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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 16 giugno 2008 (Ud. 15/04/2008), Sentenza n.
24331
RIFIUTI - Abbandono di rifiuti (elemento soggettivo del reato) - Esclusione
della responsabilità - Buona fede - Presupposti. In materia di abbandono di
rifiuti, la presenza dei cartoni con l'indirizzo del produttore non è
circostanza tale da escludere l'elemento psicologico del reato, tenuto conto che
il reato contestato ha natura contravvenzionale. Per escludere la responsabilità
nelle contravvenzioni è necessario che l'imputato provi di aver fatto quanto era
possibile per osservare la legge e che quindi nessun rimprovero può essergli
mosso neppure per negligenza o imprudenza. La buona fede acquista giuridica
rilevanza solo se si risolva, a causa di un elemento estraneo all'agente, in uno
stato soggettivo che sia tale da escludere anche la colpa. Sicché la buona fede
può esentare da responsabilità penale soltanto se il soggetto abbia violato la
legge per cause indipendenti dalla sua volontà: la violazione della norma deve
apparire, cioè, determinata da errore inevitabile che si identifica con il caso
fortuito o la forza maggiore. L'eventuale leggerezza nell'abbandono di quel
materiale o il mancato controllo su coloro che effettuavano i trasporti per
conto della ditta, evidentemente, non possono mandare esenti da responsabilità.
Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. Bidoggia. ed altro. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 16 giugno 2008 (Ud. 15/04/2008), Sentenza n. 24331
PROCEDURE E VARIE - Controllo di legittimità - Limiti. Il controllo di
legittimità non può mai comportare una rivisitazione dell'iter ricostruttivo del
fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione complessiva delle
emergenze processuali, finalizzata ad individuare percorsi logici alternativi ed
idonei ad inficiare il convincimento espresso dal giudice di merito (Cass.pen.sez.2
n.23419/2007-Vignaioli). Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. Bidoggia. ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 16 giugno 2008 (Ud. 15/04/2008), Sentenza
n. 24331
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UDIENZA del 15.04.2008
SENTENZA N. 00968/2008
REG. GENERALE N.019273/2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. ONORATO PIERLUIGI
PRESIDENTE
1.Dott.SQUASSONI CLAUDIA
CONSIGLIERE
2.Dott.MARMO MARGHERITA
"
3.Dott.AMORESANO SILVIO
"
4.Dott.SENSINI MARIA SILVIA
"
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1) B. C. N. IL xx/xx/xxxx
2) S. D. N. IL xx/xx/xxxx
avverso SENTENZA TRIBUNALE del
23/10/2006 di TORINO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere AMORESANO SILVIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dr. Luigi Ciampoli che ha concluso
per l'inammissibilità
Udito i difensor:e Avv. Andrea Gatto in sostituzione avv. Dario Vladimiro Gamba,
che ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata.
OSSERVA
1) Con sentenza del 23.10.2006 il Tribunale di Torino, in composizione
monocratica, condannava B. C. e S. D., previa concessione
delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di euro 4.000,00 di ammenda
ciascuno per il reato di cui agli artt.110 c.p., 51 comma 2 in relazione
all'art.51 comma 1 lett.a) D.L.vo 22/1997 per aver, in concorso tra loro, nella
qualità di legali rappresentanti della ditta "D.AIR snc", effettuato un
abbandono di rifiuti pericolosi, individuati con numero (CER 15.01.11),
consistenti in n.34 compressori ad olio per impianti di refrigerazione di varie
dimensioni e rottami vari di lamiera zincata di apparecchiature di aerazione, su
fondo agricolo pertinente alla cascina Commenda.
La riferibilità di almeno parte del materiale abbandonato alla ditta, di cui gli
imputati erano rappresentatati legali, derivava, secondo il Tribunale, dal
rinvenimento sul posto di due cartoni di imballaggio con l'indirizzo del
mittente e del destinatario, dal fatto che in passato la ditta medesima aveva
trattato compressori del tipo di quelli rinvenuti, dalle ammissioni dello
S., il quale però ipotizzava che i compressori medesimi (sei) potessero
essere stati sottratti da zingari.
Riteneva poi il Tribunale che il materiale rinvenuto dovesse essere qualificato
come rifiuto, anche se non pericoloso, per cui andava ritenuta la responsabilità
degli imputati per non averlo consegnato ad una ditta abilitata allo
smaltimento.
2) Propongono ricorso per cassazione il B., nonché ex art.587 c.p.p. lo
S., a mezzo del difensore, per inosservanza o erronea applicazione
dell'art.51 comma 2 in relazione all'art.51 comma 1 lett.a) D.L.vo 22/97.
La condotta degli imputati era irrilevante penalmente: dagli atti emergeva che
la ditta offriva ai clienti un servizio aggiuntivo, ritirando, al momento della
consegna del nuovo compressore, quello vecchio che, collocato nel cartone di
imballaggio del primo, veniva depositato in una tettoia all'aperto, di proprietà
privata e recintata, in attesa di essere ritirato dalla ditta che ne curava la
rigenerazione.
Era verosimile la tesi della sottrazione da parte di alcuni zingari, essendo
inconcepibile un abbandono da parte dei responsabili della ditta (sul posto
erano stati rinvenuti anche dei cartoni di imballaggio con l'indirizzo del
mittente, che avrebbero facilmente ricondotto alla società). Il furto non era
stato denunciato tenuto conto della natura del materiale sottratto.
Mancava quindi del tutto l'elemento soggettivo del reato; né il reato poteva
essere addebitato a titolo di colpa.
La pena inflitta al B. era in ogni caso sproporzionata, stante la totale
incensuratezza del prevenuto.
Chiedono pertanto l'annullamento della sentenza impugnata.
3) Le censure sollevate non tengono conto che il controllo demandato alla Corte
di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei
passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del
provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa
ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare
il suo convincimento o di verificare se i risultati dell'interpretazione delle
prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie
risultanti dagli atti del processo.
E' necessario cioè accertare se nell'interpretazione delle prove siano state
applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri
legali dettati in tema di valutazione delle prove medesime, in modo da fornire
la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a
preferenza di altre.
L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve quindi essere
evidente e tale da inficiare lo stesso percorso seguito dal giudice di merito
per giungere alla decisione adottata.
II controllo di legittimità non può mai comportare una rivisitazione dell'iter
ricostruttivo del fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione
complessiva delle emergenze processuali, finalizzata ad individuare percorsi
logici alternativi ed idonei ad inficiare il convincimento espresso dal giudice
di merito" (così condivisibilmente Cass.pen.sez.2 n.23419/2007-Vignaioli).
3.1) Pur denunciando formalmente la violazione di legge, con il ricorso del
B. si propone una diversa interpretazione delle risultanze processuali.
Il Tribunale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto
provata la penale responsabilità degli imputati, evidenziando, in primo luogo,
che il materiale abbandonato apparteneva alla ditta di cui i ricorrenti erano
rappresentanti legali. Tale appartenenza emergeva indiscutibilmente dal fatto
che sul posto erano stati rinvenuti due cartoni di imballaggio con l'indirizzo
della ditta "D.Air. snc" e dal fatto che in passato la ditta medesima aveva
trattato compressori del tipo di quelli rinvenuti ed infine dalle ammissioni
dello S..
Correttamente poi il giudice di merito ha disatteso la tesi difensiva, non
essendo ipotizzabile la sottrazione da parte di zingari.
Siffatta tesi appare, invero, un mero espediente difensivo, non risultando
suffragata da alcuna prova (il furto non era stato, infatti, mai denunciato).
Né poteva giustificare la mancata denuncia lo scarso valore del materiale sottratto: trattandosi di rifiuti pericolosi, la "circolazione" di tale materiale avrebbe potuto comportare, infatti, responsabilità anche sotto il profilo penale.
Infine, il Tribunale non ha recepito delle dichiarazioni del B. solo
quelle che convalidavano la ipotesi accusatoria.
A parte il fatto che il riconoscimento dell'appartenenza alla ditta del
materiale rinvenuto era per così dire "necessitato", in quanto, come si è visto,
l'indirizzo sui cartoni attestava inequivocabilmente quella appartenenza, la
insostenibilità della tesi difensiva è ineccepibilmente motivata.
3.2) La presenza dei cartoni con l'indirizzo non è circostanza tale da escludere
l'elemento psicologico del reato, tenuto conto che il reato contestato (art.51
comma 2 in relazione all'art.51 comma 1 lett.b D.L.vo 22/97) ha natura
contravvenzionale, tanto che è stata irrogata la pena dell'ammenda.
Per escludere la responsabilità nelle contravvenzioni è necessario che
l'imputato provi di aver fatto quanto era possibile per osservare la legge e che
quindi nessun rimprovero può essergli mosso neppure per negligenza o imprudenza.
La buona fede acquista giuridica rilevanza solo se si risolva, a causa di un
elemento estraneo all'agente, in uno stato soggettivo che sia tale da escludere
anche la colpa. Sicché la buona fede può esentare da responsabilità penale
soltanto se il soggetto abbia violato la legge per cause indipendenti dalla sua
volontà: la violazione della norma deve apparire, cioè, determinata da errore
inevitabile che si identifica con il caso fortuito o la forza maggiore.
L'eventuale leggerezza nell'abbandono di quel materiale o il mancato controllo
su coloro che effettuavano i trasporti per conto della ditta, evidentemente, non
possono mandare esenti da responsabilità.
3.3) Anche sulla entità della pena (peraltro di poco superiore al minimo
edittale) vi è adeguata, anche se stringata, motivazione.
3.4) II ricorso dello S., a sua volta, è tardivo e nei suoi confronti,
stante il non accoglimento del ricorso del B., è inapplicabile il disposto
dell'art.587 c.p.p..
3.5) I ricorsi vanno, quindi, dichiarati inammissibili, con condanna dei
ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento della somma, che pare congruo determinare in euro
1.000,00 ciascuno, ai sensi dell'art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende
della somma di euro 1.000,00 ciascuno.
Cosi deciso in Roma il 15 aprile 2008
Deposito in Cancelleria 16/06/2008
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