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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2008 (Cc. 02/07/2008), Sentenza n. 38044
URBANISTICA ED EDILIZIA - Mappe catastali - Valore probatorio - Limiti. Le
mappe catastali costituiscono un sistema secondario e sussidiario rispetto
all'insieme degli elementi acquisiti attraverso l'indagine istruttoria (tant'è
che te risultanze di esse possono assumere rilevanza probatoria solo se
espressamente richiamate nell’atto di acquisto o se non contraddette da
specifiche determinazioni negoziali delle parti), (Cass. civ. sez.3 n.711 dei
26.1.1998; Cass. civ. sez.2 n.6885 del 3.7.1999; n.9091 del 24.8.1991). Sicché,
le risultanze catastali non possono avere, di per sé, decisivo valore probatorio
per l'ovvia considerazione che non vi è alcuna certezza in ordine alla
correttezza della indicazione. E' ben possibile, invero, che siffatta
indicazione risulti ab origine frutto di errore o che abbia subito
modificazioni in relazione alle successive vicende del bene (alienazione
parziale o acquisto di terreno contiguo), pur non essendo state queste oggetto
di tempestiva e corretta annotazione. Pres. Altieri, Est. Amoresano, Ric. Locci
ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2008 (Cc. 02/07/2008),
Sentenza n. 38044
PROCEDURE E VARIE - Giudice del riesame - Fumus commissi delicti -
Verifica - Limiti - Giudice cautelare e giudice di merito - Differenza. La
verifica da parte del giudice del riesame del "fumus commissi delicti",
ancorché limitata all'astratta configurabilità del reato ipotizzato dal p.m.,
importa che lo stesso giudice, lungi dall'essere tenuto ad accettare comunque la
prospettazione dell'accusa, abbia il potere-dovere di escluderla, quando essa
appaia giuridicamente infondata (cfr.Cass. pen. sez. 1 n.15914 del
16.2.2007-Borgonovo). Pertanto, "l'unica differenza che corre tra giudice
cautelare e giudice di merito è che il primo non ha poteri di istruzione e di
valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del
giudizio, ma tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di
diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il
reato contestato" (cfr. Cass.pen.sez.3 n.33873 del 7.4.2006-Morooni). Pres.
Altieri, Est. Amoresano, Ric. Locci ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 6/10/2008 (Cc. 02/07/2008), Sentenza n. 38044
PROCEDURE E VARIE - Violazione di legge - Concetto e configurabilità. Nel
concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di
motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate
all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio I'art.125 c.p.p.,
che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità
della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento
dall'art.606 Iett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non
risultante dal testo del provvedimento. (Cass. Sez. III, sentenza n.2/2004,
Terrazzi). Pres. Altieri, Est. Amoresano, Ric. Locci ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6 Ottobre 2008 (Cc. 02/07/2008), Sentenza n. 38044
PROCEDURE E VARIE - Provvedimenti di sequestro - Poteri del Tribunale del
riesame. Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di
provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del
Tribunale del riesame, ai quale è conferita esclusivamente la competenza a
conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita
alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli
obiettivi endoprocessuaii che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni
potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al
giudice del procedimento principale (cfr. Cass. sez.unite 29.1.1997, ric. P.M.
in proc.Bassi). Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale
risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente
la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae",
così da determinare una non consentita preventiva verifica della fondatezza
dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di
competenze nell'ambito di un medesimo procedimento. L'accertamento, quindi,
della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo
della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati
sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze
processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se
essi consentono- in una prospettiva di ragionevole probabilità- di sussumere
l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve,
pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile
ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive
sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto
l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Cass.pen.sez.,3
n.40189 del 2006- ric. Di Luggo). Pres. Altieri, Est. Amoresano, Ric. Locci ed
altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2008 (Cc. 02/07/2008),
Sentenza n. 38044
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UDIENZA in Camera di consiglio del 2.7.2008
SENTENZA N. 831
REG. GENERALE n. 015019/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. Altieri Enrico Presidente
Dott. Grassi Aldo Consigliere
Dott. Teresi Alfredo Consigliere
Dott. Amoresano Silvio Consigliere
Dott. Sensini Silvia Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Locci Vincenzo
nato il 14.12.1964
2) Locci Cristina nata il 2.12.1969
-
avverso ordinanza del 20 marzo 2008 del Tribunale del riesame di Cagliari
-
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
-
sentite le conclusioni del P.G. dr. Mario Fraticelli
che ha chiesto l'annullamento senza rinvio limitatamente ai piani dell'edificio
che precedono gli ultimi due, con rigetto del ricorso nel resto.
-
sentiti i difensori aw.ti Giuseppe Schiacchitano e Francesco Massa che hanno
concluso per l'accoglimento del ricorso.
OSSERVA
1) Con decreto in data 22.2.2008 il GIP del Tribunale di Cagliari disponeva il
sequestro preventivo dell'immobile in costruzione sito in territorio di
Iglesias, località Santa Margherita di Nebida.
Riteneva il GIP che la concessione edilizia in variante del 16.6.2004, in forza
della quale erano stati eseguiti i lavori, fosse macroscopicamente illegittima,
sia con riferimento all'indice di edificabilità, sia in relazione all'altezza
massima consentita dalle previsioni urbanistiche vigenti.
Sussisteva quindi il fumus del reato di cui all'art.44 DPR 380/01, nonché le
esigenze cautelari essendo l'intervento edilizio in fase di realizzazione.
Il Tribunale di Cagliari, con ordinanza in data 20 marzo 2008, rigettava
l'istanza di riesame proposta da Locci Vincenzo e Locci Cristina, soci della
soc. Porto Flavia, proprietaria del fabbricato e titolare della concessione,
confermando il provvedimento impugnato.
Riteneva il Tribunale che dal certificato di destinazione urbanistica risultasse
(per la zona 82 di completamento) un indice di edificabilità fino a 3 mc/mq e di
5 mc/mq per lotti interclusi, con riferimento sia alle norme di attuazione del
PRG del comune di Iglesias che al decreto assessoriale 20.12.1983 n.2266/U.
Ma anche a voler considerare (per mera ipotesi) l'indice di 7 mc/mq„ come
sostenuto dalla difesa, la concessione edilizia in variante sopraindicata,
consentendo la realizzazione di volumi per mc. 6523,66, superava di gran lunga
detto indice. Tant' è che la stessa difesa aveva fatto riferimento ad alcune
imprecisioni contenute negli elaborati progettuali approvati (la tavola 8 del
progetto indicava una superficie erronea del lotto, cioè mq 840, mentre dalla
visura catastale risultava di mq.1030).
La fondatezza o meno di tale assunto presupponeva però accertamenti istruttori,
anche tecnici, incompatibili con la natura del procedimento incidentale.
In ordine all'altezza, assumeva il Tribunale che pacificamente, in base agli
strumenti urbanistici del Comune di Iglesias, quella massima consentita fosse
pari a mt.15,00.
La concessione in variante del 17.6.2004 autorizzava, invece, la realizzazione
di una struttura sviluppantesi in altezza per mt.15,30 (come calcolato dalla
Forestale). L'assunto difensivo, che prospettava l'erroneità della misurazione
perché effettuata al "colmo del tetto", era ugualmente non accertabile e quindi
incompatibile con la fase incidentale.
Le allegazioni difensive riguardavano quindi l'effettiva entità delle opere
realizzate ed apprezzamenti fattuali estranei al giudizio cautelare.
Secondo il Tribunale del riesame sussisteva, inoltre, il periculum in mora
(pericolo che non poteva dirsi scongiurato dalla provvisoria sospensione della
efficacia della concessione edilizia).
2) Propongono ricorso per cassazione i difensori di Locci Vincenzo e Locci
Cristina. Dopo aver riepilogato l'iter amministrativo che ha portato al rilascio
della concessione edilizia, con il primo motivo denunciano la violazione degli
artt.321, 324 c.p.p. e dell'art.44 DPR 380/01 in relazione agli artt. 24 e 42
Cost., art.14 DPR 80/01, D.M. 2.4.1968 n.1444, D.A. n.2666/1983, norme
attuazione del P.R.G. di Iglesias.
Secondo giurisprudenza della Suprema Corte la verifica dell'astratta
configurabilità del reato ipotizzato non limita i poteri del riesame, che è
tenuto ad accertare nel caso concreto, sulla base dei fatti risultanti dagli
atti ed anche delle allegazioni difensive, la ravvisabilità del fumus del reato
ipotizzato.
Senza necessità di particolari indagini istruttorie i giudici del riesame
avrebbero potuto accertare la non riconducibilità del fatto ad ipotesi di reato.
Non sussisteva infatti l'ipotizzata violazione né dei limiti di edificabilità,
né dei limiti di altezza.
Non essendo dubitabile che per la Sardegna sia il D.A.20.12.1983 n.2666/U (cd. decreto
Floris) e non il D.M.2.4.1968 (cui ha fatto riferimento il GIP), a disciplinare
i limiti dell'edificazione, l'indice di edificabilità insuperabile nelle zone
"B", per i Comuni di 1" classe come quello di Iglesias, sia certamente (e non in
via ipotetica come sostiene il Tribunale) pari a 7 mc/mq.
Tale limite non è stato superato come risulta da una semplice operazione
algebrica (e senza necessità quindi di alcuna particolare indagine istruttoria).
L'indice indicato in 7,7 mc/mq presuppone infatti che la volumetria progettata (mc.6523)
riguardi un lotto di mq.840.
Dagli atti risulta però che il mappale 138 utilizzato per l'edificazione misura
mq.1030, per cui la volumetria realizzabile è pari a mc.7210 (1030 X 7),
superiore quindi a quella progettata ed autorizzata (mc.6523).
Peraltro, in corso di edificazione, i ricorrenti hanno acquistato altri terreni
confinanti e ricadenti nella medesima zona B2 per mq 440, per cui la volumetria
progettata e realizzata consuma un indice di 4,4 (mc.6523 : mq 1470), conforme
alla previsione del PRG. Senza necessità di ricorrere neppure alla concessa
deroga.
Per quanto riguarda l'altezza massima, in base al decreto Floris (sul punto
sostanzialmente coincidente con il D.M. 1444/68 art.8) essa va computata in mt.18
e non in mt.15,00 come erroneamente ritenuto dai giudici del riesame.
Errore di diritto è, peraltro, anche quello che individua l'altezza realizzata in
mt.15,30 (calcolandola al colmo del tetto): l'art.4 del decreto Floris
stabilisce infatti un diverso criterio assumendo come altezza la distanza media
tra l'intradosso dell'ultimo solaio ed il piano naturale di campagna sul
prospetto a monte". Secondo questo criterio di calcolo l'altezza del fabbricato
risulta di metri 14,55 (inferiore quindi a quella ordinaria prevista dal PRG).
Difetta infine ictu oculi l'elemento soggettivo del reato, stante la palese
buona fede dei ricorrenti titolari di regolare e legittimo titolo edilizia.
La misura cautelare relativa all'intero fabbricato è in ogni caso sproporzionata
rispetto all'ipotetica violazione (sarebbe stato sufficiente limitare la misura
cautelare all'ultimo o agli ultimi due piani: gli unici secondo la stessa
ipotesi accusatoria eccedenti i limiti di edificabilità consentiti).
Chiedono, quindi, l'annullamento dell'ordinanza impugnata e del decreto di
sequestro del GIP.
3) II ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
3.1) Va premesso che, a norma dell'art.325 c.p.p., il ricorso per cassazione può
essere proposto soltanto per violazione di legge.
Secondo l'orientamento, ormai consolidato di questa Corte, ribadito dalle
sezioni unite con la sentenza n.2/2004, Terrazzi, nel concetto di violazione di
legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di
motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise
norme processuali, quali ad esempio I'art.125 c.p.p., che impone la motivazione
anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è
prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art.606 Iett.e) c.p.p., né
tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento.
3.2) Quanto ai poteri del Tribunale del riesame, la giurisprudenza di questa
Corte (cfr.in particolare sez.unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc.Bassi) ritiene
che nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti
di sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale, ai quale è
conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità
dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a
verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi
endoprocessuaii che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere
conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice
del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione
incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare
surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum
causae", così da determinare una non consentita preventiva verifica della
fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida
attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento.
L'accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto
sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono
essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali
risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di
verificare se essi consentono- in una prospettiva di ragionevole probabilità- di
sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del riesame non
deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere
l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni
difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni
aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (ex multis
Cass.pen.sez.,3 n.40189 del 2006- ric.Di Luggo).
3.3) Il Tribunale si è attenuto a tali principi, evidenziando la
configurabilità del fumus commissi delicti e la sussistenza delle esigenze
cautelari.
Sotto il primo profilo ha, infatti, sottolineato come la concessione edilizia
fosse illegittima in relazione all'indice di edificabilità.
Hanno affermato infatti, ineccepibilmente, i giudici di merita che, pur a voler
accedere alla tesi difensiva, .l'indice di edificabilità non avrebbe potuto in
ogni caso mai superare i 7 mc/mq. Tenuto conto della superficie del lotto
(indicata in mq 840 nella stessa richiesta di rilascio della concessione
edilizia) la tubatura realizzabile era pari a mc. 5880 (mq.840 X 7) e non quella
di mc.6523,66, progettata ed illegittimamente assentita.
Tanto riconoscono, del resto, gli stessi ricorrenti che però deducono
l'esistenza di un mero errore nella indicazione della superficie del lotto, che
dal mappale risulta pari a. mq.1030 e non (come erroneamente indicato) mq.840.
Correttamente il Tribunale ha disatteso l'assunto difensivo: le risultanze
catastali hanno, infatti, valore di semplici indizi.
Per giurisprudenza costante di questa Corte le mappe catastali costituiscono "un
sistema secondario e sussidiario rispetto all'insieme degli elementi acquisiti
attraverso l'indagine istruttoria (tant'è che te risultanze di esse possono
assumere rilevanza probatoria solo se espressamente richiamate nell'atto di
acquisto o se non contraddette da specifiche determinazioni negoziali delle
parti)" (cfr. ex mults Cass.civ. sez.3 n.711 dei 26.1.1998; cass,civ, sez.2
n.6885 del 3.7.1999; n.9091 del 24.8.1991).
Le risultanze catastali non possono avere, di per sé, decisivo valore probatorio
per l'ovvia considerazione che non vi è alcuna certezza in ordine alla
correttezza della indicazione, E' ben possibile, invero, che siffatta
indicazione risulti ab origine frutto di errore o che abbia subito modificazioni
in relazione alle successive vicende del bene (alienazione parziale o acquisto
di terreno contiguo), pur non essendo state queste oggetto di tempestiva e
corretta annotazione.
Valenza probatoria risolutiva non può avere l'indicazione della superficie del
lotto specialmente nella fattispecie in esame, risultando le emergenze catastali
contraddette dalla documentazione Proveniente dagli stessi soggetti che le
invocano (tavola 8 del progetto di variante in corso d'opera).
Ineccepibilmente, pertanto, i giudici del riesame hanno ritenuto che per poter
stabilire la fondatezza o meno dell'assunto difensivo fossero necessari "una
serie di accertamenti istruttori, anche di natura tecnica, che appaiono
incompatibili con la natura del presente procedimento incidentale:'.
Non è dubbio che il controllo del riesame non possa limitarsi ad una verifica
meramente burocratica della riconducibilità in astratto del fatto indicato
dall'accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto attraverso la
valutazione dell'antigiuridicità penale del fatto come contestato, tenendosi
conto, nell'accertamento del "fumus commissi delicti", degli elementi dedotti
dall'accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni
difensive.
Secondo anche la già citata sentenza (sez. un. n.23/1997), non sempre
correttamente richiamata, al giudice del riesame spetta quindi il dovere di
accertare la sussistenza del cd. fumus commissi delicti che, pur se ricondotto
nel campo dell'astrattezza, va sempre riferito ad una ipotesi ascrivibile alla
realtà fattuale e non a quella virtuale (principi affermati più volte da questa
sezione 3, 29.11.1996, Carli; Cass. sez.3, 1.7.1996, Chiatellino; 30.11.199,
Russo; 2.4.2000, P.M. c. Cavagnoli; n.5145/2006).
In conclusione la verifica da parte del giudice del riesame del "fumus commissi
delicti", ancorché limitata all'astratta configurabilità del reato ipotizzato
dal p.m., importa che lo stesso giudice, lungi dall'essere tenuto ad accettare
comunque la prospettazione dell'accusa, abbia il potere-dovere di escluderla,
quando essa appaia giuridicamente infondata (cfr.Cass.pen.sez.1 n.15914 del
16.2.2007-Borgonovo).
Pur non potendosi, quindi, interpretare in modo burocratico i poteri del giudice
cautelare in relazione alla astratta configurabilità del reato ipotizzato, è
assolutamente pacifico che il predetto non abbia poteri istruttori.
Si è quindi condivisibilmente affermato che "l'unica differenza che corre tra
giudice cautelare e giudice di merito è che il primo non ha poteri di istruzione
e di valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del
giudizio, ma tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di
diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato
contestato" (cfr. Cass.pen.sez.3 n.33873 del 7.4.2006-Morooni).
Allo stato degli atti quindi, dovendosi ritenere la illegittimità della
concessione rilasciata in riferimento all'indice di edificabilità, era
configurabile il fumus del reato di cui all'art.44 lett.b) DPR 380/01.
Non si verte infatti in tema di disapplicazione di atti amministrativi.
Dalla sentenza a sezioni unite del 21.12.1993, ric.Borgia si evince il principio
che il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un
intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di
legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti
urbanistici e dalla concessione edificatoria.
Il giudice, quindi, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica del
provvedimento amministrativo autorizzatorio, ma deve verificare l'integrazione o
meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale
fattispecie assume a tutela" (nella specie tutela del territorio).
E' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro
diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta
criminosa, ivi compreso l'atto amministrativo (cfr.Cass. pen. sez.3
21.1.1997-Volpe ed altri). Non sarebbe infatti soggetto soltanto alla legge
(art.101 Cost.) un giudice penale che arrestasse il proprio esame all'aspetto
esistenziale e formale di un atto sostanzialmente contrastante con i presupposti
legali (Cass.pen.sez.3 2.5.1996 n.4421-Oberto ed altri). Tutti tali
condivisibili principi sono stati ribaditi da Cass.sez.3 n.11716 del 29.1.2001.
Il profilo sopra esaminato di illegittimità della concessione edilizia è
assolutamente assorbente e rende superfluo ogni ulteriore accertamento.
In ogni caso, con argomentazioni fattuali non censurabili in questa sede, i
giudici del riesame hanno ritenuto che, anche in ordine all'ipotizzato
superamento del limite di altezza massima, sarebbero necessari per verificare
t'assunto difensivo approfondimenti istruttori non consentiti nella fase
incidentale.
3.4) Quanto all'acquisto di altri terreni (che aumenterebbero notevolmente lo
superficie utilizzata, con conseguente piena legittimità dell'intervento
autorizzato), a parte il fatto che l'argomento non stata neppure sottoposto al
giudici del riesame, a del tutto evidente che anche per accertare la fondatezza
dell'assunto difensivo (ubicazione dei terreni acquistati e loro confini)
sarebbero stati necessari approfondimenti istruttori incompatibili con il
giudizio cautelare.
Si tratterebbe, comunque, di una sorta di "sanatorio postuma" che non
inciderebbe sulla originaria illegittimità della concessione e quindi sulla
configurabilità del reato contestato.
4) Il dedotto difetto dell'elemento soggettivo del reato (stante la palese
buona fede dei ricorrenti in possesso di concessione edilizia) non può essere
preso in considerazione in sede di giudizio cautelare.
E' assolutamente pacifico che non menzionando L'art.321 c.p.p. gli indizi di
colpevolezza fra le condizioni di applicabilità del sequestro e non potendosi
ritenere applicabile I'art.273 stesso codice (dettato per le misure cautelaci
personali e non richiamato per quelle reali), ai fini dell'adozione del
sequestro é sufficiente la presenza del fumus boni iuris e cioè l'ipotizzabilità
in astratto del reato (cfr. ex multis Cass.pen.sez.1 n.2396 del 25.3.1997).
5) Infine l'ipotizzata illegittimità della concessione edilizia "investe"
l'intero immobile realizzato in forza di siffatto titolo, per cui non può
trovare accoglimento l'istanza di limitazione della misura cautelare alla parte
eccedente i limiti di edificabilità consentiti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 2 luglio 2008
Depositata in cancelleria il 06/10/2008
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