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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 05/03/2008 (ud. 21/11/2007), Sentenza n. 9980



BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Abusi commessi in zona vincolata - Condono paesaggistico - Operatività e procedure - Limiti e presupposti - Normativa del condono edilizio - L. 308/2004 - Artt. 167 e 181, D.Lgs. n. 42/2004 - D.L. 269/2003.
La disciplina legata al c.d. "condono paesaggistico" - introdotto dal comma 37 dell'unico articolo della legge n. 308/2004 applicabile ai reati paesaggistici compiuti entro e non oltre il 30 settembre 2004 - si riferisce genericamente ai "lavori compiuti su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa "ponendo, tuttavia, la condizione" che le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico". Ulteriore condizione e che "che i trasgressori abbiano previamente pagato": - la sanzione pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004, maggiorata da un terzo alla meta; - una sanzione pecuniaria aggiuntiva, determinata, dall'autorita amministrativa competente; tra un minimo di 3.000,00 euro ed un massimo di 50.000,00 euro. La procedura a legislativamente delineata in termini estremamente scarni, in quanto viene previsto soltanto che il proprietario, il possessore o il detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati all'intervento, devono presentare la domanda per l'accertamento della "compatibilità paesaggistica" dei lavori eseguiti all'autorità preposta alla gestione del vincolo e che tale autorità deve pronunciarsi previo parere della Soprintendenza. La pronuncia favorevole estingue il reato di cui all'art. 181 del. D.Lgs. n. 42/2004 (già art. 163 del D. Lgs. n. 490/1999) e "ogni altro reato in materia paesaggistica. Non è prevista alcuna scansione circa i tempi di svolgimento del procedimento: nulla è stabilito, in particolare, quanto ai contenuti della domanda, alla documentazione da allegare, alla dimostrazione della data effettiva di ultimazione dell'intervento, alle modalità ed ai tempi di pagamento delle sanzioni, alla natura vincolante o meno del prescritto parere della Soprintendenza, al termine entro il quale l' autorità preposta alla gestione del vincolo deve pronunciarsi. Le nuove disposizioni non prevedono, inoltre, la sospensione del procedimento penale per il tempo correlato all'esaurimento della procedura e non hanno alcun collegamento con la normativa del condono edilizio di cui al D.L. 269/2003; che trova i limiti dianzi enunciati in relazione agli abusi commessi in zona vincolata. Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. Carillo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 05/03/2008 (ud. 21/11/2007), Sentenza n. 9980

URBANISTICA E EDILIZIA - Condono edilizio - Sospensione del processo - Verifica delle condizioni legittimanti l'accesso alla procedura sanante - Necessità - Sospensione in assenza dei presupposti - Effetti - Art. 44 L. n. 47/1985 - Art. 32, c. 25, D.L. n. 269/2003 - Art. 39 L. n. 724/1994. Il giudice, già prima di sospendere il processo ex art, 44 della legge n. 47/1985, deve effettuare un controllo in ordine alla sussistenza delle condizioni legittimanti l'accesso alla procedura sanante (data di esecuzione delle opere; stato di ultimazione delle stesse secondo la nozione fornita dall'art. 31 della legge n. 47/1985; rispetto dei limiti volumetrici; eventuali esclusioni oggettive della tipologia d'intervento dalla sanatoria; tempestività della presentazione, da parte di soggetti legittimati, di una domanda di sanatoria riferita alle opere abusive contestate nel capo di imputazione). Cass. Sez. Un. 24.11.1999, n. 22, ric. Sadini. Nel caso in cui il giudice sospenda il processo (ex artt. 44 o 38 della legge n. 47/1985) in assenza dei presupposti di legge, la sospensione e inesistente ed il corso della sospensione non e interrotto. Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. Carillo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 05/03/2008 (ud. 21/11/2007), Sentenza n. 9980

URBANISTICA E EDILIZIA - Inammissibilità del ricorso - Prescrizione dei reati contravvenzionali - Esclusione. Anche in materia urbanistica, l’inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione dei reati contravvenzionali, scaduta in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca). Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. Carillo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 05/03/2008 (ud. 21/11/2007), Sentenza n. 9980


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UDIENZA DEL  21.11.2007

SENTENZA N.2805

REG. GENERALE N. 42468/05


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale




Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. Amedeo Postiglione              Presidente
Dott. Guido De Maio                     Componente
Dott. Aldo Grassi                         Componente
Dott. Alfredo M. Lombardi             Componente
Dott. Aldo Fiale                            Componente

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1. CARILLO Luisa Maria, nata a S. Antonio Abate il 5.11.1945

2. FONTANA Raffaele, nato a Lettere il 25.1.1941
avverso la sentenza 16.5.2005 della Corte di Appello di Napoli
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La Corte di Appello di. Napoli, con sentenza del 16.5.2005, in parziale riforma della sentenza 20.3.2003 del Tribunale di Torre Annunziata Sezione distaccata di Gragnano, ribadiva l'affermazione della responsabilità penale di Carillo Luisa Maria e Fontana Raffaele in ordine ai reati di cui:
- all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985 (per avere eseguito e continuato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza della concessione edilizia, i lavori di edificazione di un fabbricato su due livelli - acc. in Sant' Antonio Abate il 10.8.2001);
- all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 (per avere eseguito le opere anzidette in assenza dell'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo);
- art. 349 cpv. cod. pen. (per avere reiteratamente violato i sigilli apposti dall' autorità giudiziaria al fabbricato abusivo acc. in Sant'Antonio Abate il 12.10.2000, il 23.10.2000 ed il 10.8.2001)
e, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata per il delitto, essendo stati unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., determinava la pena complessiva inflitta a ciascun imputato in mesi sette di reclusione ed euro 350,00 di multa, subordinando il beneficio della sospensione condizionale concesso al Fontana alla effettiva demolizione dell'opera abusiva ed al ripristino dello stato originario dei luoghi.


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- la illegittimità della mancata sospensione del procedimento in seguito alla presentazione della domanda di condono edilizio (ex art. 32 del. D.L. 30.9.2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24.11.2003, n. 326) accompagnata da richiesta di accertamento di compatibilità paesistica (ai sensi della legge 15.12.2004, n. 308);
- la prescrizione dei reati contravvenzionali.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.


1. Dalla sentenza delle Sezioni Unite 24.11.1999, n. 22, ric. Sadini correlata al condono edilizio previsto dall'art. 39 della legge n. 724/1994, che è norma formulata in modo speculare a quella posta dall'art. 32, comma 25, del D.L. n. 269/2003 - può razionalmente dedursi il principio generate secondo il quale il giudice, già prima di sospendere il processo ex art. 44 della legge n. 47/1985, deve effettuare un controllo in ordine alla sussistenza delle condizioni legittimanti l'accesso alla procedura sanante (data di esecuzione delle opere; stato di ultimazione delle stesse secondo la nozione fornita dall'art. 31 della legge n. 47/1985; rispetto dei limiti volumetrici; eventuali esclusioni oggettive della tipologia d'intervento dalla sanatoria; tempestività della presentazione, da parte di soggetti legittimati, di una domanda di sanatoria riferita alle opere abusive contestate nel capo di imputazione).


L'ambito di tale potere di controllo a strettamente connesso all'esercizio della giurisdizione penale, perché è il giudice che deve eseguire, in conclusione, l'indispensabile verifica degli elementi di fatto e di diritto della causa estintiva. Trattasi, inoltre, di compiti propri dell'autorità giurisdizionale conformi al dettato degli artt. 101, 2° comma, 102, 104, I° comma, e 112 Cost. - che non possono essere demandati neppure con legge ordinaria all'autorità amministrativa in un corretto rapporto delle sfere specifiche di attribuzione.
Diversamente opinandosi si allungherebbero "inevitabilmente ed inutilmente i tempi del processo".

Nel caso in cui il giudice sospenda il processo (ex artt. 44 o 38 della legge n. 47/1985) in assenza dei presupposti di legge, la sospensione e inesistente ed il corso della sospensione non e interrotto.


2. Nella vicenda che ci occupa si verte in ipotesi di opere abusive non suscettibili di sanatoria, ai sensi dell'art. 32 del D.L. n. 269/2003, poiché si tratta di nuova costruzione realizzata, in assenza del titolo abilitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposte a tutela degli interessi paesistici (ipotesi esclusa dal condono dal comma 26, lett a) [vedi, tra le molteplici e più recenti decisioni in tal senso, Cass., Sez. 12.1.2007, n. 6431, Sicignano ed altra (con ampia confutazione delle divergenti posizioni dottrinarie, integralmente condivisa da questo Collegio); 5.4.2005, n. 12577, Ricci; 1.10.2004, n. 38694, Canu ed altro; 24.9.2004, n. 37865, Musio].


3. Il comma 36 dell'articolo unico della Legge n. 308/2004 [con previsioni trasfuse nei commi 1 ter e quater dell'art. 181 del D.Lgs. D. 42/2004 e, successivamente, nei commi 4 e 5 dell'art. 167] ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma delta compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all'esito della quale - pur restando ferma l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. 42/2004 - non si applicano le sanzioni penali stabilite per reato contravvenzionale contemplate dal 1° comma dell'art. 181 dello stesso D.Lgs. n. 42/2004.
Si tratta,. particolare:
- dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi dell'art. 3 del T.U. n. 380/2001.


Nei casi anzidetti la non applicabilità delle sanzioni penali e subordinata all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, "secondo le procedure di cui al comma 1 quater" dell'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004, introdotto dalla legge 15.12.2004, n. 308; deve essere presentata, in particolare, apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90 giorni.


La legge non prevede la sospensione del procedimento penale per il tempo correlato all'esaurimento della procedura e - nella fattispecie in esame la procedura appena descritta non è comunque applicabile, essendo state accertata la creazione di nuovi volumi, mentre rilascio postumo di un qualsiasi diverse provvedimento avente efficacia autorizzatoria ai fini della tutela paesaggistica non produce l'estinzione del reato di cui all'art. 181, 1° comma, dello stesso D.Lgs n. 42/2004 (e di quello gia previsto dall'art. 163 del T.U. n. 490/1999 e, prima ancora, dall'art. 1 sexies della legge n. 431/1985).


4. Quanto poi al c.d. "condono paesaggistico" - introdotto dal comma 37 dell'unico articolo della legge n. 308/2004 ed applicabile ai reati paesaggistici compiuti entro e non oltre il 30 settembre 2004 - deve rilevarsi che tale disposizione si riferisce genericamente ai "lavori compiuti su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa" ma pone poi la condizione "che le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico".


Ulteriore condizione e che "che i trasgressori abbiano previamente pagato":

- la sanzione pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004, maggiorata da un terzo alla meta;
- una sanzione pecuniaria aggiuntiva, determinata, dall'autorita amministrativa competente; tra un minimo di 3.000,00 euro ed un massimo di 50.000,00 euro.


La procedura a legislativamente delineata in termini estremamente scarni, in quanto viene previsto soltanto che il proprietario, il possessore o il detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati all'intervento, devono presentare la domanda per l'accertamento della "compatibilità paesaggistica" dei lavori eseguiti all'autorità preposta alla gestione del vincolo e che tale autorità deve pronunciarsi previo parere della Soprintendenza.


La pronuncia favorevole estingue il reato di cui all'art. 181 del. D.Lgs. n. 42/2004 (già art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999) e "ogni altro reato in materia paesaggistica.


Non è prevista alcuna scansione circa i tempi di svolgimento del procedimento: nulla è stabilito, in particolare, quanto ai contenuti della domanda, alla documentazione da allegare, alla dimostrazione della data effettiva di ultimazione dell'intervento, alle modalità ed ai tempi di pagamento delle sanzioni, alla natura vincolante o meno del prescritto parere della Soprintendenza, al termine entro il quale l'autorità preposta alla gestione del vincolo deve pronunciarsi.


Le nuove disposizioni non prevedono, inoltre, la sospensione del procedimento penale per il tempo correlato all'esaurimento della procedura e non hanno alcun collegamento con la normativa del condono edilizio di cui al D.L. n. 269/2003; che trova i limiti dianzi enunciati in relazione agli abusi commessi in zona vincolata.


In tale contesto normativo, mancando un'espressa previsione legislativa (analoga a quella di cui all'art. 38 della Legge n. 47/1985), la Corte territoriale non avrebbe potuto sospendere "sine die" il procedimento, adottando una statuizione non consentita dalla disciplina edilizia ed in attesa di una pronuncia [ma nella specie neppure e stato dimostrato che sia stata presentata una domanda di sanatoria al sensi del comma 37 dell'unico articolo della Legge n. 308/2004] la cui emanazione è temporalmente rimessa alla discrezione dell'autorità preposta alla gestione del vincolo in una situazione che suscita ragionevoli dubbi anche sulla superabilità "per silentium" del parere della Soprintendenza (in assenza di una esplicitazione analoga a quella contenuta nel 7° comma dell'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004).


5. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione dei reati contravvenzionali, scaduta in epoca successiva (10.2.2006) alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).


6. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, alla declaratoria della inammissibilità, medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere solidale delle spese del procedimento nonché, per ciascun ricorrente, quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.


P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione

visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,


dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali nonché ciascuno al versamento della somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.


ROMA, 21,11.2007
Deposito in Cancelleria 5/03/2008



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