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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4 luglio 2008 (Ud 20/05/2008), Sentenza n. 27071
ACQUE - AGRICOLTURA - RIFIUTI - Allevamenti di bestiame - Acque reflue -
Fertirrigazione - Disciplina applicabile - Utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento - Raccolta in vasca - Disciplina sui rifiuti -
Autorizzazione - Necessità - Classificazione dello scarico - Ininfluenza.
L'assimilazione delle acque reflue provenienti da imprese agricole o da
allevamenti di bestiame a quelle domestiche si riferisce ai casi in cui vi sia
uno scarico diretto tramite condotta. Solo in tale caso, ossia in mancanza di
spandimento sul suolo degli effluenti derivanti dall'attività agricola o di
allevamento del bestiame, era ed è applicabile la disciplina prevista per gli
scarichi domestici, ricorrendo le altre condizioni previste dalla legge per
l'assimilazione . La raccolta in vasca configura una vera e propria raccolta di
rifiuti che doveva essere autorizzata. L'eventuale utilizzazione agronomica
degli effluenti di allevamento riguarda la successiva fase del recupero
zootecnico che è cosa diversa dallo scarico ed ha una propria disciplina
distinta e separata da esso e prescinde da esso. L'eventuale utilizzazione
agronomica dei reflui non esclude l'autorizzazione per lo stoccaggio nella
vasca, in quanto la pratica della fertirrigazione prescinde dalle modalità di
gestione delle acque reflue di un allevamento, sia che esse siano o no soggette
alla normativa sui rifiuti o a quella sulle acque , ed in quest'ultimo caso
indipendentemente dalla classificazione dello scarico come industriale o
domestico. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Cornalba. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 4 luglio 2008 (Ud 20/05/2008), Sentenza n. 27071
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UDIENZA 20/05/2008
SENTENZA N. 1224
REG. GENERALE n. 38667/07
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Pierluigi Onorato presidente
Dott. Ciro Petti
consigliere
Dott. Alfredo Teresi
consigliere
Dott. Claudia Squassoni consigliere
Dott Giulio Sarno consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal difensore di Cornalba Davide, nato a Lodi Vecchio il 19
luglio del 1957 e Cornalba Domenico, nato a Lodi Vecchio il 10 marzo del 1948,.
., avverso la sentenza della corte d'appello di Milano del 17 settembre dei
2007;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il P.M. nella persona del sostituto procuratore generale dott. Tindari
Baglione, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
- letti il ricorso e la sentenza denunciata, osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 10 settembre del 2007, la corte d'appello di Milano, confermava
quella resa dal tribunale monocratico di Lodi del 19 luglio del 2005, con cui
Cornalba Davide e Cornalba Domenico erano stati condannati alla pena di mesi tre
di arresto ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali ed al
risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili, quali
responsabili, in concorso di circostanze attenuanti generiche:
a) del reato di cui agli artt. 81
capov., 110 c.p. 51 comma secondo decreto legislativo n 22 del 1997 per avere,
nella qualità di titolari dell' omonima impresa agricola, abbandonato con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso rifiuti speciali non
pericolosi, costituiti da reflui zootecnici aziendali, sui terreni di proprietà
della società Ghione Fatto commesso in Salerano sul Lambro fino al 6 giugno del
2003;
b) del reato di cui agli arti 110 e 650 c.p. per avere, in concorso tra loro,
omesso di osservare un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragioni
d'igiene e segnatamente l'ordinanza sindacale del 18 novembre del 2002, con cui
si intimava la sospensione di ogni attività di sversamento e smaltimento di
liquami .Fatto commesso fino al 4 giugno del 2003.
Il fatto in base alle decisioni dei giudici del merito va ricostruito nella
maniera seguente:
Gli agenti della polizia provinciale intervenuti nelle date indicate nel capo
d'imputazione presso la Cascina Ghione di proprietà di Giuseppe Besozzi notarono
uno spandimento di liquami che aveva formato sul suolo di proprietà della
società anzidetta una sorta di palude di reflui zootecnici. Questi provenivano
da una vasca di contenimento dell'allevamento suinicolo dei prevenuti , Tale
vasca al momento del sopralluogo era stata svuotata Gli inquirenti precisarono
che all'epoca erano in atto lavori di posa in opera di tubi e che la quantità di
reflui aveva oltrepassato il canale di scolo ed era defluita verso il fiume
Lambro.
A fondamento della decisione la corte ambrosiana osservava che alla fattispecie,
come puntualmente precisato dal tribunale, era applicabile la disciplina sui
rifiuti e non quella sulle acque di cui al decreto legislativo n 152 del 1999;
che si era accertato che i rifiuti liquidi erano sversati sul terreno della
società Ghione senza il rispetto di alcun parametro agronomico;che i prevenuti
non avevano ottenuto alcun permesso di utilizzazione agronomica di quei
rifiuti;che essi non erano assimilabili ai reflui domestici; che il reato di cui
all'articolo 650 c.p. era configurabile perché il provvedimento sindacale era
stato legittimamente adottato per ragioni di igiene.
Ricorrono per cassazione i due imputati per mezzo del difensore deducendo:
- inosservanza delle norme incriminatici per avere i giudici del merito,
sull'erronea premessa che l'attività di allevamento non fosse assimilabile a
quella agricola, ritenuto applicabile la disciplina sui rifiuti invece di quella
di cui all'ari 59 comma 11 del decreto legislativo n 152 del 1999;
- mancanza di motivazione in ordine all'esclusione della natura agricola
dell'attività esercitata dagli imputati;
- la violazione dell'articolo 38 e degli artt. 54 comma 7 e 59 comma 11 e 62
comma 10 del decreto legislativo n 152 del 1999 dei quali è stata
illegittimamente esclusa l'applicazione sulla premessa che mancavano i decreti
attuativi, posto che a tale mancanza era destinato a supplire l'articolo 62
comma 10 del citato decreto;
- la violazione dell'articolo 650 c.p. che non era applicabile alla fattispecie
perché il fatto era sanzionato da una specifica norma costituita dall'articolo
106 del R.D. 383 del 1934. da considerarsi depenalizzata;
- la prescrizione dei reati;
- l'illegittimità della condanna al risarcimento del danno, quale conseguenza
dell'illegittimità dell'affermazione di responsabilità.
I motivi sono stati ulteriormente illustrati con memoria difensiva depositata il
23 aprile del 2008, con cui si è ribadita la prescrizione dei reati
IN DIRITTO
Il collegio rileva che tutti i reati si sono estinti per prescrizione essendo
maturato alla data del dicembre del 2007 il termine massimo prorogabile, secondo
la disciplina, applicabile alla fattispecie ratione temporis, vigente
prima della riforma introdotta con la legge n 251 del 2005.
I motivi, ancorché infondati, non possono considerarsi manifestamente tali
perché pongono delicate questioni sulla linea discriminatoria tra la disciplina
sui rifiuti e quella sulle acque, nonché sull'applicabilità della
fertirrigazione.
In presenza di una causa estintiva del reato l'analisi delle questioni dedotte
va necessariamente circoscritta,nei limiti propri del giudizio di legittimità ,
all'eventuale sussistenza di una causa di proscioglimento più favorevole di
quella della declaratoria di estinzione del reato ed all'eventuale conferma
delle statuizioni civili.
Il collegio ritiene che la decisione impugnata ai fini. delle statuizioni civili
possa essere confermata perché non v'è dubbio sull'illiceità penale del fatto.
Invero alla fattispecie non è applicabile né la disciplina sugli scarichi né
quella sull'utilizzazione agronomica dei reflui. Non è applicabile la prima per
la mancanza di uno scarico tramite condotta o comunque stabile canalizzazione.
Invero l'assimilazione delle acque reflue provenienti da imprese agricole o da
allevamenti di bestiame a quelle domestiche si riferisce ai casi in cui vi sia
uno scarico diretto tramite condotta. Solo in tale caso, ossia in mancanza di
spandimento sul suolo degli effluenti derivanti dall'attività agricola o di
allevamento del bestiame, era ed è applicabile la disciplina prevista per gli
scarichi domestici, ricorrendo le altre condizioni previste dalla legge per
l'assimilazione. Come precisato nella parte narrativa quei reflui erano raccolti
prima in una vasca e poi sparsi sul terreno. Orbene la raccolta nella vasca
configura una vera e propria raccolta di rifiuti che doveva essere autorizzata
.L'eventuale utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento riguardava
la successiva fase del recupero zootecnico che è cosa diversa dallo scarico ed
ha una propria disciplina distinta e separata da esso e prescinde da esso.
L'eventuale utilizzazione agronomica di quei reflui non escludeva
l'autorizzazione per lo stoccaggio nella vasca, in quanto la pratica della
fertirrigazione prescinde dalle modalità di gestione delle acque reflue di un
allevamento, sia che esse siano o no soggette alla normativa sui rifiuti o a
quella sulle acque , ed in quest'ultimo caso indipendentemente dalla
classificazione dello scarico come industriale o domestico. Ma nella
fattispecie, a prescindere pure dalla circostanza che il decreto attuativo
dell'articolo 38 del decreto legislativo n 152 del 1999(ora articolo 102 del T.0
n 152 del 2006) è stato emanato il 7 aprile del 2006 e che il piano di
utilizzazione agronomica presentato dai prevenuti non è stato approvato, non si
può parlare di fertirrigazione del suolo allorché, come è avvenuto nella
fattispecie, i liquami vengono abbandonati alla rinfusa senza possibilità di
assorbimento da parte del terreno, dando luogo a ruscellamenti, acquitrini o
addirittura a paludi putrescenti,che non assolvevano la funzione, propria della
fertirrigazione, di rendere i campi prosperi; anzi, come risulta dalla sentenza
impugnata,hanno danneggiato il raccolto. In questi casi non si versa in ipotesi
di fertirrigazione ma di abbandono di rifiuti (Cass n 5229 del 1991; Cass 3
dicembre 1999, Gobetti) sia in base alla normativa previgente che a
quell'attuale.
La riprova dell'illiceità della fertirrigazione si desume dalla stessa ordinanza
sindacale che è stata legittimamente adottata dal sindaco,per l'esistenza di
urgenti ragioni di igiene e che non risulta impugnata dagli interessati.
L'articolo 106 del R.D. 3 marzo 1934 n 383 , richiamato nel ricorso, si riferiva
ai casi d'inosservanza dei provvedimenti ivi contemplati i quali, a differenza
di quelli ai quali fa riferimento l'articolo 650 c.p., che sono caratterizzati
da motivi contingenti ed urgenti,avevano natura di provvedimenti di ordinaria
attuazione di leggi e regolamenti La materia è ora regolata dagli artt. 50 e 54
del decreto legislativo n 267 del 2000.
Le statuizioni civili possono essere confermate essendo stata accertata
l'illiceità del fatto
P.Q.M.
LA CORTE
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché estinti per prescrizione i
reati ascritti.
Così deciso in Roma il 20 maggio del 2008-
Depositata in cancelleria il 4/07/2008
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