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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/12/2008 (Ud. 15/10/2008), Sentenza n. 48031
URBANISTICA ED EDILIZIA - Ordine di demolizione di costruzione abusiva -
Ingiustificata inottemperanza - Scadenza del termine - Acquisizione immobile al
patrimonio del Comune - Art. 31, c. 3, D.P.R. n. 380/2001 - Art. 7, c. 3 L. n.
47/1985 - Giurisprudenza. Ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, art.
7 , comma 3, e del t.u. sull'edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, dell'art. 31, comma 3, l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di
demolizione di costruzione abusiva, emesso dall'autorità comunale, comporta
l'automatica acquisizione dell'immobile al patrimonio del Comune, in favore del
quale deve quindi essere disposta la restituzione, qualora l'immobile stesso
venga dissequestrato (Cass., Sez. III, 9/06/2004 - 2/09/2004, n. 35785). Questo
orientamento - non senza qualche dissenso (Cass., sez. III, 22/09/2004 -
28/10/2004, n. 42192; Cass., sez. III, Sez. 3, 19/10/2004 - 18/11/2004, n.
44695) si è affermato come maggioritario e prevalente (Cass., sez. III,
16/02/2005 - 20/04/2005, n. 14638; Cass., sez. III, 16/03/2005 - 29/04/2005, n.
16283 e più recentemente Cass., sez. III, 28/11/2007 - 31/01/2008, n. 4962). In
quest'ultima pronuncia è stato ribadito che la acquisizione al patrimonio
comunale del manufatto e dell'area di sedime conseguente all'inottemperanza
all'ordine di demolizione delle opere abusive impartito al contravventore dallo
stesso ente comunale si verifica "ope legis" alla inutile scadenza del
termine di giorni novanta fissato per detta ottemperanza, senza che possa avere
rilievo l'ulteriore adempimento della notifica all'interessato dell'accertamento
formale dell'inottemperanza, unicamente idoneo a consentire all'ente
l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo
dell'acquisizione. Inoltre, il trasferimento al patrimonio comunale della
proprietà dell'immobile abusivo, automaticamente conseguente alla scadenza del
termine di novanta giorni fissato per l'ottemperanza all'ordinanza sindacale di
demolizione, non costituisce impedimento giuridico a che il privato responsabile
esegua l'ordine di demolizione impartitogli dal giudice con la sentenza di
condanna, salvo che l'autorità comunale abbia dichiarato l'esistenza di
interessi pubblici prevalenti rispetto a quello del ripristino dell'assetto
urbanistico violato. La conseguenza è che il manufatto abusivo dissequestrato
dopo che il responsabile non abbia ottemperato all'ingiunzione comunale di
demolizione dello stesso, va restituito non già al privato responsabile,
quand'anche egli sia ancora in possesso del bene, bensì allo stesso ente
comunale, ormai divenutone proprietario a tutti gli effetti a seguito
dell'inutile decorso del termine di legge di cui all'art. 31 del D.Lgs. n. 380
del 2001. Pres. Altieri, Rel. Amoroso, Ric. Cafiero. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 23/12/2008 (Ud. 15/10/2008), Sentenza n. 48031
URBANISTICA ED EDILIZIA - Opere abusive - Ordine di demolizione - Domanda di
condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di
condanna - Revoca o sospensione - Valutazione del giudice - Limiti - Comune -
Art. 31, c. 3, D.P.R. n. 380/2001 - Art. 7, c. 3 L. n. 47/1985 - L. n.
326/03. Ai fini della revoca o sospensione dell'ordine di demolizione delle
opere abusive (art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, oggi
previsto dall'art. 31, comma nono, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) in presenza
di una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato
della sentenza di condanna, il giudice dell'esecuzione investito della questione
è sì tenuto a valutare i possibili esiti e dei tempi di definizione della
procedura ed, in particolare ad accertare il possibile risultato dell'istanza e
se esistono cause ostative al suo accoglimento; nonché nel caso di insussistenza
di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo
e sospendere l'esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello
stesso. (cfr. Cass., sez. III, 26 settembre 2007 - 23 ottobre 2007, n. 38997).
Sicché, non è sufficiente la presentazione della domanda di condono ex L. n.
326/03. L'applicabilità dell'invocata normativa di sanatoria non è automatica e
generalizzata, ma è subordinata alla verifica della astratta condonabilità
dell'opera abusiva sotto il profilo temporale e vincolistico. Pres. Altieri,
Rel. Amoroso, Ric. Cafiero. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/12/2008
(Ud. 15/10/2008), Sentenza n. 48031
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UDIENZA 15.10.2008
SENTENZA N. 1048
REG. GENERALE n.9452/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Enrico ALTIERI Presidente
Dott. Agostino CORDOVA Consigliere
Dott. Giovanni AMOROSO Consigliere
Dott. Maria Silvia SENSINI Consigliere
Dott. Santi GAZZARA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-
sul ricorso proposto da Cafiero Immacolata, n. Massa Lubrense il 5.12.1932
avverso la ordinanza del 26.11.2007 del g.i.p. del tribunale di Torre Annunziata
- Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
-
Considerato che il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Carmine Stabile
che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il g.i.p. del tribunale di Torre Annunziata, pronunciandosi con ordinanza del 26.11.2007 sull'incidente di esecuzione avverso il decreto di archiviazione emesso dallo stesso g.i.p. in data 5 aprile 2007 nell'ambito del proc. n. 04000783 r.g.n.r. a carico di Cafiero Immacolata, nella parte in cui si disponeva la restituzione del manufatto sottoposto a sequestro in data 27 gennaio 2004, unitamente all'area di sedime su cui esso sorgeva nonché a quella necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive (c.d. pertinenze urbanistiche) al Comune di Massa Lubrense, rigettava l'istanza per incidente di esecuzione proposta dalla Cafiero in data 18 maggio 2007 con cui quest'ultima richiedeva la restituzione del manufatto stesso.
Osservava in particolare che l'emissione dell'ordine di demolizione di un
manufatto realizzato abusivamente produce immediatamente gli effetti che ad esso
riconnette espressamente l’art. 31 d.P.R. n. 380/2001: ossia l'obbligo, per il
responsabile dell'abuso, di ottemperare all'ordine di demolire quanto indicato
nell'ordine stesso entro il termine di 90 giorni; e, in caso di inottemperanza,
l'automatico trasferimento di proprietà, a favore del Comune nel cui territorio
l'opera abusiva è stata realizzata, del manufatto nonché dell'area di sedime su
cui esso sorge.
Riteneva il g.i.p. che la fattispecie acquisitiva in esame operi di diritto al
verificarsi delle condizioni di legge, sicché, una volta sorto l'obbligo di
demolire (come iniziale effetto dell'ordine di demolizione), ad esso non può non
seguire, in caso di inottemperanza, l'ulteriore effetto legale del passaggio di
proprietà.
2. Avverso questa pronuncia la Cafiero propone ricorso per cassazione con
quattro motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il ricorso, articolato in quattro motivi, la ricorrente denuncia innanzi tutto la violazione dell'art. 323 c.p.p. e dell'art. 31, commi 3 e 6, d.P.R. 380/2001. Sostiene che l'acquisizione del manufatto abusivo al patrimonio del Comune non si verifica per il solo fatto dell'omessa demolizione entro il termine di 90 giorni, ma è necessario che il Comune proceda al formale accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire da parte del responsabile e che provveda alla notifica nei confronti dell'interessato dell'eseguito accertamento all'inottemperanza, nonché alla trascrizione nel registri immobiliari del titolo di acquisizione dell'immobile e degli estremi sostanziali e catastali individuanti lo stesso.
La ricorrente poi denuncia l'inosservanza o erronea applicazione della legge n.
326 del 2003 in tema di condono edilizio sotto il profilo che l'impugnata
ordinanza non ha tenuto conto dell'intervenuto condono edilizio.
Inoltre la ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non ha tenuto conto
che l'ordinanza emessa dal Comune di Massa Lubrense non è stata notificata al
nudo proprietario, Mastellone Luigi, con conseguente sua inapplicabilità.
Infine la ricorrente deduce l'illogicità ed ingiustizia manifesta dell'ordinanza
impugnata rilevando che il giudice, in sede di archiviazione dei procedimenti,
deve procedere all'individuazione dell'avente diritto nella persona
dell'imputato.
2. Il ricorso - in cui quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente -
è infondato.
In disparte la posizione di Mastellone Luigi, che la ricorrente assume essere il
nudo proprietario del manufatto sottoposto a sequestro, posizione questa che non
viene in rilievo per la ricorrente anche perché non risulta puntualmente
investita dall'incidente di esecuzione, deve considerarsi che il giudice
dell'esecuzione ha motivato il rigetto della istanza evidenziando correttamente
che l'ordine di demolizione non risultava sospeso dalla domanda di condono
sicché doveva ritenersi che esso avesse prodotto tutti i suoi effetti, ivi
compreso quello dell'acquisizione automatica del manufatto al patrimonio
disponibile del Comune, il quale, essendone divenuto legittimo proprietario, era
l'unico "avente diritto" alla restituzione del bene in sequestro.
L'impugnato provvedimento appare sorretto da un apparato argomentativo immune da
vizi logico-giuridici. La motivazione è infatti conforme al condivisibile
orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui, ai sensi della legge
28 febbraio 1985, n. 47, art. 7 , comma 3, e del t.u. sull'edilizia approvato
con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dell'art. 31, comma 3, l'ingiustificata
inottemperanza all'ordine di demolizione di costruzione abusiva, emesso
dall'autorità comunale, comporta l'automatica acquisizione dell'immobile al
patrimonio del Comune, in favore del quale deve quindi essere disposta la
restituzione, qualora l'immobile stesso venga dissequestrato (Cass., Sez. III, 9
giugno 2004 - 2 settembre 2004, n. 35785). Questo orientamento - non senza
qualche dissenso (Cass., sez. III, 22 settembre 2004 - 28 ottobre 2004, n.
42192; Cass., sez. III, Sez. 3, 19 ottobre 2004 - 18 novembre 2004, n. 44695) si
è affermato come maggioritario e prevalente (Cass., sez. III, 16 febbraio 2005 -
20 aprile 2005, n. 14638; Cass., sez. III, 16 marzo 2005 - 29 aprile 2005, n.
16283 e più recentemente Cass., sez. III, 28 novembre 2007 - 31 gennaio 2008, n.
4962). In quest'ultima pronuncia in particolare questa Corte ha ribadito che la
acquisizione al patrimonio comunale del manufatto e dell'area di sedime
conseguente all'inottemperanza all'ordine di demolizione delle opere abusive
impartito al contravventore dallo stesso ente comunale si verifica "ope legis"
alla inutile scadenza del termine di giorni novanta fissato per detta
ottemperanza, senza che possa avere rilievo l'ulteriore adempimento della
notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza,
unicamente idoneo a consentire all'ente l'immissione in possesso e la
trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione. Ed ha
aggiunto che il trasferimento al patrimonio comunale della proprietà
dell'immobile abusivo, automaticamente conseguente alla scadenza del termine di
novanta giorni fissato per l'ottemperanza all'ordinanza sindacale di
demolizione, non costituisce impedimento giuridico a che il privato responsabile
esegua l'ordine di demolizione impartitogli dal giudice con la sentenza di
condanna, salvo che l'autorità comunale abbia dichiarato l'esistenza di
interessi pubblici prevalenti rispetto a quello del ripristino dell'assetto
urbanistico violato.
La conseguenza è che il manufatto abusivo dissequestrato dopo che il
responsabile non abbia ottemperato all'ingiunzione comunale di demolizione dello
stesso, va restituito non già al privato responsabile, quand'anche egli sia
ancora in possesso del bene, bensì allo stesso ente comunale, ormai divenutone
proprietario a tutti gli effetti a seguito dell'inutile decorso del termine di
legge di cui all'art. 31 del D.Lgs. n. 380 del 2001.
3. Quanto poi alla domanda di condono deve considerarsi - come già affermato da
questa Corte (cfr. Cass., sez. III, 26 settembre 2007 - 23 ottobre 2007, n.
38997) - che, ai fini della revoca o sospensione dell'ordine di demolizione
delle opere abusive (art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47,
oggi previsto dall'art. 31, comma nono, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) in
presenza di una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in
giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell'esecuzione investito della
questione è sì tenuto a valutare i possibili esiti e dei tempi di definizione
della procedura ed, in particolare ad accertare il possibile risultato
dell'istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; nonché nel caso
di insussistenza di tali cause, a valutare 1 tempi di definizione del
procedimento amministrativo e sospendere l'esecuzione solo in prospettiva di un
rapido esaurimento dello stesso.
Quindi non è sufficiente la presentazione della domanda di condono ex L. n.
326/03. L'applicabilità dell'invocata normativa di sanatoria non è automatica e
generalizzata, ma è subordinata alla verifica della astratta condonabilità
dell'opera abusiva sotto il profilo temporale e vincolistico.
Nella specie questa valutazione (di merito) è contenuta nell'impugnata ordinanza
avendo il tribunale affermato che non sono assolutamente suscettibili di
sanatoria, tra le altre, né le opere abusive eseguite successivamente al 31
marzo 2003, né quelle in contrasto con preesistenti vincoli di inedificabilità,
né quelle realizzate su immobili soggetti a vincoli a tutela di interessi
ambientali, paesistici e idrogeologici, parimenti imposti prima della loro
esecuzione. Pertanto in ordine alla fattispecie in esame ha precisato il
tribunale che non poteva essere attribuita alcuna rilevanza alla domanda di
condono in quanto il manufatto abusivo era in palese contrasto con i
preesistenti vincoli paesaggistici gravanti sull'area in questione
4. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2008
Deposito in Cancelleria il 23/12/2008
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