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CORTE
DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 23/07/2008 (Ud. 10/07/2008), Sentenza n. 30863
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - ARIA - Emissioni - Esercizio di singoli impianti -
Necessità dell'autorizzazione. La fonte delle emissioni in atmosfera di uno
stabilimento industriale può essere costituita anche da un singolo impianto o
macchinario utilizzato nell'ambito di un complesso ciclo produttivo. Pertanto,
in tema di controllo delle emissioni nell'atmosfera il concetto di impianto non
implica necessariamente una struttura di notevoli dimensioni, e neppure una
struttura complessa dell'insediamento, essendo sufficiente anche una postazione
parziale, che abbia attitudine concreta a cagionare l'inquinamento
dell'atmosfera. Sicché l'equiparazione della necessità dell'autorizzazione sia
per la installazione di un nuovo impianto che per il trasferimento in altro
luogo di un impianto già esistente appare pienamente rispondente alla ratio
della normativa in materia. Pres. Lupo - Est. Lombardi - Ric. Antolotti.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 23 luglio 2008 (Ud. 10/07/2008), Sentenza
n. 30863
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Aria - Trasferimento impianto - Autorizzazione
alle emissioni - Necessità - Artt. 279, 1° c., 1° parte, e 269, 1° e 2° c. D.
Lgs n. 152/06 - Art. 25, c. 6° DPR n. 203/88. La previsione normativa
derivante dal combinato disposto degli art. 279, primo comma, prima parte, e
269, primo e secondo comma, del D. Lgs n. 152/06 configura il trasferimento di
un impianto da un luogo ad un altro come ipotesi di reato, di eguale gravità
rispetto a quella dell'esercizio di un impianto senza autorizzazione,
analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88.
Analogamente l'art. 279, primo comma, secondo periodo, prima parte, configura
quale ipotesi di reato meno grave la condotta di chi esegue modificazioni
sostanziali dell'impianto senza l'autorizzazione di cui all'art. 269, comma 8,
analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88.
Sicché vi è piena continuità normativa tra le citate disposizioni di legge con
riferimento alla esecuzione di modifiche sostanziali dell'impianto, mentre
l'art. 279, primo comma, secondo periodo, seconda parte, introduce quale
ulteriore ipotesi di reato l’esecuzione di modifiche non sostanziali
dell'impianto. Pres. Lupo - Est. Lombardi - Ric. Antolotti. CORTE DI
CASSAZIONE Penale Sez. III, 23 luglio 2008 (Ud. 10/07/2008), Sentenza n. 30863
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UDIENZA del 10.7.2008
SENTENZA N. 1794
REG. GENERALE N.17208/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
composta dagli lll.mi Signori:
Dott. Ernesto Lupo
Presidente
Dott. Ciro Petti
Consigliere
Alfredo Maria Lombardi
Amedeo Franco
Santi Gazzara
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Antolotti Nelso, n. a Varano de' Melegari il 19.3.1949,
avverso la sentenza in data 19.12.2007 del Tribunale di Parma, con la quale
venne condannato alla pena di € 200,00 di ammenda, quale colpevole dei reato di
cui all'art. 279, comma primo, secondo periodo, prima parte, del D. Lgs. n.
152/06, così diversamente qualificata l'imputazione di cui agli art. 13, 15
lett. b) e 25, comma sesto, del DPR n. 203/88.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Giovanni
D'Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Federico Silvestrini, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Parma ha affermato la colpevolezza di
Antolotti Nelso in ordine al reato di cui all'art. 279, comma primo, secondo
periodo, prima parte, del D. Lgs. n. 152/06, cosi diversamente qualificata
l'imputazione di cui agli artt. 13, 15 lett. b) e 25, comma sesto, del DPR n.
203/88, ascrittogli perché, quale responsabile legale della ditta "Turbocoating
S.p.A.", trasferiva un impianto autorizzato per le emissioni in atmosfera dallo
stabilimento industriale per il quale era stata rilasciata l'autorizzazione
originaria in un diverso stabilimento, ubicato in altro luogo, senza la
preventiva richiesta di autorizzazione.
La sentenza, premesso in punto di fatto che la prescritta autorizzazione era
stata successivamente richiesta e che l'impianto era stato messo in funzione
almeno una volta dopo il trasferimento nella diversa sede, prima del rilascio
dell'autorizzazione medesima, ha affermato in punto di diritto che nella nozione
di impianto enunciata dall'art. 2 del DPR n. 203/88 rientra anche il singolo
macchinario, che ha attitudine a provocare emissioni in atmosfera, e che vi è
continuità normativa tra la fattispecie del trasferimento di impianto prevista
dall'art. 25, comma sesto, del medesimo decreto presidenziale e l'ipotesi di
reato di cui all'art. 279, comma primo, secondo periodo, prima parte, del D. Lgs.
n. 152/06, che punisce la realizzazione, senza autorizzazione, di modifiche
sostanziali di un impianto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per
violazione di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione del
principio di correlazione tra accusa e sentenza.
Si deduce, in sintesi, che l'Antolotti è stato dichiarato colpevole per avere
eseguito modifiche sostanziali di un impianto, idoneo a provocare emissioni in
atmosfera, ai sensi dell'art. 279, comma primo, del D. Lgs n. 152/06 - decreto
legislativo che, peraltro, era già entrato in vigore allorché è stata formulata
l'imputazione - mentre in quest'ultima era stata contestata la condotta di avere
trasferito un impianto senza la preventiva autorizzazione, di cui all'art. 25,
comma sesto, del DPR n. 203/88, con conseguente violazione del diritto di difesa
dell'imputato.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione ed errata
applicazione della norma penale con riferimento al principio di successione
delle leggi nel tempo ex art. 2 c.p..
Si osserva:
- che il. D. Lgs n. 152/06 ha abrogato integralmente il DPR n. 203/88 e che l'art. 279 del predetto decreto legislativo non prevede più, tra le fattispecie costituenti reato, l'ipotesi del trasferimento dell'impianto, sicché la condotta ascritta all'imputato, già sanzionata penalmente dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, non è più prevista dalla legge come reato;
- che, peraltro, la ratio della scelta legislativa di escludere dalle ipotesi di reato la condotta di chi trasferisce un impianto già autorizzato si palesa manifesta in quanto il trasferimento non può in alcun modo rendere inquinante un impianto che, secondo le risultanze dell'autorizzazione, in precedenza non lo era;
- che inoltre l'art. 269 del D. Lgs. 152/06, che prevede il rilascio dell'autorizzazione, detta modalità e tempistiche incompatibili con l'ipotesi del trasferimento di impianto.
Nel prosieguo del motivo di gravame si deduce che l'impianto non può essere
identificato con il singolo macchinario e che il mancato rilascio
dell'autorizzazione non può essere ascritto a responsabilità dell'imputato, in
quanto questi l'aveva chiesta tempestivamente, prima del trasferimento
dell'impianto, mentre il rilascio successivo è stato determinato da ritardi
dell'Ente preposto ai relativi controlli.
Il ricorso non è fondato.
E' stato già affermato dal consolidato indirizzo interpretativo di questa
Suprema Corte, in ordine alla pregiudiziale questione circa la necessità
dell'autorizzazione per le emissioni in atmosfera anche per l'esercizio di
singoli impianti idonei a produrle, che "In tema di controllo delle emissioni
nell'atmosfera il concetto di impianto non implica necessariamente una struttura
di notevoli dimensioni, e neppure una struttura complessa dell'insediamento,
essendo sufficiente anche una postazione parziale, che abbia attitudine concreta
a cagionare l'inquinamento dell'atmosfera." (sez. III, 199806153, Danese, RV
210960; conf. sez. III, 199408702, Colombo, RV 199414).
Non si ravvisano ragioni per discostarsi dal citato indirizzo interpretativo,
considerato che la fonte delle emissioni in atmosfera di uno stabilimento
industriale può essere costituita anche da un singolo impianto o macchinario
utilizzato nell'ambito di un complesso ciclo produttivo. Esattamente, pertanto,
la sentenza impugnata ha affermato la necessità della prescritta autorizzazione
anche con riferimento al singolo impianto industriale oggetto della
contestazione che, nella specie, è costituito da un'apparecchiatura per il
controllo di qualità dei prodotti, idonea a produrre l'emissione in atmosfera di
vapori che si sprigionano dal fluido nel quale vengono immersi i componenti dei
macchinari da sottoporre a verifica.
E' opportuno, quindi, passare all'esame del più rilevante motivo di gravame
proposto dal ricorrente, costituito dalla affermazione della inesistenza di
continuità normativa tra l'ipotesi di reato di cui all'art. 25, comma sesto, dei
DPR n. 203/88 e le fattispecie previste dall'art. 279 del D. Lgs n. 152/06.
Osserva la Corte che il citato DPR n. 203/88, emanato in attuazione delle
direttive CEE 80/799, 82/884, 84/360 e 85/203, concernenti norme in materia di
qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di
inquinamento prodotto dagli impianti industriali, nel disciplinare ex novo
la materia delle emissioni in atmosfera, ha previsto varie fattispecie
contravvenzionali legate alla carenza o mancata richiesta di autorizzazione alle
emissioni in atmosfera con riferimento alle ipotesi fondamentali dell'inizio
della costruzione o esercizio di un nuovo impianto (art. 24) ovvero della
prosecuzione dell'esercizio di un impianto preesistente (art. 25).
L'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, in particolare, sanzionava penalmente
la modifica o il trasferimento di un impianto preesistente senza
l'autorizzazione prescritta dall'art. 15 (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 165
del 1992 per l'esatta individuazione della norma di riferimento), sia per la
modifica sostanziale (lett. a) che per il trasferimento dell'impianto (lett. b).
Orbene, sul punto appare significativo, ai fini ermeneutici, che il citato art.
25, comma sesto, distingueva nettamente la condotta di chi modifica l'impianto
da quella di chi lo trasferisce da un luogo ad un altro, attribuendo alle stesse
un diverso trattamento sanzionatorio, per cui mentre era prevista come ipotesi
di reato meno grave la condotta di chi esegue la modifica di un impianto
(arresto fino a sei mesi o ammenda fino ad € 1.032), la condotta di chi
trasferisce un impianto da un luogo ad un altro era sottoposta ad un trattamento
sanzionatorio più affittivo (arresto fino a due anni o l'ammenda da E 258 ad C
1.032) esattamente corrispondente a quello previsto dall'art. 25, primo comma,
per l'ipotesi dell'esercizio di un impianto esistente senza la prescritta
domanda di autorizzazione.
Risulta, peraltro, evidente la ratio della piena equiparazione
sanzionatoria tra l'ipotesi della prosecuzione dell'esercizio di un impianto
esistente, senza avere chiesto l'autorizzazione, e quella del trasferimento
dell'impianto preesistente da un luogo ad un altro, senza la prescritta
autorizzazione, poiché il rilascio dell'autorizzazione non è legata solo alla
verifica della entità delle emissioni in atmosfera di un determinato impianto,
ma anche all'accertamento della compatibilità ambientale delle stesse, e, cioè,
in riferimento al luogo di installazione dell'impianto (si pensi a officine per
la verniciatura delle auto in prossimità di edifici scolastici o in luoghi
comunque densamente abitati).
Sicché l'equiparazione della necessità dell'autorizzazione sia per la
installazione di un nuovo impianto che per il trasferimento in altro luogo di un
impianto già esistente appare pienamente rispondente alla ratio della
normativa in materia (cfr. art. 4 del DPR n. 203/88 con riferimento alla
fissazione di valori limite della qualità dell'aria nel rapporto con la
situazione ambientale).
Il Testo Unico delle Norme in Materia Ambientale, nel dare un assetto organico
alla disciplina delle emissioni in atmosfera, ha previsto, quale fattispecie
contravvenzionale, nell'art. 279, primo comma, prima parte, l'ipotesi di: "chi
inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita un impianto in
assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua....", e nel medesimo
articolo, primo comma, seconda parte, le ipotesi di: "chi sottopone un impianto
a modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'art. 269, comma 8 ",
....ovvero di:" chi sottopone un impianto ad una modifica non sostanziale senza
effettuare la comunicazione prevista dal citato art. 269, comma 8..."
Appare evidente, quindi, che l'art. 279, primo comma, seconda parte, si
riferisce alle sole ipotesi di modifica dell'impianto senza la prescritta
autorizzazione, già prevista dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88,
introducendo, però, una ulteriore differenziazione nel trattamento sanzionatorio
a seconda della natura (sostanziale o non sostanziale) della modificazione,
essendo prescritto in tale ultima ipotesi l'obbligo della sola comunicazione ai
sensi del citato art. 269, comma 8.
L'art. 279, primo comma, prima parte, però, si riferisce tout court alla carenza
dell'autorizzazione per i casi in cui è prescritta dall'art. 269 del medesimo
decreto legislativo.
Orbene, l'art. 269 del D. Lgs n. 152/06, premesso nel primo comma che per tutti
gli impianti che producono emissioni deve essere richiesta un'autorizzazione,
stabilisce espressamente, nel comma secondo: "Il gestore che intende installare
un impianto nuovo o trasferire un impianto da un luogo ad un altro presenta
all'autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:...."
Si palesa evidente, pertanto, che, ai sensi della disposizione citata,
l'autorizzazione per il trasferimento dell'impianto da un luogo ad un altro è
pienamente equiparata all'autorizzazione per la installazione di un nuovo
impianto, essendo sanzionata dall'art. 279, primo comma, prima parte, la carenza
sia dell'una che dell'altra, senza alcuna distinzione al riguardo.
Sicché la previsione normativa derivante dal combinato disposto degli art. 279,
primo comma, prima parte, e 269, primo e secondo comma, del D. Lgs n. 152/06
configura il trasferimento di un impianto da un luogo ad un altro come ipotesi
di reato, di eguale gravità rispetto a quella dell'esercizio di un impianto
senza autorizzazione, analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto,
del DPR. n. 203/88.
Analogamente l'art. 279, primo comma, secondo periodo, prima parte, configura
quale ipotesi di reato meno grave la condotta di chi esegue modificazioni
sostanziali dell'impianto senza l'autorizzazione di cui all'art. 269, comma 8,
analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88.
Sicché vi è piena continuità normativa tra le citate disposizioni di legge con
riferimento alla esecuzione di modifiche sostanziali dell'impianto, mentre
l'art. 279, primo comma, secondo periodo, seconda parte, introduce quale
ulteriore ipotesi di reato l'esecuzione di modifiche non sostanziali
dell'impianto.
Vi è, pertanto, piena continuità normativa tra l'ipotesi di reato di cui
all'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, con riferimento alla condotta di
chi effettua il trasferimento di un impianto senza autorizzazione, e la
fattispecie di cui all'art. 279, primo comma, prima parte, del D. Lgs n. 152/06
con riferimento alla condotta di "chi inizia a installare o esercisce un
impianto e chi esercita un'attività in assenza della prescritta
autorizzazione....".
Deve essere, pertanto, corretta la qualificazione giuridica attribuita al fatto
dal giudice di merito nei sensi sopra riportati.
Il rigetto del secondo motivo di gravame, a seguito della corretta
interpretazione della nonna, è assorbente delle censure formulate con il primo
motivo di ricorso.
Dette censure sono in ogni caso infondate, in quanto la condotta per la quale vi
è stata affermazione di colpevolezza corrisponde esattamente a quella descritta
nella imputazione (trasferimento di un impianto da un luogo ad mi altro senza la
prescritta autorizzazione), mentre né è stata solo mutata la qualificazione
giuridica; mutamento che rientra nei poteri del giudice, peraltro effettuato,
sia pure erroneamente, a seguito della modificazione del quadro normativo tra la
data del fatto e quella della pronuncia.
Nel resto le censure del ricorrente, con riferimento alla assenza di colpa, sono
di natura meramente fattuale e, peraltro, non risultano neppure rispondenti a
circostanze prospettate o che hanno formato oggetto di prova dinanzi al giudice
di merito.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte, qualificato il fatto come contravvenzione prevista dall'art. 279,
comma primo, prima parte, del D. Lgs n. 152/06, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza dei 10.7.2008.
Deposito in Cancelleria 27/07/2008
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