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CORTE
DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17/03/2008 (CC 23/01/2008), Sentenza n. 11769
URBANISTICA E EDILIZIA - CAVE - Attività di cava abusiva - Sequestro mezzi
meccanici - C.d. periculum in mora - Art. 321, c. 1°, c.p.p. -
Fattispecie. Il "periculum in mora" che, ai sensi dell'art. 321,
comma primo, cod. proc. pen., legittima il sequestro preventivo, deve intendersi
non come generica ed astratta eventualità, ma come concreta possibilità, desunta
dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che il bene assuma
carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione delle
conseguenze del reato ipotizzato o all'agevolazione della commissione di altri
reati (Cass. Sez. 4^, 10/02/2004, n. 5302, Sgherri ed altro; Sez. 5^,
27/06/2000, n. 2899, PM/Strazzari ed altro). Nella fattispecie, relativa al
sequestro di mezzi meccanici per l'effettuazione di lavori relativi ad una cava,
è stata ritenuta l'insussistenza del "periculum" a fronte del già
disposto sequestro dell'area oggetto dell'attività abusiva. Pres. De Maio, Est.
Grillo, Ric. Trulli. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17/03/2008 (CC
23/01/2008), Sentenza n. 11769
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UDIENZA DEL del 23/01/2008
Camera di consiglio
SENTENZA N. 124
REG. GENERALE N. 37536/2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente
Dott. MANCINI Franco - Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TRULLI ALESSIA, nata a Terracina il 16/12/1972;
avverso l'ordinanza del 24-29/9/2007 pronunciata dal Tribunale del riesame di
Latina.
- Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
- sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott.
Febbraro Giuseppe, con le quali chiede il rigetto del ricorso con condanna alle
spese;
- sentito il difensore, avv. Archidiacono R., che insiste per l'accoglimento
dello stesso.
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
- Il 27/7/2007 il Procuratore della Repubblica di Latina disponeva il sequestro
preventivo d'urgenza di un'area in agro di Sonnino (in catasto: fg. 49, mapp.
13, 66, 65, 6 e 15), oltre che "dei mezzi e degli impianti ivi esistenti",
chiedendone al competente G.I.P. la convalida, in relazione ai reati di cui al
D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a) e art. 323 c.p., nonché l'emissione
del decreto previsto dall'art. 321 c.p.p., comma 1.
- Con provvedimento 31/7/2007, il G.I.P. presso il Tribunale di Latina
convalidava l'operato sequestro e disponeva la richiesta misura cautelare,
ritenendone sussistere i presupposti. - Di tale provvedimento chiedevano il
riesame con distinti atti:
1) Cetrone Gina, legale rappresentante della "Azienda Agricola Cornarolo s.r.l." proprietaria dell'area e titolare di concessione edilizia per ivi realizzare una residenza per anziani;
2) Trulli Alessia, legale rappresentante della "Antares Industriale s.r.l." poi "Antares Group s.p.a.", proprietaria dei mezzi e degli, impianti che si trovavano sulla stessa al momento del sequestro.
- Il Tribunale di Latina, con l'ordinanza indicata in premessa, rigettava entrambe le richieste, ravvisando la sussistenza sia del fumus dei reati ipotizzati, in quanto era in atto una vera e propria cava abusiva, quindi un'attività estrattiva non autorizzata senza che vi fosse la minima traccia dell'opera assentita, sia del periculum, protraendosi la detta abusiva attività da oltre 12 anni, nonostante i reiterati interventi e divieti dell'Autorità giudiziaria.
- Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame ricorre per cassazione la sola Trulli, deducendo - con un unico motivo -la violazione dell'art. 321 c.p.p., comma 1, per insussistenza del periculum in mora. Secondo la ricorrente, infatti, una volta mantenuto il sequestro dell'area, è esclusa ogni possibilità anche eventuale di proseguire l'attività di cava, e quindi il pericolo che 1 mezzi e gli impianti sequestrati (escavatori, pala meccanica, container, pesa per automezzi, impianto di frantumazione mobile) "possano assumere quel carattere strumentale rispetto alla protrazione delle conseguenze dei reati contestati". Peraltro la ditta Antares è intervenuta nella vicenda de qua solo alla fine del 2006, a seguito di contratto d'appalto stipulato con l'Azienda Cornarolo, avente ad oggetto lo spianamento e la livellatura dell'area poi sequestrata, quindi è estranea all'attività estrattiva precedente.
- All'odierna udienza camerale, il P.G. e la difesa concludono come sopra riportato.
Il ricorso merita accoglimento.
Come si è detto, la misura cautelare confermata dal Tribunale del riesame di
Latina non ha formato oggetto di ricorso da parte della Azienda Agricola
Cornarolo, proprietaria dell'area, per cui questa rimane sotto sequestro e
dunque nessun intervento o attività è consentito esercitarvi. È in discussione
soltanto il mantenimento della misura sui mezzi (macchine operatrici, pesa,
container, ecc.) e sull'impianto di frantumazione inerti, sequestrati alla ditta
Antares, che tuttavia in sede di legittimità non contesta la sussistenza del
fumus dei reati ipotizzati dall'accusa, ma esclusivamente il permanere delle
"esigenze cautelari". Al proposito si richiama il principio di diritto
univocamente affermato da questa Corte (tra altre: Cass. Sez. 4^, 10 febbraio
2004, n. 5302, Sgherri ed altro; Sez. 5^, 27 giugno 2000, n. 2899, PM/Strazzari
ed altro) e richiamato dalla difesa circa il periculum in mora che - ai
sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 1 - legittima il sequestro preventivo: "deve
intendersi non come generica ed astratta eventualità, ma come concreta
possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto,
che il bene assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla
protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o alla agevolazione della
commissione di altri reati: la legge ha inteso, infatti, contenere il sacrificio
dei diritti dei cittadini nei ristretti limiti dettati dalle effettive esigenze
di prevenzione del processo penale".
Alla luce di tale pacifico insegnamento ci si deve, quindi, chiedere se il
mantenimento del vincolo cautelare sui mezzi meccanici e l'impianto della ditta
Antares sia in qualche misura funzionale ad impedire la commissione di altri
reati o la protrazione degli effetti di quelli ipotizzati nella fattispecie in
esame; ovvero, invertendo i termini della questione, se il dissequestro e la
restituzione di quanto vincolato possa incidere negativamente sulla situazione
de qua, facilitando in qualche modo la perpetrazione dello stesso o di
altri reati o la protrazione delle loro conseguenze. Ebbene la risposta è
certamente quella della assoluta ininfluenza del mantenimento del vincolo
cautelare sui beni della ditta Antares, giacché, restando sequestrata l'area
oggetto dell'abusiva attività estrattiva, rimane inibita ogni iniziativa
tendente a qualsiasi utilizzazione di essa. Paradossalmente l'allontanamento dal
sito di tutta l'attrezzatura in sequestro, indispensabile per l'esercizio di
attività estrattiva, rende ancora più remota la possibilità di riprendere la
coltivazione della cava.
Le considerazione che precedono tengono conto evidentemente della natura del
sequestro preventivo e dell'esigenza, sopra ricordata, di limitare al minimo
indispensabile il sacrificio dei diritti dei cittadini; certo, se vi fossero
altre esigenze, ad esempio di ordine probatorio, il sistema prevede specifici
rimedi ed il P.M. procedente potrebbe farvi ricorso.
Va dunque accolto il gravame.
P.Q.M.
la Corte annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché il decreto di
sequestro preventivo 31/7/2007, limitatamente a tutti i mezzi meccanici e
impianti di proprietà della ditta Antares, dei quali ordina la restituzione agli
aventi diritto; manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626
c.p.p..
Così deciso in Roma, il 23 gennaio
2008.
Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2008
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