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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 23/07/2008 (Ud. 10/07/2008), Sentenza n. 30863



INQUINAMENTO ATMOSFERICO - ARIA - Emissioni - Esercizio di singoli impianti - Necessità dell'autorizzazione.
La fonte delle emissioni in atmosfera di uno stabilimento industriale può essere costituita anche da un singolo impianto o macchinario utilizzato nell'ambito di un complesso ciclo produttivo. Pertanto, in tema di controllo delle emissioni nell'atmosfera il concetto di impianto non implica necessariamente una struttura di notevoli dimensioni, e neppure una struttura complessa dell'insediamento, essendo sufficiente anche una postazione parziale, che abbia attitudine concreta a cagionare l'inquinamento dell'atmosfera. Sicché l'equiparazione della necessità dell'autorizzazione sia per la installazione di un nuovo impianto che per il trasferimento in altro luogo di un impianto già esistente appare pienamente rispondente alla ratio della normativa in materia. Pres. Lupo - Est. Lombardi - Ric. Antolotti. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 23 luglio 2008 (Ud. 10/07/2008), Sentenza n. 30863

INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Aria - Trasferimento impianto - Autorizzazione alle emissioni - Necessità - Artt. 279, 1° c., 1° parte, e 269, 1° e 2° c. D. Lgs n. 152/06 - Art. 25, c. 6° DPR n. 203/88. La previsione normativa derivante dal combinato disposto degli art. 279, primo comma, prima parte, e 269, primo e secondo comma, del D. Lgs n. 152/06 configura il trasferimento di un impianto da un luogo ad un altro come ipotesi di reato, di eguale gravità rispetto a quella dell'esercizio di un impianto senza autorizzazione, analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88. Analogamente l'art. 279, primo comma, secondo periodo, prima parte, configura quale ipotesi di reato meno grave la condotta di chi esegue modificazioni sostanziali dell'impianto senza l'autorizzazione di cui all'art. 269, comma 8, analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88. Sicché vi è piena continuità normativa tra le citate disposizioni di legge con riferimento alla esecuzione di modifiche sostanziali dell'impianto, mentre l'art. 279, primo comma, secondo periodo, seconda parte, introduce quale ulteriore ipotesi di reato l’esecuzione di modifiche non sostanziali dell'impianto. Pres. Lupo - Est. Lombardi - Ric. Antolotti. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 23 luglio 2008 (Ud. 10/07/2008), Sentenza n. 30863


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UDIENZA del  10.7.2008

SENTENZA N. 1794

REG. GENERALE N.17208/2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale




composta dagli lll.mi Signori:

Dott. Ernesto Lupo                     Presidente
Dott. Ciro Petti                          Consigliere
        Alfredo Maria Lombardi

        Amedeo Franco
        Santi Gazzara

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


Sul ricorso proposto da Antolotti Nelso, n. a Varano de' Melegari il 19.3.1949, avverso la sentenza in data 19.12.2007 del Tribunale di Parma, con la quale venne condannato alla pena di € 200,00 di ammenda, quale colpevole dei reato di cui all'art. 279, comma primo, secondo periodo, prima parte, del D. Lgs. n. 152/06, così diversamente qualificata l'imputazione di cui agli art. 13, 15 lett. b) e 25, comma sesto, del DPR n. 203/88.


Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Giovanni D'Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Federico Silvestrini, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con la sentenza impugnata il Tribunale di Parma ha affermato la colpevolezza di Antolotti Nelso in ordine al reato di cui all'art. 279, comma primo, secondo periodo, prima parte, del D. Lgs. n. 152/06, cosi diversamente qualificata l'imputazione di cui agli artt. 13, 15 lett. b) e 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, ascrittogli perché, quale responsabile legale della ditta "Turbocoating S.p.A.", trasferiva un impianto autorizzato per le emissioni in atmosfera dallo stabilimento industriale per il quale era stata rilasciata l'autorizzazione originaria in un diverso stabilimento, ubicato in altro luogo, senza la preventiva richiesta di autorizzazione.


La sentenza, premesso in punto di fatto che la prescritta autorizzazione era stata successivamente richiesta e che l'impianto era stato messo in funzione almeno una volta dopo il trasferimento nella diversa sede, prima del rilascio dell'autorizzazione medesima, ha affermato in punto di diritto che nella nozione di impianto enunciata dall'art. 2 del DPR n. 203/88 rientra anche il singolo macchinario, che ha attitudine a provocare emissioni in atmosfera, e che vi è continuità normativa tra la fattispecie del trasferimento di impianto prevista dall'art. 25, comma sesto, del medesimo decreto presidenziale e l'ipotesi di reato di cui all'art. 279, comma primo, secondo periodo, prima parte, del D. Lgs. n. 152/06, che punisce la realizzazione, senza autorizzazione, di modifiche sostanziali di un impianto.


Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per violazione di legge.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.


Si deduce, in sintesi, che l'Antolotti è stato dichiarato colpevole per avere eseguito modifiche sostanziali di un impianto, idoneo a provocare emissioni in atmosfera, ai sensi dell'art. 279, comma primo, del D. Lgs n. 152/06 - decreto legislativo che, peraltro, era già entrato in vigore allorché è stata formulata l'imputazione - mentre in quest'ultima era stata contestata la condotta di avere trasferito un impianto senza la preventiva autorizzazione, di cui all'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, con conseguente violazione del diritto di difesa dell'imputato.


Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione ed errata applicazione della norma penale con riferimento al principio di successione delle leggi nel tempo ex art. 2 c.p..


Si osserva:

- che il. D. Lgs n. 152/06 ha abrogato integralmente il DPR n. 203/88 e che l'art. 279 del predetto decreto legislativo non prevede più, tra le fattispecie costituenti reato, l'ipotesi del trasferimento dell'impianto, sicché la condotta ascritta all'imputato, già sanzionata penalmente dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, non è più prevista dalla legge come reato;

- che, peraltro, la ratio della scelta legislativa di escludere dalle ipotesi di reato la condotta di chi trasferisce un impianto già autorizzato si palesa manifesta in quanto il trasferimento non può in alcun modo rendere inquinante un impianto che, secondo le risultanze dell'autorizzazione, in precedenza non lo era;

- che inoltre l'art. 269 del D. Lgs. 152/06, che prevede il rilascio dell'autorizzazione, detta modalità e tempistiche incompatibili con l'ipotesi del trasferimento di impianto.


Nel prosieguo del motivo di gravame si deduce che l'impianto non può essere identificato con il singolo macchinario e che il mancato rilascio dell'autorizzazione non può essere ascritto a responsabilità dell'imputato, in quanto questi l'aveva chiesta tempestivamente, prima del trasferimento dell'impianto, mentre il rilascio successivo è stato determinato da ritardi dell'Ente preposto ai relativi controlli.


Il ricorso non è fondato.


E' stato già affermato dal consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, in ordine alla pregiudiziale questione circa la necessità dell'autorizzazione per le emissioni in atmosfera anche per l'esercizio di singoli impianti idonei a produrle, che "In tema di controllo delle emissioni nell'atmosfera il concetto di impianto non implica necessariamente una struttura di notevoli dimensioni, e neppure una struttura complessa dell'insediamento, essendo sufficiente anche una postazione parziale, che abbia attitudine concreta a cagionare l'inquinamento dell'atmosfera." (sez. III, 199806153, Danese, RV 210960; conf. sez. III, 199408702, Colombo, RV 199414).
Non si ravvisano ragioni per discostarsi dal citato indirizzo interpretativo, considerato che la fonte delle emissioni in atmosfera di uno stabilimento industriale può essere costituita anche da un singolo impianto o macchinario utilizzato nell'ambito di un complesso ciclo produttivo. Esattamente, pertanto, la sentenza impugnata ha affermato la necessità della prescritta autorizzazione anche con riferimento al singolo impianto industriale oggetto della contestazione che, nella specie, è costituito da un'apparecchiatura per il controllo di qualità dei prodotti, idonea a produrre l'emissione in atmosfera di vapori che si sprigionano dal fluido nel quale vengono immersi i componenti dei macchinari da sottoporre a verifica.


E' opportuno, quindi, passare all'esame del più rilevante motivo di gravame proposto dal ricorrente, costituito dalla affermazione della inesistenza di continuità normativa tra l'ipotesi di reato di cui all'art. 25, comma sesto, dei DPR n. 203/88 e le fattispecie previste dall'art. 279 del D. Lgs n. 152/06.


Osserva la Corte che il citato DPR n. 203/88, emanato in attuazione delle direttive CEE 80/799, 82/884, 84/360 e 85/203, concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, nel disciplinare ex novo la materia delle emissioni in atmosfera, ha previsto varie fattispecie contravvenzionali legate alla carenza o mancata richiesta di autorizzazione alle emissioni in atmosfera con riferimento alle ipotesi fondamentali dell'inizio della costruzione o esercizio di un nuovo impianto (art. 24) ovvero della prosecuzione dell'esercizio di un impianto preesistente (art. 25).


L'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, in particolare, sanzionava penalmente la modifica o il trasferimento di un impianto preesistente senza l'autorizzazione prescritta dall'art. 15 (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 165 del 1992 per l'esatta individuazione della norma di riferimento), sia per la modifica sostanziale (lett. a) che per il trasferimento dell'impianto (lett. b).


Orbene, sul punto appare significativo, ai fini ermeneutici, che il citato art. 25, comma sesto, distingueva nettamente la condotta di chi modifica l'impianto da quella di chi lo trasferisce da un luogo ad un altro, attribuendo alle stesse un diverso trattamento sanzionatorio, per cui mentre era prevista come ipotesi di reato meno grave la condotta di chi esegue la modifica di un impianto (arresto fino a sei mesi o ammenda fino ad € 1.032), la condotta di chi trasferisce un impianto da un luogo ad un altro era sottoposta ad un trattamento sanzionatorio più affittivo (arresto fino a due anni o l'ammenda da E 258 ad C 1.032) esattamente corrispondente a quello previsto dall'art. 25, primo comma, per l'ipotesi dell'esercizio di un impianto esistente senza la prescritta domanda di autorizzazione.


Risulta, peraltro, evidente la ratio della piena equiparazione sanzionatoria tra l'ipotesi della prosecuzione dell'esercizio di un impianto esistente, senza avere chiesto l'autorizzazione, e quella del trasferimento dell'impianto preesistente da un luogo ad un altro, senza la prescritta autorizzazione, poiché il rilascio dell'autorizzazione non è legata solo alla verifica della entità delle emissioni in atmosfera di un determinato impianto, ma anche all'accertamento della compatibilità ambientale delle stesse, e, cioè, in riferimento al luogo di installazione dell'impianto (si pensi a officine per la verniciatura delle auto in prossimità di edifici scolastici o in luoghi comunque densamente abitati).


Sicché l'equiparazione della necessità dell'autorizzazione sia per la installazione di un nuovo impianto che per il trasferimento in altro luogo di un impianto già esistente appare pienamente rispondente alla ratio della normativa in materia (cfr. art. 4 del DPR n. 203/88 con riferimento alla fissazione di valori limite della qualità dell'aria nel rapporto con la situazione ambientale).


Il Testo Unico delle Norme in Materia Ambientale, nel dare un assetto organico alla disciplina delle emissioni in atmosfera, ha previsto, quale fattispecie contravvenzionale, nell'art. 279, primo comma, prima parte, l'ipotesi di: "chi inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita un impianto in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua....", e nel medesimo articolo, primo comma, seconda parte, le ipotesi di: "chi sottopone un impianto a modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'art. 269, comma 8 ", ....ovvero di:" chi sottopone un impianto ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dal citato art. 269, comma 8..."


Appare evidente, quindi, che l'art. 279, primo comma, seconda parte, si riferisce alle sole ipotesi di modifica dell'impianto senza la prescritta autorizzazione, già prevista dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, introducendo, però, una ulteriore differenziazione nel trattamento sanzionatorio a seconda della natura (sostanziale o non sostanziale) della modificazione, essendo prescritto in tale ultima ipotesi l'obbligo della sola comunicazione ai sensi del citato art. 269, comma 8.


L'art. 279, primo comma, prima parte, però, si riferisce tout court alla carenza dell'autorizzazione per i casi in cui è prescritta dall'art. 269 del medesimo decreto legislativo.


Orbene, l'art. 269 del D. Lgs n. 152/06, premesso nel primo comma che per tutti gli impianti che producono emissioni deve essere richiesta un'autorizzazione, stabilisce espressamente, nel comma secondo: "Il gestore che intende installare un impianto nuovo o trasferire un impianto da un luogo ad un altro presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:...."


Si palesa evidente, pertanto, che, ai sensi della disposizione citata, l'autorizzazione per il trasferimento dell'impianto da un luogo ad un altro è pienamente equiparata all'autorizzazione per la installazione di un nuovo impianto, essendo sanzionata dall'art. 279, primo comma, prima parte, la carenza sia dell'una che dell'altra, senza alcuna distinzione al riguardo.


Sicché la previsione normativa derivante dal combinato disposto degli art. 279, primo comma, prima parte, e 269, primo e secondo comma, del D. Lgs n. 152/06 configura il trasferimento di un impianto da un luogo ad un altro come ipotesi di reato, di eguale gravità rispetto a quella dell'esercizio di un impianto senza autorizzazione, analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto, del DPR. n. 203/88.


Analogamente l'art. 279, primo comma, secondo periodo, prima parte, configura quale ipotesi di reato meno grave la condotta di chi esegue modificazioni sostanziali dell'impianto senza l'autorizzazione di cui all'art. 269, comma 8, analogamente a quanto previsto dall'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88.


Sicché vi è piena continuità normativa tra le citate disposizioni di legge con riferimento alla esecuzione di modifiche sostanziali dell'impianto, mentre l'art. 279, primo comma, secondo periodo, seconda parte, introduce quale ulteriore ipotesi di reato l'esecuzione di modifiche non sostanziali dell'impianto.


Vi è, pertanto, piena continuità normativa tra l'ipotesi di reato di cui all'art. 25, comma sesto, del DPR n. 203/88, con riferimento alla condotta di chi effettua il trasferimento di un impianto senza autorizzazione, e la fattispecie di cui all'art. 279, primo comma, prima parte, del D. Lgs n. 152/06 con riferimento alla condotta di "chi inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita un'attività in assenza della prescritta autorizzazione....".


Deve essere, pertanto, corretta la qualificazione giuridica attribuita al fatto dal giudice di merito nei sensi sopra riportati.


Il rigetto del secondo motivo di gravame, a seguito della corretta interpretazione della nonna, è assorbente delle censure formulate con il primo motivo di ricorso.


Dette censure sono in ogni caso infondate, in quanto la condotta per la quale vi è stata affermazione di colpevolezza corrisponde esattamente a quella descritta nella imputazione (trasferimento di un impianto da un luogo ad mi altro senza la prescritta autorizzazione), mentre né è stata solo mutata la qualificazione giuridica; mutamento che rientra nei poteri del giudice, peraltro effettuato, sia pure erroneamente, a seguito della modificazione del quadro normativo tra la data del fatto e quella della pronuncia.


Nel resto le censure del ricorrente, con riferimento alla assenza di colpa, sono di natura meramente fattuale e, peraltro, non risultano neppure rispondenti a circostanze prospettate o che hanno formato oggetto di prova dinanzi al giudice di merito.


Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.


Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


La Corte, qualificato il fatto come contravvenzione prevista dall'art. 279, comma primo, prima parte, del D. Lgs n. 152/06, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza dei 10.7.2008.

Deposito in Cancelleria 27/07/2008


 


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