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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/09/2008 (Ud. 29/05/2008), Sentenza n. 35907
URBANISTICA ED EDILIZIA - Costruzione abusiva realizzata da terzi -
Responsabilità del proprietario dell'area - Onere della prova. La
responsabilità per la realizzazione di una costruzione abusiva non prescinde,
per il proprietario dell'area interessata dal manufatto, dall'esistenza di un
consapevole contributo all'integrazione dell'illecito, ma grava sull'interessato
l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie,
si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà
(Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro). Pres. De Maio, Rel.
Fiale, Ric. Calicchia.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/09/2008 (Ud. 29/05/2008), Sentenza n.
35907
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UDIENZA 29.5.2008
SENTENZA N. 1382
REG. GENERALE n.2770/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Aldo FIALE Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
Dott. Santi GAZZARA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CALICCHIA Rosa, nata a Veroli il 16.2.1935
avverso la sentenza 30.5.2007 della Corte di Appello di Roma
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in udienza pubblica la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Gioacchino Izzo, il quale ha
concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 30.5.2007, in parziale riforma
della sentenza 13.1.2006 del Tribunale monocratico di Frosinone, ribadiva
l'affermazione della responsabilità penale di Calicchia Rosa in ordine al reato
di cui:
- all'art. 20, lett. b), legge n. 47/1985 (per avere realizzato in aderenza ad
una costruzione preesistente, in assenza della prescritta concessione edilizia,
un fabbricato in blocchetti di tufo e malta cementizia, in parte coperto con
travetti di legno e tegole per mt. 6 x 4 - acc. in Veroli, il 6.12.2002, con
lavori in corso)
e, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, determinava la pena
in giorni 10 di arresto ed euro 4.000,00 di ammenda, confermando l'ordine di
demolizione delle opere abusive.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Calicchia, la quale ha eccepito,
sotto il profilo della violazione di legge:
- la carenza assoluta di prova in ordine alla riconducibilità dell'attività di
edificazione abusiva alla sua persona.. La pronunzia di responsabilità, infatti,
si sarebbe illegittimamente fondata sul mero accertamento della sua qualità di
proprietaria del terreno edificato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato.
1. In ordine alla ritenuta responsabilità per l'esecuzione della costruzione
abusiva, la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema - condivisa
dal Collegio - è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un
soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un 'area, un dovere di
controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione
abusiva. Il semplice fatto di essere proprietario o comproprietario del terreno
(o comunque della superficie) sul quale vengono svolti lavori edili illeciti,
pur potendo costituire un indizio grave, non è sufficiente da solo ad affermare
la responsabilità penale, nemmeno qualora il soggetto che riveste tali qualità
sia a conoscenza che altri eseguano opere abusive sul suo fondo, essendo
necessario, a tal fine, rinvenire altri elementi in base ai quali possa
ragionevolmente presumersi che egli abbia commissionato i lavori abusivi ovvero
abbia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con il committente o
l'esecutore degli stessi.
Occorre considerare, in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta
l'attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena disponibilità,
giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad
effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest") bensì pure:
dei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il
proprietario; dell'eventuale presenza "in loco" di quest'ultimo durante
l'effettuazione dei lavori; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza
sull'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche
in sanatoria; del regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari e, in
definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o
negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa
la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo
presente pure la destinazione finale della stessa [vedi, tra le decisioni più
recenti, Cass, Sez.III 18.4.2003, n. 18756, Capasso ed altro; 2.3.2004, n. 9536,
Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.1.2005, n. 216,
Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone; 12.1.2007,
n. 8667, Forletti ed altri; 24.9.2007, n. 35376, De Filippo].
La responsabilità per la realizzazione di una costruzione abusiva non prescinde,
per il proprietario dell'area interessata dal manufatto, dall'esistenza di un
consapevole contributo all'integrazione dell' illecito, ma grava
sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi
che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza
la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro)
2. Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, i giudici del
merito hanno fondato correttamente la responsabilità della Calicchia sui
seguenti elementi:
- il fabbricato preesistente (per la cui costruzione l'imputata asserisce di
avere già riportato condanna), ampliato attraverso l'edificazione ulteriore del
manufatto in oggetto, era destinato ad abitazione esclusiva di lei e della sua
famiglia;
- ella era proprietaria del terreno ed aveva la disponibilità giuridica e di
fatto della platea cementizia sulla quale è stata realizzata l' edificazione;
- era stata accertata la sua presenza "in loco" durante
l'effettuazione dei lavori.
Da tali elementi è stata razionalmente dedotta la partecipazione della
ricorrente all'esecuzione delle opere abusive, tenuto conto che non è da porsi
in dubbio la sua piena consapevolezza della realizzazione delle stesse ed ella
non ha dimostrato di avere posto in essere, quale proprietaria, una qualsiasi
concreta attività di opposizione ad una edificazione che lo vede destinataria
finale del nuovo manufatto.
3. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione, sicché non può tenersi conto della prescrizione del reato
venuta a scadere dopo la pronunzia della sentenza impugnata (vedi Cass., Sez.
Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale,
rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima
segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro
1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro mille/00 in favore della
Cassa delle ammende.
ROMA, 29.5.2008
Deposito in Cancelleria il 19/09/2008
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