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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 27/03/2008 (Ud. 20/02/2008), Sentenza n. 12918



URBANISTICA E EDILIZIA - Condono - Onere della prova - Concessione in sanatoria - Termine utile - L. n. 326/2003 - Art. 31, L. n. 47/1985.
In tema di condono edilizio previsto dall'art. 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. con mod. in L. 30 novembre 2003, n. 326), ove il reato sia stato accertato in data successiva al 31 marzo 2003, termine utile ai fini della condonabilità dell'opera, fermo restando il potere-dovere del giudice di accertare la data effettiva del completamento dell'edificio abusivo, spetta all'imputato, che voglia giovarsi della speciale causa estintiva, secondo le regole generali della distribuzione dell'onere probatorio, fornire la prova che l'opera per cui si chiede la concessione in sanatoria è stata ultimata entro il termine indicato. Pres. Altieri, Est. De Maio, Ric. Cedroni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 27/03/2008 (Ud. 20/02/2008), Sentenza n. 12918


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UDIENZA DEL  del 20/02/2008

SENTENZA N. 00445

REG. GENERALE N. 039713/2007


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale




Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. ALTIERI Enrico - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) CEDRONI MARIO, N. IL 14/10/1934;
- avverso SENTENZA del 18/06/2007 CORTE APPELLO di ROMA;
- visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
- udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO GUIDO;
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PASSACANTANDO G., che ha concio per il rigetto del ricorso;
- Udito il difensore Avv. BERGAMINI Domenico di Roma.


MOTIVAZIONE


Con sentenza in data 15.7.2005 del Tribunale di Tivoli, Cedroni Mario fu condannato alla pena ritenuta di giustizia, perché riconosciuto colpevole dei reati, unificati ai sensi dell'art. 81 c.p., di cui agli artt: A) D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b;
B) L. n. 1086 del 1971, art. 1, 2, 4, 13 e 14; C) L. n. 64 del 1974, art. 1, 3, 17, 18 e 20; D) art. 349 c.p., acc. in S. Angelo Romano il 2.9.03.


A seguito di impugnazione dell'imputato, la Corte d'Appello di Roma, con sentenza in data 18.6.07 in parziale riforma di quella di primo grado, dichiarò estinto per prescrizione il reato di cui al capo C) e rideterminò la pena, confermando nel resto.


Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, il quale denuncia con il primo motivo mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente premette che l'appello concerneva "la copertura eseguita con pannelli coibentati dei muri perimetrali già esistente all'epoca del primo sequestro avvenuta in data 26.3.2003", che risulta esclusa dalla sentenza del Tribunale di Tivoli di estinzione dei reati edilizi per intervenuta oblazione. Detta struttura - chiarisce il ricorrente - "è stata installata sulla muratura già esistente all'epoca del detto sequestro e non ha alcuna finalità edilizia", ma solo "il limitato scopo... di proteggere dalle escursioni termiche"; la struttura stessa, in quanto tecnologica, "non è soggetta al permesso di costruire ma a semplice autorizzazione amministrativa e come tale il relativo addebito non integra il reato di costruzione abusiva".


Con il secondo motivo viene denunciata erronea applicazione della legge penale, in quanto "il manufatto tecnologico di cui si è detto... è realizzabile nell'arco di una giornata e pertanto, avuto riguardo alle dichiarazioni dell'imputato, in assenza di prova contraria o elementi contrari alle dichiarazioni stesse - ed anzi risultando dalle affermazioni dei VV.UU. la fattibilità dell'opera nei tempi indicati - e non essendovi per contrario nessuna prova certa che l'opera sia stata eseguita dopo il 31.3.2003, nel dubbio deve applicarsi il principio dell'interpretazione più favorevole al reo e pertanto tale struttura deve essere ricompressa nella domanda di sanatoria e quindi i reati edilizi dichiarati estinti per intervenuta oblazione".


I motivi - che possono essere esaminati congiuntamente concernendo entrambi le opere oggetto di contestazione e la loro riconducibilità a quelle oggetto della sanatoria (di cui alla sentenza del Tribunale di Tivoli in data 8.6.2006 - sono infondati. Infatti, la sentenza impugnata ha, innanzi tutto, escluso che i lavori oggetto dell'attuale contestazione possano essere "ricompresi nella concessione che era stata rilasciata nel 2002 per la realizzazione di un ricovero per attrezzi agricoli" e che "le finalità edilizie fossero limitate alla sola copertura con pannelli coibentati". Ed invero, come sottolineato nella sentenza impugnata "era stato realizzato tutt'altro, non già il predetto ricovero di mq. 25 più porticato di ulteriori 10 mq, ma un locale di ca. 41 mq su due piani più due porticati di ca. 12 e 25 mq". Trattasi con ogni evidenza di un accertamento di fatto che, in quanto sorretto da adeguata e logica motivazione (basata sui verbali di sequestro e sui sopralluoghi del marzo e del settembre 2003), si sottrae a qualsiasi censura in sede di legittimità e giustifica pienamente la conclusione secondo cui l'attività costruttiva oggetto del presente procedimento "era più vasta qualitativamente (destinazione residenziale) e quantitativamente, rispetto a quella prospettata dalla difesa (semplice copertura con pannelli coibentati).


Tutto ciò risulta anche documentalmente, atteso che il reato di violazione dei sigilli è stato contestato all'attuale ricorrente proprio per la prosecuzione dei lavori, nei sensi qui precisati e accertati con il sopralluogo del settembre 2003, dopo il sequestro del 26.3.03 (al cui relativo accertamento è, per così dire, bloccata la precedente sentenza 8.6.2006 del Tribunale di Tivoli, per cui esula qualsiasi possibilità di riferimento al precedente giudicato di improcedibilità per oblazione). Del resto, è proprio l'illegittima prosecuzione dei lavori dopo il sequestro del 26.3.2003 che costituisce ex professo l'oggetto delle attuali imputazioni, concretizzatosi nella realizzazione di un bagno, nella rifinitura del piano terra ("con pavimenti, impianti e intonaci interni ed esterne) e nell'abbassamento dell'altezza al colmo della copertura.

Nella stessa linea di discorso i giudici di merito hanno esattamente escluso che i lavori in questione possano essere ricompresi nella esperita procedura di condono edilizio, dal momento che l'accertamento finale ad opera della P.G. reca la data del settembre 2003 e, quindi, ben oltre il termine del 31.3.2003 utile per l'esperimento dell'indicata procedura. Su tale punto, i giudici di merito hanno fatto puntuale applicazione del principio enunciato da questa Corte (e puntualmente citato), secondo cui allorché il reato sia stato accertato in data successiva al termine utile ai fini della condonabilità dell'opera, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 31, fermo restando il potere-dovere del giudice di accertare la data effettiva del completamento dell'edificio abusivo, spetta all'imputato, che voglia giovarsi della causa estintiva, secondo le regole generali della distribuzione dell'onere probatorio, fornire la prova che l'opera per cui si chiede la concessione in sanatoria è stata ultimata entro il termine indicato. La prosecuzione dei lavori oltre la data del marzo 2003 risulta, del resto, dal confronto con la situazione dei luoghi rilevata con il sopralluogo del 2.9.2003, da cui è poi scaturita l'ulteriore imputazione di violazione dei sigilli. Perde, di conseguenza, rilevanza anche l'ulteriore assunto secondo cui "lavori come quello per cui è processo sono realizzabili nell'arco di una giornata". Trattasi, anche a questo riguardo, di affermazione del tutto apodittica, sfornita di qualsiasi prova (come esattamente ritenuto dalla sentenza impugnata, 2^ pagina) e, come si diceva, anche sfornito di rilevanza, considerato che ben diversi e più ampi erano le opere di cui alla contestazione.


Sulla base dei suesposti rilievi, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2008


 


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