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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/07/2008 (Ud. 09/05/2008), Sentenza n. 28229



RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Coke da petrolio (pet - coke) commercializzato e destinato alla combustione - Modifiche introdotte dal d. lgs. n. 4/2008 - Esclusione dalla disciplina sui rifiuti - Condizioni.
Il coke da petrolio (o pet-coke), commercializzato e destinato alla combustione, può essere utilizzato come combustibile solo alle condizioni previste dall'art. 293 digs. 3 aprile 2006 n. 152 (c.d. codice dell'ambiente) - che prescrive che negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta (sulla tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni nell'atmosfera), inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall'Allegato X (sulla disciplina dei combustibili) alla parte quinta del medesimo d.lgs. n. 152/2006, alle condizioni ivi fissate - e solo in tal caso opera il disposto del precedente art. 185 che, nell'elencare le sostanze che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto, contemplava (al primo comma, lett. i, prima della riformulazione della disposizione ad opera del successivo decreto correttivo: art. 2, comma 22, d.lgs. 16 gennaio 2008 n. 4) il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo, sicché non trovava applicazione in particolare la disciplina autorizzatoria della gestione dei rifiuti. Quest'ultima invece era - ed è tuttora - pienamente operante ed applicabile ove il coke, commercializzato e destinato alla combustione, risulti non soddisfare le condizioni di legge per tale utilizzo, come nell'ipotesi in cui sia presente una quantità di zolfo eccedente la soglia massima prevista dall'Allegato X cit., e richieda quindi un trattamento per rientrare nei limiti della soglia di utilizzabilità". Presidente G. De Maio - Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/07/2008 (Ud. 09/05/2008), Sentenza n. 28229

RIFIUTI - Sottoprodotti - Coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo - Disciplina applicabile e giurisprudenza - (c.d. filter-cake) - Rifiuto - Esclusione. In tema di sottoprodotti, il pet-coke (o coke da petrolio), composto di carbone solido con quantità variabili di impurità, costituisce una delle numerose sostanze derivanti dal processo di raffinazione del petrolio (così Corte giustizia Comunità europee, 15 gennaio 2004, n. 235/02). Parimenti il codice dell'ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, recante "norme in materia ambientale") - dopo aver posto, all'art. 183, primo comma, lett. a, la definizione di rifiuto quale "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto (recante l'elenco delle categorie di rifiuti) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi" - ha poi previsto (all'art. 185, primo comma, lett. i) che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del d.lgs. n. 152/2006, tra l'altro, il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo. Inoltre, è stato affermato (Cass, sez. III, 14/11/2003 - 3/2/2004, n. 3978) che la parte inorganica di petrolio grezzo che si concentra a seguito della diminuzione della componente organica per la sua trasformazione in combustibili pregiati (c.d. filter-cake), non ha natura di rifiuto, atteso che dallo stesso si estraggono il vanadio ed il nichelio, e rappresenta il prodotto di un razionale processo industriale. Presidente G. De Maio - Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/07/2008 (Ud. 09/05/2008), Sentenza n. 28229

PROCEDURE E VARIE - Sequestro probatorio - Motivazione insufficiente - Riesame - Potere del giudice di rendere idonea la motivazione. In tema di riesame del sequestro probatorio, qualora nel provvedimento il p.m. abbia indicato in modo insufficiente le ragioni atte a giustificare, in funzione dell'accertamento dei fatti storici, il ricorso alla misura ablativa, il giudice del riesame ha il potere di rendere idonea la motivazione sul punto, facendo ricorso ad argomenti che migliorino la illustrazione delle esigenze indicate dall'inquirente (Cass., sez. V, 18 ottobre 2005, Dalla Santa). Presidente G. De Maio - Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/07/2008 (Ud. 09/05/2008), Sentenza n. 28229


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UDIENZA DEL  c.c. 9 maggio 2008

SENTENZA N.

REG. GENERALE N. 7672/2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



composta dagli Ill.mi Signori:


Omissis


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA

Omissis


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Con decreto del P.M. presso il tribunale di Taranto, emesso in data 5 dicembre 2007, veniva disposto, in relazione al reato di cui all'art. 256 digs. n.152 del 2006, il sequestro probatorio di un cumulo di coke da petrolio depositato presso la Italcave s.p.a. in Taranto, di proprietà della BT Coal s.r.l. ed in parte rivenduto alla SAIF Combustibili s.p.a., di cui Zucchi Francesco, era il legale rappresentante. Il sequestro probatorio veniva eseguito in data 6 dicembre 2007 ed aveva ad oggetto circa 7.300 tonnellate di coke da petrolio, importato dagli Stati Uniti per conto della BT Coal s.r.l. e trasportato a bordo della nave "Merlin", che scaricava tale cumulo nel porto di Taranto, per poi essere depositato presso un terreno di proprietà della Italcave s.p.a. con sede in Taranto.


Zucchi Francesco, in qualità di legale rappresentante della società SAIF Combustibili s.p.a., proponeva richiesta di riesame. In particolare la difesa dell'indagato deduceva l'insussistenza del fumus commissi delitti con riferimento al reato ipotizzato dall'accusa e l'assoluto difetto di motivazione dell'impugnato decreto con riferimento alla sussistenza delle esigenze probatorie richieste dalla legge.


2. Il Tribunale di Taranto con ordinanza del 23 gennaio 2008 rigettava l'istanza di riesame.
Osservava, tra l'altro, il tribunale che l'art. 185, lett. i), d.lgs. n. 152/06 stabilisce che non rientra nel campo d'applicazione della parte quarta di tale decreto il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo. Ciò significa che tale sostanza, qualora venga impiegata come combustibile per uso produttivo, esula dalla nozione di rifiuto dettata dalla legge. Tuttavia tale normativa (digs. n. 152/06 e relativi allegati) fissa dei limiti per l'impiego del coke da petrolio come combustibile, che concernono essenzialmente la sua composizione chimica; difatti stabilisce, tra l'altro, che esso non può essere impiegato come combustibile qualora abbia un contenuto di zolfo superiore al 6% in massa ovvero un contenuto di materie volatili superiore al 14%. Le indagini svolte dalla p.g. -- ha ritenuto il tribunale - hanno consentito di accertare che il cumulo di coke da petrolio, depositato presso la Italcave s,p.a. in Taranto per conto della BT Coal s.r.l. proprietaria dello stesso, abbia un contenuto di zolfo e materie volatili superiore ai limiti consentiti dalla normativa di settore ai fini dell'utilizzo come combustibile; in particolare si accertava l'esistenza di un contenuto di zolfo pari al 7,69 %, e dunque assai superiore al limite massimo del 6% fissato dalla legge.


Ciò posto, il Tribunale riteneva che nel caso in esame il cumulo di coke da petrolio importato dagli Stati Uniti per conto della BT Coal a bordo della nave "Merlin" dovesse essere considerato come un rifiuto sicché il suo deposito ed il suo trattamento dovessero essere rispettosi della relativa disciplina. Difatti, sebbene in linea puramente teorica il coke da petrolio poteva avere anche impieghi diversi ed ulteriori rispetto a quello come combustibile, nel caso in esame - ad avviso del tribunale - appariva con assoluta evidenza che quel carico di pet-coke importato dalla Bt Coal a bordo della nave "Merlin" ed in parte poi rivenduto alla SAIF Combustibili s.p.a. fosse destinato esclusivamente all'uso come combustibile. Ciò risultava chiaramente dalla comunicazione indirizzata alla Dogana di Taranto dalla Bt Coal in data 22 novembre 2006, con la quale si dichiarava che il coke da petrolio relativo alla nave "Merlin" era destinato ad impianti di combustione per la produzione di clinker da cemento.


Quanto poi alla valutazione delle esigenze probatorie legittimanti il provvedimento impugnato, osservava il tribunale che il sequestro era giustificato dalla necessità di accertare, a mezzo di una consulenza tecnica per l'effettuazione delle necessarie analisi chimiche, se effettivamente risultassero superati i limiti di concentrazione di zolfo e materie volatili fissati dalla legge.


3. Avverso questa pronuncia la società SAIL s.p.a. propone ricorso per cassazione con due motivi integrati ed ulteriormente illustrati con successivi motivi aggiunti.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Il ricorso è articolato in due motivi.


Con il primo motivo - ribadito con i motivi aggiunti - la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 183, 185, 187 e 256 d.lgs. n. 152 del 2006 con riferimento alla qualificazione del pet-coke quale rifiuto. In particolare osserva che l'illiceità dell'impiego come combustibile del pet-coke con determinate caratteristiche non può comportare automaticamente la qualificazione dello stesso quale rifiuto. Ossia il pet-coke, ove non possa costituire sostanza combustibile non può essere qualificato per ciò solo rifiuto.


Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 253 c.p.p. atteso che il decreto di sequestro probatorio non recava l'indicazione delle esigenze probatorie.


2. Il primo motivo del ricorso è infondato.


3. Va premesso in punto di fatto - come circostanza pacifica - che il pet-coke (o coke da petrolio), composto di carbone solido con quantità variabili di impurità, costituisce una delle numerose sostanze derivanti dal processo di raffinazione del petrolio (così Corte giustizia Comunità europee, 15 gennaio 2004, n. 235/02). In relazione alla sua utilizzazione il documento di riferimento della Commissione europea sulle migliori tecniche disponibili (BREF) per il settore delle raffinerie, elaborato in conformità all'art. 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE sulla protezione e controllo integrato dell'inquinamento, approvato nel dicembre 2001, indica, in particolare, che "il coke da petrolio viene ampiamente utilizzato come combustibile nei cementifici ed in siderurgia. Esso può essere anche utilizzato come combustibile nelle centrali elettriche se il suo contenuto di zolfo è sufficientemente basso. Il coke è utilizzabile anche in altri modi, come materia prima per la fabbricazione di prodotti a base di carbone e di grafite".


Con riguardo a tale possibile utilizzazione del coke da petrolio come combustibile l'art. 1 decreto legge 7 marzo 2002 n. 22 (recante disposizioni urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio negli impianti di combustione), cony. con mod. in legge 6 maggio 2002 n. 82 - disponendo in deroga al d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, recante attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, e segnatamente della prescrizione in esso contenuta (art. 6, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 22/1997) secondo cui costituisce "rifiuto" qualsiasi sostanza che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A (aggiornato sulla base del nuovo Catalogo Europeo dei Rifiuti, stabilito dalla Comunità Europea con la decisione 2000/532 CE, come emendata dalle decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e 2001/573/CE) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi» - ha introdotto una modifica per escludere, a certe condizioni, il pet-coke dal campo di applicazione della normativa rifiuti, aggiungendo, in particolare, la lettera f-quater all'art. 8 dello stesso d.lgs. n. 22/1997 (recante l'elencazione delle esclusioni dal campo di applicazione del d.lgs. n. 22/1997). La suddetta modifica ha comportato l'esclusione dal regime dei rifiuti del coke da petrolio, purché venga utilizzato come combustibile per uso industriale, ossia venga recuperato per fini energetici. Specificamente l'art. 2, comma 2, d.1. n. 22/2002 ha consentito l'uso del coke da petrolio negli impianti di combustione distinguendo secondo la potenza termica dello stesso. In particolare negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo fossero fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60 per cento con il prodotto ottenuto era consentito l'uso del coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6 per cento in massa.


In tale modo risultava integrato l'elenco dei rifiuti esclusi dal campo di applicazione del d.lgs. n. 22/1997 quale contemplato dall'art. 8 che, nel rispetto della normativa comunitaria, ciò prevedeva "in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge". La disposizione quindi non conteneva una clausola di esonero, estesa (con la cit. lett. f-quater) al "coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo", bensì esprimeva null'altro che il principio di specialità in sintonia con l'art. 2 della direttiva 91/156/CEE che escludeva sì dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti alcune categorie di sostanze, ma solo "qualora già contemplate da altra normativa".


Parimenti il codice dell'ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, recante "norme in materia ambientale") - dopo aver posto, all'art. 183, primo comma, lett. a, la definizione di rifiuto quale "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto (recante l'elenco delle categorie di rifiuti) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi" - ha poi previsto (all'art. 185, primo comma, lett. i) che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del d.lgs. n. 152/2006, tra l'altro, il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo.


4. Ancorché l'originario art. 185 cit., nell'elencare i rifiuti esclusi dal campo di applicazione della parte quarta del d.lgs. n. 152/2006, non riproducesse più la dicitura "in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge" - ciò per un difetto di coordinamento (poi sostanzialmente corretto: v. infra) e non già per trasformare tale elenco in una clausola di esonero atteso che la delega (art. I legge 15 dicembre 2004 n. 308) consentiva solo il "riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative" e non già una innovazione di tal fatta - non di meno l'esclusione del coke da petrolio dalla nozione di rifiuto deve leggersi - in attuazione del principio di precauzione (cfr. Corte giustizia Comunità europee, 14 aprile 2005, n. 6/03, secondo cui la normativa comunitaria in materia ambientale è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva) - in stretta connessione con la disciplina del coke da petrolio come combustibile, tenendo conto anche dell'orientamento della Corte di giustizia (così C. giust. CE 15 gennaio 2004, n. 235/02) che ha richiamato l'"obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto, al fine di limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura" e di tener conto del grado di probabilità di riutilizzo di residui di produzione "senza operazioni di trasformazione preliminare", che costituisce un criterio utile ai fini di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442. Per la possibilità che il coke non costituisca rifiuto v. Cass, sez. III, 14 novembre 2003 - 3 febbraio 2004, n. 3978, che ha affermato che la parte inorganica di petrolio grezzo che si concentra a seguito della diminuzione della componente organica per la sua trasformazione in combustibili pregiati (c.d. filter-cake), non ha natura di rifiuto, atteso che dallo stesso si estraggono il vanadio ed il nichelio, e rappresenta il prodotto di un razionale processo industriale.


Sicché può dirsi che - alla stregua di questa interpretazione orientata al rispetto della cit. legge di delega e della menzionata normativa comunitaria, la quale ultima comunque, ove violata, comporterebbe la non applicazione della disciplina interna con essa configgente - la previsione dell'art. 185, primo comma, lett. i), si salda con il successivo art. 293 del medesimo d.lgs. n. 152/2006 che prevede che negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta (sulla tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni nell'atmosfera), inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall'Allegato X (sulla disciplina dei combustibili) alla parte quinta del medesimo d.lgs. n. 152/2006, alle condizioni ivi previste (All. n. 40).


Tale allegato, nell'elencare i combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo I, ha espressamente previsto il coke da petrolio a determinate condizioni: a) negli impianti di combustione con potenza termica nominale uguale o superiore a 50 MW è consentito l'utilizzo di coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 7; h) negli impianti di combustione di potenza termica nominale uguale o superiore a 300 MW è consentito l'uso di coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 8.


E' solo rispettando queste prescrizioni che il coke da petrolio, commercializzato e destinato alla combustione, può essere utilizzato come combustibile, senza che trovi applicazione in particolare la disciplina autorizzatoria della gestione dei rifiuti, e così può fuoriuscire dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti.


Ciò risulta ora inequivocabilmente dal recente intervento correttivo del Governo, in forza della delega di cui alla legge 15 dicembre 2004, n. 308, che all'art. 1, comma 6, ha previsto la possibilità di emanare disposizioni correttive ed integrative del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, entro due anni dalla sua data di entrata in vigore. Infatti l'art. 2, comma 22, d.lgs. 16 gennaio 2008 n. 4, nel sostituire l'art. 185 cit. riformulandolo, ha da una parte limitato l'esclusione di alcuni rifiuti (quelli elencati al primo comma, lett. b del medesimo art. 185) dal campo di applicazione della parte quarta del d.lgs. n. 152/2006 aggiungendo la condizione che siano "regolati da altre disposizioni normative che assicurano tutela ambientale e sanitaria"; d'altra parte non ha più previsto l'esclusione del coke da petrolio dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti, ferma restando la disciplina del suo utilizzo come combustibile alle condizioni suddette.


Può aggiungersi che questa interpretazione, secondo cui nella vigenza dell'art. 185 cit. nella sua formulazione del 2006 l'esclusione del coke da petrolio dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti era non di meno condizionata all'effettiva possibilità del suo utilizzo come combustibile in ragione del rispetto dei prescritti parametri di cui all'Allegato X alla parte quinta del d.lgs. n. 152/2006, si colloca nella direttrice tracciata da Cass., Sez. III, 26 gennaio 2007 - 4 giugno 2007, n. 21676, che ha affermato che, ove si leggesse l'art. 185 cit. nel senso di escludere tout court dalla disciplina dei rifiuti alcune categorie di sostanze, anche se prive di qualsiasi regolamentazione, si finirebbe per sguarnire quella tutela dell'ambiente che il legislatore delegante voleva "elevata"; sicché - ha aggiunto questa Corte - la richiamata formulazione dell'art. 185, comma 1, sarebbe in contrasto sia con la legge delega sia con il diritto comunitario; ma, prima di sollevare questione di illegittimità costituzionale di tale disposizione, spetta al giudice il compito di interpretarla in modo da renderla compatibile col vincolo costituzionale e comunitario. Considerazione questa che vale a coonestare ulteriormente la soluzione interpretativa raggiunta.


5. Va quindi disattesa la tesi in diritto sostenuta dalla difesa della ricorrente secondo cui l'esclusione del coke da petrolio dal campo di applicazione della parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006 opererebbe in ogni caso a prescindere dal verificarsi, o meno, delle prescritte condizioni per l'utilizzo del coke come combustibile. All'opposto - si ribadisce - questa esclusione (ormai non più prevista) operava per il coke da petrolio destinato alla combustione nei limiti in cui effettivamente sussistevano le condizioni per essere utilizzato come combustibile, in assenza delle quali era applicabile l'ordinaria disciplina dei rifiuti con conseguente configurabilità del reato previsto dall'art. 256 d.lgs. n. 152/2006 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata), fattispecie in riferimento alla quale è stato emesso il provvedimento di sequestro probatorio.


Né può invocarsi - trattandosi di fattispecie diversa (pet-coke commercializzato per essere destinato alla combustione versus pet-coke prodotto e destinato direttamente alla combustione) - Corte giustizia Comunità europee, 15 gennaio 2004, n. 235, che ha affermato che il coke da petrolio prodotto volontariamente, o risultante dalla produzione simultanea di altre sostanze combustibili petrolifere, in una raffineria di petrolio ed utilizzato con certezza come combustibile per il fabbisogno di energia della raffineria e di altre industrie, non costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442.


6. Nella specie - per quanto emergeva dai primi atti di indagine svolti - si è verificato proprio che: a) il coke da petrolio era stato commercializzato per essere destinato all'uso come combustibile; b) non sussistevano, nel momento in cui il coke è stato scaricato e depositato temporaneamente, le condizioni per il suo impiego come combustibile, ma occorreva un trattamento (quale miscelazione con altre sostanze) in modo da abbassare la percentuale di zolfo fino a rientrare nella soglia prevista per il suo impiego come combustibile.


In particolare - come riferito anche in narrativa - si legge nell' impugnata ordinanza che le indagini svolte dalla p.g. hanno consentito di accertare che il cumulo di coke da petrolio, depositato presso la Italcave s.p.a. in Taranto per conto della BT Coal s.r.l. proprietaria dello stesso, abbia un contenuto di zolfo e materie volatili superiore ai limiti consentiti dalla normativa di settore (sopra citata) ai fini dell'utilizzo come combustibile. Aggiunge il tribunale che tale cumulo di coke veniva importato per conto della BT Coal dagli Stati Uniti a bordo della nave "Merlin", la quale sbarcava nel porto di Taranto, scaricandolo e poi depositandolo presso la Italcave s.p.a.. La p.g. ha provveduto a sentire a sommarie informazioni Pulito Francesco, responsabile del controllo qualità di fabbrica dello stabilimento di Taranto della Cementir s.p.a. Il Pulito - riporta l'ordinanza impugnata - ha riferito che quest'ultima società, avendo stipulato con la BT Coal un contratto di fornitura di coke da petrolio destinato all'impiego come combustibile, riceveva, in esecuzione di tale contratto, il coke da petrolio trasportato a bordo della nave "Merlin". Il Pulito ha poi precisato che venivano effettuate periodicamente delle analisi sul coke da petrolio oggetto della suddetta fornitura, onde poter stabilire se la composizione fosse conforme ai dettati normativi, e che, proprio con riferimento alla partita di coke proveniente dalla nave "Merlin", si accertava l'esistenza di un contenuto di zolfo pari al 7,69 %, e dunque assai superiore al limite massimo del 6% fissato dalla legge. Pertanto la Cementir decideva, nel mese di giugno del 2007, di recedere dal contratto di fornitura stipulato con la BT Coal, per grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte di quest'ultima. Tali circostanze venivano confermate anche da Pozza Nicola, il quale aveva avuto il compito di gestire per conto della Bt Coal i carichi di coke da petrolio trasportati da varie navi, tra cui anche la "Merlin".


Ciò posto, correttamente il Tribunale ha ritenuto che nel caso in esame il cumulo di coke da petrolio importato dagli Stati Uniti per conto della BT Coal a bordo della nave "Merlin" era univocamente destinato all'utilizzo come combustibile e che era superata la prescritta soglia di presenza massima di zolfo, circostanza questa che non consentiva tale utilizzo.


Pertanto il tribunale - correttamente interpretando l'art. 185, lett. i), d.lgs. n. 152/06 così come sopra si è argomentato - ha ritenuto che il coke da petrolio in questione dovesse essere considerato come un rifiuto, ai sensi della normativa in vigore, e che potesse essere gestito solo con le autorizzazioni prescritte dalla normativa di settore.


Il tribunale non ha poi mancato di rilevare che, sebbene in linea puramente teorica il coke da petrolio possa avere anche impieghi diversi ed ulteriori rispetto a quello come combustibile, nel caso di specie quel carico di pet-coke importato dalla Bt Coal a bordo della nave "Merlin" ed in parte poi rivenduto alla SAIF Combustibili s.p.a. era destinato esclusivamente all'uso come combustibile, come risultava chiaramente dalla comunicazione indirizzata alla Dogana di Taranto dalla Bt Coal in data 22 novembre 2006, nella quale si dichiarava che il coke da petrolio relativo alla nave "Merlin" era destinato ad impianti di combustione per la produzione di clinker da cemento. Pertanto tale materiale, in ragione della sua composizione chimica (presenza di zolfo oltre la soglia consentita) tale da renderlo pericoloso per l'ambiente e la salute dei cittadini, doveva essere gestito come un rifiuto.


7. Parimenti infondato è poi anche il secondo motivo di ricorso essendo del tutto evidente - come giustamente rileva il tribunale per il riesame - che l'esigenza sottesa al sequestro probatorio in esame era quella di accertare, a mezzo di consulenza tecnica con l'effettuazione delle necessarie analisi chimiche, se effettivamente risultassero superati, o no, i limiti di concentrazione di zolfo e materie volatili fissati dalla legge; esigenza probatoria che era implicita - ma non per questo meno evidente - nel sequestro probatorio del P.M..


Ha in proposito affermato questa Corte (Cass., sez. V, 18 ottobre 2005, Dalla Santa) che, in tema di riesame del sequestro probatorio, qualora nel provvedimento il p.m. abbia indicato in modo insufficiente le ragioni atte a giustificare, in funzione dell'accertamento dei fatti storici, il ricorso alla misura ablativa, il giudice del riesame ha il potere di rendere idonea la motivazione sul punto, facendo ricorso ad argomenti che migliorino la illustrazione delle esigenze indicate dall'inquirente.


8. Pertanto il ricorso nel suo complesso va rigettato dovendo affermarsi il seguente principio di diritto: "Il coke da petrolio (o pet-coke), commercializzato e destinato alla combustione, può essere utilizzato come combustibile solo alle condizioni previste dall'art. 293 digs. 3 aprile 2006 n. 152 (c.d. codice dell'ambiente) - che prescrive che negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta (sulla tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni nell'atmosfera), inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall'Allegato X (sulla disciplina dei combustibili) alla parte quinta del medesimo d.lgs. n. 152/2006, alle condizioni ivi fissate - e solo in tal caso opera il disposto del precedente art. 185 che, nell'elencare le sostanze che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto, contemplava (al primo comma, lett. i, prima della riformulazione della disposizione ad opera del successivo decreto correttivo: art. 2, comma 22, d.lgs. 16 gennaio 2008 n. 4) il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo, sicché non trovava applicazione in particolare la disciplina autorizzatoria della gestione dei rifiuti. Quest'ultima invece era - ed è tuttora - pienamente operante ed applicabile ove il coke, commercializzato e destinato alla combustione, risulti non soddisfare le condizioni di legge per tale utilizzo, come nell'ipotesi in cui sia presente una quantità di zolfo eccedente la soglia massima prevista dall'Allegato X cit., e richieda quindi un trattamento per rientrare nei limiti della soglia di utilizzabilità".


Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.


PER QUESTI MOTIVI


la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2008 Il Consigliere estensore

Deposito in Cancelleria 10/07/2008


 


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