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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/07/2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n. 31485
INQUINAMENTO IDRICO - Inquinamento delle acque (Torrenti) - Reato di
Danneggiamento - Configurabilità - Elemento oggettivo e psicologico del reato -
Inquinamento biologico - Esito delle analisi microbiologiche - Discarica -
Smaltimento illecito del percolato. L'elemento oggettivo del reato di
danneggiamento è costituito dal deterioramento di una certa consistenza della
cosa, tale da integrare un danno strutturale o funzionale della stessa.
Pertanto, anche in tema di inquinamento idrico (nella specie due torrenti e un
fiume) provocato dalla fuoriuscita del percolato di una discarica, il giudice
non può fondare un giudizio di responsabilità sulla sola base di analisi
microbiologiche attestanti un grave inquinamento biologico, senza accertare
l'esistenza di un danno strutturale ai corsi d’acqua e, soprattutto, l'elemento
psicologico del reato. Pres. De Maio - Est. Lombardi - Ric. Valentini. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 luglio 2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n.
31485
ACQUE - Inquinamento - Reato di danneggiamento - Configurabilità - Elementi.
Per integrare l'elemento materiale del reato di danneggiamento deve
verificarsi la distruzione di un bene ovvero il deterioramento dello stesso, che
abbia cagionato un danno strutturale o funzionale, tale da rendere necessario un
intervento ripristinatorio della essenza e funzionalità della cosa. (cfr. sez.
II, 200504229, Raiola ed altri; sez. VI, 200401271, Misuraca). Inoltre, ai fini
della ravvisabilità del dolo nel delitto di danneggiamento, pur non essendo
necessaria l'esistenza del fine di nuocere, occorre tuttavia la coscienza e
volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibile in tutto o in parte la
cosa altrui. (cfr. sez. V, 2000005134, Ferreri; sez. II, 198803714, Panozzo).
Pres. De Maio - Est. Lombardi - Ric. Valentini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 29/07/2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n. 31485
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UDIENZA DEL 12.6.2008
SENTENZA N.
REG. GENERALE N. 3634/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
composta dagli Ill.mi Signori:
Presidente Dott. Guido De Maio
Consigliere Pierluigi Onorato
Claudia Squassoni
Alfredo Maria Lombardi
Giulio Sarno
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Aldo Valentini, difensore di fiducia di Valentini
Corrado, n. a Pesaro l'11.7.1943, avverso la sentenza in data 11.10.2007 della
Corte di Appello di Ancona, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di
Urbino in data 16.10.2006, venne condannato alla pena di anni uno e mesi sei di
reclusione, oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in
favore delle parti civili Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio
e Provincia di Pesaro, quale colpevole dei reati: a) di cui agli art. 81 cpv.
c.p. 51 n. 3 e 4 del D. Lgs n. 22/97; b) di cui agli art. 81 cpv. c.p., 14 n. 2
e 51 n. 2 del D. Lgs n. 22/97; c) di cui agli art. 81 cpv. e 635, comma secondo
n. 3), c.p., unificati sotto il vincolo della continuazione.
- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Angelo Di
Popolo, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza
relativamente ai reati di cui ai capi a) e b) perché estinti per prescrizione;
rigettarsi il ricorso per il capo c) e confermarsi le statuizioni civili;
- Udito per la parte civile Provincia di Pesaro, l'Avv. Roberto Brunelli, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
- Udito il difensore dell'imputato, Avv. Angelo Pugliese, in sostituzione
dell'Avv. Aldo Valentini, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso ed in
subordine dichiararsi la prescrizione dei reati di cui ai capi a) e b);
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Ancona ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Valentini Corrado in ordine ai reati: a) di cui
agli art. 81 cpv. c.p. 51 n. 3 e 4 del D. Lgs n, 22/97; b) di cui agli art. 81
cpv. c.p., 14 n. 2 e 51 n. 2 del D. Lgs n. 22/97; c) di cui agli art. 81 cpv. e
635, comma secondo n. 3), c.p., ascrittigli per non avere osservato, quale
direttore tecnico della discarica di prima categoria Ca' Lucio, ubicata nel
Comune di Urbino, le prescrizioni contenute nell'autorizzazione alla gestione
dell'impianto rilasciata dalla Regione Marche con delibera n. 22941 del
18.7.1988, nonché nello stesso D. Lgs n. 22/97, nella delibera del Comitato
Interministeriale 27.7.1984 e nel progetto preliminare ed esecutivo approvato
con delibera della Regione Marche n. 2121 del 7.9.1998; per avere nella predetta
qualità smaltito i rifiuti della discarica ed in particolare il percolato nelle
acque superficiali del fosso Rio del Pian Lombardo ed avere irrimediabilmente
deteriorato il predetto corso d'acqua a valle della discarica, nonché il Fosso
Redipuglie fino alla confluenza con il fiume Metauro.
I giudici di merito hanno accertato in punto di fatto che dalla discarica Ca'
Lucio si era reiteratamente verificata la fuoriuscita di percolato, riversatosi
nelle acque superficiali dei vicini Rio del Pian Lombardo e Fosso di Redipuglie,
provocandone l'inquinamento che, dall'esito delle analisi microbiologiche,
risultava corrispondere, nel tratto di acque limitrofe alla discarica, alla
quinta classe dell'indice IBE e, cioè, all'ultimo indice di classificazione
della gravità dell'inquinamento biologico; che la fuoriuscita del percolato
doveva essere attribuita alla indebita e pericolosa commistione tra il sistema
di smaltimento delle acque meteoriche e quello del percolato, dovuta, tra
l'altro, - secondo le risultanze della consulenza fatta espletare dal Pubblico
Ministero - alla mancata realizzazione di un impianto separato di raccolta e
ricircolo del percolato come previsto dalla citata delibera della Regione Marche
n. 2121 del 7.9.1998, mentre si era provveduto al mero potenziamento del sistema
di ricircolo esistente; dovuta inoltre alla esistenza di un sistema alternativo
ed irregolare di smaltimento del percolato in caso di tracimatura dalla vasca V2
mediante un tubo di scarico che convogliava il percolato riversatosi sul
pavimento della cabina direttamente nelle condotte di scarico delle acque
meteoriche; alla mancata effettuazione dei periodici controlli e monitoraggi
prescritti; che il reato di danneggiamento era provato dall'apprezzabile
diminuzione del valore intrinseco dei citati corsi d'acqua provato dal risultato
delle analisi microbiologiche eseguite.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante
aveva censurato la mancata acquisizione di prove da parte del giudice di primo
grado afferenti ad indagini che avevano interessato l'impianto prima che
l'imputato ne assumesse la direzione; richiesta di acquisizione di prove che
veniva reiterata con l'atto di appello; dedotto la insussistenza delle
contravvenzioni e del delitto ascrittogli, osservando in ordine alle prime che
gli incidenti nel corso dei quali si erano verificati i fenomeni di inquinamento
delle acque dei torrenti di cui alla contestazione, assolutamente sporadici,
erano esclusivamente dovuti a difetti costruttivi della discarica, ai quali
l'imputato aveva cercato di ovviare con vari interventi nel corso degli anni, ed
in ordine al delitto la insussistenza dell'evento e dell'elemento psicologico
del reato.
La sentenza nel rigettare tali motivi dì gravame ha sostanzialmente richiamato
le risultanze probatorie già evidenziate dal giudice di primo grado, osservando
che i versamenti abusivi del percolato "erano resi possibili da concrete opere
effettuate nell'impianto che li rendevano operanti"; che l'imputato era a
perfetta conoscenza delle condizioni preesistenti e "non si è attivato per
rimuovere la situazione di pericolo collegata all'impianto da lui gestito"; che
il consapevole e volontario danneggiamento delle acque superficiali conseguente
all'inquinamento "è comprovato dalle analisi microbiologiche effettuate
attestanti un grave inquinamento biologico".
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la mancata assunzione
di una prova decisiva richiesta dall'imputato a norma dell'art. 495, comma
secondo, c.p.p..
Con il motivo di gravame si reitera la censura per la mancata acquisizione da
parte del giudice di primo grado degli atti esistenti presso la Procura della
Repubblica di Urbino relativi ad indagini effettuate sulla discarica nel periodo
precedente al 1996 e, cioè, all'epoca in cui l'imputato ne ha assunto la
direzione; indagini dalle quali era già emersa prova documentale che la
discarica di Ca' Lucia era stata progettata sin dall'inizio con tecniche
obsolete ed era stata condotta negli anni precedenti l'assunzione dell'incarico
da parte del Valentini in modo altamente insoddisfacente. Si osserva che già in
passato si erano verificati numerosi fenomeni di inquinamento ambientale,
analiticamente citati nel ricorso, dovuti alle caratteristiche tecniche della
predetta discarica, come peraltro emerso da altre risultanze probatorie
acquisite nel corso del giudizio anche esse citate analiticamente.
Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 192 c.p.p..
Si deduce, in sintesi, che i giudici di merito hanno erroneamente valutato o
travisato le risultanze probatorie, analiticamente richiamate in ricorso, per
giungere alla affermazione di colpevolezza dell'imputato, essendo stata
attribuita erroneamente al Valentini la creazione di un sistema di smaltimento
illecito del percolato, mentre sono state svalutate le deposizioni testimoniale
che hanno riferito di un positivo mutamento dello stato dei luoghi a seguito
dell'assunzione dell'incarico da parte dell'imputato. Si osserva, poi, che i
fenomeni di inquinamento rilevati nel corso degli anni sono riconducibili a soli
tre episodi, determinati o da eventi meteorologici imprevedibili o da altri
fatti accidentali, quali la rottura di una pompa o un errore umano.
Con il motivo di gravame si censurano inoltre le risultanze della consulenza
fatta espletare dal P.M., poste a fondamento dell'accusa, di cui si afferma
l'erroneità con riferimento alla valutazione della esistenza di irregolarità
dell'impianto rispetto alle previsioni progettuali.
Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione della sentenza.
Si deduce, in sintesi, che la pronuncia della Corte territoriale ha fatto
genericamente propria la motivazione di quella di primo grado senza tener conto
della ricostruzione della vicenda in punto di fatto quale emersa dalle prove
acquisite nel dibattimento di primo grado e in sostanza delle inadeguatezze
strutturali della discarica, che in alcuni casi avevano natura di vizi occulti;
della sporadicità e scarsa rilevanza dei fenomeni di inquinamento
successivamente alla assunzione dell'incarico da parte del Valentini,
determinati sempre da difetti costruttivi della discarica; degli interventi
eseguiti dall'imputato, analiticamente descritti, per mettere a norma la
discarica, che ne hanno consentito nell'anno 2003 il collaudo, essendosi
rilevata la conformità dell'impianto alle prescrizioni di cui al D. Lgs n.
36/2003
Con il quarto motivo di gravame si denuncia l'errata applicazione dell'art. 635
c.p..
Si osserva che l'elemento oggettivo del reato di danneggiamento è costituito dal
deterioramento di una certa consistenza della cosa, tale da integrare un danno
strutturale o funzionale della stessa; che nei motivi di appello era stata
dedotta l'inesistenza di tale danno sia con riferimento ai corpi idrici
denominati Fosso Rio del Pian Lombardo e Fosso di Repuglie, sia del fiume
Metauro, essendo stato accertato solo un fenomeno di inquinamento dei primi due
corsi d'acqua in occasione della fuoriuscita di percolato dall'impianto, senza
che sia stata verificata la successiva permanenza di una situazione di danno
strutturale degli stessi.
Si deduce, quindi, che la sentenza impugnata non ha affatto esaminato il citato
motivo di gravame. Si osserva inoltre che nei motivi di appello era stata anche
dedotta, in ogni caso, la insussistenza dell'elemento psicologico del reato e,
cioè, la coscienza e volontà dell'imputato di danneggiare i citati corsi
d'acqua, ma anche sul punto la sentenza impugnata ha omesso di indicare gli
elementi in base ai quali ir stata ritenuta la sussistenza dell'elemento
soggettivo del reato.
Con l'ultimo motivo di gravame si denuncia, infine, la violazione ed errata
applicazione del combinato disposto di cui agli art. 538 c.p.p. e al D. Lgs n.
152/06.
Con il motivo di gravame si censura l'ammissione della costituzione di parte
civile, quale parte lesa, dello Stato, appartenendo alla sola Provincia la
legittimazione attiva in materia risarcitoria.
Si osserva sul punto che l'art. 318 del D. Lgs n. 152/06 ha abrogato l'art. 18
della L. 8 luglio 1986 n. 349 ad eccezione del comma quinto, che si riferisce al
diritto di intervento delle associazioni ambientaliste; che, peraltro, l'art.
311 dello stesso D. Lgs. 152/06 ha attribuito al Ministero dell'Ambiente
l'esercizio della azione civile, anche in sede penale, solo ai fini del
risarcimento del danno ambientale.
Si deduce, quindi, che nella specie non è stata affatto provata l'esistenza di
un danno ambientale, il cui onere probatorio incombe sull'Ente interessato, e
tale rilievo viene riferito anche all'azione risarcitoria della Provincia di
Pesaro.
Con memoria depositata l'8.3.2008 l'Avvocatura dello Stato per il Ministero
dell'Ambiente ha chiesto la condanna del Valentini al risarcimento del danno
ambientale, quantificato in € 14.600.110,89.
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in ordine ai reati
contravvenzionali di cui ai capi a) e b) perché estinti per prescrizione.
Dalla data di cessazione della commissione dei fatti (7.7.2003), invero, è
interamente decorso in data 7.1.2008 il termine della prescrizione di cui agli
art. 157, primo comma n. 5), nella formulazione all'epoca vigente, e 160 c.p..
Per completezza di esame deve essere rilevato che non emergono dagli atti
elementi per il proscioglimento dell'imputato con formula più favorevole, ai
sensi dell'art. 129, comma secondo, c.p.p., in ordine a tali reati
contravvenzionali, per la cui sussistenza è sufficiente l'elemento soggettivo
della colpa.
Peraltro, gli stessi motivi di gravame, in caso di accoglimento, imporrebbero
l'annullamento con rinvio della pronuncia, incompatibile con la rilevata
estinzione dei reati.
Tanto premesso, la Corte rileva che il quarto motivo di gravame afferente al
reato di cui all'art. 635 c.p. è fondato nei limiti di seguito precisati.
Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte per
integrare l'elemento materiale del reato di danneggiamento deve verificarsi la
distruzione di un bene ovvero il deterioramento dello stesso, che abbia
cagionato un danno strutturale o funzionale, tale da rendere necessario un
intervento ripristinatorio della essenza e funzionalità della cosa. (cfr. sez.
II, 200504229, Raiola ed altri, RV 230700; sez. VI, 200401271, Misuraca, RV
228425).
Inoltre, ai fini della ravvisabilità del dolo nel delitto di danneggiamento, pur
non essendo necessaria l'esistenza del fine di nuocere, occorre tuttavia la
coscienza e volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibile in tutto o
in parte la cosa altrui. (cfr. sez. V, 2000005134, Ferreri, RV 216063; sez. II,
198803714, Panozzo, RV 177945)
Si deve, quindi, rilevare che con l'atto di appello il Valentini aveva
contestato diffusamente sia l'esistenza dell'elemento oggettivo del reato di
danneggiamento, deducendo che il fenomeno di occasionale inquinamento dei due
corsi d'acqua provocato dalla fuoriuscita del percolato non aveva determinato
alcun danno strutturale degli stessi, sia del dolo necessario per ravvisare la
sussistenza del delitto, non essendovi alcuna prova della volontà dell'imputato
di danneggiare i due torrenti, avendo egli, al contrario, messo in atto tutte le
misure per evitare versamenti di percolato nelle acque.
Orbene, la sentenza impugnata ha rigettato le deduzioni dell'appellante sul
punto con motivazione assolutamente carente, con la quale ci si limita a
richiamare il risultato delle analisi microbiologiche effettuate, attestanti un
grave inquinamento biologico, mentre nulla viene affermato a proposito
dell'esistenza di un danno strutturale dei torrenti e soprattutto con
riferimento alle contestazioni circa l'inesistenza dell'elemento psicologico del
reato.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio in ordine al
delitto per un nuovo giudizio di merito.
Per completezza di esame deve essere, però, ancora rilevato che l'opposizione
dell'imputato alla costituzione di parte civile del Ministero dell'Ambiente é
infondata, essendo consentita detta costituzione proprio ai sensi, prima
dell'art. 18 della L. 8.7.1986 n. 349, ed attualmente dell'art. 311 del D. Lgs
n. 152/06 per il risarcimento del danno ambientale, il cui accertamento
costituisce questione di fatto ed è, peraltro, precipuamente legata alla
valutazione della sussistenza del delitto di danneggiamento.
Per tale ultima ragione le statuizioni sulle questioni civili vanno rimesse al
giudice del rinvio, che provvederà anche al regolamento delle relative spese
secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio in ordine alla
contravvenzioni per essere estinte per prescrizione e con rinvio alla Corte di
Appello di Perugia quanto al delitto. Spese di parte civile al definitivo.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 12.6.2008.
Deposito in Cancelleria 29/07/2008
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