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CORTE
DI CASSAZIONE Penale Sez. VI, 21/05/2008 (Ud. 15/04/2008), Sentenza n. 20326
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Utilizzo del computer dell'ufficio per fini personali
- Reato di peculato - Configurabilità
- Art. 314 c.p.. Si configura il reato di peculato, sia in caso danno
patrimoniale all'ente pubblico, sia nel caso di violazione del buon andamento
degli uffici della pubblica amministrazione in quanto basato sul rapporto di
fiducia e lealtà col personale dipendente. Appare evidente che la mancanza di
danno patrimoniale non esclude automaticamente la sussistenza del reato in
questione, allorché l'uso del bene pubblico da parte del dipendente che ne abbia
la disponibilità sia tale da ledere comunque il buon andamento degli uffici.
Fattispecie: utilizzo da parte di un dipendente pubblico, del computer
dell'ufficio, per uso personale usufruendo della rete elettrica e informatica
del Comune, navigando in internet su siti non istituzionali, scaricando e
masterizzando su archivi personali dati e immagini non inerenti alla pubblica
funzione. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. VI, 21/05/2008 (Ud. 15/04/2008),
Sentenza n. 20326
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UDIENZA DEL
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI Penale
Composta dai signori magistrati:
dott. Gìangiulio Ambrosini - Presidente
dott. Saverio F. Marinino - Consigliere
dott. Giorgio Colla - Consigliere
dott. Vincenzo Rotundo - Consigliere
dott. Lina Matera - Consigliere
riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dì
Bari nel procedimento nei confronti di [...omissis...], avverso l'ordinanza del
Tribunale della città in data 21 maggio 2007;
- udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Giorgio Colla;
- udito il Procuratore generale nella persona del sostituto dott. Vittorio
Martusciello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Bari, in accoglimento dell'appello
proposto da (adrg) nei confronti dell'ordinanza del Tribunale dì Trani del 24
aprile 2007, con la quale era stata applicata al medesimo la misura interdittiva
della sospensione dall'esercizio del pubblico servizio, revocava l'ordinanza
stessa, ritenendo la insussistenza di gravi indizi dì colpevolezza e di esigenze
cautelari.
All'indagato - dipendente del Comune di Trani - era stato contestato il reato di
peculato perché si serviva del computer dell'ufficio, cui era collegato un
masterizzatore DVD, per uso personale usufruendo della rete elettrica e
informatica del Comune: navigava in internet su siti non istituzionali,
scaricando su archivi personali dati e immagini non inerenti alla pubblica
funzione - prevalentemente materiale di carattere pornografico - con danno
economico dell'Ente.
Sul computer in questione e sul sopporto esterno, venivano rinvenuti circa
10.000 documenti di cui solo una minima parte di natura lavorativa,
Il Tribunale, nel revocare la misura cautelare, osservava che il reato di
peculato tutela il patrimonio della P.A. e che lo stesso non poteva essere
depauperato a seguito dei collegamenti in questione di un computer "comunque e
sempre collegato alla rete elettrica e telefonica indipendentemente dall'uso e
dalla navigazione".
Con particolare riferimento al collegamento alla rete elettrica, non si era
"indicato il danno patrimoniale"', atteso che "i computers sono sempre collegati
alla rete elettrica, né può ritenersi ulteriore consumo di energia elettrica per
il fatto che a un computer siano collegate una o più periferiche".
Il Tribunale disconosceva anche la sussistenza di esigenze cautelari perché pur
ritenendo un danno patrimoniale per l'ente per la navigazione in internet sino
al 2003' (il consulente tecnico aveva accertato che la navigazione in internet
si arrestava al giugno 2003) non era ipotizzabile un pericolo di reiterazione
"in considerazione della sua illibata personalità e dell'atteggiamento
pacatamente esplicativo tenuto in occasione del suo interrogatorio".
Avverso la predetta ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Bari il quale richiama tutta la
giurisprudenza di questa Corte di cassazione che ritiene che con il reato di
peculato non sia offeso solo il patrimonio dell'ente pubblico, ma anche il buon
andamento degli uffici della pubblica amministrazione il quale può non essere
turbato solo da un uso occasionale della cosa pubblica, ma non in caso di
condotta reiterata e consolidata nel tempo.
Peraltro, non risultava affatto accertato agli atti del processo se il contratto
del Comune con l'ente gestore di internet prevedesse un uso illimitato del
servizio con tariffa fissa, circostanza per nulla verificata da parte dei
Giudici di merito, ma solo supposta.
Del tutto inadeguata appariva infine la motivazione sulle esigenze cautelari
sopra riportata.
Premesso che l'ordinanza impugnata sembra quasi trascurare la circostanza che la
disposizione dell'articolo 314 codice penale oltre a tutelare il patrimonio
della pubblica amministrazione mira ad assicurare anche il corretto andamento
degli uffici della stessa basato su un rapporto di fiducia e di lealtà col
personale dipendente, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il
Tribunale del riesame da per scontato un dato che non emerge affatto dagli atti,
cioè che il computer fosse perennemente collegato alla rete elettrica e
telefonica in modo da comportare costi fissi per !a pubblica amministrazione
indipendente dalla navigazione in internet.
Ora, a parte il fatto che tale assunto è errato per ciò che attiene alla energia
elettrica, che viene consumata in quanto l'apparecchio sia acceso, ciò che più
conta è che da nessun dato si ricava che il tipo di convenzione con il provider
prevedesse un accesso costante al web a un costo fisso anziché un accesso di
volta in volta consentito solo previo contatto telefonico, non occorrendo
spendere parole per dimostrare come in questo secondo caso l'indagato si sarebbe
appropriato anche delle energie appartenenti all'ente sotto forma di telefonate
di volta in volta eseguite per la navigazione in internet per finalità
totalmente estranee alla pubblica funzione (masterizzazione di DVD audio e
scaricamento di immagini e di film).
L'ordinanza impugnata da la prima ipotersi come appartenente al notorio ma ciò è
del tutto arbitrario, specie in considerazione che tale tipo di convenzione si è
diffusa recentemente, mentre i fatti di cui è causa risalgono all'anno 2003,
onde la questione avrebbe dovuto formare oggetto di dimostrazione precisa.
L'ordinanza va quindi annullata in punto di gravi indizi di colpevolezza con
rinvio al Tribunale di Bari perché spieghi non solo per quali motivi ha ritenuto
la insussistenza dei gravi indizi del reato solo in relazione al danno cagionato
(assentamene mancante), ma anche da quali dati probatori concreti relativi al
caso di specie abbia desunto l'esistenza di un certo tipo di convenzione con
l'ente gestore del servizio telefonico.
Ma l'ordinanza impugnata va annullata anche in punto di esigenze cautelari
perché la incensuratezza, considerato il tipo e la reiterazione del reato di
specie, non ha un significato decisivo; significato men che meno attribuibile
all’"atteggiamento esplicativo" avuto dall'indagato in sede di interrogatorio.
Il Tribunale dovrà motivare se sussista un pericolo di reiterazione, tenuto
conto del fatto che sono stati trovati sull'apparecchio in questione e sul disco
esterno ben 10.000 files, di cui so/o una modestissima parte di natura attinente
alle funzioni esercitate.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bari per nuovo esame.
Roma 15 aprile 2008.
Deposito in Cancelleria 21/05/2008
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