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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38410



FAUNA E FLORA - Importazione illecita di specie protette - Accertamento della legittimità dell'importazione - Mancanza di diligenza - Responsabilità - Art. 1, L. n 150/1992.
L'ignoranza o l'errore (fattispecie relativa ala importazione illecita di carapaci) non può produrre effetti scriminanti se dipende da colpa configurabile allorché l’imputato abbia ammesso di sapere che animali vivi o morti appartenenti a specie protette non possono essere importati. Egli, proprio perché a suo dire l'appartenenza di quei gusci non era facilmente conoscibile da parte del comune turista e proprio perché aveva dimostrato di sapere che animali o parti di essi appartenenti a specie protette non possono essere importati vivi o morti, prima di introdurre in Italia ben sette gusci di tartaruga, appartenenti a specie protette, avrebbe dovuto rivolgersi a persone esperte allo scopo di accertare la legittimità dell'importazione. Tale doverosa mancanza di diligenza lo rende responsabile del reato di cui all'articolo 1 della legge n 150 del 1992. Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Gueye. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/10/2008 (Ud. 9/07/2008), Sentenza n. 38410


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UDIENZA  9.7.2008

SENTENZA N. 1782

REG. GENERALE n.17047/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Guido DE MAIO                          Presidente
Dott. Agostino CORDOVA                   Consigliere
Dott. Pierluigi ONORATO (est.)            Consigliere
Dott. Ciro PETTI                                  Consigliere
Dott. Aldo FIALE                                 Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Gueye Moussa Ndioumbe, nato l'11 agosto del 1970 nel Senegal ,avverso la sentenza della corte d'appello di Firenze del 31 gennaio del 2008;
udita la relazione svolta del consigliere dott. Ciro Petti;
udito il procuratore generale nella persona del dott. Santi Consolo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avv Dionesalvi Salvatore, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue:


IN FATTO


Con sentenza del 31 gennaio del 2008, la corte d'appello di Firenze confermava quella resa dal tribunale della medesima città il 9 maggio del 2006, con cui Gueye Moussa Ndioumbe era stato condannato alla pena di mesi due di arresto ed euro 5000 di ammenda, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche,del reato di cui all'articolo 1 della legge n 150 del 1992, per avere illegalmente importato in Italia sette carapaci di " Testudo Hermanni" specie protetta. Fatto commesso il 7 dicembre del 2003.

Il prevenuto si era difeso sostenendo che per errore sul fatto aveva ritenuto che quella merce potesse essere importata senza alcuna restrizione.


A fondamento della decisione la corte osservava che non trattavasi di errore sul fatto ma di ignoranza della legge penale non scusabile perché dipendente da un comportamento negligente del prevenuto; che per tale ragione era del tutto inutile disporre la rinnovazione del dibattimento al fine di accertare se quei gusci potessero facilmente essere attribuiti a specie protette.


Ricorre per cassazione l'imputato denunciando:
- la violazione degli artt. 42,43 e 47 c.p. per il mancato riconoscimento di un errore incolpevole sul fatto;
- mancanza ed illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui si era erroneamente interpretata la doglianza difensiva, qualificandola come errore sulla legge penale anziché sul fatto;
- la violazione degli artt. 125 e 546 c.p. per l'omessa valutazione della prove a discarico nonché del teste chiave dell'accusa ,dalle cui dichiarazioni emergeva la sua buona fede giacché lo stesso teste aveva dichiarato che l'appartenenza di quei gusci a specie protette non era facilmente conoscibile;inoltre quei gusci erano esposti liberamente al mercato ed egli non era in grado di percepire la differenza tra le varie specie;
- carenza di motivazione sulla valutazione delle dichiarazioni rese dai testimoni a discarico o dallo stesso teste chiave dell'accusa;
- mancata assunzione di una prova decisiva ritualmente chiesta e più precisamente mancato espletamento di una perizia, la quale era indispensabile anche perché lo stesso Gremoli, principale teste d' accusa, aveva evidenziato la non riconoscibilità delle specie protette da parte di un comune turista;
- illogicità della motivazione per avere la corte ritenuto evitabile l'ignoranza nonostante la deposizione del teste Gremoli, il quale aveva escluso la facile conoscibilità delle specie protette;
- violazione del diritto alla prova per il mancato espletamento della perizia, più volte sollecitata;
- mancanza e contraddittorietà della motivazione per avere la corte ritenuto inescusabile l'errore nonostante le dichiarazioni dei testimoni a discarico e di quelle rese dal teste chiave dell'accusa, il quale aveva escluso che un comune turista potesse riconoscere le specie protette.


IN DIRITTO


Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi, in larga misura ripetitivi di censure già esaminate dai giudici del merito.
Le censure, che costituiscono sostanzialmente la reiterazione di analoghe doglianze sottoposte all'esame dei giudici del merito, si riassumono in tre doglianze fondamentali :


1) l'avere qualificato come ignoranza inescusabile della legge penale quello che in realtà era un errore sul fatto, in quanto una persona comune non avrebbe potuto rendersi conto che quei gusci appartenevano a specie protette;

2) l'avere omesso di apprezzare le risultanze processuali dalle quali si poteva desumere la sussistenza di tale errore ossia la non conoscibilità dell'appartenenza di quei gusci a specie protette;

3) la violazione del diritto alla prova per avere la corte impedito all'imputato di dimostrare con una perizia, la non facile conoscibilità dell'appartenenza di quei gusci specie protette.


Tutte le censure ruotano in definitiva sulla sussistenza di un errore di fatto. Esse si fondano sull'erronea premessa che l'errore di fatto scrimini comunque- Invece esso scrimina solo nei delitti dolosi perché, se dipende da colpa, non esclude la punibilità qualora il reato sia punito anche a titolo di colpa. Orbene i giudici del merito hanno statuito che l'ignoranza o l'errore nella fattispecie non poteva comunque scriminare perché dipendente da colpa. Invero il prevenuto, come risulta dalle sentenze impugnate, aveva ammesso di sapere che animali vivi o morti appartenenti a specie protette non potevano essere importati. Orbene l'imputato, proprio perché a suo dire l'appartenenza di quei gusci non era facilmente conoscibile da parte del comune turista e proprio perché aveva dimostrato di sapere che animali o parti di essi appartenenti a specie protette non possono essere importati vivi o morti, prima di introdurre in Italia ben sette gusci di tartaruga, appartenenti a specie protette, avrebbe dovuto rivolgersi a persone esperte allo scopo di accertare la legittimità dell'importazione. Tale doverosa mancanza di diligenza lo rende responsabile del reato ascrittogli, posto che questo è punito anche a titolo di colpa. Essendo evidente la colpa era del tutto inutile svolgere accertamenti per dimostrare se l'appartenenza di quei gusci a specie protetta fosse o no conoscibile da parte del comune turista giacché, quand'anche si fosse accertata la non facile conoscibilità, non sarebbe stata esclusa la responsabilità del prevenuto per la ragione anzidetta.


Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in € 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000


P.Q.M.


LA CORTE


Letto l'art. 616 c.p.p.


DICHIARA


Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende


Così deciso in Roma il 9 luglio del 2008


 


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