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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 26/03/2008 (Cc 20/02/2008) Sentenza n. 12746



URBANISTICA E EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Demolizione - Esecuzione del provvedimento di demolizione - Dichiarazione di compatibilità ambientale - Inidoneità - Condono edilizio e condono paesaggistico - Interdisciplinarietà - Esclusione.
La dichiarazione di compatibilità ambientale non è idonea ex se a determinare la revoca o la sospensione dell'esecuzione del provvedimento di demolizione, così come la presentazione dell'istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica per gli abusi commessi entro il 30.9.2004 non determina la sospensione del procedimento penale in difetto di un'espressa previsione legislativa, non potendosi nemmeno estendere alla disciplina del condono paesaggistico l'effetto sospensivo previsto dalla disciplina del condono edilizio dalla L. n. 326 del 2003, attesa la mancanza di qualsiasi collegamento tra le due discipline (giurisprudenza consolidata Cass. sez. III, 3.7.2007 n. 37311; 13459/2007; n. 19719/2007). Pres. Altieri, Est. De Maio, Ric. Chiofalo. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 26/03/2008 (Cc 20/02/2008) Sentenza n. 12746


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UDIENZA DEL  del 20/02/2008

Camera di consiglio

SENTENZA N. 00230

REG. GENERALE N. 036701/2007


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale




Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 
Dott. ALTIERI Enrico - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA/ORDINANZA


sul ricorso proposto da:
1) CHIOFALO COSIMO, N. IL 28/02/1963;
- avverso ORDINANZA del 17/09/2007 TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO;
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO GUIDO;
- lette le conclusioni del P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso.


MOTIVAZIONE


Cosimo Chiofalo fu condannato con sentenza 182/99 del Pretore di Barcellona P.G. in data 16.4.99, divenuta irrevocabile il 9.2.2001, alla pena ritenuta di giustizia, oltre demolizione delle opere abusive, per il reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b).


Avendo il PM presso quel Tribunale in data 18.8.2003 emesso provvedimento di ingiunzione a demolire il manufatto abusivo di mq. 35, il Chiofalo chiese al Giudice dell'Esecuzione la revoca e, in via gradata, la sospensione dell'anzidetto provvedimento con istanza che il predetto Giudice rigettò con ordinanza in data 17.9.2007. Avverso tale ordinanza il Chiofalo ha proposto ricorso denunciando:
1) violazione della L. n. 326 del 2003, art. 32 e L. n. 47 del 1985, art. 38 per avere il G.E. affermato erroneamente che il condono non può essere concesso in presenza di una condanna passata in giudicato;
2) vizio della motivazione perché la citata affermazione contrasta con quella successiva secondo cui l'ordine di demolizione non è suscettibile di passaggio in giudicato;
3) violazione di legge e vizio della motivazione per avere il G.E. erroneamente ritenuto non condonabile il manufatto in quanto ricadente a m. 85 dall'argine del torrente Longano.


In questa sede il Chiofalo ha presentato memoria aggiuntiva con allegata dichiarazione in data 19.11.07 del predetto Assessorato di compatibilità ambientale e rilascio di nulla-osta alla concessione in sanatoria. Il Proc. Gen. presso questa Corte ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.


Il ricorso è infondato dovendo ritenersi, al di là delle osservazioni non decisive del provvedimento impugnato circa l'inerzia del condannato, che è esatta la ragione sostanziale della decisione, che consiste nella mancata adozione da parte della P.A. di atti incompatibili con la demolizione. Non può, infatti, ritenersi tale nemmeno la citata dichiarazione di compatibilità ambientale, la quale riserva all'amministrazione comunale ("alla quale compete la definizione della pratica di sanatoria") l'accertamento circa la compatibilità dell'opera "con tutte le altre prescrizioni in materia urbanistica e condono edilizio di cui alla L. n. 326 del 2003". E nel caso in esame non è dubbia la non condonabilità dell'opera, in quanto le opere edilizie realizzate in zone sottoposte a vincolo a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici possono ottenere la sanatoria ai sensi della L. n. 326 del 2003, art. 32 solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza e cioè di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria (sez. 3, 24.9.2004 n. 37865, rv. 230030; 7.9.200 n. 37865, rv. 230030; 7.9.2004 n. 35984, rv. 229013). Occorre ribadire che è del tutto pacifico, fino a costituire ormai ius receptum, che il giudice può provvedere alla invocata sospensione solo se, da un lato, abbia verificato con esito positivo, tra l'altro, la concreta condonabilità dell'opera e, dall'altro, se sia concretamente prevedibile che il condono e la sanatoria possano essere concessi in tempi brevi (non essendo possibile, sotto tale ultimo profilo, che le esigenze di giustizia connesse all'esecuzione della demolizione restino sospese sine die).


Inoltre, la dichiarazione di compatibilità ambientale non è idonea ex se a determinare la revoca o la sospensione dell'esecuzione del provvedimento di demolizione, così come la presentazione dell'istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica per gli abusi commessi entro il 30.9.2004 non determina la sospensione del procedimento penale in difetto di un'espressa previsione legislativa, non potendosi nemmeno estendere alla disciplina del condono paesaggistico l'effetto sospensivo previsto dalla disciplina del condono edilizio dalla L. n. 326 del 2003, attesa la mancanza di qualsiasi collegamento tra le due discipline (giurisprudenza consolidata di questa Corte: sez. 3, 3.7.2007 n. 37311, rv. 237384; 13459/2007, rv. 236333; n. 19719/2007 rv. 236749). Neppure potrebbe sostenersi l'opportunità della sospensione, in considerazione appunto della conseguita dichiarazione di compatibilità ambientale, nella prospettiva, questa volta, del cd. condono ambientale, in quanto, per un verso, spetta al giudice anche in questa caso verificare, al fine dell'invocata sospensione, l'astratta condonabilità dell'opera; e, per l'altro, che l'opera in questione non può conseguire nemmeno il condono ambientale a norma del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 ter che riguarda solo le opere "che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati" (lett. a), ovvero i soli interventi edilizi di manutenzione ordinaria o straordinaria (lett. c); nella specie, invece, si è trattato di una nuova opera di mq. 35.


Per il resto, le censure sopra citate del ricorso concernono, come rilevato anche dal Proc. Gen. in requisitoria, "le considerazioni svolte nel provvedimento impugnato ad abundantiam e non investono, invece, il profilo essenziale della ratio decidendi, sicché sono incongrue e inammissibili".


Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

 
P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2008


 


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