AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38411
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Utilizzazione agronomica effluenti da allevamento - C.d.
fertirrigazione - Norma derogatoria - Ambito di applicazione - Lett. n) art. 2
D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato
prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4. In tema
di fertirrigazione, sono sottratti alla disciplina dei rifiuti gli effluenti se
impiegati nell’effettiva utilizzazione agronomica, in qualunque modo questa
avvenga: per scarico diretto degli effluenti liquidi tramite condotta; per
scarico indiretto attraverso deposito temporaneo in vasche impermeabili e
successivo trasporto nel terreno di applicazione tramite autocisterna o altro
mezzo; mediante spandimento sulla superficie del terreno; mediante iniezione del
terreno; attraverso interramento; attraverso mescolatura con gli strati
superficiali del terreno (per riprendere le modalità di applicazione al terreno
indicate nella lett. n) dell'art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152,
in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal
D.Lgs. 16.1.2008 n. 4). Inoltre, l’utilizzazione agronomica contemplata nella
norma derogatoria può riguardare sia acque reflue liquide o semiliquide,
comunque convogliabili tramite condotta, sia materiali palabili e comunque non
convogliabili, come sono gli effluenti di allevamento costituiti da una miscela
di lettiera e di deiezioni animali. Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut
(annulla con rinvio sentenza del 29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine,
sezione distaccata di Palmanova). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38411
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Utilizzazione agronomica c.d. fertirrigazione - Norme
regolamentari e tecniche - Copertura regolamentare - L. n. 319/1976 - Artt. 38 e
62, c. 8, D.Lgs. 152/1999. Per effetto dell'art. 62, comma 8, del D.Lgs.
152/1999, fino alla adozione delle specifiche normative secondarie previste,
restano in vigore le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi della
abrogata legge 10.5.1976 n. 319; e che, in particolare, per effetto dell'art.
62, comma 10, dello stesso decreto legislativo, "fino alla emanazione della
disciplina regionale di cui all'art. 38 D.Lgs. 152/1999, le attività di
utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali
vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto". Sicché, non è
condivisibile la tesi che non ritiene applicabile la deroga introdotta dall'art.
38, sul rilievo che non sono stati emanati il decreto ministeriale di attuazione
e le norme regionali connesse (Cass. Sez. III, n. 42201 dell'8.11.2006, dep.
22.12.2006, P.M. in proc. Della Valentina, rv. 235412, nonché Cass. Sez. III, n.
37405, del 24.6.2005, dep. 14.10.2005, Burigotto). In quanto, grazie al
combinato disposto di queste norme transitorie, quindi, resta assicurata la
"copertura regolamentare" dell'art. 38, anche in mancanza del decreto
ministeriale di attuazione e delle conseguenti norme tecniche regionali. Pres.
De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del
29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n.
38411
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Effluenti di allevamento - Utilizzazione agronomica -
Modalità di utilizzo - C.d. della fertirrigazione. Per "utilizzazione
agronomica", ai sensi D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, art. 2, lett. n bis), poi D.Lgs.
3.4.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n.
284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4), si intende "la gestione di effluenti di
allevamento, di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive
ovvero di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agroalimentari, dalla loro produzione all'applicazione al terreno, finalizzata
all'utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute
ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo". Mentre, per "applicazione al
terreno", ai sensi della lett. n) del medesimo art. 2, si intende l'apporto di
materiali al terreno mediante spandimento o mescolamento con gli strati
superficiali, iniezione nel terreno o interramento. Inoltre, secondo la lett. s)
del ripetuto art. 2, gli "effluenti di allevamento" sono le deiezioni del
bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma
di prodotto trasformato. Come tali, questi effluenti, se raccolti separatamente
e trattati fuori sito, rientrano tra i rifiuti disciplinati dal D.Lgs. 5.2.1997
n. 22, classificati come CER 02 10 06, il quale comprende "feci animali, urine e
letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e
trattati fuori sito". Invero, la raccolta separata e il trattamento fuori del
sito di produzione indicano la volontà del produttore o detentore di disfarsi
delle sostanze, secondo la definizione di rifiuto formulata nell'art. 6, lett.
a) dello stesso decreto legislativo n. 22/1997. Tuttavia, ai sensi dell'art. 38
del D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, gli effluenti di allevamento sono sottratti alla
disciplina dei rifiuti se utilizzati nella pratica agricola c.d. della
fertirrigazione. Questa norma, dispone che l'utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento (come delle acque di vegetazione e delle acque reflue
agricole) è soggetta solo a comunicazione all'autorità competente (comma 1); e
assegna alle regioni il compito di disciplinare le attività di utilizzazione
agronomica sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con
decreto del ministro delle politiche agricole e forestali (comma 2). Pres. De
Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del 29.11.2007
del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova). CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38411
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Corretta portata della deroga ex art. 38 D.Lgs.
152/1999 (poi D.Lgs. n. 152/2006, in seguito corretto e integrato prima dal
D.Lgs. n. 284/2006 e poi dal D.Lgs. n. 4/2008) - Disciplina di cui al D.Lgs. n.
22/1997 ora D.Lgs. n. 152/2006 e sm.. La deroga prevista dall’art. 38 D.Lgs.
152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal
D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4, ha un proprio autonomo
fondamento, nel senso che non dipende dalla deroga prevista dalla predetta lett.
c) dell'art. 8 D.lgs. 22/1997, rispetto alla quale ha diversa e più ampia
portata. Infatti, secondo la formulazione testuale delle disposizioni
legislative, la deroga di cui all'art. 38 non è limitata ai rifiuti agricoli e
tanto meno alle materie fecali e alle altre sostanze naturali non pericolose di
cui all'art. 8, ma si estende anche alle miscele di lettiere e di deiezioni
animali. Inoltre, non è corretta la conclusione, che, per escludere la
sottrazione alla disciplina sui rifiuti di una utilizzazione agronomica di
effluenti di allevamento, hanno utilizzato l'argomento - per se stesso esatto in
relazione all'art. 8 - secondo cui "la esclusione delle materie fecali dalla
disciplina di cui al D.Lgs. 5.2.1997 n. 22, prevista dall'art. 8 lett. c), opera
a condizione che le stesse provengano da attività agricola e che siano
riutilizzate nella stessa attività agricola". Infine, non appare sostenibile
neppure una tesi restrittiva, secondo cui la deroga prevista dall'art. 38
andrebbe limitata soltanto alla fase finale della utilizzazione agronomica degli
effluenti zootecnici, cioè alla fase di applicazione sul terreno, mentre per le
fasi precedenti del deposito in vasca impermeabilizzata e del trasporto a mezzo
autobotte continuerebbe ad applicarsi la disciplina sui rifiuti, e in
particolare quella che prescrive limiti qualitativi, quantitativi e temporali al
deposito temporaneo, e che impone l'autorizzazione e l'obbligo dei formulari di
identificazione dei rifiuti per il trasporto dei medesimi. Una simile tesi,
infatti, e chiaramente incompatibile con l'ampia nozione di utilizzazione
agronomica adottata dal legislatore (con la citata lett. n bis) dell'art. 2
D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152 e s.m.), che comprende tutte le fasi
della sua gestione, da quella della "produzione" a quella della "applicazione al
terreno", incluse perciò le fasi intermedie del deposito e del trasporto. Pres.
De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del
29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n.
38411
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Effluenti di allevamento - C.d. fertirrigazione -
Qualifica di rifiuto - Esclusione - Presupposti - Modalità di utilizzo -
Giurisprudenza della Corte di Giustizia. Gli effluenti di allevamento
possono sfuggire alla qualifica di rifiuti, se vengono utilizzati in modo certo,
nello stesso processo produttivo e senza trasformazione preliminare, come
fertilizzanti dei terreni nel contesto di una pratica legale di spargimento su
terreni ben identificati, e se il loro stoccaggio è limitato alle esigenze delle
operazioni di spargimento. Ha inoltre significativamente aggiunto che il fatto
che tali effluenti non siano utilizzati sui terreni che appartengono allo stesso
stabilimento agricolo che li ha prodotti, ma per il fabbisogno di altri
operatori economici, e irrilevante al riguardo. (Corte di Giustizia sez. III,
dell'8.9.2005 causa C-416/02 della Commissione contro Regno di Spagna; e nella
causa C-12/03 sempre della Commissione contro il Regno di Spagna). Pres. De Maio,
Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del 29.11.2007 del
Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova). CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38411
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Utilizzazione agronomica - Diritto transitorio e
nuova disciplina. In tema di diritto transitorio, riguardante
l’utilizzazione agronomica, la nuova disciplina, D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in
seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs.
16.1.2008 n. 4, si pone in perfetta continuità normativa con la disciplina
precedente. Pertanto, va ribadito l’orientamento, secondo cui al fine di
escludere l'applicabilità della normativa sui rifiuti in caso di utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento occorre che tale utilizzazione avvenga
nel rispetto delle condizioni indicate dal D.M. 7.4.2006 (Cass. Sez. III, n.
9104 del 15.1.2008, P.G. in proc. Manunta). Per cui, l’utilizzazione agronomica
e sempre soggetta alla previa comunicazione all'autorità competente, ferma
restando la competenza delle regioni per disciplinare i tempi e le modalità
della comunicazione, per emanare norme tecniche in ordine alle operazioni di
utilizzazione agronomica, nonché per definire i criteri e le procedure di
controllo, sulla base del prescritto decreto ministeriale di attuazione. Pres.
De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del
29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n.
38411
PROCEDURE E VARIE - Prescrizione del reato - Sospensione dei relativi
termini. In tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento
e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano la sospensione dei
relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell'imputato o
del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l'una o l'altro non
siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento
di un termine a difesa (sent. n. 1021 dell'11.1.2002, Cremonese, rv. 220509).
Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del
29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n.
38411
www.AmbienteDiritto.it
UDIENZA 9.7.2008
SENTENZA N. 1783
REG. GENERALE n.18908/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Agostino CORDOVA Consigliere
Dott. Pierluigi ONORATO (est.) Consigliere
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Aldo FIALE Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto per MICHELLUT Gianpaolo, nato a Ruda (UD) il 12.7.1957,
avverso la sentenza resa il 29.11.2007 dal Tribunale monocratico di Udine,
sezione distaccata di Palmanova.
Vista la sentenza denunciata e il ricorso,
Udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Santi
Consolo, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza,
Udito il difensore della parte civile, avv. ==
Udito il difensore dell' imputato, avv. Alberto Tedeschi, che ha insistito nel
ricorso, Osserva:
Svolgimento del processo
1 - Con sentenza del 29.11.2007 il Tribunale monocratico di Udine, sezione
distaccata di Palmanova, a seguito di opposizione a decreto penale, ha
condannato Gianpaolo Michelutt alla pena (interamente condonata) di euro 4.000
di ammenda, avendolo riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 51, comma
1, D.Lgs. 22/1997 perché - quale titolare della omonima azienda zootecnica -
aveva effettuato senza la prescritta autorizzazione attività di raccolta,
trasporto e recupero di rifiuti non pericolosi, in particolare raccogliendo in
quattro vasche liquame proveniente dall'allevamento di suini e quindi
trasportandolo e disperdendolo sul suolo della sua azienda: in San Vito al Torre
fino al 28.2.2002.
In sintesi, il giudice monocratico ha osservato in fatto e diritto quanto segue:
- il Michellut stoccava in quattro vasche in muratura le deiezioni di circa
cinquecento suini; quindi, decorso il periodo di "maturazione" imposto dalle
pratiche agricole, le trasportava a bordo di una cisterna sui terreni della sua
azienda dove le spandeva a fini di fertilizzazione del suolo; in tal modo
provocando immissioni maleodoranti in atmosfera, che avevano suscitato le
proteste dei vicini;
- il medesimo non era munito di alcuna autorizzazione per la gestione dei
rifiuti; ma aveva esibito due autorizzazioni con validità quadriennale,
rilasciate per la fertirrigazione di terreni agricoli ai sensi della legge
319/1976 (c.d. legge Merli), una da parte del comune di San Vito a Torre in data
3.6.1998, e una da parte del comune di Aiello del Friuli in data 8.6.1999
(l'azienda dell' imputato si estendeva nei territori dei due comuni);
- le predette deiezioni configuravano rifiuto CER 02 01 06, e il loro
spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura costituiva attività di
recupero, come previsto dalla lettera R10 dell'allegato C del D.Lgs. 22/1997;
- le stesse deiezioni non erano escluse dalla disciplina dei rifiuti ai sensi
dell'art. 8 lett. c) del citato D.Lgs. 22/1997. Infatti questa norma si
riferisce solo a materie fecali provenienti da attività agricola e riutilizzate
nelle normali pratiche agricole, mentre l'allevamento di suini esercitato dal
Michellut esulava dall'attività agricola, poichè non emergeva alcun collegamento
funzionale con i fondi agricoli coltivati dal medesimo. In sostanza, mancando
questo collegamento, le deiezioni animali non potevano qualificarsi come rifiuti
agricoli, ed erano soggette alla disciplina sui rifiuti stabilita in via
generale dal D.Lgs. 22/1997;
- anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs 152/1999 rimaneva applicabile questa
disciplina, giacchè l'art. 38 del nuovo decreto, che disciplina l'utilizzazione
agronomica degli effluenti animali, assoggettandola a una semplice comunicazione
(anzichè alla precedente autorizzazione):
a) presuppone sempre uno scarico tramite condotta;
b) e applicabile solo dopo l'emanazione di una normativa
secondaria, in atto mancante, in particolare essendo necessario un decreto
ministeriale contenente criteri e norme tecniche generali, nonché normative di
attuazione adottate dalla regioni;
- sussisteva quindi l'elemento oggettivo del reato contestato, atteso che
l'imputato non era munito di alcuna autorizzazione per la gestione dei rifiuti;
- sussisteva anche l'elemento soggettivo, nonostante l'incertezza esistente
nella soggetta materia per il contrasto tra chi riteneva applicabile il D.Lgs
22/1997 e chi riteneva applicabile il D.Lgs 152/1999. Infatti, i pareri
favorevoli all'applicazione di quest'ultima normativa, acquisiti dall'imputato e
prodotti a dibattimento, rilasciati sia dalle autorità amministrative, sia
dall'associazione di categoria, erano tutti successivi alla condotta contestata;
e pertanto non potevano rendere "inevitabile" ai sensi dell'art. 5 c.p.
- come
modificato da Corte cost. n. 364/1988 - l'errore sulla legge addotto a sua
scusante dallo stesso imputato.
2 - Il difensore del Michellut ha proposto ricorso per cassazione, articolando
tre motivi a sostegno.
In particolare, deduce:
2.1 - violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla nozione di
rifiuto.
Lamenta che il giudice di merito non ha verificato in concreto l'applicabilità
dell'art. 14 della legge 178/2002, che ha introdotto una interpretazione
autentica della nozione, escludendo dal suo ambito le sostanze destinate
certamente al riutilizzo, e perciò non abbandonate;
2.2 - violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla qualificazione
della azienda agricola come insediamento produttivo e non invece come
insediamento equiparato a quello civile. Lamenta che il giudice non abbia
assolutamente verificato le condizioni di applicabilità dell'art. 28, comma 7,
lett. b), D.Lgs. 152/1999, per il quale sono assimilate alle acque reflue
domestiche quelle provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che
dispongano di un determinato rapporto tra numero di capi animali ed estensione
del terreno, indicativo della connessione funzionale tra fondo e allevamento;
2.3 - applicabilità della normativa successiva più favorevole introdotta
dall'art. 101, comma 7, lett. b) del D.Lgs. 152/2006 (c.d. testo unico
sull'ambiente), così come modificato dal D.Lgs. n. 4 del 16.1.2008, che ha
assimilato tout court alle acque reflue domestiche le acque provenienti
da imprese dedite ad allevamento di bestiame, senza più richiedere (come faceva
l’art. 28 del D.Lgs. 152/1999) un determinato rapporto tra estensione del fondo
e quantità del bestiame.
3 - Con memoria successiva del 2.7.2008, il difensore ha ulteriormente
argomentato a sostegno del ricorso, in particolare osservando che:
- alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, gli effluenti
di allevamento possono sfuggire alla qualifica di rifiuti se vengono utilizzati
come fertilizzanti dei terreni nel contesto di una pratica legale di spargimento
su terreni ben identificati, e se lo stoccaggio del quale sono oggetto e
limitato alle esigenze dello spargimento;
- alla luce del nuovo testo dell'art. 2135 cod. civ., come novellato dall'art. 1
del D.Lgs. 228/2001, l'imputato doveva essere qualificato come imprenditore
agricolo;
- ha errato il giudice di merito laddove ha ritenuto che l'art. 38 del D.Lgs.
152/1999 e applicabile soltanto alle attività di scarico tramite condotta;
- lo stesso art. 38 era applicabile anche in mancanza del decreto ministeriale e
delle normative regionali di attuazione, giacché ai sensi dell'art. 62, comma 8,
del ripetuto D.Lgs. 152/1999, fino all'adozione delle normative attuative
previste, rimangono in vigore le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi
dell'abrogata legge 10.5.1976 n. 319.
Motivi della decisione
4 - Il ricorso deve essere accolto, giacchè il giudizio di responsabilità emesso
dal giudice di merito e fondato su una interpretazione errata della disciplina
vigente in materia di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento.
Secondo il D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, art. 2, lett. n bis), per "utilizzazione
agronomica" si intende "la gestione di effluenti di allevamento, di acque di
vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive ovvero di acque reflue
provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro
produzione all'applicazione al terreno, finalizzata all'utilizzo delle sostanze
nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o
fertirriguo".
Per "applicazione al terreno", ai sensi della lett. n) del medesimo art. 2, si
intende l'apporto di materiali al terreno mediante spandimento o mescolamento
con gli strati superficiali, iniezione nel terreno o interramento.
Secondo la lett. s) del ripetuto art. 2, gli "effluenti di allevamento" sono le
deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame,
anche sotto forma di prodotto trasformato.
Come tali, questi effluenti, se raccolti separatamente e trattati fuori sito,
rientrano tra i rifiuti disciplinati dal D.Lgs. 5.2.1997 n. 22, classificati
come CER 02 10 06, il quale comprende "feci animali, urine e letame (comprese le
lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito".
Invero, la raccolta separata e il trattamento fuori del sito di produzione
indicano la volontà del produttore o detentore di disfarsi delle sostanze,
secondo la definizione di rifiuto formulata nell'art. 6, lett. a) dello stesso
decreto legislativo n. 22/1997. Tuttavia, ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs.
11.5.1999 n. 152, gli effluenti di allevamento sono sottratti alla disciplina
dei rifiuti se utilizzati nella pratica agricola c.d. della fertirrigazione.
Questa norma, infatti, dispone che l'utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento (come delle acque di vegetazione e delle acque reflue agricole) è
soggetta solo a comunicazione all'autorità competente (comma 1); e assegna alle
regioni il compito di disciplinare le attività di utilizzazione agronomica sulla
base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del
ministro delle politiche agricole e forestali (comma 2).
Questa normativa di
secondo grado, in particolare, deve disciplinare i tempi e le modalità della
prescritta comunicazione, le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di
utilizzazione agronomica atte a garantire il minor impatto ambientale, i criteri
e le procedure di controllo al fine di assicurare il rispetto dell'obbligo di
comunicazione, nonché delle norme e delle prescrizioni tecniche, le sanzioni
amministrative pecuniarie, ferma restando la sanzione penale dell'arresto o
dell'ammenda comminata dall'art. 59, comma 11 ter, per chi effettua
l'utilizzazione agronomica fuori dai casi e dalle procedure previste o non
ottempera al divieto o all'ordine di sospensione impartito dall'autorità.
competente (comma 3).
Come può agevolmente desumersi dalla formulazione letterale della norma, la
deroga alla disciplina sui rifiuti e condizionata soltanto alla effettiva
utilizzazione agronomica degli effluenti, in qualunque modo questa avvenga: per
scarico diretto degli effluenti liquidi tramite condotta; per scarico indiretto
attraverso deposito temporaneo in vasche impermeabili e successivo trasporto nel
terreno di applicazione tramite autocisterna o altro mezzo; mediante spandimento
sulla superficie del terreno; mediante iniezione del terreno; attraverso
interramento; attraverso mescolatura con gli strati superficiali del terreno
(per riprendere le modalità di applicazione al terreno indicate nella lett. n)
dell'art. 2 D.Lgs. 152/1999).
5 - Non può quindi condividersi quella opinione dottrinale e giurisprudenziale,
secondo cui la deroga alla disciplina sui rifiuti riguarda solo le pratiche di
fertirrigazione attuate per scarico diretto, con la conseguenza che, anche in
tema di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, "i rifiuti allo
stato liquido, costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfi senza
versamento diretto nei corpi ricettori, avviandole cioè allo smaltimento,
trattamento o depurazione a mezzo di trasporto su strada o comunque non
canalizzato, rientrano nella disciplina dei rifiuti e il loro smaltimento deve
essere autorizzato" (cosi testualmente Cass. Sez. III, n. 8890 del 10.2.2005,
dep. 8.3.2005, Gios).
Questa tesi fa leva sulla circostanza che il D.Lgs. 152/1999, con l'art. 2 lett.
bb), ha radicalmente innovato il concetto di scarico di acque reflue,
restringendolo alla immissione diretta nel corpo ricettore tramite condotta, ed
escludendo da esso lo scarico indiretto previsto dalla previgente legge n. 319
del 10.5.1976. Ma così
facendo, questa tesi, non s'accorge che la deroga alla
disciplina legale sui rifiuti introdotta dal citato art. 38, pur essendo
contenuta nella legge sugli scarichi idrici, non presuppone affatto la
configurabilità di uno scarico. Tanto ciò vero che la utilizzazione agronomica
contemplata nella norma derogatoria può riguardare sia acque reflue liquide o
semiliquide, comunque convogliabili tramite condotta, sia materiali palabili e
comunque non convogliabili, come sono gli effluenti di allevamento costituiti da
una miscela di lettiera e di deiezioni animali.
6 - Parimenti non è condivisibile la tesi che non ritiene applicabile la deroga
introdotta dall'art. 38, sul rilievo che non sono stati emanati il decreto
ministeriale di attuazione e le norme regionali connesse (cosi Cass. Sez. III,
n. 42201 dell'8.11.2006, dep. 22.12.2006, P.M. in proc. Della Valentina, rv.
235412, nonché Cass. Sez. III, n. 37405, del 24.6.2005, dep. 14.10.2005,
Burigotto, non massimata sul punto).
Questa tesi, infatti, non tiene conto che, per effetto dell'art. 62, comma 8,
del D.Lgs. 152/1999, fino alla adozione delle specifiche normative secondarie
previste, restano in vigore le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi
della abrogata legge 10.5.1976 n. 319; e che, in particolare, per effetto
dell'art. 62, comma 10, dello stesso decreto legislativo, "fino alla emanazione
della disciplina regionale di cui all'art. 38, le attività di utilizzazione
agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data
di entrata in vigore del presente decreto".
Grazie al combinato disposto di queste norme transitorie, quindi, resta
assicurata la "copertura regolamentare" dell'art. 38, anche in mancanza del
decreto ministeriale di attuazione e delle conseguenti norme tecniche regionali.
Siffatta copertura è idonea a risolvere anche per il periodo transitorio la
legittima preoccupazione di chi teme che una pratica di utilizzazione
agronomica, non rigorosamente regolamentata anche attraverso norme secondarie di
dettaglio, possa pregiudicare i valori ambientali tutelati, provocando ad
esempio danni alle falde acquifere, rischi per la salute pubblica, sviluppi di
odori, diffusione di aerosoli.
Basti considerare a questo riguardo le
dettagliate norme tecniche disposte dalla delibera 4.2.1977, emanate in
relazione all'art. 2, lett. b), d) ed e) della abrogata legge 10.5.1976 n. 319,
ma sicuramente applicabili nella fase transitoria della nuova disciplina sulle
acque, e in particolare le norme contenute nell'Allegato 5, par. 2.3.2, in
relazione agli scarichi per uso agricolo da allevamenti zootecnici, che si
preoccupano di assicurare la salvaguardia delle falde e la tutela igienica delle
culture e degli addetti.
Anche in materia di individuazione delle autorità competenti nella soggetta
materia, legislatore ha definito i criteri per la soluzione del problema nella
fase transitoria.
Infatti, l'art. 63 del D.Lgs. 152/1999, nell'abrogare la legge 319/1976, fa
espressamente salvo quanto disposto dall'art. 3, comma 2, il quale stabilisce
che, lino all'attuazione del D.Lgs. 31.3.1998 n. 112 (conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dallo Stato alle regioni e agli enti locali, in
attuazione delle legge 15.3.1997 n. 59), le amministrazioni centrali e locali
devono assicurare la continuità delle competenze precedentemente attribuite in
materia di tutela delle acque.
Peraltro, a tutt'oggi, tutta la problematica relativa alla immediata
applicabilità dell'art. 38 radicalmente ridimensionata dopo l'emanazione del
D.M. 7.4.2006, che ha appunto dettato, sia pure con ritardo (e comunque dopo il
fatto contestato all'imputato), i criteri e le norme tecniche generali per la
disciplina regionale della utilizzazione agronomica degli affluenti di
allevamento. Sicché, per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore del predetto
decreto ministeriale, si tratta soltanto di verificare se la regione interessata
ha emanato la connessa disciplina di sua competenza, fermo restando che, in caso
negativo, a mente dell'art. 62, comma 10, del D.Lgs. 152/1999, si applicano le
discipline regionali già vigenti.
7 - A questo punto si può comprendere anche come, in ordine al tema della
utilizzazione agronomica degli effluenti, a stretto rigore, non sia pertinente,
ma anzi possa essere fuorviante, il richiamo dell'art. 8, comma 1, lett. c) del
D.Lgs. 5.2.1997 n. 22, che - come noto - esclude dal campo di applicazione della
disciplina sui rifiuti, sempreché disciplinati da specifiche disposizioni di
legge, i rifiuti agricoli come le materie fecali e altre sostanze naturali non
pericolose utilizzate nell'attività agricola.
Il richiamo non è logicamente pertinente, perché la deroga prevista dal
menzionato art. 38 D.Lgs. 152/1999 ha un proprio autonomo fondamento, nel senso
che non dipende dalla deroga prevista dalla predetta lett. c) dell'art. 8 D.lgs.
22/1997, rispetto alla quale ha diversa e più ampia portata. Infatti, secondo la
formulazione testuale delle disposizioni legislative, la deroga di cui all'art.
38 non è limitata ai rifiuti agricoli e tanto meno alle materie fecali e alle
altre sostanze naturali non pericolose di cui all'art. 8, ma si estende anche
alle miscele di lettiere e di deiezioni animali.
Il richiamo è anche fuorviante, giacché finisce per essere utilizzato - appunto
- per restringere la portata derogatoria dell'art. 38 attraverso una impropria
applicazione dei criteri indicati come presupposti per la diversa deroga di cui
all'art. 8. Per questa ragione non può accettarsi la conclusione alla quale
pervengono le succitate pronunce Gios e Burigotto, che, per escludere la
sottrazione alla disciplina sui rifiuti di una utilizzazione agronomica di
effluenti di allevamento, hanno utilizzato l'argomento - per se stesso esatto in
relazione all'art. 8 - secondo cui "la esclusione delle materie fecali dalla
disciplina di cui al D.Lgs. 5.2.1997 n. 22, prevista dall'art. 8 lett. c), opera
a condizione che le stesse provengano da attività agricola e che siano
riutilizzate nella stessa attività agricola" (sent. Gios, rv. 230981; nonchè
sent. Burigotto, rv. 232355).
Non occorre neppure sottolineare che resta estranea al thema decidendum
la problematica relativa alla qualifica produttiva o civile dell'insediamento
zootecnico, sollevata dal ricorrente.
8 - Infine, non appare sostenibile neppure una tesi restrittiva propugnata in
dottrina, secondo cui la deroga prevista dall'art. 38 andrebbe limitata soltanto
alla fase finale della utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, cioè
alla fase di applicazione sul terreno, mentre per le fasi precedenti del
deposito in vasca impermeabilizzata e del trasporto a mezzo autobotte
continuerebbe ad applicarsi la disciplina sui rifiuti, e in particolare quella
che prescrive limiti qualitativi, quantitativi e temporali al deposito
temporaneo, e che impone l'autorizzazione e l'obbligo dei formulari di
identificazione dei rifiuti per il trasporto dei medesimi.
Una simile tesi, infatti, e chiaramente incompatibile con l'ampia nozione di
utilizzazione agronomica adottata dal legislatore (con la citata lett. n bis)
dell'art. 2 D.Lgs. 152/1999), che comprende tutte le fasi della sua gestione, da
quella della "produzione" a quella della "applicazione al terreno", incluse
perciò le fasi intermedie del deposito e del trasporto.
9 - L'ermeneutica qui sostenuta trova autorevole conferma nella giurisprudenza
della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, che ne consacra la perfetta
congruenza con l'ordinamento comunitario.
In due sentenze dell'8.9.2005 (nella causa C-416/02 della Commissione contro
Regno di Spagna; e nella causa C-12/03 sempre della Commissione contro il Regno
di Spagna) la Terza Sezione della Corte ha chiaramente affermato che gli
effluenti di allevamento possono sfuggire alla qualifica di rifiuti, se vengono
utilizzati in modo certo, nello stesso processo produttivo e senza
trasformazione preliminare, come fertilizzanti dei terreni nel contesto di una
pratica legale di spargimento su terreni ben identificati, e se il loro
stoccaggio è limitato alle esigenze delle operazioni di spargimento. Ha inoltre
significativamente aggiunto che il fatto che tali effluenti non siano utilizzati
sui terreni che appartengono allo stesso stabilimento agricolo che li ha
prodotti, ma per il fabbisogno di altri operatori economici, e irrilevante al
riguardo.
10 - In conclusione, deve affermarsi che secondo la normativa vigente all'epoca
del commesso reato (28.2.2002), contrariamente alla tesi seguita dalla impugnata
sentenza, l'attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento
era sottratta alla disciplina dei rifiuti, con la conseguenza che non era
ipotizzabile il reato di cui all'art. 51, comma 1, D.Lgs. 22/1997, ma semmai
poteva ravvisarsi quello previsto dall'art. 59, comma 11 ter, D.Lgs. 152/1999,
per la mancanza della necessaria comunicazione di inizio attività, per
l'inottemperanza a un ordine di divieto o di sospensione o per l'esercizio
dell'attività al di fuori dei casi e delle procedure specificamente previste (cfr.
nella materia analoga della utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione
residuate dalla lavorazione delle olive, Cass. Sez. III, n. 21773 del 27.3.2007,
Frisullo, rv. 236707).
A questo riguardo, occorre una precisazione. L'art. 54, comma 7, in relazione
all'art. 62, comma 10, del D.Lgs. 152/1999, assoggetta a una semplice sanzione
amministrativa pecuniaria l'inosservanza delle disposizioni regionali vigenti
alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo, fino alla
emanazione della disciplina regionale prevista dall'art. 38, salvo che il fatto
non costituisca reato. Contrariamente a quanto sostenuto dalla citata sentenza
Burigotto (non massimata sul punto), questa clausola fa salva l'applicabilità
della sanzione penale di cui al predetto comma 11 ter dell'art. 59: con la
conseguenza che si applicherà la sanzione amministrativa solo per quelle
violazioni delle disposizioni regionali che non consistano nell'esercizio della
utilizzazione agronomica fuori dei casi e delle procedure previste, o
nell'inizio della attività senza previa comunicazione all'autorità competente,
ovvero nella inottemperanza al divieto o all'ordine di sospensione.
11 - Com'è noto, la disciplina vigente al momento della commissione del fatto è
stata ora abrogata e sostituita dal D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in seguito corretto
e integrato prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4.
Ma la nuova disciplina, almeno relativamente a quella rilevante nella concreta
fattispecie, si pone in perfetta continuità normativa con la disciplina
precedente.
Sostanzialmente corrispondenti sono rimaste le definizioni indicate dall'art. 74
in tema di:
- effluenti di allevamento, intesi come "le deiezioni del bestiame o una miscela
di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto
trasformato" (lett. v);
- utilizzazione agronomica, intesa come "gestione di effluenti di allevamento,
acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue
provenienti dalle aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro
produzione fino all'applicazione sul terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati [rectius, finalizzata] all'utilizzo delle
sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute" (lett. p);
- applicazione at terreno, intesa come "apporto di materiale al terreno mediante
spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione,
interramento" (lett. o).
Secondo l’art. 112, la utilizzazione agronomica e sempre soggetta alla previa
comunicazione all'autorità competente, ferma restando la competenza delle
regioni per disciplinare i tempi e le modalità della comunicazione, per emanare
norme tecniche in ordine alle operazioni di utilizzazione agronomica, nonché per
definire i criteri e le procedure di controllo, sulla base del prescritto
decreto ministeriale di attuazione.
Assolutamente identici sono anche i criteri per la soluzione dei problemi di
diritto transitorio, posto che, secondo l'art. 170, fino all'emanazione del
decreto ministeriale di attuazione, restano validi ed efficaci i provvedimenti
emanati in attuazione dello abrogato D.Lgs. 152/1999, e quindi il succitato
decreto ministeriale del 7.4.2006 (comma 11); mentre fino alla emanazione della
prescritta disciplina regionale, si applicano le disposizioni regionali di
contenuto tecnico e amministrativo vigenti al momento dell'entrata in vigore
della parte terza dello stesso D.Lgs. 152/2006 (comma 7).
In tema di diritto transitorio, quindi, va ribadita una recente sentenza di
questa Corte, secondo cui al fine di escludere l'applicabilità della normativa
sui rifiuti in caso di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento
(nella specie, deiezione di conigli) occorre che tale utilizzazione avvenga nel
rispetto delle condizioni indicate dal D.M. 7.4.2006 (Sez. III, n. 9104 del
15.1.2008, P.G. in proc. Manunta, rv. 238997).
Anche il trattamento sanzionatorio delle infrazioni e improntato ai medesimi
criteri previgenti. Infatti, secondo il comma 14 dell'art. 137, è punito con
l'arresto o con l'ammenda chiunque effettui l'utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento al di fuori dei casi e delle procedure prescritte,
ovvero non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività.
Mentre, secondo il comma 5 dell'art. 133, è soggetta a una sanzione
amministrativa pecuniaria l'inosservanza delle disposizioni regionali vigenti di
cui al predetto comma 7 dell'art. 170, salvo che il fatto costituisca reato
(vale a questo proposito la precisazione fatta al precedente paragrafo 10).
12 - Resta solo da precisare che il reato non è ancora estinto per prescrizione.
Infatti, il periodo prescrizionale, decorrente dal 28.2.2002, è scaduto il
28.8.2006.
Ma occorre computare anche una sospensione complessiva del processo per
impedimento del difensore per complessivi anni uno, mesi undici e giorni
ventitrè (in seguito a tre rinvii del dibattimento disposti alle udienze del
21.4.2005, 15.11.2005 e 25.5.2006) conformemente al principio statuito dalle
Sezioni unite di questa Corte, secondo cui in tema di prescrizione del reato, la
sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento
comportano la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per
impedimento dell'imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre
che l'una o l'altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della
prova o dal riconoscimento di un termine a difesa (sent. n. 1021 dell'11.1.2002,
Cremonese, rv. 220509).
Come già chiarito da questa Corte, non può applicarsi al riguardo la limitazione
di ogni sospensione a soli sessanta giorni secondo la disciplina introdotta
dall'art. 6, comma 3, della legge 5.12.2005 n. 251, che ha sostituito l'art. 159
c.p., atteso che questa disciplina, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della stessa
legge, non può applicarsi ai procedimenti in corso (com'era quello presente) se
i nuovi termini prescrizionali risultano pia lunghi di quelli previgenti.
Orbene, in materia di reati contravvenzionali i termini prescrizionali previsti
dalla nuova disciplina sono tipicamente più lunghi (v. per una motivazione pia
approfondita Cass. Sez. III, dell' 11.6.2008, Russo; Cass. Sez. III, dell'
11.6.2008 Quattrocchi).
La prescrizione maturerà quindi solo in data 20.8.2008.
Ne deriva che la sentenza impugnata va annullata con rinvio allo stesso
tribunale monocratico ex art. 623 lett. d) c.p.p., affinché il giudice di
merito, alla luce dei principi sopra esposti, valuti se l'imputato sia
responsabile del diverso reato di cui agli artt. 38 e 59, comma 11 ter, D.Lgs.
152/1999 (ora artt. 112 e 137, comma 14, D.Lgs. 152/2006).
P.Q.M.
la Corte suprema di cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio al
Tribunale di Udine.
Cosi deciso in Roma il 9.7.2008.
II consigliere estensore Il presidente
(Pierluigi Onorato)
(Guido De Mauro)
Il cancelliere
(Guido De Maio)
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562