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CORTE
DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 28/05/2008 (Ud. 04/04/2008), Sentenza n.
21222
URBANISTICA E EDILIZIA - Legittimazione alla costituzione di parte civile del
vicino - Ipotesi. Nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie è
essenzialmente il Comune ad essere legittimato alla costituzione di parte
civile, atteso che nell'ente locale è identificabile una situazione di interesse
personale e differenziato distinto dall'interesse diffuso all'osservanza delle
norme urbanistiche comune alla generalità dei cittadini; ed in tal caso il danno
discende dall'offesa al bene specifico individuato proprio nel territorio il cui
assetto urbanistico viene ad essere pregiudicato dall'intervento abusivo, ma
anche se la realizzazione di un manufatto senza provvedimento concessorio, non
fa sorgere di per sé solo a favore del privato confinante alcuna azione di
risarcimento del danno, allorché la costruzione abusiva costituisca violazione
anche di norme di natura civilistica, quali quelle che impongono limiti al
diritto di proprietà, che stabiliscono distanze, volumetria, altezza delle
costruzioni, previste dal codice civile e dai piani regolatori, è ipotizzabile
un danno patrimoniale che legittima la costituzione di parte civile del vicino.
Per un'ipotesi di costituzione di parte civile del proprietario confinante nei
procedimenti penali aventi ad oggetto abusi edilizi (si veda anche Corte europea
dei diritti dell'uomo 17/07/2007, c. 6970/03, Vitello). Pres. Vitalone, Est.
Amoroso, Ric. Chianese. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 28/05/2008 (Ud.
04/04/2008), Sentenza n. 21222
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UDIENZA del 4.04.2008
SENTENZA N. 904
REG. GENERALE N.32066/07
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi signori Magistrati:
dott. Claudio Vitalone Presidente
1. dott. Pierluigi Onorato
2. dott. Ciro Petti
3. dott. Aldo Fiale
4. dott. Giovanni Amoroso
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Chianese Nicola, n. a Parete il 3.6.1962
avverso la sentenza del 26.1.2007 della Corte d'appello di Napoli
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Alfredo Montagna che
ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza in data 20.12.2005 il Tribunale di S. Maria C.V., sez. dist. di
Aversa, dichiarava Chianese Nicola colpevole del reato p e p. dalla lettera B)
dell'art. 44 del d.P.R. n. 380/2001, perché costruiva in località Raito senza
essere munito di permesso a costruire, un muro di recinzione al cui interno
realizzava un capannone, nonché un appartamento per civile abitazione di
superficie pari a circa 80 mq (acc. in Parete 13.7.2004), e lo condannava,
concesse le attenuanti generiche, alla pena di mesi due di arresto ed € 4000 di
ammenda, con pena sospesa e non menzione, e ordine di demolizione del manufatto,
nonché con condanna generica al risarcimento del danno in favore della parte
civile.
Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore, chiedendo tra l'altro
dichiararsi la nullità dell'ordinanza ammissiva della costituzione di parte
civile.
La Corte d'appello di Napoli con sentenza del 26 gennaio - 30 maggio 2007
rigettava l'appello confermando la pronuncia di primo grado.
2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con
plurimi motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente deduce innanzi tutto l'inammissibilità della costituzione di
parte civile, proprietaria confinante del terreno sul quale è sorta l'opera
abusiva.
Il motivo è infondato.
E' vero che nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie è
essenzialmente il Comune ad essere legittimato alla costituzione di parte
civile, atteso che nell'ente locale è identificabile una situazione di interesse
personale e differenziato distinto dall'interesse diffuso all'osservanza delle
norme urbanistiche comune alla generalità dei cittadini; ed in tal caso il danno
discende dall'offesa al bene specifico individuato proprio nel territorio il cui
assetto urbanistico viene ad essere pregiudicato dall'intervento abusivo (Cass.,
sez. III, 14 giugno 2002, Arrostito).
Ma parimenti deve ribadirsi quanto già in proposito ritenuto da questa Corte
(Cass., sez. III, 6/10/1982 - 2/12/1982, n. 11526 ) che ha affermato che, anche
se la realizzazione di un manufatto senza provvedimento concessorio, non fa
sorgere di per sé solo a favore del privato confinante alcuna azione di
risarcimento del danno, allorché la costruzione abusiva costituisca violazione
anche di norme di natura civilistica, quali quelle che impongono limiti al
diritto di proprietà, che stabiliscono distanze, volumetria, altezza delle
costruzioni, previste dal codice civile e dai piani regolatori, è ipotizzabile
un danno patrimoniale che legittima la costituzione di parte civile del vicino,
(Cfr. anche Cass., sez. III, 22/04/1983 - 20/10/1983, n. 8579), secondo cui la
costituzione di parte civile del privato cittadino nei procedimenti penali per
violazione della legge urbanistica deve ritenersi ammissibile tutte le volte che
l'azione illecita abbia cagionato anche la lesione di un diritto privato, come
nel caso di una costruzione abusiva di una più vasta sopraelevazione non
rispettosa delle distanze. Per un'ipotesi di costituzione di parte civile del
proprietario confinante nei procedimenti penali aventi ad oggetto abusi edilizi
v. anche Corte europea dei diritti dell'uomo 17 luglio 2007, c. 6970/03,
Vitello.
Nella specie i giudici di merito hanno fondato la ragione della legittimità
della costituzione di parte civile sul fatto che l'imputato aveva
illegittimamente realizzato l'opera abusiva sul suolo di Pezone Maria Giuseppa.
La potenzialità del danno giustifica la costituzione di parte civile e la
condanna generica al risarcimento del danno, impregiudicato il giudizio sulla
quantificazione dello stesso. Infatti la condanna generica al risarcimento dei
danni, avendo come contenuto una mera declaratoria di riconoscimento del
relativo diritto, postula - quale presupposto per il suo accoglimento -
l'accertamento di un fatto da ritenersi, alla stregua di un giudizio di
probabilità, anche solo potenzialmente produttivo di conseguenze dannose (Cass.,
sez. II, 30 ottobre 2006, n. 23328); danno che dovrà poi essere determinato - o
potrà anche essere in concreto escluso - dal giudice della liquidazione (Cass.,
sez. lay., 17 aprile 2003, n. 6190).
2. Inammissibili sono poi le altre censure che attengono all'apprezzamento delle
risultanze dibattimentali e che non sono deducibili in sede di legittimità.
In particolare inammissibilmente il ricorrente si duole della revoca
dell'ammissione della prova testimoniale del geom. Micillo membro dell'ufficio
tecnico del comune di Parete. Infatti - come già affermato da questa Corte
(Cass., sez. V, 9 giugno 2004, Spinelli) il diritto alla prova - garantito
all'imputato dall'art. 495, 2° comma, c.p.p. - può essere denegato dal giudice
quando la prova richiesta sia manifestamente superflua o irrilevante. E tale era
quella del ricorrente che mirava a dimostrare un'ipotetica "promessa della
concessione del formale permesso a costruire".
3. Inammissibile - anzi del tutto incomprensibile (se non ipotizzando una mera e
tralaticia trascrizione di analoga censura contenuta nell'atto d'appello e
riferita alla pronuncia di primo grado) - è poi la censura di nullità della
sentenza impugnata per essere stata redatta in modo "assolutamente
incomprensibile", essendo quest'ultima perfettamente leggibile in quanto
dattiloscritta.
4. Quanto all'ultimo motivo è anch'esso inammissibile per genericità contenendo
solo il riferimento, assolutamente privo di argomentazione, agli artt. 53 e 59
legge n. 698 del 1981, senza neppure dedurre alcuna specifica censura alla
sentenza d'appello per non aver fatto applicazione, come richiesto,
dell'istituto della sostituzione di pene detentive brevi. In ogni caso è vero
che - come già ritenuto da questa Corte (Cass., Sez. III, 22/10/2003 -
26/11/2003, n. 45683) - in materia edilizia la condanna ex art. 20 legge 28
febbraio 1985 n. 47, ora sostituito dall'art. 44 del T.U. (D.P.R. 6 giugno 2001
n. 380), può essere oggetto di conversione della parte detentiva, ai sensi degli
arti. 53 e segg. della legge 24 novembre 1981 n. 689, atteso che il divieto di
cui all'art. 60 della citata legge n. 689 è stato abrogato dall'art. 4 della
legge 12 giugno 2003 n. 134; nuovo regime questo applicabile anche ai giudizi in
corso ex art. 5, comma 3, della stessa legge n. 134.
Ma deve considerarsi che la conversione della pena detentiva (art. 53 e segg.
legge 24 novembre 1981,. n. 689) è rimessa al potere discrezionale del giudice
del merito (Cass., Sez. V, 23/11/2006 - 12/01/2007, n. 528). Nella specie la
Corte d'appello, confermando anche in questa parte la pronuncia di primo grado,
ha motivatamente escluso l'applicabilità del beneficio facendo riferimento ai
criteri di cui all'art. 133 c.p.; motivazione questa che non è censurata dal
ricorrente se non in termini assolutamente generici.
5. Pertanto nel complesso il ricorso va rigettato con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2008
Deposito in Cancelleria 28/05/2008
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