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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/09/2008 (Ud. 14/05/2008), Sentenza n. 35897
URBANISTICA ED EDILIZIA - Ristrutturazione edilizia - Nozione - Connessione
finalistica delle opere eseguite - Art. 3, I c. - lett. d), del T.u. n. 380/2001
- come modificato dal D.Lgs 27.12.2002, n. 301. L'art. 3, I comma - lett.
d), del T.u. n. 380/2001 - come modificato dal D.Lgs 27.12.2002, n. 301 -
definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare
gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali
interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti". La ristrutturazione edilizia non è vincolata, pertanto,
al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell' edificio
esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può
comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari,
né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro
e risanamento conservativo (che -non può modificare in modo sostanziale
l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso
"compatibili" con l'edificio conservato). La stessa attività di
ristrutturazione, del resto, può attuarsi -attraverso una serie di interventi
che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi
enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle
opere eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente ma valutate nel
loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero
edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in
parte nuovo. Pres. De Maio, Rel. Fiale, Ric. Altarozzi ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/09/2008 (Ud. 14/05/2008), Sentenza n. 35897
URBANISTICA ED EDILIZIA - Interventi di ristrutturazione edilizia - Denuncia
di inizio attività e permesso di costruire - DIA presentata in concreto - Totale
difformità dell'opera rispetto alla DIA - Sanzioni penali (art. 44 D.P.R. n.
380/2001 – Applicazione - Artt. 22, 3° c. - lett. a), e 10, 1° c., lett. c), del
T.U. n. 380/2001, e succ. mod. del D.Lgs. n. 301/2002. L'art. 22, 3° comma -
lett. a), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, prevede,
che - a scelta dell'interessato - gli interventi di ristrutturazione edilizia
normalmente subordinate a permesso di costruire, (art. 10, 1° comma, lett. c),
del T.U. n. 380/2001, mod. dal D.Lgs. n. 301/2002) possono essere realizzati
anche in base a denuncia di inizio attività. Tuttavia, quando la DIA presentata
in concreto, non corrisponde all’effettiva realizzazione, si verte in ipotesi di
opere sostanzialmente prive di titolo abilitativo e la totale difformità
dell'opera rispetto alla DIA effettivamente presentata comporta l'applicazione
delle sanzioni penali di cui al successivo art. 44 (vedi Cass., Sez. III;
9.3.2006, n. 8303; 26.1.2004, n. 2579, Tollon; 19.11.2003, Landolina; nonché
Sez. V, 26.4.2005, Giordano). Pres. De Maio, Rel. Fiale, Ric. Altarozzi ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/09/2008 (Ud. 14/05/2008),
Sentenza n. 35897
PROCEDURE E VARIE – Ignoranza incolpevole della legge penale - Errore
scusabile – Invitabilità. L'ignoranza della legge penale scusa l'autore
dell'illecito soltanto se incolpevole a cagione della sua inevitabilità (Corte
Cost., 23.3.1998, n. 364).Pres. De Maio, Rel. Fiale, Ric. Altarozzi ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/09/2008 (Ud. 14/05/2008), Sentenza n.
35897
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UDIENZA 14.5.2008
SENTENZA N. 1186
REG. GENERALE n.43507/07
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Claudia SQUASSONI Consigliere
Dott. Aldo FIALE Consigliere
Dott. Maria Silvia SENSINI Consigliere
Dott. Santi GAZZARA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. ALTAROZZI Sergio, nato a Roma il 5.10.1951
2. ALTAROZZI Remo, nato a Roma il 4.4.1958
- avverso la sentenza 17.9.2007 della Corte di appello di Roma
- Visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi
- Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
- Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del dr. Guglielmo Passacantando, il quale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi
- Udito il difensore, Avv.to Sandro Salvatore Rapisarda, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 17.9.2007, confermava la sentenza
20.3.2006 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato la
responsabilità penale di Altarozzi Sergio ed Altarozzi Remo in ordine ai reati
di cui:
- all'art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 [per avere realizzato, in concorso
tra loro, in
assenza del prescritto permesso di costruire, la sopraelevazione (su una
superficie di mt. 11,30 x 12,60) di un fabbricato preesistente adibito ad
officina; nonché per avere realizzato, il solo Altarozzi Sergio, un ampliamento
edilizio di mt. 7 x 2 - acc. in Roma, ai nn. 134/136 di via Vittorio Alpe, il
26.11.2003];
- agli artt. 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001 [per avere realizzato le opere anzidette
in
conglomerato cementizio armato, senza l'assistenza progettuale ed esecutiva di
un
tecnico abilitato e senza averne fatto denuncia al competente ufficio tecnico];
e, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod.
pen., aveva condannato ciascuno alla pena complessiva di mesi tre di arresto ed
euro 12.000,00 di ammenda, con ordine di demolizione delle opere abusive.
Avverso tale sentenza ha proposto separati ma identici ricorsi il difensore
degli imputati, il quale - sotto il profilo del vizio di motivazione - ha
eccepito:
- la carenza dell' elemento soggettivo dei reati;
- l'esistenza di un direttore dei lavori, nella persona dell'ingegnere Giuseppe
Arbau, il quale avrebbe presentato, in data 9.9.2003, rituale "dichiarazione di
ultimazione dei lavori" da lui sottoscritta;
- l'incongruo disconoscimento della riconducibilità delle opere realizzate al
regime della "ristrutturazione edilizia".
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, perché manifestamente
infondati.
1. Dei reati contravvenzionali in oggetto si risponde anche a titolo colpa.
Per la sussistenza dell'elemento soggettivo è sufficiente, quindi, che il
comportamento illecito sia derivato da imperizia, imprudenza o negligenza.
L'ignoranza della legge penale scusa l'autore dell'illecito soltanto se
incolpevole a cagione della sua inevitabilità (Corte Cost., 23.3.1998, n.
364) e, nella fattispecie in esame, correttamente deve ritenersi escluso che gli
imputati abbiano assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al c.d.
"dovere di informazione", attraverso l'espletamento di qualsiasi utile
accertamento, per conseguire l'esatta conoscenza della normativa vigente.
I ricorrenti, al contrario, asseriscono di avere presentato in buona fede una
DIA e di avere dato poi corso alla procedura di condono. Ciò ad evidenza non
vale ad elidere la loro responsabilità, sia perché la DIA presentata riguarda
opere (realizzazione di un tetto a spiovente e di una soffitta)
completamente diverse da quelle realizzate in concreto sia perché non
risulta neppure prospettato che il convincimento della liceità della propria
condotta sia stato tratto da un comportamento positivo degli organi
amministrativi ovvero da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale.
2. La presentazione di rituale "dichiarazione di ultimazione dei lavori", da
parte di tale ingegnere Giuseppe Arbau che li avrebbe diretti, non risulta
prodotta in giudizio, sicché su un documento siffatto la Corte di merito non
aveva alcun dovere di pronunciarsi.
3. L'art. 3, 1° comma - lett. d), del T.U. n. 380/2001 - come modificato dal D.Lgs 27.12.2002, n. 301
- definisce interventi di ristrutturazione edilizia
quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la
sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la
modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
La ristrutturazione edilizia non è vincolata, pertanto, al rispetto degli
elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio esistente e differisce
sia dalla manutenzione
straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del
numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della
destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non
può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente
soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una
serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi
agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la
connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere
riguardate analiticamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare
se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso
la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.
L'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs.
n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di
ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari,
modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici", ovvero
si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili
compresi nelle zone omogenee A).
L'art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso T.U., come modificato dal D.Lgs. n.
301/2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato - tali interventi
possono essere realizzati anche in base a semplice denuncia di inizio
attività.
Nella fattispecie in esame - quando pure si ritenesse che le opere in concreto
realizzate fossero riconducibili alla nozione di "ristrutturazione” posta
dall'art. 10, 1° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal
D.Lgs. n. 301/2002 - esse, normalmente subordinate a permesso di costruire,
avrebbero potuto essere realizzate, in alternativa, mediante denuncia di inizio
attività.
La DIA presentata in concreto, però; non corrisponde all’effettiva
realizzazione, sicché si verte in ipotesi di opere sostanzialmente prive di
titolo abilitativo e la totale difformità dell'opera rispetto alla DIA
effettivamente presentata comporta l'applicazione delle sanzioni penali di cui
al successivo art. 44 (vedi Cass., Sez. III; 9.3.2006, n. 8303; 26.1.2004,
n. 2579, Tollon; 19.11.2003, Landolina; nonché Sez. V, 26.4.2005, Giordano).
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che "le parti
abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma
dell’art 616 c.p.p:, l’onere solidale delle spese del procedimento nonché, per
ciascun ricorrente, quello del versamento di una somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di euro 1.000/00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento delle spese processuali nonché ciascuno di essi al versamento della
somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
ROM.A, 14.5.2008
Deposito in Cancelleria il 19 Set. 2008
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