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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/07/2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n. 31485



INQUINAMENTO IDRICO - Inquinamento delle acque (Torrenti) - Reato di Danneggiamento - Configurabilità - Elemento oggettivo e psicologico del reato - Inquinamento biologico - Esito delle analisi microbiologiche - Discarica - Smaltimento illecito del percolato.
L'elemento oggettivo del reato di danneggiamento è costituito dal deterioramento di una certa consistenza della cosa, tale da integrare un danno strutturale o funzionale della stessa. Pertanto, anche in tema di inquinamento idrico (nella specie due torrenti e un fiume) provocato dalla fuoriuscita del percolato di una discarica, il giudice non può fondare un giudizio di responsabilità sulla sola base di analisi microbiologiche attestanti un grave inquinamento biologico, senza accertare l'esistenza di un danno strutturale ai corsi d’acqua e, soprattutto, l'elemento psicologico del reato. Pres. De Maio - Est. Lombardi - Ric. Valentini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 luglio 2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n. 31485

ACQUE - Inquinamento - Reato di danneggiamento - Configurabilità - Elementi. Per integrare l'elemento materiale del reato di danneggiamento deve verificarsi la distruzione di un bene ovvero il deterioramento dello stesso, che abbia cagionato un danno strutturale o funzionale, tale da rendere necessario un intervento ripristinatorio della essenza e funzionalità della cosa. (cfr. sez. II, 200504229, Raiola ed altri; sez. VI, 200401271, Misuraca). Inoltre, ai fini della ravvisabilità del dolo nel delitto di danneggiamento, pur non essendo necessaria l'esistenza del fine di nuocere, occorre tuttavia la coscienza e volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibile in tutto o in parte la cosa altrui. (cfr. sez. V, 2000005134, Ferreri; sez. II, 198803714, Panozzo). Pres. De Maio - Est. Lombardi - Ric. Valentini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/07/2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n. 31485


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UDIENZA DEL  12.6.2008

SENTENZA N.

REG. GENERALE N. 3634/2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



composta dagli Ill.mi Signori:


Presidente Dott. Guido De Maio
Consigliere         Pierluigi Onorato
                         Claudia Squassoni
                         Alfredo Maria Lombardi
                         Giulio Sarno


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


Sul ricorso proposto dall'Avv. Aldo Valentini, difensore di fiducia di Valentini Corrado, n. a Pesaro l'11.7.1943, avverso la sentenza in data 11.10.2007 della Corte di Appello di Ancona, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Urbino in data 16.10.2006, venne condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle parti civili Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e Provincia di Pesaro, quale colpevole dei reati: a) di cui agli art. 81 cpv. c.p. 51 n. 3 e 4 del D. Lgs n. 22/97; b) di cui agli art. 81 cpv. c.p., 14 n. 2 e 51 n. 2 del D. Lgs n. 22/97; c) di cui agli art. 81 cpv. e 635, comma secondo n. 3), c.p., unificati sotto il vincolo della continuazione.


- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Angelo Di Popolo, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza relativamente ai reati di cui ai capi a) e b) perché estinti per prescrizione; rigettarsi il ricorso per il capo c) e confermarsi le statuizioni civili;
- Udito per la parte civile Provincia di Pesaro, l'Avv. Roberto Brunelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Udito il difensore dell'imputato, Avv. Angelo Pugliese, in sostituzione dell'Avv. Aldo Valentini, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso ed in subordine dichiararsi la prescrizione dei reati di cui ai capi a) e b);


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Ancona ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Valentini Corrado in ordine ai reati: a) di cui agli art. 81 cpv. c.p. 51 n. 3 e 4 del D. Lgs n, 22/97; b) di cui agli art. 81 cpv. c.p., 14 n. 2 e 51 n. 2 del D. Lgs n. 22/97; c) di cui agli art. 81 cpv. e 635, comma secondo n. 3), c.p., ascrittigli per non avere osservato, quale direttore tecnico della discarica di prima categoria Ca' Lucio, ubicata nel Comune di Urbino, le prescrizioni contenute nell'autorizzazione alla gestione dell'impianto rilasciata dalla Regione Marche con delibera n. 22941 del 18.7.1988, nonché nello stesso D. Lgs n. 22/97, nella delibera del Comitato Interministeriale 27.7.1984 e nel progetto preliminare ed esecutivo approvato con delibera della Regione Marche n. 2121 del 7.9.1998; per avere nella predetta qualità smaltito i rifiuti della discarica ed in particolare il percolato nelle acque superficiali del fosso Rio del Pian Lombardo ed avere irrimediabilmente deteriorato il predetto corso d'acqua a valle della discarica, nonché il Fosso Redipuglie fino alla confluenza con il fiume Metauro.


I giudici di merito hanno accertato in punto di fatto che dalla discarica Ca' Lucio si era reiteratamente verificata la fuoriuscita di percolato, riversatosi nelle acque superficiali dei vicini Rio del Pian Lombardo e Fosso di Redipuglie, provocandone l'inquinamento che, dall'esito delle analisi microbiologiche, risultava corrispondere, nel tratto di acque limitrofe alla discarica, alla quinta classe dell'indice IBE e, cioè, all'ultimo indice di classificazione della gravità dell'inquinamento biologico; che la fuoriuscita del percolato doveva essere attribuita alla indebita e pericolosa commistione tra il sistema di smaltimento delle acque meteoriche e quello del percolato, dovuta, tra l'altro, - secondo le risultanze della consulenza fatta espletare dal Pubblico Ministero - alla mancata realizzazione di un impianto separato di raccolta e ricircolo del percolato come previsto dalla citata delibera della Regione Marche n. 2121 del 7.9.1998, mentre si era provveduto al mero potenziamento del sistema di ricircolo esistente; dovuta inoltre alla esistenza di un sistema alternativo ed irregolare di smaltimento del percolato in caso di tracimatura dalla vasca V2 mediante un tubo di scarico che convogliava il percolato riversatosi sul pavimento della cabina direttamente nelle condotte di scarico delle acque meteoriche; alla mancata effettuazione dei periodici controlli e monitoraggi prescritti; che il reato di danneggiamento era provato dall'apprezzabile diminuzione del valore intrinseco dei citati corsi d'acqua provato dal risultato delle analisi microbiologiche eseguite.


La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva censurato la mancata acquisizione di prove da parte del giudice di primo grado afferenti ad indagini che avevano interessato l'impianto prima che l'imputato ne assumesse la direzione; richiesta di acquisizione di prove che veniva reiterata con l'atto di appello; dedotto la insussistenza delle contravvenzioni e del delitto ascrittogli, osservando in ordine alle prime che gli incidenti nel corso dei quali si erano verificati i fenomeni di inquinamento delle acque dei torrenti di cui alla contestazione, assolutamente sporadici, erano esclusivamente dovuti a difetti costruttivi della discarica, ai quali l'imputato aveva cercato di ovviare con vari interventi nel corso degli anni, ed in ordine al delitto la insussistenza dell'evento e dell'elemento psicologico del reato.


La sentenza nel rigettare tali motivi dì gravame ha sostanzialmente richiamato le risultanze probatorie già evidenziate dal giudice di primo grado, osservando che i versamenti abusivi del percolato "erano resi possibili da concrete opere effettuate nell'impianto che li rendevano operanti"; che l'imputato era a perfetta conoscenza delle condizioni preesistenti e "non si è attivato per rimuovere la situazione di pericolo collegata all'impianto da lui gestito"; che il consapevole e volontario danneggiamento delle acque superficiali conseguente all'inquinamento "è comprovato dalle analisi microbiologiche effettuate attestanti un grave inquinamento biologico".


Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la mancata assunzione di una prova decisiva richiesta dall'imputato a norma dell'art. 495, comma secondo, c.p.p..


Con il motivo di gravame si reitera la censura per la mancata acquisizione da parte del giudice di primo grado degli atti esistenti presso la Procura della Repubblica di Urbino relativi ad indagini effettuate sulla discarica nel periodo precedente al 1996 e, cioè, all'epoca in cui l'imputato ne ha assunto la direzione; indagini dalle quali era già emersa prova documentale che la discarica di Ca' Lucia era stata progettata sin dall'inizio con tecniche obsolete ed era stata condotta negli anni precedenti l'assunzione dell'incarico da parte del Valentini in modo altamente insoddisfacente. Si osserva che già in passato si erano verificati numerosi fenomeni di inquinamento ambientale, analiticamente citati nel ricorso, dovuti alle caratteristiche tecniche della predetta discarica, come peraltro emerso da altre risultanze probatorie acquisite nel corso del giudizio anche esse citate analiticamente.


Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 192 c.p.p..


Si deduce, in sintesi, che i giudici di merito hanno erroneamente valutato o travisato le risultanze probatorie, analiticamente richiamate in ricorso, per giungere alla affermazione di colpevolezza dell'imputato, essendo stata attribuita erroneamente al Valentini la creazione di un sistema di smaltimento illecito del percolato, mentre sono state svalutate le deposizioni testimoniale che hanno riferito di un positivo mutamento dello stato dei luoghi a seguito dell'assunzione dell'incarico da parte dell'imputato. Si osserva, poi, che i fenomeni di inquinamento rilevati nel corso degli anni sono riconducibili a soli tre episodi, determinati o da eventi meteorologici imprevedibili o da altri fatti accidentali, quali la rottura di una pompa o un errore umano.


Con il motivo di gravame si censurano inoltre le risultanze della consulenza fatta espletare dal P.M., poste a fondamento dell'accusa, di cui si afferma l'erroneità con riferimento alla valutazione della esistenza di irregolarità dell'impianto rispetto alle previsioni progettuali.


Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza.


Si deduce, in sintesi, che la pronuncia della Corte territoriale ha fatto genericamente propria la motivazione di quella di primo grado senza tener conto della ricostruzione della vicenda in punto di fatto quale emersa dalle prove acquisite nel dibattimento di primo grado e in sostanza delle inadeguatezze strutturali della discarica, che in alcuni casi avevano natura di vizi occulti; della sporadicità e scarsa rilevanza dei fenomeni di inquinamento successivamente alla assunzione dell'incarico da parte del Valentini, determinati sempre da difetti costruttivi della discarica; degli interventi eseguiti dall'imputato, analiticamente descritti, per mettere a norma la discarica, che ne hanno consentito nell'anno 2003 il collaudo, essendosi rilevata la conformità dell'impianto alle prescrizioni di cui al D. Lgs n. 36/2003


Con il quarto motivo di gravame si denuncia l'errata applicazione dell'art. 635 c.p..


Si osserva che l'elemento oggettivo del reato di danneggiamento è costituito dal deterioramento di una certa consistenza della cosa, tale da integrare un danno strutturale o funzionale della stessa; che nei motivi di appello era stata dedotta l'inesistenza di tale danno sia con riferimento ai corpi idrici denominati Fosso Rio del Pian Lombardo e Fosso di Repuglie, sia del fiume Metauro, essendo stato accertato solo un fenomeno di inquinamento dei primi due corsi d'acqua in occasione della fuoriuscita di percolato dall'impianto, senza che sia stata verificata la successiva permanenza di una situazione di danno strutturale degli stessi.


Si deduce, quindi, che la sentenza impugnata non ha affatto esaminato il citato motivo di gravame. Si osserva inoltre che nei motivi di appello era stata anche dedotta, in ogni caso, la insussistenza dell'elemento psicologico del reato e, cioè, la coscienza e volontà dell'imputato di danneggiare i citati corsi d'acqua, ma anche sul punto la sentenza impugnata ha omesso di indicare gli elementi in base ai quali ir stata ritenuta la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.


Con l'ultimo motivo di gravame si denuncia, infine, la violazione ed errata applicazione del combinato disposto di cui agli art. 538 c.p.p. e al D. Lgs n. 152/06.


Con il motivo di gravame si censura l'ammissione della costituzione di parte civile, quale parte lesa, dello Stato, appartenendo alla sola Provincia la legittimazione attiva in materia risarcitoria.


Si osserva sul punto che l'art. 318 del D. Lgs n. 152/06 ha abrogato l'art. 18 della L. 8 luglio 1986 n. 349 ad eccezione del comma quinto, che si riferisce al diritto di intervento delle associazioni ambientaliste; che, peraltro, l'art. 311 dello stesso D. Lgs. 152/06 ha attribuito al Ministero dell'Ambiente l'esercizio della azione civile, anche in sede penale, solo ai fini del risarcimento del danno ambientale.


Si deduce, quindi, che nella specie non è stata affatto provata l'esistenza di un danno ambientale, il cui onere probatorio incombe sull'Ente interessato, e tale rilievo viene riferito anche all'azione risarcitoria della Provincia di Pesaro.


Con memoria depositata l'8.3.2008 l'Avvocatura dello Stato per il Ministero dell'Ambiente ha chiesto la condanna del Valentini al risarcimento del danno ambientale, quantificato in € 14.600.110,89.


La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in ordine ai reati contravvenzionali di cui ai capi a) e b) perché estinti per prescrizione.


Dalla data di cessazione della commissione dei fatti (7.7.2003), invero, è interamente decorso in data 7.1.2008 il termine della prescrizione di cui agli art. 157, primo comma n. 5), nella formulazione all'epoca vigente, e 160 c.p..


Per completezza di esame deve essere rilevato che non emergono dagli atti elementi per il proscioglimento dell'imputato con formula più favorevole, ai sensi dell'art. 129, comma secondo, c.p.p., in ordine a tali reati contravvenzionali, per la cui sussistenza è sufficiente l'elemento soggettivo della colpa.


Peraltro, gli stessi motivi di gravame, in caso di accoglimento, imporrebbero l'annullamento con rinvio della pronuncia, incompatibile con la rilevata estinzione dei reati.


Tanto premesso, la Corte rileva che il quarto motivo di gravame afferente al reato di cui all'art. 635 c.p. è fondato nei limiti di seguito precisati.


Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte per integrare l'elemento materiale del reato di danneggiamento deve verificarsi la distruzione di un bene ovvero il deterioramento dello stesso, che abbia cagionato un danno strutturale o funzionale, tale da rendere necessario un intervento ripristinatorio della essenza e funzionalità della cosa. (cfr. sez. II, 200504229, Raiola ed altri, RV 230700; sez. VI, 200401271, Misuraca, RV 228425).
Inoltre, ai fini della ravvisabilità del dolo nel delitto di danneggiamento, pur non essendo necessaria l'esistenza del fine di nuocere, occorre tuttavia la coscienza e volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibile in tutto o in parte la cosa altrui. (cfr. sez. V, 2000005134, Ferreri, RV 216063; sez. II, 198803714, Panozzo, RV 177945)


Si deve, quindi, rilevare che con l'atto di appello il Valentini aveva contestato diffusamente sia l'esistenza dell'elemento oggettivo del reato di danneggiamento, deducendo che il fenomeno di occasionale inquinamento dei due corsi d'acqua provocato dalla fuoriuscita del percolato non aveva determinato alcun danno strutturale degli stessi, sia del dolo necessario per ravvisare la sussistenza del delitto, non essendovi alcuna prova della volontà dell'imputato di danneggiare i due torrenti, avendo egli, al contrario, messo in atto tutte le misure per evitare versamenti di percolato nelle acque.


Orbene, la sentenza impugnata ha rigettato le deduzioni dell'appellante sul punto con motivazione assolutamente carente, con la quale ci si limita a richiamare il risultato delle analisi microbiologiche effettuate, attestanti un grave inquinamento biologico, mentre nulla viene affermato a proposito dell'esistenza di un danno strutturale dei torrenti e soprattutto con riferimento alle contestazioni circa l'inesistenza dell'elemento psicologico del reato.


La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio in ordine al delitto per un nuovo giudizio di merito.


Per completezza di esame deve essere, però, ancora rilevato che l'opposizione dell'imputato alla costituzione di parte civile del Ministero dell'Ambiente é infondata, essendo consentita detta costituzione proprio ai sensi, prima dell'art. 18 della L. 8.7.1986 n. 349, ed attualmente dell'art. 311 del D. Lgs n. 152/06 per il risarcimento del danno ambientale, il cui accertamento costituisce questione di fatto ed è, peraltro, precipuamente legata alla valutazione della sussistenza del delitto di danneggiamento.


Per tale ultima ragione le statuizioni sulle questioni civili vanno rimesse al giudice del rinvio, che provvederà anche al regolamento delle relative spese secondo il criterio della soccombenza.


P.Q.M.


La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio in ordine alla contravvenzioni per essere estinte per prescrizione e con rinvio alla Corte di Appello di Perugia quanto al delitto. Spese di parte civile al definitivo.


Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 12.6.2008.
Deposito in Cancelleria 29/07/2008


 


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