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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/09/2008 (Ud. 8/07/2008), Sentenza n. 36542



URBANISTICA E EDILIZIA - Concetto di ristrutturazione - Ruderi - Esclusione.
Il concetto di ristrutturazione postula necessariamente la esistenza di un manufatto da riedificare e consolidare dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura per cui i ruderi, che non possiedono tali elementi, sono da considerarsi una area non edificata (Cass. Sez. 3 sentenza 20776/2006). Pres. Onorato, Rel. Squassoni, Ric. Verdi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/09/2008 (Ud. 8/07/2008), Sentenza n. 36542


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UDIENZA 08/07/2008

SENTENZA N. 01731 /2008
REG. GENERALE N. 037789/2007


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale




Composta dagli Ill.mi Sigg.:


Dott. ONORATO PIERLUIGI PRESIDENTE
1.Dott.CORDOVA AGOSTINO CONSIGLIERE
2.Dott.SQUASSONI CLAUDIA "
3.Dott.GENTILE MARIO
4.Dott.FRANCO AMEDEO

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da :
1) VERDI BRUNO avverso SENTENZA CORTE APPELLO del 31/05/2007 di FIRENZE N. IL 28/03/1942
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere SQUASSONI CLAUDIA

Omissis


MOTIVI DELLA DECISIONE


Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Firenze, con sentenza 31 maggio 2007, ha ritenuto Verdi Bruno responsabile dei reati previsti dagli artt.44 c.1 lett.c TU 380/2001, 163 DLvo 490/1999 ( lavori edilizi abusivi in zona vincolata).


Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno ritenuto irrilevante la concessione in sanatoria rilasciata dal Comune avendo come riferimento un intervento di ristrutturazione edilizia. Ciò in quanto il preesistente manufatto era un ricovero precario e da considerarsi un rudere per cui non vi erano volumi edilizi da potere recuperare; inoltre, la nuova edificazione non era fedele alla precedente e la demolizione non riguardava solo volumi secondari, ma l'intero edificio.


La Corte ha reputato non applicabile al caso né il condono ambientale né quello edilizio trattandosi di nuova costruzione avente natura non residenziale in zona vincolata; in ogni caso, non erano state pagate le sanzioni previste dall'art.l c.37 L.308/2004.


L'epoca della edificazione è stata fissata dalla Corte in data prossima allo accertamento dei reati (24 aprile 2003).
Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che i tecnici del Comune avevano concluso che la precedente struttura fosse un volume edilizio recuperabile ed a questa valutazione operata da persone competenti nel settore, alle quali è demandata ex lege la materia, i Giudici hanno contrapposto le proprie discrezionali e soggettive considerazioni;
- che le prove acquisite sono state travisate per quanto concerne il tema su trattato ed il tempo della edificazione (affidato alla analisi visiva di un teste): essa risaliva al maggio 2000 con conseguente estinzione dei reati per prescrizione;
- che i Giudici hanno errato nel ritenere la necessità che il manufatto nuovo sia fedele ricostruzione del precedente (requisito non richiesto dalla norma statale né dall' art.4 LR 52/1999) e sul concetto di volume secondario.


Nei motivi aggiunti, il ricorrente ribadisce quanto inserito in quelli principali.


Per quanto concerne la natura ed il regime giuridico degli interventi di integrale ricostruzione di un edificio previamente abbattuto, si deve rilevare come il Consiglio di Stato avesse ricondotto tali opere , se il manufatto era identico al precedente, nella nozione di ristrutturazione edilizia; in senso contrario, si era pronunciata la uniforme giurisprudenza di legittimità che classificava l'intervento come una nuova costruzione.


La diatriba é stata superata con la introduzione dell'art. 1 c.5 sub b L.443/2001 (cd Legge obiettivo) ed, in seguito, dell'art.3 c.l lett.d TU 380/2001 che, nella formulazione originaria, comprendeva nel novero della ristrutturazione edilizia anche gli interventi consistenti nella demolizione e fedele ricostruzione di un manufatto; il DLvo 301/2002 ha eliminato il riferimento alla fedele ricostruzione evidenziando che la stessa sia qualificabile come ristrutturazione se il risultato finale coincide con la volumetria e la sagoma dello edificio abbattuto.


La giurisprudenza di legittimità ha rilevato come il concetto di ristrutturazione postula necessariamente la esistenza di un manufatto da riedificare e consolidare dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura per cui i ruderi, che non possiedono tali elementi, sono da considerarsi una area non edificata (Cass. Sez.3 sentenza 20776/2006).


Applicando tali principi al caso concreto, si rileva come il riferimento alla fedele ricostruzione, che secondo i Giudici sarebbe richiesta dalla normativa in materia, non è puntuale e su tale tema la censura del ricorrente è condivisibile.


Tuttavia, la relativa problematica è inconferente dal momento che , nella ipotesi che ci occupa, non vi era alcun manufatto edilizio da recuperare.


Il Tribunale nella sentenza 4 aprile 2005 ( che, essendo conforme a quella impugnata, la integra costituendo un tutto organico) ha avuto cura di indicare la fonte probatoria (testimonianza dello Ispettore capo Venturini) dalla quale ha tratto il convincimento che nella area non esistesse nulla di edificato o, al massimo, una struttura crollata e rasente al suolo; il Giudice ha preso nella dovuta considerazione la versione opposta fornita da un teste della difesa esplicitando la ragione per la quale non fosse credibile.


Qualora esistesse una precedente capanna (ipotesi che i Giudici motivatamente hanno escluso), sono ignote le sue caratteristiche di sagoma e volumetria per cui non è dato conoscere se l'edificio ricostruito sia rispettoso delle stesse come richiede espressamente l'art. 3 c.l citato.

Inoltre (e la circostanza emerge dalla sentenza di primo grado), il nuovo manufatto non rispecchia quanto prescritto dalla tipologia D dell'allegato alle Norme Tecniche di Attuazione del locale strumento urbanistico vigente all'epoca della realizzazione dell'opera; pertanto è carente la cd doppia conformità richiesta dall'art.l3 L.47/1985 ( ora art.36 TU 380/2001).


In tale contesto, la Corte, esercitando il doveroso controllo sulla legittimità del fatto estintivo incidente sulla fattispecie di reato, rileva come la concessione in sanatoria, non conforme alla normativa urbanistica, sia improduttiva di effetti in sede penale.


In merito all'epoca di commissione dei reati, la Corte ritiene poterla fissare alla data dello accertamento ( 24 aprile 2003) non essendo dimostrato che la edificazione abusiva sia proseguita successivamente. Tanto premesso, la Corte (dato atto che il ricorso non é meritevole di accoglimento, ma non manifestamente infondato) rileva che si é maturato il periodo richiesto dagli artt.157, 160 cp ( anni quattro e mezzo tento conto dell'interruzione) ; di conseguenza, annulla sentenza rinvio la sentenza in esame perché i reati sono estinti per prescrizione. Tale statuizione comporta la caducazione dell'ordine di demolizione impartito dal Tribunale.


PQM


La Corte annulla senza rinvio la impugnata sentenza perché i reati sono estinti per prescrizione.


Roma, 8 luglio 2008
Deposito in Cancelleria 24/09/2008


 


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