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CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 26 settembre 2008, Ordinanza n. 24262
CONSUMATORI - Cd. contratti del consumatore - Regolamento di competenza - Foro
del consumatore - Giudice competente - Derogabilità - Trattativa - Onere della
prova - Requisiti della individualità, serietà ed effettività - Artt. 18, 20
cod. proc. civ. e 1341, c. 2° cod. civ. - D. Lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del
consumo). Il foro del consumatore é esclusivo e speciale sicché la clausola
che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di
residenza o di domicilio elettivo del consumatore, anche se il foro indicato
come competente coincida con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 cod.
proc. civ., é presuntivamente vessatoria e, pertanto, nulla (v. Cass.,
28/6/2005, n. 13890, Cass., 23/2/2007, n. 4208). Inoltre, la disciplina di
tutela del c.d. Codice del consumo, art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del
2005, (come quella di cui ai previgenti artt. 1469 bis, e seguenti cod. civ.)
può essere validamente derogata dalle parti soltanto con clausola oggetto di
idonea trattativa - caratterizzata dai requisiti della individualità, (avere
cioè riguardo alle clausole o agli elementi di clausola costituenti il contenuto
dell'accordo, presi in considerazione singolarmente e nel significato che
assumono nel complessivo tenore del contratto), serietà (essere svolta dalle
parti mediante l'adozione di un comportamento obiettivamente idoneo a
raggiungere il risultato cui e diretta) ed effettività (essere stata non solo
storicamente ma anche in termini sostanziali effettuata, nel rispetto della
autonomia privata delle parti, riguardata non solo nel senso di libertà di
concludere contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta
possibilità -anche- per il consumatore di determinare il contenuto del
contratto) -, precisando che incombe sul professionista il relativo onere
probatorio. In particolare, l'aggiunta a penna della clausola derogatoria del
foro del consumatore, nell'ambito di un testo contrattuale dattiloscritto, o la
mera approvazione per iscritto di una tale clausola sono inidonee ai fini della
prova positiva della trattativa e che, inoltre, neppure il richiamo in blocco di
tutte le condizioni generali di contratto e la sottoscrizione indiscriminata di
esse apposta sotto la relativa elencazione in base al numero d'ordine è idonea a
determinare, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ., l'efficacia
della clausola vessatoria in parola, essendo a tal fine necessario che la stessa
risulti chiaramente e autonomamente evidenziata dal predisponente e
specificamente e autonomamente sottoscritta dall'aderente. Pres. P. Vittoria,
Rel. L. A. Scarano, Ric. Galdi. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III,
26/09/2008, Ordinanza n. 24262
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UDIENZA
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Civile
composta dagli ill.mi Signori:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Omissis
PREMESSO IN FATTO
E' stata depositata in cancelleria relazione, che emendata da errori materiali,
di seguito si riproduce:
«Il sig. Ivan Vincent GALDI propone istanza di regolamento di competenza nei
confronti della società MEDIKAL CONSULTING s.r.l., avverso la declaratoria di
incompetenza per territorio emessa dal Tribunale di Salerno con sentenza del
3/10/2007 in favore del Tribunale di Modena, fondata sul rilievo che pur
trattandosi di contratto del consumatore nel caso opera la clausola contrattuale
di deroga alla competenza del foro del consumatore con la quale si 6 introdotto
un diverso foro esclusivo, che risulta essere stata «voluta ed approvata con le
modalità prescritte per le clausole vessatorie dall'art. 1341 c.c.».
L'intimata non ha svolto attività difensiva.
Con unico complesso motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1341 e 1469 ss. c.c.
Si duole che il giudice non abbia considerato la «natura processuale» della
disposizione di cui all'art. 1469-bis, 3° co. n. 19, c.c., prevedente la
inderogabilità -a pena di inefficacia del foro del consumatore, che «impedisce
in via generale al professionista di radicare il giudizio in un luogo diverso da
quello in cui il convenuto ha la propria residenza o domicilio», salva l'ipotesi
di clausola che risulti frutto di trattativa individuale ex art. 1469-ter, 4° co.,
c.c.
Lamenta che nella specie la clausola n. 7, ove risulta indicata la competenza
del foro di Modena per ogni controversia relativa allo stipulato contratto, non
ha costituito oggetto di trattativa individuale, in quanto approvata per
iscritto congiuntamente ad altre clausole del pari richiamate, con modalità
pertanto «inidonea a suscitare l'attenzione del contraente».
Si duole che erroneamente il giudice abbia ritenuto «l'aggiunta a penna» della
clausola di deroga del foro del consumatore come idonea a dimostrare «la
esistenza della libera autodeterminazione delle parti» al riguardo; e che del
pari erroneamente il giudice abbia ritenuto a lui incombere la prova
dell'«assenza di trattative» in merito, in violazione di quanto viceversa
«espressamente previsto dall'art. 1469, 5° co., c.c.».
Pone conclusivamente alla Corte i seguenti quesiti.
a) Se nelle controversie tra consumatore e professionista la disposizione
dettata dall'art. 1469 bis, 3° co., c.c. si interpreta nel senso che il
legislatore ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del
luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo,
presumendosi vessatoria la clausola che stabilisca come sede del foro competente
una diversa località (al riguardo evoca la massima posta da Cass., Sez. Un.,
1/10/2003, n. 14669).
b) Se per superare la presunzione di vessatorietà della clausola che stabilisce,
come sede del foro competente a decidere le controversie tra professionista e
consumatore, una località diversa da quella della residenza o del domicilio
elettivo di quest'ultimo, il professionista ha l'onere di provare che la
clausola con cui e stato pattuito un foro non coincidente con uno di quelli
speciali alternativi normativamente previsti in materia di controversie aventi
ad oggetto obbligazioni contrattuali è stata oggetto di trattativa individuale
con il consumatore (e al riguardo fa richiamo al principio enunziato da Cass.,
29/9/2004,n. 19591 ).
c) Se la trattativa specifica che deve riguardare la clausola vessatoria ai
danni del consumatore può consistere nella mera approvazione per iscritto della
clausola stessa ovvero deve consistere in una partecipazione attiva del
consumatore sin dalla fase della predisposizione della clausola; e se in
mancanza di prova di tale trattativa la clausola vessatoria è nulla.
d) Se nel contratto concluso mediante moduli o formulari per disciplinare in
modo uniforme determinati rapporti contrattuali, disponendo l'art. 1469 ter, 4°
e 5° co., c.c. che non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola
che siano stati oggetto di trattativa individuale, sia il professionista a dover
provare che, malgrado da egli unilateralmente predisposte, le clausole hanno
costituito oggetto di specifica trattativa individuale (e al riguardo fa
espresso richiamo a quanto affermato da Cass., 28/6/2005, n. 13890).
e) Se il richiamo cumulativo di tutte le condizioni generali di contratto
costituisca specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie ai
fini e per gli effetti di cui all'art. 1341, 2° co., c.c., ovvero sia necessario
che la clausola onerosa per la parte che ad essa si assoggetta sia chiaramente e
autonomamente evidenziata dalla parte che l'ha predisposta, solamente in tale
ipotesi potendo ritenersi assolto l'obbligo di informazione sul contenuto della
stessa per averla resa conoscibile a colui che l'ha sottoscritta; e se il
richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto, con
indiscriminata sottoscrizione delle medesime apposta sotto la relativa
elencazione in base al mero numero d'ordine, sia o meno idonea a determinare, ai
sensi dell'art. 1341, 2° co., c.c., la validità-efficacia di quelle vessatorie,
qual è la clausola sulla deroga convenzionale all'ordinaria competenza
territoriale (e al riguardo fa specifico richiamo a Cass., 14/6/1999, n. 5832).
Il ricorso dovrà essere dichiarato fondato nei termini di seguito indicati.
Come si evince dalla impugnata sentenza trattasi di domanda di annullamento per
dolo o risoluzione del contratto tra le parti stipulato ed avente ad oggetto «un
trattamento di epilazione radiale», da effettuarsi presso la sede di Napoli
della società MEDIKAL CONSULTING s.r.l., alla cui stipulazione l'odierno
ricorrente GALDI è stato «indotto dalla pubblicità diramata sull'emittente
Canale 9», al fine di «ottenere l'eliminazione permanente di peluria diffusa in
tutto il corpo».
Contratto dal giudice di merito qualificato come «sussumibile» nei c.d.
contratti del consumatore.
A tale stregua, oltre alla disciplina in tema di condizioni generali di
contratto di cui agli artt. 1341 ss. c.c., trova applicazione anche la
disciplina di tutela del consumatore.
Disciplina dettata dal Capo XIV bis del Codice civile ed ora dal d.lgs. n. 206
del 2005 ( c.d. Codice del consumo ).
Ai sensi dell'art. 1469 bis, 3° co. n. 19, c.c., ora riversato nell'art. 33,
comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005, la competenza per territorio del
giudice va determinata con riferimento al luogo di residenza o domicilio
elettivo del consumatore (v. Cass., 28/6/2005, n. 13890).
Orbene, il foro del consumatore e invero esclusivo e speciale, sicché deve
presumersi la vessatorietà della clausola che stabilisca come sede del foro
competente una località diversa da quella della residenza o del domicilio
elettivo del consumatore, anche se il foro competente coincida con uno dei fori
legali di cui agli articoli 18 e 20 c.p.c. (cfr. Cass., 23/2/2007, n. 4208).
Ai fini della deroga del foro del consumatore e allora in ogni caso
insufficiente la specifica approvazione per iscritto ex art. 1341, 2° co., c.c.
Essendo ai sensi dell'articolo 1469 bis, 3° co. n. 19, c.c., ed ora dell'art.
33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005, la clausola che stabilisca come
sede del foro competente una località diversa da quella della residenza o del
domicilio elettivo del consumatore presuntivamente vessatoria, trova infatti
comunque applicazione anche la richiamata disciplina in tema di contratti del
consumatore.
Disciplina di tutela altra e diversa da quella dettata agli art. 1341 ss. c.c.,
la cui applicazione rimane esclusa solamente ove la clausola (o parte di essa)
abbia costituito oggetto di trattativa individuale ex art. 1469 ter, 4° co.,
c.c. e art. 34, comma 4, d.lgs. n. 206 del 2005.
Va al riguardo sottolineato che (come osservato da una parte della dottrina
relativamente all'art. 1469 ter, 4° co., c.c., riferibile invero anche all'art.
34, comma 4, d.lgs. n. 206 del 2005, di identico tenore), al di la del mero
tenore formale ed alla stregua dell'interpretazione sistematica e funzionale
delle norme, la trattativa individuale ivi contemplata va considerata costituire
presupposto di esclusione dell'applicazione della disciplina di tutela del
consumatore in argomento, e non già elemento di valutazione della vessatorietà
della clausola, quest'ultima invero dipendendo dal significativo squilibrio dei
diritti e degli obblighi contrattuali a carico del consumatore, nonostante la
buona fede del professionista (art. 1469 bis, 1° co., c.c. ed art. 33, comma 1,
d.lgs. n. 206 del 2005).
Atteso che la vessatorietà in questione puó pertanto riguardare anche il singolo
rapporto, laddove l'onerosità ex art. 1341, 2° co., c.c. viceversa attiene a
contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o
formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti,
qualora le clausole del contratto abbiano costituito oggetto di trattativa
individuale tra le parti la normativa di protezione in argomento, pur in
presenza del significativo squilibrio, non e applicabile, e il contratto del
consumatore rimane invero assoggettato -sotto il profilo considerato- alla
(restante) disciplina in tema di contratto in generale (oltre the di quella
propria del tipo negoziale in concreto posto in essere dalle parti).
Come e stato osservato in dottrina, la disciplina in argomento invero
funzionalmente volta a tutelare il consumatore a fronte della unilaterale
predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del
professionista, quali possibili fonti di abuso.
Laddove l'accordo costituisce in tutto o in parte l'esito di una trattativa,
l'accertamento giudiziale in ordine all'abusività delle clausole contrattuali
rimane viceversa precluso, quand'anche l'assetto di interessi realizzato dalle
parti risulti significativamente squilibrato a danno del consumatore.
La preclusione discende infatti in tal caso non già dalla non vessatorietà della
clausola o del contratto fatti oggetto di specifica trattativa, bensì dalla
inconfigurabilità della loro unilaterale predisposizione ed imposizione, quali
(possibili) fonti di abuso nella vicenda di formazione del contratto.
Sono invece comunque inefficaci o nulle, «quantunque oggetto di trattativa», le
clausole contemplate ai nn. 1), 2) e 3) dell'art. 1469-quinquies, 2° co., c.c. e
all'art. 36, comma 2 lett. a), b) e c) d.lgs. n. 206 del 2005, in tal caso
l'abusività sussistendo in re ipsa in virtù della prevalutazione operata
dal legislatore, e non già rimessa all'accertamento e alla valutazione del
giudice.
Perché l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore in questione
possa considerarsi preclusa,la trattativa deve non solo essersi storicamente
svolta ma altresì risultare caratterizzata dai requisiti della individualità
(avere cioè riguardo alle clausole o agli elementi di clausola costituenti il
contenuto dell'accordo, presi in considerazione singolarmente e nel significato
che assumono nel complessivo tenore del contratto ); della serietà (essere
svolta dalle parti mediante l'adozione di un comportamento obiettivamente idoneo
a raggiungere il risultato cui e diretta); della effettività essere stata non
solo storicamente ma anche in termini sostanziali effettuata, nel rispetto della
autonomia privata delle parti, riguardata non solo nel senso di libertà di
concludere contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta
possibilità -anche- per il consumatore di determinare il contenuto del
contratto).
Orbene, sotto quest'ultimo profilo viene invero specificamente in rilievo la
valutazione della «aggiunta a penna», nell'ambito del contratto dattiloscritto,
della clausola di deroga del foro del consumatore in questione, che il giudice
di merito ha nel caso posto a base dell'impugnata decisione, proprio in tale
«peculiarità» ravvisando l'elemento decisivo, «in mancanza di prova contraria»
da parte del GALDI «malgrado la concessione dei termini di cui all'art. 183 V
comma c.p.c.», per ritenere contratto de quo «frutto della libera
autodeterminazione delle parti», e per pervenire alla conclusione che «la deroga
alla competenza del foro del consumatore sia stata da questi prevista, voluta ed
approvata con le modalità prescritte per le clausole vessatorie dall'art. 1341
c.c.».
Anche a voler nel caso valorizzare l'aggiunta a penna della clausola in
questione con riferimento (pure) alla disciplina di tutela del consumatore posta
agli artt. 1469 bis ss. c.c., ed ora dal Codice del consumo, la medesima non pub
invero ritenersi deporre per la sussistenza di una trattativa caratterizzata
dagli imprescindibili requisiti sopra tratteggiati, e in particolare da quello
dell'effettività.
Non può infatti ad essa riconoscersi significato univoco. E ciò, si noti,
quand'anche (ma trattasi di circostanza invero non emergente dall'impugnata
sentenza) tale aggiunta risulti di scrittura autografa del consumatore.
Vale esemplificativamente osservare che, come posto in rilievo in dottrina,
nella circolare ABI del 23 febbraio 1996 si suggeriva alle banche di adottare
(anche) tale espediente proprio al fine di precostituirsi la prova della
trattativa.
Va al riguardo sottolineato che per esplicita previsione normativa (art.
1469-ter, ult. co., c.c. e art. 34, comma 5, d.lgs. n. 206 del 2005) nei
contratti del consumatore conclusi mediante moduli o formulari predisposti per
disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe
invero sul professionista l'onere di provare che pur se da egli predisposte le
clausole che ne costituiscono il contenuto hanno formato oggetto di specifica
trattativa con il consumatore.
Il positivo assolvimento da parte del professionista di tale onere probatorio
comporta l'esclusione dell'applicazione della disciplina di protezione in
argomento, e l'assoggettamento del contratto alle regole dettate dal codice in
tema di contratto in generale, oltre che di quelle proprie del tipo negoziale
adottato dalle parti nel singolo caso.
Le richiamate norme fanno specifico ed espresso riferimento esclusivamente ai
contratti conclusi mediante moduli o formulari predisposti per disciplinare in
maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, laddove nessuna regola
particolare è invece al riguardo dettata con riferimento al contratto
individualmente negoziato.
Un tanto non consente tuttavia ad inferire che per questi ultimi incomba al
consumatore che agisce in giudizio dare la prova negativa della «assenza di
trattativa».
Atteso che come sopra esposto quest'ultima non costituisce invero un elemento
costitutivo della vessatorietà da considerarsi a carico dell'attore quale
prius logico rispetto alla verifica della sussistenza del significativo
squilibrio in cui riposa l'abusività della clausola e del contratto, bensì
rileva quale presupposto oggettivo di esclusione dell'applicazione della
disciplina di tutela in questione, al consumatore che agisce in giudizio per la
declaratoria di inefficacia della clausola in base alla regola generale ex art.
2697 c.c. incombe di allegare che ricorrono i presupposti ed i requisiti
necessari e sufficienti per pervenire alla declaratoria domandata, e cioè che il
contratto è stato predisposto dal professionista, il quale lo utilizza nel
quadro della sua attività professionale, e che le clausole costituenti il
contenuto del contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui agli artt.
1469-bis, 3° co., c.c. o 33, comma 2, (ovvero 36, comma 2) d.lgs. n. 206 del
2005.
Spetta viceversa al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o
modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento della trattativa e
della relativa idoneità, in quanto caratterizzata dagli imprescindibili
requisiti più sopra indicati, ad atteggiarsi a presupposto di esclusione
dell'applicazione della normativa in argomento (cfr. Cass., 28/6/2005, n.
13890).
Avuto riguardo ai contratti del consumatore, in base ad una scelta di carattere
sicuramente qualitativo il legislatore ha infatti posto l'onere della prova in
capo alla parte -il professionista- che in base al ruolo svolto (anche) nel
rapporto contrattuale ha senz'altro maggiore possibilità di fornirla.
Al 3° quesito il ricorrente pone anche la questione se in mancanza di prova
della trattativa la clausola derogatoria della competenza sia «nulla».
A tale quesito non può darsi invero risposta, atteso che con il regolamento di
competenza possono farsi valere solamente questioni concernenti l'individuazione
del giudice competente a conoscere della causa, al fine di evitare che la sua
designazione sia ulteriormente posta in discussione nell'ambito della stessa
controversia, e del sistema di rilevazione di tale competenza (cfr. Cass.,
7/2/2006, n. 2591; Cass., Sez. Un., 11/10/2002, n. 14569).
Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto ai suindicati quesiti andrà
pertanto data risposta, assorbita ogni altra e diversa questione, con l'enunziazione
dei seguenti principi.
1) Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell'art.
dell'art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005 (e già dell'art. 1469
bis, 3° co. n. 19, c.c.) la competenza territoriale esclusiva spetta al giudice
del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo,
presumendosi vessatoria la clausola che statuisca come sede del foro competente
una località diversa.
2) Ai sensi dell'art. 34, comma 5, d.lgs. n. 206 del 2005 (e già dell'art 1469
bis, 5° co., c.c.) incombe al consumatore che agisce in giudizio per la
declaratoria di inefficacia della clausola di allegare e provare che ricorrono i
presupposti ed i requisiti necessari e sufficienti per pervenire alla
declaratoria domandata, e cioè che il contratto è stato predisposto dal
professionista, il quale lo utilizza nel quadro della sua attività
professionale, e che le clausole costituenti il contenuto del contratto
corrispondono a quelle vessatorie di cui dell'art. 33, comma 2, d.lgs. n. 206
del 2005 ( e già dell'art. 1469-bis, 3° co., c.c. ).
Spetta viceversa al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o
modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento della trattativa e
della relativa idoneità (in quanto caratterizzata dagli imprescindibili
requisiti della individualità, serietà ed effettività ad escludere
l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del
consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
3) L'aggiunta a penna della clausola nell'ambito di testo contrattuale
dattiloscritto o la mera approvazione per iscritto della clausola sono inidonee
ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della
relativa effettività, e pertanto dell'idoneità della medesima a precludere
l'applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del
consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).
4) Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la
sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in
base al mero numero d'ordine e inidonea a determinare, ai sensi dell'art. 1341,
2° co., c.c., l'efficacia della clausola vessatoria (rectius, onerosa) di
deroga all'ordinaria competenza territoriale, essendo a tal fine necessario che
la stessa risulti dal predisponente chiaramente e autonomamente evidenziata e
dall'aderente specificamente ed autonomamente sottoscritta.
Alla stregua di quanto sopra osservato e degli enunziati principi va
ulteriormente precisato che nel caso e da ritenersi applicabile la disciplina
dettata dal Codice del consumo.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio della
perpetuatio iurisdictionis posto dall'art. 5 c.p.c., nel testo novellato
dall'art. 2 L. n. 353 del 1990, comporta l'irrilevanza dei mutamenti legislativi
come nella specie successivi alla proposizione della domanda solamente nel caso
che alla stregua dei medesimi il giudice adito risulti privato della competenza
(o della giurisdizione) spettantegli al tempo dell'introduzione della domanda, e
non anche laddove la competenza (o della giurisdizione) risulti per converso
spettare al giudice che ne era inizialmente privo dalla norma successiva
viceversa attribuita (cfr. Cass., Sez. Un., 29/10/1997, n 10634; Cass., Sez.
Un., 17/12/1998, n. 12622; Cass., Sez. Un., 19/3/1999, n. 164; Cass., Sez. Un.,
19/2/2002, n. 2415; Cass., 6/4/2004, n. 6729; Cass., 21/12/2004, n. 23701;
Cass., Sez. Un., 13/9/2005, n. 18126; Cass., 17/1/2008, n. 857 ), ovvero
allorquando la competenza venga da quest'ultima in capo al giudice adito con la
domanda introduttiva del giudizio confermata o "consolidata".
In presenza di una normativa esistente al momento della domanda che impedisce al
giudice di declinare la propria competenza, qualora la stessa risulti al
medesimo riconosciuta o confermata sulla base dello ius superveniens la
Corte Suprema di Cassazione, investita del potere di pronunciare sulla
competenza del giudice adito, non pub infatti non applicare quest'ultima norma,
essendo quella che disciplina la competenza del giudice al momento della
decisione ( v. Cass., Sez. Un., 24/2/1996, n. 1472).
In accoglimento del ricorso andrà pertanto affermata l'applicabilità nel caso
della regola del c.d. foro del consumatore, sicché quale giudice competente per
territorio andrà indicato il Tribunale di Salerno».
La relazione è stata comunicata al P.G. e notificata al, difensore della, parte
costituita.
ricorrente non ha presentato memoria ne vi 6 stata richiesta di audizione in
camera di consiglio.
Il P.G. ha condiviso la relazione.
RITENUTO IN DIRITTO
A seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il
Collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, con le
precisazioni di seguito indicate.
Al 3° quesito il ricorrente pone anche la questione se in mancanza di prova
della trattativa la clausola derogatoria della competenza sia «nulla».
Al riguardo questa Corte ha avuto modo di affermare the le disposizioni di cui
all'art. 1469 bis c.c., 3° co. n. 19, e art. 1469 ter c.c. stabilivano la
competenza territoriale esclusiva -ma derogabile- del giudice del luogo in cui
il consumatore ha la residenza, presumendo la vessatorietà della clausola di
deroga, presunzione superabile, ad onere del professionista, con la
dimostrazione della preesistenza alla stipula di trattativa individuale (v.
Cass., 6/9/2007, n. 18743), le Sezioni Unite avendo posto in rilievo la
sussistenza di tale presunzione anche laddove la pattuizione si fosse tradotta
nella indicazione derogatoria di una località coincidente con l'applicazione di
uno dei criteri delineati dal codice di rito ( v. Cass., Sez. Un., 1/10/2007, n.
14669 ).
In mancanza di prova della trattativa individuale ex art. 1469 ter, 4° co.,
c.c., si e affermato essere colpita da inefficacia la clausola derogatoria
abusiva o vessatoria (v. Cass., 21/5/2008, n. 13051; Cass., 6/9/2007, n. 18743;
Cass., 23/2/2007, n. 4208).
Diversamente dal previgente art. 1469 quinquies c.c., che prevedeva
l'inefficacia delle clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 1469
bis e 1469 ter c.c., il contratto rimanendo valido per il resto, l'art. 36,
comma 1, del Codice del consumo commina ora per le clausole considerate
vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 la sanzione della the espressamente
nella rubrica qualifica di nullità di protezione, operando essa «soltanto a
vantaggio del consumatore» e potendo essere rilevata d'ufficio (art. 36, comma
3), mentre il contratto rimane valido per il resto.
A tale modifica normativa non sembra potersi invero negare portata innovativa,
dovendo ritenersi che per quanto non oggetto di specifica e particolare
regolamentazione trova applicazione la disciplina generale dettata dal codice in
tema di nullità del contratto ex artt. 1418 ss. c.c.
Il Collegio ritiene pertanto di porre a fondamento della decisione i seguenti
principi di diritto:
1) Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell'art. 33,
comma 2 lett. u), d. lgs. n. 206 del 2005 (e già dell'art. 1469 bis, 3° co. n.
19, c.c.) la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il
consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo.
2) Se -come nella specie- il professionista, convenuto avanti al foro del
consumatore, eccepisce l'incompetenza territoriale del giudice avanti al quale 6
stato tratto in ragione della sussistenza, nell'ambito di contratto concluso
mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in
maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, di clausola contrattuale di
proroga della competenza incombe al medesimo dare la prova positiva che tale
clausola è stata oggetto di trattativa idonea -in quanto caratterizzata dagli
imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività.- ad
escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal
Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
Laddove -diversamente dall'ipotesi in esame- sia viceversa il consumatore,
convenuto avanti a foro diverso da quello suo proprio, a sollevare questione di
incompetenza territoriale del giudice avanti al quale 6 stato tratto, al
medesimo incombe di allegare che trattasi di controversia concernente contratto
concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per
disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, spettando al
professionista, che contrappone la sussistenza di una clausola di deroga al foro
del consumatore, dare la prova positiva che tale clausola è stata oggetto di
trattativa idonea -in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti
della individualità, serietà ed effettività- ad escludere l'applicazione della
disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli
artt. 1469 bis ss. c.c.).
3) La regola di ripartizione dell'onere probatorio indicata sub 2) si applica
anche al contratto contratto concluso in maniera diversa dalla sottoscrizione di
moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati
rapporti contrattuali.
4) Ai sensi dell'art. 34, comma 5, d. lgs. n. 206 del 2005 e già dell'art. 1469
ter, 5° co., c.c.) spetta al professionista, che intende far valere un contratto
concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per
disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali dare la prova
positiva che le clausole ( diverse da quella di deroga al foro del consumatore )
sono state oggetto di trattativa idonea -in quanto caratterizzata dagli
imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad
escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal
Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
Ove sia il consumatore ad agire in giudizio per la declaratoria di inefficacia
di una clausola vessatoria o abusiva, al medesimo incombe allegare che la
clausola accede a contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o
formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti
contrattuali.
Spetta viceversa al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o
modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento della trattativa e
della relativa idoneità -in quanto caratterizzata dagli imprescindibili
requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad escludere
l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del
consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
5) La regola di ripartizione dell'onere probatorio indicata sub 4) si applica
anche al contratto concluso in maniera diversa dalla sottoscrizione di moduli o
formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti
contrattuali, sicché spetta al professionista dare la prova positiva che le
clausole sono state oggetto di trattativa idonea - in quanto caratterizzata
dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad
escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal
Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.); incombe al consumatore
che agisce in giudizio per la declaratoria di inefficacia di una clausola
vessatoria o abusiva ( diversa da quella di deroga al foro del consumatore )
allegare che ricorrono i presupposti ed i requisiti necessari e sufficienti per
pervenire alla declaratoria domandata, e cioè che il contratto è stato
predisposto dal professionista, il quale lo utilizza nel quadro della sua
attività professionale, e che le clausole costituenti il contenuto del contratto
corrispondono a quelle vessatorie di cui dell'art. 33, comma 2, d. lgs. n. 206
del 2005 (e già dell'art. 1469-bis, 3° co., c.c.); spetta invece al
professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la
prova positiva dello svolgimento di trattativa idonea -in quanto caratterizzata
dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad
escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal
Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
6) L'aggiunta a penna della clausola nell'ambito di testo contrattuale
dattiloscritto o la mera approvazione per iscritto di una clausola sono inidonee
ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della
relativa effettività, e pertanto dell'idoneità della medesima a precludere
l'applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del
consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
7) In mancanza della prova della trattativa, in base all'art. 36, comma 1, d.
lgs. n. 206 del 2005 le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33
e 34 sono nulle, mentre contratto rimane valido per il resto.
8) Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la
sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in
base al mero numero d'ordine e inidonea a determinare, ai sensi dell'art. 1341,
2° co., c.c., l'efficacia della clausola vessatoria (rectius, onerosa) di
deroga all'ordinaria competenza territoriale, essendo a tal fine necessario che
la stessa risulti dal predisponente chiaramente e autonomamente evidenziata, e
dall'aderente specificamente ed autonomamente sottoscritta.
In accoglimento del ricorso deve essere pertanto dichiarata la competenza per
territorio del Tribunale di Salerno.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza per territorio del Tribunale di Salerno.
Condanna la intimata al pagamento delle spese del procedimento di regolamento,
che liquida in complessivi euro 1.100,00, di cui euro 1.000,00 per onorari,
oltre a spese generali ed accessori come per legge. is A:4At':1444e4
Roma, 3/7/2008
Deposito in Cancelleria 26/09/2008
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