed il riferimento sopra
fatto alla presenza della Lo Cascio nella sua abitazione in S. Flavia inducono
il lettore nella convinzione che le frasi ivi riportate siano state pronunciate
dalla Lo Cascio nel corso di un’intervista, e tuttavia è stato provato a mezzo
della teste Cuppari che la Lo Cascio dal 24 al 26 ottobre non era a S. Flavia
bensì ospite della Cuppari in Palermo, Corso Pisani. Di rilievo appare dunque
che alla Lo Cascio siano state messe in bocca frasi che non vennero raccolte nel
corso di un’intervista autorizzata, facendole invece apparire come pronunciate
nel corso di un’intervista. A tal proposito peraltro la Lo Cascio ha negato di
avere pronunciato quelle frasi.
Altro riferimento alla vicenda viene fatto nell’articolo in fondo alla pagina
intitolato “Nangano da vent’anni in carriera”, ove si legge: Adesso il suo nome
è tornato in prima pagina per via di quella storia d’amore con l’assistente
sociale nominata giudice popolare in un processo, per via di un caso in cui le
ragioni della giustizia si scontrano con quelle del cuore”
Nella successiva pagina 27 della vicenda si parla nell’intervista rilasciata dal
P.M. d.ssa Picozzi, e nell’articolo centrale intitolato: I Boss, le donne: così
cambia la <famiglia>. Nel quale si legge:
“…Già la donna nella <famiglia> doveva essere una di loro, non avere alcuna
parentela con gente legata in qualche modo alle forze dell’ordine. I picciotti
di Cosa Nostra lo sapevano. Ora, invece, c’è persino chi ha una love story con
una donna giudice popolare, com’è accaduto al mafioso latitante Francesco
Nangano”. In tale articolo vengono tracciate le biografie di tutte le moglie dei
capimafia più famosi e cioè Ninetta Bagarella, Vincenzina Marchese e Grazia
Minniti, di cui vengono pubblicate le fotografie unitamente ad una fotografia
più grande di Masino Buscetta insieme alla sua famiglia.
Infine nell’articolo in fondo alla pagina intitolato “In camera di consiglio con
l’uncinetto” e sormontato da uno occhiello con la dicitura <I giudici popolari.
Fedina penale pulita, licenza media, “provati requisiti morali”: come si fa a
sedere in corte d’assise.> si può leggere: <la procedura per indossare la fascia
tricolore e giudicare i crimini più efferati è piuttosto farraginosa….Ci vuole
una fedina penale immacolata, poi la licenza media… e … soprattutto “provati
requisiti morali”. In cosa consistano i provati requisiti morali non è del tutto
chiaro, ma probabilmente non è previsto il fidanzamento con un ergastolano
latitante>. Ivi si legge ancora <un paio di episodi sono stati clamorosi come
quello dell’assoluzione in appello di Giuseppe Mandalà, ovvero il killer
dell’asilo… omissis. Ma i giurati, in appello, assolsero Mandalà. Si parlò di
uno scontro al vetriolo fra i giudici togati e quelli popolari, che suscitò
perfino un’inchiesta della procura di Caltanissetta. Alla fine a scrivere la
sentenza furono proprio i giurati. Perché il presidente e i due giudici a latere
si dissociarono apertamente dalla decisione.
Altra sentenza “suicida” fu una di quelle (sette in tutto) sull’omicidio del
capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Imputati, nomi “pesanti” di Cosa
Nostra, … Anche in quel caso si parlò di pressioni e “avvicinamenti” dei giudici
popolari>.
Nei due articoli che si sono sopra in parte trascritti emerge, quanto al primo,
evidente l’accostamento tra la Lo Cascio e “Le donne di mafia” ivi raffigurate,
sottolineandone il dato comune di essere tutte legate a criminali mafiosi.
Nell’articolo invece riguardante i giudici popolari si pone in risalto
l’interrogativo su quali requisiti morali può avere un giurato legato
sentimentalmente ad un latitante, in accostamento con episodi in cui vennero
sospettate infiltrazioni mafiose nelle giurie popolari.
L’articolo del successivo giorno 27 ottobre fornì la notizia che la Lo Cascio si
era dimessa dall’incarico di Giudice Popolare. E tuttavia l’articolo è
sormontato da una foto che ritrae la Lo Cascio, foto che pur essendo alquanto
sfocata è del tutto riconoscibile.
Tale foto era stata pubblicata anche nel primo degli articoli del 26 con la
dicitura <immagini di studio aperto>.
Quanto poi all’articolo del 6 ottobre 2001 intitolato “associazione mafiosa,
Nangano assolto in appello”. Sormontato da un occhiello ove si legge: “otto anni
in primo grado. È condannato all’ergastolo per omicidio e in un altro processo”,
si osserva che in tale articolo viene riassunta nuovamente la vicenda con la Lo
Cascio a proposito dell’assoluzione del Nangano. E tuttavia lungi dall’essere un
mero accenno, la vicenda stessa costituisce il corpo dell’articolo – che è
composto da quattro colonne di cui circa due sono occupate dall’episodio Lo
Cascio.
Ebbene, come si è visto, le doglianze della Lo Cascio si appuntano su diversi
elementi degli articoli sopra riassunti ed in particolare sulla violazione del
suo diritto al nome, all’immagine, alla riservatezza, alla reputazione, alla
privacy ed all’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e
della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. La disamina degli articoli non
consente di dubitare che effettivamente la Lo Cascio abbia subito lesione al
diritto alla riservatezza (con la pubblicazione delle frasi riferentisi ad
un’intervista non rilasciata), alla reputazione (con accostamenti anche in
riferimento a tale intervista a donne organiche alla mafia), alla privacy (con
la divulgazione di notizie concernenti il suo aspetto fisico, la composizione
del suo nucleo familiare, la sua condizione di separata, il suo indirizzo, la
sua professione). Anche il diritto al nome ed all’immagine della Lo Cascio – sia
pur con la scriminante di cui in seguito – subì lesione.
Tuttavia tali diritti puntualmente elencati dall’attrice possono venire
sacrificati nel bilanciamento con il diritto all’informazione garantito
costituzionalmente ed anche a livello europeo dalla direttiva n. 95/46, a
condizione che si rispettino le note regole dell’interesse pubblico alla
notizia, della veridicità e della continenza.
Quanto al primo dei tre suddetti elementi, il fatto appare indubbiamente di
particolare rilevanza giacché, pur riconoscendo all’attrice di non aver commesso
alcun reato, indubbiamente si configurava un sospetto di contiguità di elementi
mafiosi con appartenenti ad organi dello Stato, sicché non poteva non essere
trattato e seguito sino alla sua conclusione, coincidente con le dimissioni
della Lo Cascio, con la rilevanza e l’approfondimento che meritava la vicenda.
Viceversa, nel caso in specie, risultano assenti sia la veridicità (per quanto
si chiarirà di seguito) che la continenza.
Quanto alla veridicità, il Giornale di Sicilia pubblicò un articolo con frasi
apparentemente provenienti da un’intervista rilasciata dalla Lo Cascio – ciò è
dimostrato senza alcun dubbio dal fatto che tali frasi sono virgolettate.
L’attrice invece non solo ha smentito tale intervista, ma anche di avere
pronunciato tali frasi dal contenuto riservato e personalissimo riguardanti i
suoi sentimenti per il Nangano, ed il quotidiano non è stato in grado di provare
che ella le avesse pronunciate e men che meno che le avesse pronunciate nel
corso di un’intervista regolarmente autorizzata. A nulla rileva al riguardo che
l’Agenzia Ansa aveva divulgato in data 25 ottobre le medesime frasi riportate
nell’articolo del 26 sopra trascritto, giacché non è specificato in alcun modo
nei dispacci – prodotti dalla convenuta – dove e come vennero pronunciate le
frasi suddette attribuite alla Lo Cascio. Sicché, data la vaghezza della notizia
incombeva all’articolista accertarsi della sua autenticità, e non colmare tale
lacuna con riferimenti puramente fantastici alla presenza della Lo Cascio nella
propria abitazione di S. Flavia. Appare dunque violata la regola della
veridicità della notizia, in relazione al diritto alla riservatezza, con
l’attribuzione alla Lo Cascio di frasi di contenuto strettamente personale che
la stessa nega di avere pronunciato e men che meno autorizzato.
Quanto poi alla continenza, che nel codice deontologico viene definita come
Essenzialità, anche tale limite, appare decisamente violato. Infatti, dall’esame
panoramico della attività giornalistica messa in campo dal quotidiano in
relazione alla vicenda della Lo Cascio emerge una indiscutibile complessiva
violazione della regola dell’essenzialità della notizia, che, per quanto diluita
in diversi articoli, tuttavia contribuisce nel suo insieme: a) alla
identificazione del nucleo familiare della Lo Cascio, b) della sua abitazione,
c) del suo aspetto fisico, e, d) da ultimo alla sua immagine. Elementi tutti,
composti a guisa di <puzzle> negli articoli che vennero pubblicati sul
quotidiano il 26 ottobre e reiterati il 27 successivo e, a quasi un anno di
distanza, il 6 ottobre 2001, in cui ogni volta si ricordò, del tutto
gratuitamente, che la Lo Cascio era alta, bruna, separata, madre di due figli,
aggiungendo particolari irrilevanti ai fini della incisività dell’articolo sulla
relazione della Lo Cascio con il Nangano. Tale reiterazione di articoli, tutti
sulla medesima vicenda, appaiono convergenti a fornire particolari del tutto
superflui sulla persona della Lo Cascio, come appunto il suo aspetto fisico, il
suo stato civile, la composizione del suo nucleo familiare, e la sua abitazione
e costituiscono una vera e propria <gogna mediatica> assolutamente in contrasto
con le regole di deontologia professionale che si sono sopra trascritte giacché
non essenziali alla notizia, anzi, fornendo elementi superflui e reiterando la
notizia, accostando il nome della Lo Cascio a quelli di altre donne legate ad
esponenti della mafia, ne guastarono la reputazione (diritto della personalità),
propalandone l’immagine di fiancheggiatrice della mafia.
In conclusione dunque poiché nella lesione del diritto alla reputazione e alla
riservatezza il quotidiano di proprietà della società convenuta ha travalicato
dai limiti imposti al diritto di cronaca, questa ultima va condannata al
risarcimento del danno subito dall’attrice.
Quanto alle concorrenti domande del diritto all’immagine tutelato dall’art. 96
l. 633/41 e del diritto al nome, il cui esame va effettuato per le statuizioni
richieste di divieto di ulteriore utilizzo. Si osserva che le disposizioni
invocate non appaiono violate, giacché l’art. 96 consente la pubblicazione di
foto di persone che rivestono incarichi pubblici e l’art. 7 del c.c. non appare
violato perché la pubblicazione del nome della Lo Cascio avvenne nell’esercizio
del diritto di cronaca.
***********
Quanto alla liquidazione del danno, la attrice ha prodotto diversi decreti di
revoca di incarico di tutore o curatore di interdetti, assumendo che le revoche
fossero il frutto della campagna mediatica cui la convenuta società l’aveva
sottoposta. Tale prospettazione è erronea e va quindi respinta. Le revoche, come
emerge dalla motivazione dei provvedimenti traggono origine dal venir meno del
rapporto di fiducia con il Giudice Tutelare in seguito all’apprendimento della
notizia della relazione dell’attrice con il Nangano, a nulla rilevando i termini
– più o meno coloriti – in cui venne fornita la notizia, vera nel proprio nucleo
ontologico, che la Lo Cascio intratteneva una relazione sentimentale con il
Nangano.
Del pari i danni dalla stessa vantati per non aver potuto fare parte di una
compagine sociale e causa della notorietà della vicenda, appaiono in primo luogo
vaghi e, in secondo luogo, non decisamente legati alle modalità in cui venne
divulgata la notizia da parte del Giornale di Sicilia, dato che la notizia in sé
era di pubblico dominio.
I danni patiti dall’attrice si limitano dunque ai danni morali che si liquidano
equitativamente, in relazione alla diffusione del quotidiano (vale ricordare che
il direttore amministrativo al riguardo affermò che le copie vendute del
quotidiano in quei giorni si aggirarono intorno alle 70.000) ed alla
reiterazione del fatto, nonché alla condotta della attrice stessa che omise di
chiedere una rettifica quantomeno della parte riguardante la sua intervista.
Appare dunque equo determinare il danno in complessivi € 25.000,00, in moneta
odierna. Su tale importo vanno calcolati gli interessi legali, per il cui
calcolo occorre procedere alla devalutazione dell’importo medesimo alla data del
fatto – identificata tale data con il 27 ottobre 2000 e sulla somma così
ottenuta di € 21.609,95, andranno calcolati gli interessi legali pari ad €
4.683,21. La convenuta va pertanto condannata al pagamento in favore
dell’attrice della complessiva somma di € 29.683,209 arrotondata ad € 29.683,00.
Ad ulteriore risarcimento del danno la società convenuta va condannata alla
pubblicazione per estratto della presente sentenza secondo quanto stabilito in
dispositivo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano – calcolata l’attività effettuata
ante il 2 giugno 2004 – come segue
Dir. Ant.
2.6.5004 On. Ante 2.6.2004 Spese gen. 10% Dir. Post. 2.6.2004 On. Post 2.6.2004
12,5%
919,22 1.622,97 254,23 369,00 1.630,00 504,03
E quindi in complesso € 5.081,55 oltre ad € 312,44 per spese, e pertanto in
totale € 5.393,88.
P. Q. M.
Il Tribunale di Palermo
In Persona del Giudice Unico dr. Rocco Camerata - Scovazzo
Disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando
sulle domande proposte da Lo Cascio Sonia nei confronti della Società “Giornale
di Sicilia Editoriale Poligrafica” S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, con atto di citazione notificato il 14 febbraio 2001, condanna la
Società “Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica” S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore di Lo Cascio Sonia
dell’importo di € 29.683,00.
Condanna la Società “Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica” S.P.A. a
pubblicare entro il termine di mesi tre estratto della presente sentenza
contenente l’epigrafe (comprese le rispettive conclusioni delle parti) ed il
dispositivo, sui quotidiani “Il Giornale di Sicilia “ e “La Repubblica”.
Condanna la Società “Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica” S.P.A., in
persona del legale rappresentante pro tempore alla rifusione in favore di Lo
Cascio Sonia delle spese del presente procedimento come sopra liquidate in €
5.393,88 oltre I.V.A. e C.P.A..
Così deciso in Palermo il 9 febbraio 2007
Il Cancelliere
Il Giudice Unico
F.to ill.le
F.to Rocco Camerata Scovazzo
Tribunale di Palermo
I^ Sezione Civile
21 FEB 2007
DEPOSITATO
Il Cancelliere
F.to ill.le
Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it