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Segnalata dall'avv. Alessandro Biamonte
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 14 Aprile 2008, n.2135
VIA - L.R. Campania n. 16/2004 - Fase transitoria - Piani e programmi
iniziati prima del 21/7/2004 - Obbligo di effettuare la VAS - Esclusione. Ai
sensi dell’art. 47 della L.R.Campania n. 16/2004, attuativa, per quanto di
competenza della Regione Campania, della direttiva 42/2001/CE del 27 giugno
2001, restano sottratti all’obbligo di effettuare la VAS i piani ed i programmi
iniziati prima del 21/7/2004 e conclusi nel biennio successivo a quella data.
Pres. Guida, Est. Donadono - Comune di Tufino (avv. Biamonte) c. Regione
Campania (avv.ti Palma e Marzocchella), Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA,
Napoli, Sez. I - 14 aprile 2008, n. 2135
VIA - VAS - Nozione - Differenza. Mentre la VIA si riferisce ai processi
di formazione delle decisioni relativi alla realizzazione di “progetti”, la VAS
riguarda invece l’attività di pianificazione e programmazione. Pres. Guida, Est.
Donadono - Comune di Tufino (avv. Biamonte) c. Regione Campania (avv.ti Palma e
Marzocchella), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
(Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 14 aprile
2008, n. 2135
CAVE E MINIERE - Piano Regionale delle Attività Estrattive - Procedimento -
Partecipazione delle amministrazioni locali - Natura - Principi di sussidiarietà
e di leale collaborazione - Artt. 4 e 8 L.R. Campania n. 16/2004. Le
amministrazioni locali sono invitate a partecipare al procedimento di
pianificazione delle attività estrattive non tanto con meri apporti
collaborativi (come è il caso delle osservazioni proposte da privati nel
procedimento di formazione di uno strumento urbanistico), quanto piuttosto con
interventi appropriati e consequenziali rispetto alle funzioni che sono
demandate all’autorità comunale. il rapporto tra gli enti territoriali è
regolato dal principio di sussidiarietà, cardine dell’ordinamento comunitario e
recepito a livello costituzionale dall’art. 118 cost., e da quello di leale
cooperazione, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (cfr. Corte
cost., 28/7/1993, n. 348).Tali principi trovano concreta ed espressa
applicazione negli artt. 4 e 8 della L.R. Campania n. 16 del 2004. Pres. Guida,
Est. Donadono - Comune di Tufino (avv. Biamonte) c. Regione Campania (avv.ti
Palma e Marzocchella), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 14
aprile 2008, n. 2135
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA
sezione prima
N. 2135 reg. sent.
anno 2008
N. 5497 reg. gen.
anno 2006
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5497/06 reg. gen. proposto dal Comune di Tufino, Vi-sciano
Casamarciano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e di-feso dall’avv.
Alessandro Biamonte, con lo stesso elettivamente domiciliato in Napoli alla Via
Duomo n. 348,
c o n t r o
- Regione Campania, in persona del Presidente p.t. della Giunta regionale,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Rosaria Palma e Angelo Marzocchella, con gli
stessi elettivamente domiciliata in Napoli alla via S. Lucia n. 81,
- Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona
del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale
dello Stato in Napoli, presso la stessa legalmente domiciliato,
- Assessore ai rapporti con il Consiglio regionale, ai lavori pubblici, opere
pubbliche, parcheggi e sport, nominato ex ordinanza T.a.r. Campania n. 719/05
Commissario ad acta per l’approvazione del Pia-no regionale delle attività
estrattive con facoltà di delega, n. c.,
- Coordinatore A.G.C.LL.PP. attuazione espropriazione della Regione Campania, n.
c.,
- ing. Eduardo Morrone, Coordinatore A.G.C. lavori pubblici, opere pubbliche,
attuazione espropriazione, nella qualità di Commissario ad acta delegato
dall’assessore LL.PP. con decreto n. 439 del 6/9/2005 per l’approvazione del
PRAE, n. c.,
e nei confronti di
- Cementi Moccia s.p.a., in persona del Presidente legale rappresen-tante
p.t. ing. Gennaro Moccia, rappresentata e difesa dall’avv. Anto-nio Lamberti,
con lo stesso elettivamente domiciliata in Napoli alla via S. Pasquale a Chiaia
n. 55,
- Edilcalcestruzzi s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale
rappresentante p.t. sig. Luca Marinelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti
Vincenzina Salvatore e Claudio Preziosi, con lo stesso elettiva-mente
domiciliata in Napoli al Largo Donn’Anna n. 9 presso l’avv. Olindo Paolo
Preziosi,
- G. Apostolico & Tanagro s.n.c., n.c.,
con l’intervento di
- Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana, soc. con-sortile
per azioni, in persona del Presidente del Consiglio di ammini-strazione p.t.
geom. Raffaele Spera, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Biamonte, con
lo stesso elettivamente domiciliata in Na-poli alla Via Duomo n. 348,
- Comune di Palma Campania, in persona del Sindaco p.t., rappresen-tato e difeso
dall’avv. Alessandro Biamonte, con lo stesso elettiva-mente domiciliato in
Napoli alla via Duomo n. 348,
per l'annullamento
dell’ordinanza n. 11 del 7/6/2006, pubblicata sul BURC n. 27 del 19/6/2006,
recante l’approvazione del Piano regionale delle attività estrattive (PRAE)
della Regione Campania ad opera del Commissario ad acta nominato in forza
dell’ordinanza T.a.r. Campania Napoli, sez. I, n. 719/05, unitamente agli atti
che compongono il PRAE; di tutti gli atti concernenti la classificazione delle
aree suscettibili di attività e-strattiva nei territori dei comuni ricorrenti e
la perimetrazione delle medesime quali aree suscettibili di nuove estrazioni (Tufino)
ai sensi dell’art. 25 delle norme di attuazione e aree di riserva (Visciano e
Casamarciano) ai sensi dell’art. 26, degli allegati al PRAE ivi compresa la
cartografia, la relazione integrativa del Commissario ad acta, la relazione
illustrativa generale, le linee guida, le norme di attuazione; delle
deliberazioni di Giunta regionale n. 7253 del 27.12.2001, n. 3093 del
31.10.2003, n. 1544 del 6.8.2004, qualificate dal Commissario ad acta come parte
integrante del Piano approvato; delle deliberazioni di Giunta regionale n. 634
dell’8.2.2000, concernente la presa d’atto dell’elaborato predisposto
dall’Università Federico II, e n. 7253 del 27.12.2001; di ogni altro atto
connesso ivi compresi i pareri espressi dai Settori provinciali del Genio Civile
e da ogno altro organo investito in ordine alle osservazioni al PRAE presentate
dagli enti ricorrenti, nonché le eventuali determinazioni assunte in merito;
sui motivi aggiunti proposti dai Comuni ricorrenti:
per l’annullamento
- dell’ordinanza commissariale n. 12 del 6/7/2006, avente ad oggetto la
rettifica dell’ordinanza n. 11 recante l’approvazione del PRAE, nonché degli
atti connessi; della delibera di Giunta regionale n. 323 del 7/3/2007 pubblicata
sul BURC n. 18 del 2/4/2007, concernente l’approvazione della perimetrazione dei
comparti estrattivi; dell’allegato A della suddetta delibera nella parte in cui
le nuove aree suscettibili di estrazione C07NA (Tufo grigio) nel comune di
Tufino e C06NA (Calcari) nel comune di Casamarciano; dell’Allegato B alla
delibera G.R. n. 323/2007 nella parte in cui perimetra i comparti C04NA-02 (Tufino)
e C07NA-01 (Tufino) e C06NA-01 (Casamarciano); dell’allegato C contenente la
cartografia nella parte in cui perimetra i territori dei Comuni ricorrenti; di
ogni altro atto connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione e del Ministero
dell’Ambiente, nonché delle società Cementi Moccia ed Edilcalce-struzzi;
visti gli atti di intervento del Comune di Palma Campania e dell’Agenzia Locale
di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana;
visti i motivi aggiunti proposti dai Comuni ricorrenti;
viste le memorie difensive ed i documenti prodotti dalle parti;
vista l’ordinanza collegiale n. 13 del 10.1.2008 di ricostruzione del fascicolo;
visti gli atti tutti di causa;
alla pubblica udienza del 19/03/2008, relatore il cons. Donadono, uditi gli
avvocati presenti di cui al verbale di udienza.
F A T T O
Giova premettere che:
- con delibere n. 7253 del 27/12/2001, n. 3093 del 31/10/2003 e n. 1544 del
6/8/2004, la Giunta regionale della Campania adottava la proposta per il
Consiglio regionale del Piano regionale delle attività estrattive (PRAE) sulla
base di un progetto elaborato dall’Università degli studi di Napoli “Federico II”,
all’uopo incaricata dalla Regione e recepito con delibera di Giunta regionale n.
634 dell’8/2/2000;
- con delibera consiliare n. 14 del 24/4/2004, seguita dalla delibera consiliare
n. 31 del 30/9/2004, il Comune di Casamarciano, nella qualità di capofila di una
intesa con i Comuni di Tufino, Visciano e Comiziano, formulava le osservazioni
al PRAE relative ai territori dei comuni in questione, elaborate sulla base di
un documento tecnico predisposto dall’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni
dell’Area Nolana, società consortile costituita tra i citati enti locali;
- con ordinanza n. 719 del 2/8/2005, il Tribunale amministrativo re-gionale
della Campania, dopo aver accolto il ricorso proposto ai sensi dell’art. 21-bis
della legge n. 1034 del 1971 dalla società Cementi Moccia, operante nel settore
dell’attività estrattiva, disponeva la nomina di un Commissario ad acta in
relazione alla perdurante inerzia dell’amministrazione regionale
all’approvazione del PRAE;
- con delibera di Giunta n. 2 del 19/1/2006, seguita da delibera consi-liare n.
3 del 27/1/2006, il Comune di Casamarciano ribadiva le osservazioni al PRAE nei
confronti del Commissario ad acta;
- con ordinanza n. 11 del 7/6/2006, il Commissario ad acta provvede-va
all’approvazione del PRAE.
Con ricorso notificato il 5.8.2006, i Comuni di Tufino, Visciano e Casamarciano,
impugnavano gli atti in epigrafe.
La Regione Campania si costituiva in giudizio, per resistere al ricorso.
Con atti notificati rispettivamente il 12/10/2006 ed il 27/12/2006, sono
intervenuti “ad adiuvandum” l’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area
Nolana ed il Comune di Palma Campania.
Con atti notificati il 10/11/2006 ed il 25.5.2007, i Comuni ricorrenti
estendevano l’impugnativa all’ordinanza commissariale n. 12 del 6.7.2006,
recante modifiche e rettifiche al PRAE, ed alla delibera di Giunta regionale n.
323 del 7.3.2007 con la quale la Regione, in ese-cuzione del PRAE, ha approvato
le nuove aree suscettibili di estrazione e la perimetrazione dei comparti
estrattivi.
Si costituivano in giudizio, per resistere al ricorso, la Regione ed il
Ministero dell’ambiente, nonché le società Cementi Moccia ed Edil-calcestruzzi.
La domanda incidentale di sospensione non veniva trattata essendo cancellata dal
ruolo cautelare.
D I R I T T O
1. La difesa erariale invoca preliminarmente l’estromissione dal giudizio per
difetto di legittimazione passiva.
La richiesta va accolta in quanto nella controversia in esame l’amministrazione
dello Stato non assume la veste formale di contraddittore necessario avuto
riguardo agli atti impugnati.
2. Nel merito i Comuni ricorrenti deducono censure che possono essere così
riassunte:
- le articolate e puntuali osservazioni presentate dai Comuni ricorrenti e da
numerose altre amministrazioni locali non risulterebbero debitamente valutate e
comunque risulterebbero immotivatamente disattese; le comunità locali sarebbero
state estromesse dal processo decisionale; ciò sarebbe in contrasto con l’art.
2, co. 1, della legge regionale n. 54 del 1985, nella parte in cui prevede che i
Comuni siano “sentiti”, con il principio di reale e leale collaborazione posto
dall’art. 114 della Costituzione, con gli artt. 1 e 4 della legge regionale n.
16 del 2004, che contempla il metodo della cooperazione e dell’intesa tra gli
enti nelle scelte attinenti al governo del territorio, nonché con i principi
desumibili dagli artt. 15 e 20 della stessa legge n. 16 del 2004, con la
direttiva 2001/42/CE e l’art. 174 del Trattato UE che richiama il principio di
precauzione e di sostenibilità dello sviluppo; l’estromissione delgi enti locali
dal processo decisionale sarebbe vieppiù grave in quanto l’art. 2, co. 10, della
citata legge regionale n. 54 del 195 impone ai Comuni di adeguare i propri
strumenti urbanistici al PRAE;
- il PRAE conterrebbe previsioni preordinate alla devastazione del territorio
che stravolgerebbero i piani regolatori vigenti, confliggerebbero con la
normativa del Piano territoriale di coordinamento provinciale e con il Piano di
sviluppo socio economico della Comunità Montana Montedonico – Tribucco e
contasterehbbero con le finalità e le compatibilità di difesa ambientale, di
tutela della salute e di recupero architettonico e monumentale proclamate
nell’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985, oltre che nella legge
regionale n. 16 del 2004, e nell’art. 1 delle norme di attuazione dello stesso
PRAE; la pianificazione regionale qualifica ampie porzioni del territorio dei
Comuni ricorrenti come aree suscettibili di nuove estrazioni e come aree di
riserva, senza considerare gli elementi di grave criticità che incidono
negativamente sul territorio in questione, tanto da determinarre l’inclusione ad
opera del decreto del Ministro dell’ambiente del 31.1.2006 tre gli interventi di
bonifica di dinteresse nazionale e senza neppure considerare le valenze
paesaggistiche, naturalistiche ed antropiche esistenti sul territorio; tale
qualificazione comprende anche zone del centro abitato, aree culminali delle
creste collinari, aree confinanti con siti di interesse archeologico (note della
Soprintendenza Archeologica pere le province di Napoli e Caserta prot. n. 514
del 9.2.1998 e n. 3682 del 18.2.1998) e con aree soggette all’uso civico (in
conflitto con quanto previsto dallo stesso art. 7, co. 1, lett. b, delle norme
tecniche), con aree boscate (cfr. punto c, dell’articolo sopra citato), in zona
di tutela e di rispetto delle acque destinate al consumo umano (cfr. lett. f),
oppure tra i siti di interesse comunitario nelle zone di protezione speciale
(cfr. punto g), nelle aree oggetto di interventi finanziati con fondi
comunitari, statali o regionali (cfr. lett. i), in aree di difesa del suolo di
slavaguardia ambientale (artt. 10 e 11 del PTCP), in ambiti dei parchi
territoriali (art. 13 PTCP), in contiguità con insediamenti storici (art. 16
PTCP), con la localizzazione di parchi di attività integrate (art. 24 PTCP)
nonché zone classificate a rischio e assoggettate a vincolo dal Piano stralcio
per l’assetto idrogeologico nord - occidentale della Campania, approvato con
delibera del Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino n. 11 del 10.5.2002,
in applicazione dell’art. 12 del decreto legge n. 398 del 1993, che costituisce
Piato territoriale di settore vincolante in base all’art. 17 della legge n. 183
del 1989 e dell’art. 9 della legge regionale n. 8 del 1994;
- mancherebbe il parere della Commissione consultiva regionale ri-chiesto
dell’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985;
- il procedimento risulterebbe altresì in contrasto con l’art. 5 della legge
regionale n. 16 del 2004 e con l’art. 9, co. 1, lett. b), della direttiva
2001/42/CE,
- mancherebbe il parere dell’Autorità di Bacino, secondo quanto pre-visto
dall’art. 6, co. 1, lett e), del Piano stralcio per l’assetto idrogeo-logico;
mancherebbe inoltre lo studio di compatibilità idraulica e idrogeologica
previsto dagli artt. 35 e seguenti del cennato Piano stralcio;
- mancherebbe l’attivazione del procedimento di valutazione ambientale
strategica (VAS) disciplinato dalla direttiva comunitaria 2001/42/CE, recepita
dalla legge regionale n. 16 del 2004 (art. 47);
- le scelte di piano sarebbero basate su una metodologia puramente empirica e
non sorretta da valutazioni di sostenibilità ambientale; inoltre sarebbe
illogico ed irragionevole il calcolo su base provinciale del fabbisogno di
materiale estrattivo, attesa la elevata densità demografica della provincia di
Napoli.
Con i motivi aggiunti, i Comuni ricorrenti, oltre a ribadire in via deri-vata le
censure sopra esposte, contestano inoltre contro la delibera regionale
sopravvenuta in corso di giudizio, la individuazione di nuove aree suscettibili
di estrazione, la mancanza di uno studio e/o ricerca estrattiva secondo quanto
previsto dall’art. 21, co. 4, delle norme di attuazione per la determinazione
dei comparti nelle aree di riserva, la carenza di una adeguata istruttoria
riconosciuta nella stessa delibera regionale impugnata facendo riferimento ad
“accertamenti a farsi”, modificazioni al PRAE senza l’osservanza del
procedimento e delle competenze prescritte per tale Piano, la violazione delle
previsioni del Parco “Vallo di Lauro – Pizzo d’Alvano” incluso tra le aree
naturali protette.
La difesa regionale obietta che:
- la normativa regolante il PRAE è contenuta nella legge regionale n. 54 del
1985, il che porta escludere ogni interferenza della legge regionale n. 16 del
2004 in generale e dell’art. 47 in particolare;
- è pure da escludere che la direttiva comunitaria 2001/42/CE abbia carattere
“self executing”, per cui il PRAE non sarebbe soggetto a VAS;
- in ogni caso la pianificazione approvata sarebbe sostanzialmente conservativa
e rivolta al massimo grado di tutela ambientale;
- i Comuni sarebbero stati ascoltati nella fase della elaborazione della
proposta della Giunta regionale, poi tradotta senza stravolgimenti nel Piano
approvato dal Commissario ad acta;
- con le osservazioni formulate, i Comuni ricorrenti pretenderebbero di
assoggettare la pianificazione regionale alle proprie esigenze urba-nistiche;
- l’obbligo di “sentire” i Comuni dovrebbe intendersi nel senso di un mero
simulacro della partecipazione in funzione meramente consultativa;
- l’obbligo di acquisire il parere dell’Autorità di Bacino non sarebbe
contemplato in una norma di legge; il PRAE non intaccherebbe le previsioni del
Piano stralcio e dei vincoli idrogeologici; né la pianifi-cazione di settore di
altre autorità potrebbero incidere sulle potestà in materia urbanistica
spettanti alla competenza regionale;
- il Commissario ad acta avrebbe amplissimi poteri di sostituzione
dell’amministrazione inadempiente, assorbendo in sé ogni competenza ed ogni
funzione per superare l’impasse determinata dall’inerzia della Regione;
- la materia delle cave e miniere esulerebbe dalla pianificazione
urbanistico-edilizia; le scelte in materia sarebbero latamente discrezionali,
non richiederebbero una motivazione particolare oltre quella desumibile dai
criteri generali seguiti nell’impostazione del piano, costituirebbero
apprezzamenti di merito sottratti al sindacato del giudice amministrativo salvo
che per vizi di manifesta irrazionalità o di travisamento dei fatti;
- il Commissario ad acta, nei brevi termini concessi, avvalendosi della
struttura di supporto, avrebbe compiuto una adeguata attività istruttoria
mediante l’integrazione del progetto di PRAE già adottato dalla Giunta
regionale.
2.1. E’ opportuno premettere una ricognizione del quadro normativo che
disciplina la materia.
Il Piano regionale delle attività estrattive è originariamente contemplato e
regolato dall’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985 (come modificata dalla
legge regionale n. 17 del 1995): tale norma prevede, al primo comma, che “il
Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, previo parere della
Commissione consultiva regionale di cui all'art. 3 della presente legge sentiti
i Comuni, le Comunità montane ed i comprensori interessati e le Province,
approva il piano regionale del settore estrattivo, nel quadro delle esigenze
generali di difesa dell'ambiente, del diritto alla salute dei cittadini, di
recupero del patrimonio architettonico e monumentale dei borghi e dei centri
storici della Campania, di sviluppo economico regionale ed in linea con le
politiche comunitarie in materia, per attuare una politica organica di
approvvigionamento e di razionale utilizzazione delle risorse delle materie di
cava”.
Successivamente è sopravvenuta la legge regionale n. 16 del 2004, avente ad
oggetto il “governo del territorio”, con la quale è stata complessivamente
riformata la normativa riguardante non solo, ovviamente, la materia urbanistica,
ma più in generale tutta la disciplina relativa all'uso, all’assetto, alla
tutela ed alla trasformazione del territorio, attraverso una pianificazione
comprendente “tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che
comportano una trasformazione significativa del territorio” (cfr. artt. 1, 2 e
3).
La nuova legge regionale è entrata in vigore il 29 dicembre 2004; per i piani in
itinere, disposizioni transitorie sono previste unicamente per gli strumenti di
pianificazione urbanistica comunale (art. 45).
La normativa del 1985 non è stata abrogata, ma continua a restare in vigore “per
quanto non previsto” dalla legge regionale del 2004 (art. 49), e cioè nella
misura in cui sia compatibile con i principi e le disposizioni dettate dalla
legge fondamentale che la Regione si è data per regolare il governo del proprio
territorio.
Alla luce di tali considerazioni, la nuova normativa trova applicazione al PRAE
impugnato, che rientra a pieno titolo tra i piani settoriali regionali di cui
all’art. 14 della legge in questione.
2.2. Orbene, l’art. 47 della ripetuta legge regionale n. 16 prevede che i piani
territoriali di settore siano accompagnati dalla valutazione ambientale di cui
alla direttiva 42/2001/CE del 27 giugno 2001, da effettuarsi durante la fase di
redazione dei piani.
Con tale disposizione la Regione Campania ha adempiuto, per quanto di propria
competenza, all’obbligo di dare attuazione alla cennata direttiva comunitaria,
per la quale l’art. 13 prevedeva, come termine di adeguamento, la scadenza del
21/7/2004. Inoltre lo stesso art. 13 prevede che la valutazione ambientale trova
applicazione “ai piani ed ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è
successivo alla data” indicata del 21/7/2004, nonché a quelli che, pur essendo
avviati prima di quella data, vengano approvati dopo il 21/7/2006. Quindi
restano sottratti all’obbligo di effettuare la VAS i piani ed i programmi
iniziati prima del 21/7/2004 e conclusi nel biennio successivo a quella data.
Il PRAE impugnato è stato approvato il 7/6/2006 e il suo primo atto preparatorio
risale ad una data anteriore al 21/7/2004. Infatti l’avvio del procedimento in
questione non può identificarsi con un atto del giudizio che ha dato luogo alla
nomina del Commissario ad acta, poiché l’intervento di quest’ultimo è stato
disposto per sopperire ad un arresto procedimentale verificatosi dopo che la
Giunta regionale aveva già adottato una proposta di pianificazione. Tant’è che
l’attività dell’organo commissariale è consistita di fatto nel riprendere la
proposta elaborata dalla Giunta regionale e nel continuare lo stesso
procedimento, già avviato, per condurlo a conclusione.
Ne consegue che, al momento dell’approvazione del piano impugnato,
l’applicazione della VAS era ancora transitoriamente sospesa.
2.3. E’ appena il caso di soggiungere che il richiamo operato dalla difesa dei
Comuni ricorrente alla VIA non è pertinente, atteso che tale strumento si
riferisce ai processi di formazione delle decisioni relativi alla realizzazione
di “progetti”, mentre la VAS riguarda appunto l’attività di pianificazione e
programmazione.
2.4. Detto ciò, è da esaminare se, sul piano procedimentale, rileva in alcun
modo che l’approvazione del piano sia avvenuta ad opera di un Commissario ad
acta nominato per disposizione del giudice amministrativo, che ha sostituito gli
organi ordinariamente competenti.
L’intervento dell’organo commissariale trova la sua ragion d’essere
nell’esigenza di superare l’inerzia dell’amministrazione inadempiente
all’obbligo di provvedere in ordine ad una determinata materia di propria
competenza istituzionale.
In coerenza con tale funzione l’attività del Commissario ad acta è diretta al
compimento di tutti e soli quegli adempimenti rientranti nelle attribuzioni
dell’amministrazione che sia stata giudicata inerte.
Con riferimento al caso qui in esame, quindi, il Commissario ad acta si
sostituisce non solo al Consiglio regionale, che è competente all’emanazione
dell’atto conclusivo del procedimento, ma può e deve (se necessario) attivarsi
nelle competenze di tutti gli organi e gli uffici che fanno capo all’ente
regionale per ovviare a quella condizione di arresto procedimentale che si vuole
superare mediante lo speciale rimedio del ricorso contro il silenzio ex art.
21-bis della legge n. 1034 del 1971 (cfr. l’ordinanza T.a.r. Campania, sez. I,
n. 1015 del 13/12/2005, resa appunto nei confronti della Regione per la vicenda
in esame).
Non è da escludere, ad esempio, che il Commissario ad acta si sostituisca anche
alla Commissione consultiva regionale di cui all'art. 3 della legge n. 54 del
1985, poiché non sarebbe ammissibile che un ritardo dell’organo regionale
nell’emanazione del parere di competenza paralizzi il sollecito corso dell’iter
di formazione del piano.
2.5. Ma il Commissario ad acta non ha, ovviamente, il potere di eludere o
ingerirsi in funzioni che spettano ad amministrazioni estranee al giudizio
contro il silenzio e che conservano intatte le proprie attribuzioni.
Orbene, l’art. 14 della legge regionale n. 8 del 1994, prevede che “al fine di
consentire il necessario coordinamento e la razionalizzazione delle competenze
amministrative, il Comitato istituzionale delle Autorità di bacino regionale
fino all'approvazione del Piano di bacino, esprime un parere obbligatorio sugli
atti di rilievo, di competenza degli Enti rappresentati nel Comitato
istituzionale” (tra i quali è compresa la Regione).
Inoltre l’obbligo di acquisire un parere dall’Autorità di bacino è ribadito dal
Piano stralcio, approvato ai sensi dell’art. 12 del decreto legge n. 398 del
1993.
La pianificazione in questione, che comprende anche aspetti attinenti
all’attività estrattiva (cfr. art. 9 della legge regionale n. 8 del 1994; art.
17 della legge n. 183 del 1989, ed ora art. 65 del d. lgs. n. 152 del 2006),
rientra tra i piani territoriali settoriali previsti dall’art. 14 della legge
regionale n. 16 del 2004 (cfr. articoli sopra citati) ed è soggetta
all’approvazione dell’autorità regionale (cfr. art. 5 della ripetuta legge
regionale n. 8).
E’ appena il caso di notare che il piano di stralcio è efficace e vincolante,
anche nei confronti della stessa Regione, a prescindere da questioni semmai
attinenti alla sua legittimità che andrebbero comunque apprezzate nelle forme e
nelle sedi previste dall’ordinamento.
2.6. Inoltre, secondo quanto prescritto dalla legge n. 54 del 1985, gli enti
locali devono essere “sentiti”.
Pertanto, né gli organi della Regione, né il Commissario ad acta che li
sostituisce, possano sottrarsi al dovere di ascoltare quanto hanno da osservare
i Comuni interessati.
In proposito, per comprendere come intendere questo adempimento è da
sottolineare che i Comuni sono gli enti esponenziali delle comunità locali ed
hanno la (con)titolarità di potestà fondamentali nella determinazione
dell’assetto urbanistico del territorio.
Su tale assetto va ad incidere la pianificazione delle attività estrattive,
secondo quanto previsto dall’art. 2, co. 8, 9 e 10, della citata legge regionale
n. 54 del 1985.
Già, in base a questa semplice constatazione si deve ritenere che le
amministrazioni locali sono invitate a partecipare al procedimento non tanto con
meri apporti collaborativi (come è il caso delle osservazioni proposte da
privati nel procedimento di formazione di uno strumento urbanistico), quanto
piuttosto con interventi appropriati e consequenziali rispetto alle funzioni che
sono demandate all’autorità comunale.
Autorità che non è in un rapporto di subordinazione-soggezione rispetto a quella
regionale, per quanto riguarda l’esercizio dei propri compiti istituzionali.
In questa prospettiva il rapporto tra gli enti territoriali è piuttosto regolato
dal principio di sussidiarietà, cardine dell’ordinamento comunitario e recepito
a livello costituzionale dall’art. 118 cost., e da quello di leale cooperazione,
secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (cfr. Corte cost., 28/7/1993,
n. 348).
Questi principi trovano concreta ed espressa applicazione nell’art. 4 della
legge regionale n. 16 del 2004 (“tutti i soggetti istituzionali titolari di
funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica informano la propria
attività ai metodi della cooperazione e dell'intesa”) e nell’art. 8 (“sono
demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non
espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed
alle province”; “alla Regione e alle province sono affidate esclusivamente le
funzioni di pianificazione ad esse attribuite dalla legislazione nazionale e
regionale che riguardano scelte di interesse sovracomunale”).
Queste norme e questi principi danno la chiave di lettura dell’obbligo di
“sentire” i Comuni. Tale obbligo della Regione (e del Commissario ad acta)
consiste nel prendere in debita considerazione le osservazioni rese dai Comuni.
Rientra ovviamente nella responsabile potestà dell’autorità regionale, non
sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, di decidere la sorte di queste
osservazioni, salvo che le determinazioni non si palesino manifestamente
illogiche, o inique, o sproporzionate.
Ma, in base ai principi ed alle regole che governano in generale l’attività
amministrativa, anche per poter apprezzare questa logicità, equità e
proporzione, occorre che tali decisioni siano, in primo luogo, adeguatamente
ponderate tenendo conto degli interessi pubblici, collettivi e privati coinvolti
ed, in secondo luogo, sufficientemente motivate.
Sennonché nella specie non solo non risultano le ragioni per le quali sono state
disattese le osservazioni presentate per iniziativa dei Comuni ricorrente; ma
neppure risulta che né la Giunta regionale, nella fase anteriore all’intervento
dell’organo commissariale, né lo stesso Commissario ad acta, abbiano preso in
considerazione tali osservazioni.
Sotto questi profili le doglianze proposte con il ricorso in esame si rivelano
pertanto fondate.
2.7. Sono invece inammissibili in questa sede tutte le censure che riguardano il
contenuto del piano impugnato, essendo evidente che su questi aspetti dovrà
principalmente focalizzarsi l’attenzione della Regione in sede procedimentale,
quando esaminerà nel merito le osservazioni in questione.
2.8. Gli atti impugnati con i motivi aggiunti cadono per illegittimità derivata,
con assorbimento delle doglianze dedotte per vizi propri.
3. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di causa.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, previa
estromissione del Ministero dell’ambiente, in accoglimento del ricorso n.
5497/06, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate, fatto salvo il rimborso del contributo unificato, come per
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del 19 marzo 2008, con
l'intervento dei signori:
Antonio Guida Presidente
Fabio Donadono consigliere estensore
Carlo Dell’Olio referendario
Il Presidente
L’estensore
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