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TAR LAZIO, Roma, Sez. III ter, 5 marzo 2008, sentenza n. 2121
ENERGIA - Impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW
termici - Parere del comune - Valenza istruttoria - Conferenza di servizi - Ente
comunale - Possibilità di far ricorso alla disciplina del dissenso qualificato
ex art. 14 quater L. 241/90 - Esclusione. In materia di costruzione di
impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, il
principio di leale collaborazione si traduce in un’intesa “forte” dello Stato
con la Regione ed in una intesa “debole” con le altre Amministrazioni
interessate, cui è solamente consentito di partecipare al procedimento ed
esprimere il proprio parere (cfr. sentenza Corte Cost. n. 6/2004, che ha
ritenuto legittimo tale sistema, ritenendo l’allocazione al livello centrale
delle funzioni amministrative giustificata in relazione alla necessità di
garantire, in una materia affidata alla legislazione concorrente, l’unitarietà e
la celerità dell’esercizio dell’attività amministrativa concernente la
costruzione ed il potenziamento degli impianti di energia elettrica). Se dunque
il parere del Comune in sede di conferenza di servizi ha una mera valenza
istruttoria, allo stesso non si applicano, per un’esigenza di coerenza, tutte le
disposizioni volte a rimediare alla non unanimità, e in particolare la
disciplina del “dissenso qualificato” di cui all’art. 14 quater, III comma,
della legge n. 241/90, anche perché, secondo l’opinione prevalente, tale norma
si applica solo alla conferenza di servizi decisoria (in termini Cons. Stato,
Sez. VI, 4/6/2004, n. 3505). Sarebbe in ogni caso non ragionevole ritenere che
un’Amministrazione, cui è rimessa la mera espressione di un parere, possa
impedire la conclusione del procedimento solo perché quel parere è stato
acquisito nell’ambito di una conferenza di servizi. Pres. Riggio, Est. Fantini -
Comune di Aprila (avv. Lo Mastro) c. Ministero dello Sviluppo Economico (Avv.
Stato), Regione Lazio (avv. Seri) e Provincia di Latina (avv. Coluzzi), riunito
ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III ter - 5 marzo 2008, n. 2121
ENERGIA - Impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici -
Art. 1 L. 55/02 - Proponente ed enti locali interessati - Misure di
compensazione ambientale - Accordi - Facoltatività - Mancanza di accordo - Fatto
preclusivo all’autorizzazione - Inconfigurabilità. Misure di compensazione
ambientale L’art. 1, III comma, della legge n. 55/02 stabilisce che la Regione
“può” promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati per
l’individuazione di misure di compensazione e di riequilibrio ambientale. La
facoltatività dell’accordo compensativo sembra confermata dall’art. 1, V comma,
della legge 23/8/2004, n. 239, specie se interpretato alla luce del successivo
comma XXXVI, il quale prevede, verosimilmente in alternativa, che i proprietari
di nuovi impianti di produzione di energia elettrica (di potenza termica non
inferiore a 300 MW) autorizzati dopo l’entrata in vigore della stessa legge
debbano corrispondere alla Regione sede degli impianti, a titolo di contributo
compensativo per il mancato uso alternativo del territorio e per l’impatto
logistico dei cantieri, un importo pari a 0,20 euro per ogni MWh di energia
elettrica prodotta, limitatamente ai primi sette anni di esercizio degli
impianti. La norma da ultimo indicata, oltre a sottolineare il carattere
“opzionale” di tali accordi, nel collocare l’obbligo di “contribuzione
compensativa” in connessione con l’esercizio dell’impianto, evidenzia altresì, a
conferma del tenore letterale dell’art. 1 della legge n. 55/02, che, in ogni
caso, lo stesso accordo compensativo non è in rapporto di presupposizione logica
e diacronica con l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio della centrale,
e dunque la sua mancanza non si pone come fatto preclusivo dell’autorizzazione
stessa. Pres. Riggio, Est. Fantini - Comune di Aprila (avv. Lo Mastro) c.
Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato), Regione Lazio (avv. Seri) e
Provincia di Latina (avv. Coluzzi), riunito ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO,
Roma, Sez. III ter - 5 marzo 2008, n. 2121
ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica - Legittimazione
processuale - Criterio della vicinitas. Il criterio della vicinitas, quale
presupposto per la legittimazione processuale, trova il proprio fondamento nella
disposizione di cui all’art. 10 della legge 6/8/1967, n. 765 (modificativo
dell’art. 31 della legge urbanistica fondamentale); se vale per i titoli
edilizi, a maggiore ragione può essere esteso agli insediamenti di discariche di
rifiuti (Cons. Stato, Sez. II, 20/12/2007, n. 3077), ed anche agli atti
autorizzativi della creazione e dell’esercizio di impianti di produzione di
energia elettrica (Cons. Stato, Sez. VI, 15/10/2001, n. 5411). Pres. Riggio,
Est. Fantini - Comune di Aprila (avv. Lo Mastro) c. Ministero dello Sviluppo
Economico (Avv. Stato), Regione Lazio (avv. Seri) e Provincia di Latina (avv.
Coluzzi), riunito ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III ter - 5
marzo 2008, n. 2121
ENERGIA - Provvedimenti di localizzazione di impianti inquinanti - Impugnazione
- Prova del danno concreto - Necessità - Esclusione - Ragioni - Art. 309 T.U.
ambiente. Non occorre la prova dell’esistenza di un danno concreto ed
attuale al fine di impugnare provvedimenti di localizzazione di impianti
ritenuti inquinanti, in quanto la questione della concreta pericolosità dello
stesso, valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito,
mentre al fine di radicare la legittimazione e l’interesse al ricorso è
sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su di un territorio
collocato nelle immediate vicinanze, ed in relazione al quale i ricorrenti sono
in posizione qualificata, quali residenti, o proprietari, o titolari di altre
posizioni giuridiche soggettive rilevanti (in termini Cons. Stato, Sez. VI,
5/12/2002, n. 6657). Una sostanziale conferma di tale indirizzo
giurisprudenziale può rinvenirsi nell’art. 309 del c.d. codice dell’ambiente (di
cui al d.lgs. 3/4/2006, n. 152), il quale riconosce il diritto di partecipazione
al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di
prevenzione o di ripristino previste in materia di tutela risarcitoria contro i
danni all’ambiente a regioni ed enti locali, anche associati, nonché alle
persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno
ambientale, o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al
procedimento. Pres. Riggio, Est. Fantini - Comune di Aprila (avv. Lo Mastro) c.
Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato), Regione Lazio (avv. Seri) e
Provincia di Latina (avv. Coluzzi), riunito ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO,
Roma, Sez. III ter - 5 marzo 2008, n. 2121
ENERGIA - Atti di localizzazione di impianti pericolosi - Associazioni
temporanee - Legitimatio ad causam - Carenza. Le associazioni temporanee
volte alla protezione degli interessi di soggetti che ne sono parte, risultando
prive del carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di
interessi diffusi radicati nel territorio non sono titolari di legitimatio ad
causam (Cons. Stato, Sez. V, 14/6/2007, n. 3191). Il divieto di azione popolare
sarebbe facilmente eluso ove si consentisse, in modo sganciato da ogni
riferimento alla vicinitas, l’impugnazione di atti di localizzazione di impianti
pericolosi a fini (latamente) ambientali da parte di gruppi di cittadini,
organizzati in associazioni, e quindi prescindendo dal riferimento
dell’associazione a determinate qualità dei partecipanti ed alle finalità di
tutela di una determinata collettività (in termini, ancora, Cons. Stato, Sez. VI,
5/12/2002, n. 6657). Pres. Riggio, Est. Fantini - Comune di Aprila (avv. Lo
Mastro) c. Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato), Regione Lazio (avv.
Seri) e Provincia di Latina (avv. Coluzzi), riunito ad altri ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III ter - 5 marzo 2008, n. 2121
ASSOCIAZIONI - Associazioni riconosciute con decreto ministeriale -
Legittimazione al ricorso ex art. 18 L. n. 349/1986 - Associazioni di fatto -
Intervento ad adiuvandum - Limiti. A fronte della legittimazione al ricorso
prevista dall’art. 18, V comma, della legge 8/7/1986, n. 349 in favore delle
associazioni ambientalistiche riconosciute con decreti ministeriali, si ammette,
per le associazioni di fatto, e quindi meno stabili, come pure per i comitati,
una legittimazione limitata al fine di spiegare un intervento ad adiuvandum, a
condizione, ovviamente, che il loro statuto e le loro attività risultino
effettivamente orientate alla protezione dell’ambiente e della salute in un
territorio circoscritto. Pres. Riggio, Est. Fantini - Comune di Aprila (avv. Lo
Mastro) c. Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato), Regione Lazio (avv.
Seri) e Provincia di Latina (avv. Coluzzi), riunito ad altri ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III ter - 5 marzo 2008, n. 2121
ENERGIA - Art. 1, L. n. 55/2002 - Conferenza di servizi - Parti necessarie -
Provincia e Comune nel cui territorio ricadono le opere - Interessi delle
popolazioni residenti - Adeguata tutela. L’art. 1, III comma, della legge n.
55/02, nel prevedere il parere obbligatorio (seppure non vincolante) del comune
e della provincia nel cui territorio ricadono le opere per la realizzazione di
un impianto di energia elettrica, viene indirettamente a “confinare” l’ambito
dei soggetti che risultano parti necessarie del procedimento conferenziale, così
adempiendo ad una funzione di sicuro rilievo, specie con riguardo a vicende
potenzialmente destinate a coinvolgere una molteplicità di soggetti. Si intende
cioè dire che la previsione di detto parere motivato da parte del comune e della
singola provincia interessata, individuate sulla base del criterio territoriale
(id est : del territorio ove devono essere realizzate le opere in progetto)
assicura un sufficiente coinvolgimento degli enti locali in relazione agli
interessi di cui sono portatori, con la conseguenza che gli interessi delle
popolazioni residenti nei territori dei comuni limitrofi a quello nel cui
territorio ricadono le opere sono stati ritenuti, ai sensi della norma predetta,
adeguatamente tutelati dalla partecipazione al procedimento della provincia e
della regione (così T.A.R. Lazio, Sez. II, 23/8/2005, n. 6267). Pres. Riggio,
Est. Fantini - Comune di Aprila (avv. Lo Mastro) c. Ministero dello Sviluppo
Economico (Avv. Stato), Regione Lazio (avv. Seri) e Provincia di Latina (avv.
Coluzzi), riunito ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III ter - 5
marzo 2008, n. 2121
ENERGIA - Procedure e provvedimenti in materia di impianti di generazione di
energia - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Tutela della salute - Giurisdizione
dell’A.G.O. - Esclusione. L’art. 1, comma 552, della legge 30/12/2004,
n. 311 (legge finanziaria per il 2005) ha devoluto alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i
provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui
al d.l. 7/2/2002, n. 7, convertito dalla legge 9/4/2002, n. 55: ne consegue che
la giurisdizione permane anche nel caso in cui la causa petendi del ricorso sia
la tutela della salute, diritto inderogabile rimesso alla cognizione del giudice
ordinario. Pres. Riggio, Est. Fantini - Comune di Aprila (avv. Lo Mastro) c.
Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato), Regione Lazio (avv. Seri) e
Provincia di Latina (avv. Coluzzi), riunito ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO,
Roma, Sez. III ter - 5 marzo 2008, n. 2121
ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica - AIA e autorizzazione
all’impianto - Nesso teleologico sostanziale - Presupposizione giuridica -
Illegittimità del’atto presupposto - Estensione all’atto consequenziale. Il
nesso telelologico sostanziale tra a.i.a. ed autorizzazione all’impianto di
energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici si traduce in un nesso
di presupposizione giuridica, per effetto del quale l’illegittimità dell’atto
presupposto (a.i.a.) si estende per rifrazione sull’atto consequenziale
(autorizzazione ex art. 1 della legge n. 55/02). Pres. Riggio, Est. Fantini -
Comune di Aprila (avv. Lo Mastro) c. Ministero dello Sviluppo Economico (Avv.
Stato), Regione Lazio (avv. Seri) e Provincia di Latina (avv. Coluzzi), riunito
ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III ter - 5 marzo 2008, n. 2121
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
Sezione Terza Ter
Composto dai Magistrati:
Italo RIGGIO Presidente
Maria Luisa DE LEONI Componente
Stefano FANTINI Componente relatore
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi n. 12140/06, n. 263/07 e n. 6142/07 del Reg. Gen. proposti il primo
dal Comune di Aprilia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall’Avv. Giuseppe Lo Mastro, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla
Via Lima n. 31, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Pascone; il secondo
dall’Associazione “Rete Cittadina contro la Turbogas”, in persona del legale
rappresentante pro tempore dr. Marco Procaccino, nonché dai sigg.ri Pacenti
Adriano, Barile Saverio, Bazzucchi Giampiero, Veschetti Adelmo, Bonato Zefferino,
Spaccesi Iolanda, Bonato Marilena, Di Nola Giuseppe, tutti rappresentati e
difesi dall’Avv. Fulvio Fari, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla Via
Salaria n. 195, presso lo studio dell’Avv. Valerio Marmo; il terzo da Marziali
Gabriele, in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’associazione
culturale “Aprilia Libera dalle Turbogas”, nonché di titolare dell’omonima
impresa agricola sita in via Torre Padiglione n. 18, Laurenzi Monica, in proprio
e nella qualità di rappresentante legale del circolo di Legambiente denominato
“Melaverde” di Aprilia, Celletti Claudio, in proprio e nella qualità di legale
rappresentante della Sezione Coldiretti di Aprilia “Paolo Bonomi”, nonché
titolare dell’omonima impresa agricola sita in Riserva Nuova n. 49, Allatta
Benito, De Meis Lorella, insegnante presso la Scuola dell’Infanzia ed Elementare
(II Circolo) sita in Campodicarne - Aprilia, Via Caruso, Garbellini Luigi, in
proprio e nella qualità di titolare dell’omonima impresa agricola sita in
Campodicarne - Aprilia, alla via dei Giardini n. 10, Lo Rillo Salvatore, in
proprio e nella qualità di titolare dell’omonima impresa agricola sita in
Campodicarne - Aprilia, alla Via dei Giardini n. 17, De Domenico Nicola,
rappresentati e difesi dagli Avv.ti Carlo Bassoli, Luciano Falcone, Barbara
Ascani e Ferdinando Bracciale, ed elettivamente domiciliati in Roma, al Viale
Regina Margherita n. 290, presso lo studio dell’Avv. Adriano Cesellato;
CONTRO
- Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, Ministero della Salute, Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, Ministero della Difesa, Ministero dell’Interno, Ministero
delle Comunicazioni, Ufficio Territoriale del Governo di Latina, Agenzia delle
Dogane di Gaeta, Provveditorato Generale alle Opere Pubbliche per il Lazio, in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono pure
legalmente domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;
- Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avv. Massimo Seri, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma,
alla Via Ovidio n. 20;
- Provincia di Latina, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dall’Avv. Ilda Coluzzi, con la quale è elettivamente domiciliata in Roma,
alla Via Cosseria n. 5;
e nei confronti
di Sorgenia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pier Giuseppe Torrani, Domenico Ielo, Marta
Spaini ed Angelo Clarizia, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in
Roma, alla Via Principessa Clotilde n. 2;
e con l’intervento ad adiuvandum
- del Comune di Ardea e del Comune di Anzio, in persona dei rispettivi
Sindaci pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. Roberto Monaco,
ed elettivamente domiciliati in Roma, alla Via Antonio Gabaglio n. 15, presso lo
studio dell’Avv. Sabina Lorenzelli;
- di De Monaco Alberto, Lo Cicero Francesco Pietro, Lo Cicero Marco, Boccia
Angelo, Celletti Danila, Fiaschetti Mimina, Loru Giorgio, rappresentati e difesi
dagli Avv.ti Carlo Bassoli, Luciano Falcone e Barbara Ascani, ed elettivamente
domiciliati in Roma, al Viale Regina Margherita n. 290, presso lo studio
dell’Avv. Adriano Cesellato;
- della AGRI.MI S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Edoardo d’Elia ed Antonella Migliore, presso
il primo dei quali è elettivamente domiciliata in Roma, al Viale Bruno Buozzi n.
51;
- di Legambiente Lazio Onlus, in persona del Presidente pro tempore dr. Lorenzo
Parlati, rappresentata e difesa dall’Avv. Mariadolores Furlanetto, presso la
quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Vivaldi n. 15;
per l’annullamento
- del decreto del D.G. del M.S.E. n. 55/01/2006 del 2/10/2006, con il quale
Sorgenia S.p.a. è stata autorizzata alla costruzione ed all’esercizio di un
impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato, costituito da due
sezioni della potenza elettrica complessiva netta di circa 750 MW e della
potenza termica immessa di circa 1350 MW da ubicare in località Campo di Carne,
nel territorio del Comune di Aprilia, Provincia di Latina, di una nuova stazione
elettrica per il collegamento alla rete nazionale di trasmissione, di un
elettrodotto in cavo interrato a 380 kv di collegamento tra la centrale e la
futura stazione elettrica e raccordi di collegamento tra la futura stazione
elettrica e l’elettrodotto, e di un metanodotto interrato di circa 9,5 Km che va
dal sito della centrale alla rete di distribuzione Snam in località Tufello;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, e, segnatamente,
della nota del M.S.E. 10/5/2002 di avvio del procedimento e di indizione della
conferenza di servizi; delle successive note di indizione della conferenza
stessa; dei resoconti verbali della conferenza dei servizi; del parere della
Commissione V.I.A. n. 563 del 9/10/2003; del parere favorevole del M.I.B.A.C. in
data 20/6/2003; del provvedimento di compatibilità ambientale in data 22/1/04
del Ministero dell’Ambiente; degli atti di avvio del procedimento di
espropriazione per pubblica utilità; della nota 17/3/2004 con cui il Ministero
della Salute ha espresso parere favorevole con prescrizioni; dell’autorizzazione
integrata ambientale all’esercizio dell’impianto di cui alla nota 16/5/2006 del
Ministero dell’Ambiente; della determinazione conclusiva del procedimento
adottata in data 28/9/2006 dal M.S.E.; della direttiva della Presidenza del
Consiglio dei Ministri pubblicata nella G.U.R.I. n. 1 del 2/1/2003 concernente i
criteri decisori della conferenza di servizi.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e di
Sorgenia S.p.a.;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum del Comune di Ardea, del Comune di
Anzio, della AGRI.MI S.a.s., di Legambiente Lazio Onlus, nonché dei signori De
Monaco Alberto ed altri;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 14/2/2008, il Cons. Stefano Fantini;
Uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con atto (n. 12140/06 R.G.) regolarmente notificato e depositato il Comune di
Aprilia ha impugnato gli atti in epigrafe meglio specificati, concernenti
l’autorizzazione di Sorgenia S.p.a. alla costruzione ed esercizio di un impianto
di produzione di energia elettrica a ciclo combinato (centrale turbogas) da
situare nel suo territorio, in località Campo di Carne, provvedimento adottato
dal M.S.E. all’esito di un lungo e complesso procedimento, nell’ambito del
quale, in più occasioni, il Comune esponente ha espresso il proprio fermo parere
negativo al progetto.
Deduce a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto :
1) Violazione degli artt. 14 e seguenti della legge n. 241/1990 e s.m.i.;
illegittimità della direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 1
del 3/1/2003 per violazione dello stesso art. 14 della legge n. 241/90.
L’istituto della conferenza di servizi opera, nell’attuale assetto legislativo,
sostanzialmente in forza del principio maggioritario, che è derogato solamente
nei casi in cui si evidenzino profili ostativi connessi alla tutela
dell’interesse ambientale.
Proprio di tale interesse si è fatto portatore il Comune di Aprilia,
evidenziando gli aspetti dannosi e di maggiorazione del rischio di inquinamento
che derivano dalla realizzazione della centrale, specie se collocata in un
contesto già pregiudicato dal punto di vista ambientale.
2) Violazione della legge n. 55/2002 in ordine alla mancata attivazione del
procedimento dell’intesa amministrativa; eccesso di potere per sviamento,
carenza di istruttoria e manifesta ingiustizia.
La legge n. 55/2002 prevede, a fronte della realizzazione di un’opera invasiva
sotto il profilo ambientale, quale è una centrale termoelettrica, l’adozione di
misure di carattere compensativo; nel caso di specie il procedimento
autorizzatorio ha del tutto omesso questa pre - intesa sulle misure di
compensazione e di riequilibrio da porre a carico della società destinataria
dell’autorizzazione.
3) Violazione delle norme e dei principi in tema di autorizzazione integrata
ambientale di cui al d.lgs. n. 59/2005; eccesso di potere per difetto di
istruttoria, sviamento ed omessa reale motivazione.
Nel corso dell’istruttoria procedimentale il Ministero dell’Ambiente ha preso
atto dell’impossibilità tecnica di predisporre un piano di monitoraggio e
controllo conforme alle specifiche contenute nell’art. 7, VI comma, del d.lgs.
n. 59/2005, nonché dell’impossibilità tecnica di predisporre un piano di
gestione ambientale sulla base di un progetto presentato a livello di dettaglio.
Anziché richiedere tali adempimenti, il Capo di Gabinetto del Ministero
dell’Ambiente ha ritenuto sussistere comunque i presupposti per l’adozione del
provvedimento di autorizzazione alla costruzione della centrale elettrica.
4) Violazione delle norme in tema di intesa delle Regioni in sede di
procedimento per l’autorizzazione alla costruzione e gestione di centrali
elettriche; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.
Con decisione n. 597 del 18/9/06 la Giunta della Regione Lazio ha ritenuto di
esprimere al M.S.E. l’intesa di cui all’art. 1 del d.l. 7/2/2002, n. 7 per
l’autorizzazione all’installazione ed all’esercizio della centrale.
Ciò ha fatto sulla base di elementi del tutto erronei, dimostrativi di un totale
difetto di istruttoria; si pensi esemplificativamente all’affermazione della
insussistenza di aree critiche ai sensi della legge n. 137/99, in tema di
rischio di incidenti rilevanti, ove, tutto al contrario, il territorio del
Comune di Aprilia è classificato proprio a rischio di incidente rilevante.
5) Violazione dei principi in tema di V.I.A., autorizzazione integrata
ambientale, autorizzazione alla costruzione e gestione delle centrali
elettriche; eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria vizio della
motivazione.
L’autorizzazione gravata si caratterizza per una grave sottovalutazione delle
ragioni oggettive che ostavano alla realizzazione dell’opera stessa, ed è stata
in qualche misura adottata per preminenti ragioni di carattere economico -
produttivo, sensibili ai rischi di crisi energetica del paese, per tali motivi
risolvendosi in una sorta di presa d’atto delle asserzioni della società odierna
controinteressata.
Non si è, tra l’altro, tenuto conto del fatto che l’insediamento della centrale
andava ad incidere in un ambito territoriale caratterizzato dalla presenza di
circa settemila residenti, e neppure del fatto che la centrale stessa verrà
collocata a distanza di non più di 500 metri di distanza dal luogo ove è situata
una scuola materna ed elementare frequentata da circa 500 alunni, e per di più a
ridosso della linea ferroviaria e della stazione.
Il Ministero della Salute, da parte sua, ha espresso parere favorevole non
tenendo in alcuna considerazione i dati rilevati dall’Agenzia per la Sanità
Pubblica del Lazio relativi all’incidenza dei tumori della trachea, dei bronchi
e dei polmoni tra la popolazione del Comune di Aprilia.
Anche l’impatto della centrale sulle falde idriche è stato minimizzato con un
atteggiamento ispirato a grande superficialità.
6) Violazione della direttiva 96/61/CEE (art. 9); rinvio pregiudiziale alla
Corte di Giustizia; eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta.
L’autorizzazione gravata non è conforme alle prescrizioni comunitarie rubricate
in tema di valori limite delle emissioni fissate per le sostanze inquinanti.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni, statali e locali, intimate,
la controinteressata Sorgenia S.p.a., eccependo l’inammissibilità di alcune
censure per genericità e perché impingenti in valutazioni tecniche opinabili, e
comunque l’infondatezza nel merito del ricorso (con l’eccezione della Provincia
di Latina che ha aderito alle tesi di parte ricorrente).
Sono intervenuti ad adiuvandum il Comune di Ardea, il Comune di Anzio, nonché i
sigg.ri De Monaco, Lo Cicero Francesco Pietro e Marco, Boccia Angelo, Celletti
Danila, Fiaschetti Mimina e Loru Giorgio.
Con successivo ricorso (n. 263/07 R.G.), ritualmente notificato e depositato,
l’associazione “Rete cittadina contro la turbogas” ed i cittadini meglio
indicati in epigrafe hanno impugnato gli stessi atti, oggetto del gravame
proposto dal Comune di Aprilia, nonché, ancora, la nota in data 15/10/04 con cui
la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasmesso il verbale predisposto
all’esito della riunione del 4/10/04, deducendo i seguenti motivi di diritto :
7) Violazione della legge n. 241/90 e s.m.i. in merito alla convocazione dei
soggetti legittimati a partecipare alla conferenza dei servizi, eccesso di
potere ed incompetenza della conferenza dei servizi all’emanazione dei pareri e
nulla osta; nullità del D.M. n. 55/01/2006 del 2/10/2006.
La centrale autorizzata a Sorgenia insiste sul territorio del Comune di Aprilia,
ma si trova a pochissima distanza in linea d’aria dal confine con la provincia
di Roma, ed in particolare con i Comuni di Anzio e di Nettuno; ciò comporta che
dette Amministrazioni, in quanto interessate (anche solamente sotto il profilo
dell’essere soggette alla ricaduta degli agenti inquinanti), avrebbero dovuto
essere coinvolte nella conferenza di servizi de qua.
8) Violazione della legge n. 241/90; difetto di delega dei soggetti delegati
dalle singole Amministrazioni a rappresentarle nella conferenza di servizi;
eccesso di potere.
Il rappresentante di ogni singola Amministrazione in sede di conferenza deve
giustificare i propri poteri al terzo che entra in contatto con il medesimo; nel
caso di specie non si evince dai verbali delle riunioni l’identità dei
rappresentanti degli organi partecipanti alle sedute conferenziali, né risulta
acquisita alcuna procura.
9) Violazione della legge n. 55/2002; eccesso di potere per sviamento, carenza
di istruttoria circa l’incidenza delle emissioni inquinanti sulla salute della
popolazione di Aprilia; omessa motivazione; violazione della direttiva 96/61/CE.
Il decreto ministeriale impugnato contiene innumerevoli prescrizioni dettate
dalle singole Amministrazioni coinvolte nel procedimento.
Tra queste, vanno segnalate quelle del Ministero della Salute in ordine alla
misurazione del NOx e PM10 (polveri sottili), secondo le specifiche tecniche
stabilite dall’ARPA e dagli enti locali di controllo.
Il problema è che la localizzazione della centrale avviene in un contesto
ambientale già pregiudicato da vari fattori di inquinamento, sia di provenienza
industriale, che derivanti dal traffico, imponenti l’adozione di piani di azione
per il risanamento della qualità dell’aria.
In sede istruttoria, e di VIA in particolare, tali dati sono stati acquisiti per
mezzo di una centralina inefficiente, ed in sostanza sono stati dati per buoni
quelli offerti dalla proponente Sorgenia.
Sono dunque stati sottovalutati gli effetti sulla salute delle nanoparticelle
sospese nell’atmosfera, che, oltre ad essere inalate, si depositano sulle
colture, e dunque sui prodotti che vengono poi ingeriti.
In definitiva, sono state previste solamente prescrizioni successive alla
costruzione della centrale, mentre è mancata un’analisi preventiva, finalizzata
ad un’efficace tutela della salute.
10) Violazione delle norme in materia di autorizzazione integrata ambientale
come prevista dalla direttiva 96/61/CE recepita con d.lgs. n. 59/2005; eccesso
di potere; incompetenza ed omessa motivazione.
Lo Stato italiano ha recepito con molto ritardo la direttiva 96/61/CE, quando
ormai l’iter amministrativo dell’autorizzazione in questa sede gravata era in
dirittura d’arrivo.
Nelle more del recepimento della direttiva in questione lo Stato italiano ha
adottato la legge n. 55/2002, il cui art. 1 prevede che sino alla data di
recepimento della direttiva stessa l’autorizzazione unica comprende anche
l’autorizzazione integrata ambientale.
Nella fattispecie in esame non è stato predisposto un progetto tecnico di
dettaglio, e si è ritenuta sufficiente, da parte del Capo di Gabinetto del
Ministero dell’Ambiente, l’attività preistruttoria compiuta.
11) Violazione della direttiva 96/61/CE recepita con d.lgs. n. 59/2005; eccesso
di potere, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
L’autorizzazione integrata ambientale è stata rilasciata pur risultando carente
delle informazioni circa un piano di sicurezza ambientale; lo stesso dicasi per
la VIA, nella quale non vi è alcun riferimento al fatto che sul territorio del
Comune di Aprilia insistono diverse attività a rischio di incidente rilevante.
12) Violazione della normativa in materia di intesa con le regioni per
l’autorizzazione alla costruzione e gestione di centrali elettriche; eccesso di
potere; carenza e contraddittorietà della motivazione; sviamento.
Con la decisione n. 597 del 18/9/06 la Giunta della Regione Lazio ha espresso
l’intesa al M.S.E. necessaria per l’installazione e l’esercizio della centrale,
nell’assunto che il progetto soddisfa i criteri di valutazione previsti in sede
di conferenza.
Ma ciò contraddice con quanto dalla stessa Giunta ritenuto con delibera n. 767
dell’1/8/2003 circa la necessità, per il Comune di Aprilia, di dotarsi di un
piano di azione per il risanamento della qualità dell’aria a causa dell’alta
concentrazione di PM10.
Si sono costituite anche in questo giudizio le Amministrazioni intimate, nonché
la Sorgenia S.p.a., eccependo l’inammissibilità per difetto di legittimazione
attiva dei ricorrenti e l’infondatezza nel merito del gravame (ad eccezione
della Provincia di Latina, che ne ha invece chiesto l’accoglimento).
E’ intervenuta ad adiuvandum la AGRI.MI S.a.s., proprietaria di una porzione
dell’area interessata dalla centrale, facente parte del piano di lottizzazione
convenzionata di comparto per insediamenti produttivi in zona D2 del P.R.G.
Con un terzo atto (n. 6142/07 R.G.), ritualmente notificato e depositato, i
signori Marziali Gabriele, Laurenzi Monica, Celletti Claudio, Allatta Benito, De
Meis Lorella e Garbellini Luigi, collegati a vario titolo al territorio
coinvolto dalla realizzazione del progetto della centrale turbogas hanno
trasposto in sede giurisdizionale il ricorso straordinario già esperito dinanzi
al Capo dello Stato avverso gli atti in epigrafe specificati.
Deducono i seguenti motivi di diritto :
13) Violazione degli artt. 14 e seguenti della legge n. 241/90 e s.m.i.
Sono state violate le norme che disciplinano il dissenso insorto nell’ambito di
una conferenza di servizi e le modalità per il suo superamento, ove concernente
dati sensibili (ambiente, paesaggio, salute ed incolumità pubblica).
In particolare, in tali evenienze, l’art. 14 quater prevede che per il
superamento del dissenso sia attivato un particolare subprocedimento che
trasferisce la competenza decisoria agli organi collegiali di riferimento
politico - territoriale.
Per verificare l’applicabilità di tale norma, va anzitutto evidenziata la
rilevanza del dissenso manifestato dal Comune di Aprilia all’iniziativa di
Sorgenia, motivato con diffuse ed argomentate considerazioni di carattere
ambientale, economico - sociale e di tutela della salute dei cittadini
residenti.
Si è trattato di un dissenso totale sul progetto di realizzazione della nuova
centrale turbogas in ragione della situazione di criticità ambientale -
sanitaria e socio - economica del sito prescelto.
E’ accaduto che l’allora M.A.P., ritenendo ammissibile il dissenso manifestato
dal Comune di Aprilia sin dall’inizio dei lavori della conferenza di servizi,
abbia, con nota dell’1/4/2004, investito della decisione il Consiglio dei
Ministri; il Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo della Presidenza
del Consiglio, nella seduta del 4/10/04, ha però ritenuto inapplicabile la
procedura di cui all’art. 14 quater, III comma, trattandosi di dissenso espresso
da un’Amministrazione locale, anziché da un’Amministrazione statale.
La Presidenza è però in tale modo incorsa in un palese errore, in quanto l’art.
14 quater, III comma, nel testo antecedente alla novella del 2005, rimetteva la
decisione al Consiglio dei Ministri nel caso in cui fosse statale
l’Amministrazione dissenziente od anche quella procedente; e, nel caso di
specie, Amministrazione procedente, come ormai noto, era il M.A.P.
Si aggiunga che il dissenso del Comune di Aprilia è stato ribadito anche nella
riunione conclusiva della conferenza del 19/9/06, epoca in cui vigeva il nuovo
testo dell’art. 14 quater, con conseguente enucleazione della competenza a
dirimere il dissenso della Conferenza Unificata, di cui all’art. 8 del d.lgs.
28/8/1997, n. 281.
14) Violazione delle norme e dei principi in tema di autorizzazione integrata
ambientale di cui al d.lgs. n. 59/2005.
Risulta in particolare violato l’art. 5, IX comma, del d.lgs. n. 59/2005, che
prevede la nomina di una commissione istruttoria con il compito di fornire
all’Autorità competente un parere conclusivo e pareri intermedi; nel caso di
specie l’autorizzazione integrata è stata rilasciata solo a seguito di
un’attività preistruttoria, senza alcun approfondimento tecnico sul merito della
domanda proposta da Sorgenia.
Risulta ancora una conclamata violazione dell’art. 7, VI comma, del d.lgs. n.
59/2005, il quale prevede che l’autorizzazione integrata ambientale contenga gli
opportuni requisiti di controllo delle emissioni, tra cui le modalità e la
frequenza dei controlli programmati, mentre il provvedimento di a.i.a. si è
limitato a prendere atto dell’impossibilità tecnica di predisporre un piano di
monitoraggio e controllo conforme alle specifiche contenute nella predetta
norma.
E’ altresì configurabile la violazione dell’art. 17, II comma, del d.lgs. n.
59/2005, in quanto non è stato rispettato il termine perentorio di sessanta
giorni per l’adozione delle determinazioni relative all’a.i.a., decorrente,
nella specie, dalla data di entrata in vigore dello stesso corpus normativo (in
tale caso la decisione definitiva viene rimessa al Consiglio dei Ministri).
Ed invero, il provvedimento di a.i.a. è intervenuto in data 16/5/2006, e cioè
più di un anno dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/05, risalente
all’aprile del 2005.
Si sono costituiti in questo giudizio il M.S.E. e la Sorgenia S.p.a.;
quest’ultima ha eccepito l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva
dei deducenti sotto vari aspetti e l’infondatezza nel merito del ricorso; è
intervenuta ad adiuvandum la Legambiente Lazio Onlus; la Provincia di Latina ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 14/2/2008 le cause sono state trattenute in decisione.
D I R I T T O
1. - Per motivi di ordine processuale deve essere preliminarmente disposta la
riunione dei ricorsi n. 12140/06, n. 263/07 e n. 6142/07 del R.G., a norma
dell’art. 52 del R.D. 17/8/1907, n. 642 (Reg. proc. Cons. Stato), risultando gli
stessi in rapporto di connessione oggettiva ed anche, in parte, soggettiva.
2. - Principiando dall’esame del ricorso n. 12140/06 del R.G., deve osservarsi
che con il primo mezzo viene dedotta la violazione delle norme della legge
generale sul procedimento amministrativo relative alla conferenza di servizi,
assumendosi come, in presenza del dissenso espresso dal Comune di Aprilia per
motivi di tutela ambientale, non poteva addivenirsi ad una determinazione
positiva di conclusione del procedimento.
La censura non appare meritevole di positiva valutazione.
Anzitutto, in punto di fatto, occorre considerare come, a fronte del motivato
dissenso espresso dal Comune per ragioni di carattere “ambientale” (in senso
lato), la Direzione Generale per l’Energia e le Risorse Minerarie del M.A.P.,
con il verbale della riunione del 19/1/04, ha disposto la trasmissione degli
atti al Consiglio dei Ministri “per il seguito di competenza” ai sensi dell’art.
14 quater, III comma, della legge 7/8/1990, n. 241.
Con verbale del 4/10/04 la Presidenza del Consiglio - Dipartimento Coordinamento
Amministrativo ha ritenuto che la norma predetta non potesse trovare
applicazione nella vicenda procedimentale in esame, “in quanto il dissenso non è
stato espresso da un’Amministrazione statale, bensì dal Comune di Aprilia”,
restituendo gli atti al M.A.P. per la convocazione della riunione conclusiva
della conferenza di servizi.
Il Collegio dubita della legittimità, in astratto, di questa valutazione
compiuta dalla Presidenza del Consiglio, applicandosi alla fattispecie, ratione
temporis, la previsione dell’art. 14 quater della legge n. 241/90, nel testo
sostituito dall’art. 11 della legge 24/11/2000, n. 340 (e non già in quello
derivante dalla novella del 2005), la quale, al terzo comma, stabilisce che
“qualora il motivato dissenso sia espresso da un’Amministrazione preposta alla
tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico -
artistico o alla tutela della salute, la decisione è rimessa al Consiglio dei
Ministri, ove l’Amministrazione dissenziente o quella procedente sia
un’Amministrazione statale …”.
Ciò premesso, occorre peraltro considerare come nel caso di specie non trovi
integrale applicazione l’art. 14 quater, in quanto il precedente art. 14 ter, al
quinto comma, dispone che “nei procedimenti relativamente ai quali sia già
intervenuta la decisione concernente la V.I.A., le disposizioni di cui al comma
3 dell’art. 14 quater … si applicano alle sole Amministrazioni preposte alla
tutela della salute pubblica”.
Ciò comporta che per ritenere operante la disciplina del “dissenso qualificato”,
con consequenziale preclusione a “procedere” della conferenza di servizi, e
rimessione dell’affare oggetto della conferenza stessa ad un superiore livello
di governo, occorre ammettere che il Comune sia Amministrazione preposta alla
tutela della salute pubblica.
Tale postulato non appare in realtà condivisibile, quanto meno nel contesto
normativo applicabile al caso di specie.
Ed invero, anche a scindere l’art. 117, III comma, della Costituzione, che
include la tutela della salute tra le materie di legislazione concorrente, dal
successivo art. 118, nel testo riformato nel 2001, che, superando il
parallelismo tra potestà legislativa e potestà amministrativa, sembra attribuire
(seppure nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e
differenziazione) la generalità delle funzioni amministrative ai Comuni, ed
anche a volere valorizzare la caratterizzazione del Comune come “ente locale che
rappresenta la propria comunità”, curandone gli interessi e promuovendone lo
sviluppo (art. 3 del T.U.E.L., di cui al d.lgs. 18/8/2000, n. 267), e dunque a
fini generali, resta il fatto che le opere in materia di costruzione ed
esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici
sono soggette ad una disciplina che, proprio in applicazione dei predetti
principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, “marginalizza” l’ente
comunale.
Ed invero l’art. 1 del d.l. 7/2/2002, n. 7, convertito nella legge 9/4/2002, n.
55, prevede per l’autorizzazione della costruzione di una centrale elettrica la
competenza del M.A.P. (oggi, M.S.E.), d’intesa con la regione interessata,
all’esito di un procedimento unico, che si snoda all’interno di una conferenza
di servizi istruttoria, cui partecipano anche le altre Amministrazioni statali e
locali interessate.
In particolare, per quanto ivi rileva, il terzo comma dell’art. 1 in esame
stabilisce che “per il rilascio dell’autorizzazione è fatto obbligo di
richiedere il parere motivato del comune e della provincia nel cui territorio
ricadono le opere … Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del
termine” (di 180 giorni) previsto per la conclusione dell’istruttoria.
Se ne inferisce che nella materia in esame il principio di leale collaborazione
si traduce in un’intesa “forte” con la Regione ed in una intesa “debole” con le
altre Amministrazioni interessate, cui è solamente consentito di partecipare al
procedimento ed esprimere il proprio parere.
Tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale con sentenza
13/1/2004, n. 6, che ha ritenuto l’allocazione al livello centrale delle
funzioni amministrative giustificata in relazione alla necessità di garantire,
in una materia affidata alla legislazione concorrente, l’unitarietà e la
celerità dell’esercizio dell’attività amministrativa concernente la costruzione
ed il potenziamento degli impianti di energia elettrica.
Se dunque il parere del Comune in sede di conferenza di servizi ha una mera
valenza istruttoria, allo stesso non si applicano, per un’esigenza di coerenza
(o di non contraddizione del sistema), tutte le disposizioni volte a rimediare
alla non unanimità, quale l’invocato art. 14 quater, III comma, della legge n.
241/90, anche perché, secondo l’opinione prevalente, la disciplina delle ipotesi
di dissenso si applica solo alla conferenza di servizi decisoria (in termini
Cons. Stato, Sez. VI, 4/6/2004, n. 3505).
Sarebbe in ogni caso non ragionevole ritenere che un’Amministrazione, cui è
rimessa la mera espressione di un parere, possa impedire la conclusione del
procedimento solo perché quel parere è stato acquisito nell’ambito di una
conferenza di servizi.
3. - Con il secondo motivo si lamenta la mancata previsione di misure di
carattere compensativo o di riequilibrio ambientale a carico del soggetto
proponente, da introdurre mediante una pre - intesa.
La censura, se non anche inammissibile per genericità, è infondata.
Ed invero, anche a prescindere dalla dichiarata (da parte della società
controinteressata) pendenza di trattative per addivenire ad un accordo
compensativo, occorre sottolineare come l’art. 1, III comma, della legge n.
55/02 stabilisca che la Regione “può” promuovere accordi tra il proponente e gli
enti locali interessati per l’individuazione di misure di compensazione e di
riequilibrio ambientale.
La facoltatività dell’accordo compensativo, la cui iniziativa è, tra l’altro,
rimessa ad Autorità diversa da quella che ha adottato l’atto gravato, sembra
confermata dall’art. 1, V comma, della legge 23/8/2004, n. 239, specie se
interpretato alla luce del successivo comma XXXVI, il quale prevede,
verosimilmente in alternativa, che i proprietari di nuovi impianti di produzione
di energia elettrica (di potenza termica non inferiore a 300 MW) autorizzati
dopo l’entrata in vigore della stessa legge debbano corrispondere alla Regione
sede degli impianti, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso
alternativo del territorio e per l’impatto logistico dei cantieri, un importo
pari a 0,20 euro per ogni MWh di energia elettrica prodotta, limitatamente ai
primi sette anni di esercizio degli impianti.
La norma da ultimo indicata, oltre a sottolineare il carattere “opzionale” di
tali accordi, nel collocare l’obbligo di “contribuzione compensativa” in
connessione con l’esercizio dell’impianto, evidenzia altresì, a conferma del
tenore letterale dell’art. 1 della legge n. 55/02, che, in ogni caso, lo stesso
accordo compensativo non è in rapporto di presupposizione logica e diacronica
con l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio della centrale, e dunque la
sua mancanza non si pone come fatto preclusivo dell’autorizzazione stessa.
4. - Con il terzo mezzo si lamenta la violazione del d.lgs. 18/2/2005, n. 59 (di
attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e
riduzione integrata dell’inquinamento) nell’assunto della mancata
predisposizione del piano di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonché
del piano di gestione ambientale, fondato su di un progetto tecnico dettagliato,
presupposti necessari dell’autorizzazione integrata ambientale.
Anche tale censura non appare meritevole di positiva valutazione.
Giova anzitutto precisare che la legge n. 55/02 non fa riferimento a progetti
tecnici di dettaglio, ma piuttosto a progetti preliminari (cfr. art. 1, II
comma); del pari, il piano di gestione ambientale è strumento volontario, e non
già obbligatorio.
In ogni caso, occorre chiarire, con riguardo all’autorizzazione integrata
ambientale, quale sia la disciplina applicabile al procedimento de quo, che si
colloca in una fase intertemporale caratterizzata dall’incidenza dello ius
superveniens di cui al d.lgs. n. 59/2005.
Il provvedimento gravato appare l’epilogo del procedimento svoltosi con lo
strumento di concentrazione della conferenza di servizi, disciplinato dalla
legge n. 55/02; in particolare l’art. 1 di tale legge, oltre a prevedere che
l’autorizzazione unica rilasciata dal M.A.P. sostituisce autorizzazioni,
concessioni ed atti di assenso comunque denominati, prescrive, al secondo comma,
che, fino al recepimento della direttiva 96/61/CE, “tale autorizzazione
comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto,
le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni
interessate e degli enti pubblici territoriali”.
Il recepimento della direttiva 96/61/CE è avvenuto, come già esposto, con il
d.lgs. 18/2/2005, n. 59, pubblicato nella G.U.R.I. del 22/4/05 ed entrato in
vigore il successivo 7/5/05.
E’ dunque accaduto che, risultando a tale data ancora pendente il procedimento
in esame, l’Amministrazione procedente ha dovuto fare applicazione della
normativa sopravvenuta, integrando la disciplina di cui alla legge n. 55/02 con
quella transitoria contenuta nell’art. 17, II comma, del d.lgs. n. 59/05.
Quest’ultima norma dispone, tra l’altro, che il Ministero dell’Ambiente “adotta
le determinazioni relative all’autorizzazione integrata ambientale per
l’esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del
presente decreto …”; ciò significa che l’Amministrazione, in questa fase
transitoria, è tenuta a rispettare solamente i principi fondamentali
dell’autorizzazione integrata ambientale, che sono poi quelli inferibili
dall’art. 3 del d.lgs. n. 59/05, e non anche le singole norme che disciplinano
la materia.
Tra i principi generali dell’a.i.a. vi è quello che “devono essere prese le
opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando … le migliori
tecniche disponibili” (art. 3, I comma, lett. a); l’adeguamento dell’impianto
alle migliori tecniche disponibili giustifica la scelta del Ministero (cfr. art.
4 del decreto di autorizzazione integrata ambientale) di differire la
predisposizione del piano di gestione ambientale all’avvio dell’esercizio
dell’impianto.
Analoghe considerazioni possono farsi per il piano di monitoraggio e controllo,
la cui predisposizione è stata prevista dagli artt. 5 e 6 del provvedimento
ministeriale in vista della messa in esercizio dell’impianto; il che appare, del
resto, coerente con quanto disposto dall’art. 7, VI comma, del d.lgs. n. 59/05,
limitantesi a richiedere che l’a.i.a. contenga gli “opportuni requisiti di
controllo delle emissioni”.
Resta ancora da chiarire che non assume rilievo la dedotta incompetenza del Capo
di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente, che si è limitato ad adottare una
proposta (e dunque un atto endoprocedimentale), come risulta dal fatto che
l’autorizzazione integrata è provvedimento emesso dal Ministro dell’Ambiente.
5. - Con il quarto motivo si deduce poi l’illegittimità dell’autorizzazione per
violazione delle norme in tema di intesa tra Regione e M.S.E. ai sensi dell’art.
1, II comma, della legge n. 55/02, non essendo stata adeguatamente valorizzata
dal provvedimento della Giunta regionale la circostanza che il territorio del
Comune di Aprilia è a rischio di incidente rilevante ai sensi della legge n.
137/99.
Anche tale doglianza, sviluppata sotto taluni profili anche nel sesto motivo,
deve essere disattesa.
Parte ricorrente contesta, in sintesi, la deliberazione della Giunta regionale
del Lazio n. 597 del 18/9/06, recante l’intesa al M.S.E. per l’autorizzazione
unica alla installazione ed all’esercizio della centrale elettrica, nella parte
in cui riconosce l’adeguatezza della collocazione dell’impianto per inesistenza
di aree critiche (per rischio di incidente rilevante).
Tale assunto non appare peraltro condivisibile, in quanto l’Autorità competente
non risulta avere dichiarato il Comune di Aprilia come “area critica” (con
riguardo all’intero territorio), non portando a tale risultato la presenza di
alcune attività a rischio di incidente rilevante.
E dalla documentazione versata in atti sembra desumersi la presenza solamente di
alcuni stabilimenti nelle vicinanze del sito prescelto per la centrale
termoelettrica, qualificati come a rischio di incidente rilevante ai sensi della
legge n. 334/99.
Va d’altro canto considerato, ad escludere l’eccepito difetto di istruttoria,
che il provvedimento autorizzatorio oggetto di gravame ha tenuto conto
dell’esistenza, nel territorio del Comune di Aprilia, di alcuni impianti a
rischio di incidente rilevante, come si evince dalle “prescrizioni del Ministero
dell’Interno”.
6. - Con il quinto motivo viene dedotta l’illegittimità, sotto molteplici
profili, dell’autorizzazione alla costruzione della centrale elettrica e degli
atti ad essa presupposti essenzialmente per difetto di istruttoria, risolventesi
in una grave sottovalutazione delle ragioni ostative alla realizzazione nel sito
prescelto dell’impianto, cui si è tentato di porre argine mediante la previsione
di innumerevoli prescrizioni.
Il motivo è inammissibile per tardività nella parte in cui censura, seppure
indirettamente, il contenuto del decreto di V.I.A., risalente al 22/1/04, e
pubblicato per estratto nella G.U. n. 34 dell’11/2/04, dies a quo per la
relativa impugnativa, come pure laddove impinge in valutazioni di merito, e
comunque infondato.
Premesso che l’imposizione di innumerevoli prescrizioni non è di per sé sintomo
di illegittimità, in quanto, oltre ad essere ricorrente nei provvedimenti
autorizzatori complessi, è espressamente prevista dall’art. 1, III comma, della
legge n. 55/02, può procedersi, brevemente, alla disamina delle singole
allegazioni.
Con riguardo alla contestata distinzione tra opere “principali” ed opere
“accessorie” nella valutazione a fini ambientali, va osservato come la centrale
e le opere connesse (elettrodotto e gasdotto) sono state unitariamente valutate
nel decreto di V.I.A., con conseguente inammissibilità (prima ancora che
infondatezza) della censura.
Lo stesso dicasi per la localizzazione dell’impianto, che è stata oggetto di
approfondite considerazioni nel procedimento di V.I.A., conclusosi con un
giudizio positivo (con prescrizioni) di compatibilità ambientale del progetto e
delle opere connesse.
Le deduzioni in ordine alla “qualità dell’aria” ed alla sua incidenza sulla
salute sono poi generiche, oltre che non rispondenti alle risultanze della
V.I.A. e dell’autorizzazione integrata ambientale.
Occorre inoltre tenere in considerazione che si tratta di doglianze che
attengono a valutazioni tecniche in qualche misura opinabili, implicanti
l’applicazione di canoni extragiuridici, riferibili a “scienze non esatte”, e
che comportano l’utilizzo di criteri non univoci.
E’ noto come la giurisprudenza prevalente e condivisa dal Collegio ammetta, a
fronte di valutazioni tecniche complesse, fondate sull’applicazione di regole
proprie di scienze inesatte e con margini di opinabilità, e non richiedenti, in
definitiva, una valutazione prognostica degli effetti di una determinata
attività, solamente un sindacato giurisdizionale di tipo debole, che cioè non
consente un potere sostitutivo del giudice, tale da sovrapporre la propria
valutazione tecnica (altrettanto opinabile) od il proprio modello logico di
attuazione del concetto indeterminato all’operato dell’Autorità, ma che è
limitato ad un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza (in termini, ex
multis, Cons. Stato, Sez. VI, 1/10/2002, n. 5156; Cons. Stato, Sez. VI,
10/3/2004, n. 1213).
I descritti limiti risultano non rispettati dalle allegazioni in esame, che sono
conseguentemente inammissibili.
Non appare inoltre, alla stregua della documentazione versata in atti, ed in
particolare, ancora una volta, dello studio di impatto ambientale, della V.I.A.
e dell’autorizzazione integrata ambientale, condivisibile la doglianza con cui
si deduce la mancata considerazione dell’impatto della centrale elettrica sulle
falde idriche.
Risultano infatti previsti sistemi di drenaggio delle acque superficiali ed
impianti di trattamento dei reflui idonei ad escludere la contaminazione.
Quanto poi alla riduzione del prelievo idrico da 20 a 8 litri al secondo, appare
null’altro che un’illazione l’ipotesi che si tratti di una “soluzione solamente
dichiarata”.
7. - Con il sesto ed ultimo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art.
9 della direttiva 96/91/CE, che impone la prefissazione nell’autorizzazione
integrata ambientale dei valori limite di emissione per le sostanze inquinanti
che possono essere emesse dall’impianto, in ragione della loro natura e delle
potenzialità di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale
all’altro.
La doglianza è destituita di fondamento.
Si evince infatti dalla lettura dell’autorizzazione integrata ambientale che
l’Amministrazione ha esaminato la documentazione tecnica, anche quella
predisposta per la V.I.A., stante il coordinamento tra le due procedure,
concernente l’analisi e la valutazione dell’impianto, e poi, contrariamente a
quanto dedotto da parte ricorrente, all’art. 2 del provvedimento, ha fissato i
limiti di emissione in atmosfera, i limiti per gli scarichi idrici, ed i limiti
per le emissioni acustiche.
Inoltre l’autorizzazione integrata ambientale contiene “prescrizioni
progettuali” per le emissioni in atmosfera e per gli scarichi idrici.
8. - In definitiva, il ricorso n. 12140/06 del R.G. deve essere in parte
respinto, ed in parte dichiarato inammissibile.
9. - Procedendo ora allo scrutinio del ricorso n. 263/07 R.G., occorre anzitutto
esaminare l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva
dei soggetti ricorrenti, svolta dalle parti resistenti nell’assunto che
l’associazione “Rete Cittadina contro la Turbogas” non è associazione di
protezione ambientale, e che gli altri deducenti difettano di una posizione
legittimante.
L’eccezione è fondata con riguardo alla sola posizione dell’associazione “Rete
Cittadina contro la Turbogas”.
Giova ricordare come la legittimazione al ricorso viene in casi del genere
riconosciuta in base al criterio della “prossimità dei luoghi interessati”,
ovvero della sussistenza di un “collegamento stabile” con la zona interessata
alla realizzazione dell’opera (in termini Cons. Stato, Sez. IV, 15/11/2004, n.
7450).
Tale (prevalente) criterio giurisprudenziale della vicinitas trova il proprio
fondamento nella disposizione di cui all’art. 10 della legge 6/8/1967, n. 765
(modificativo dell’art. 31 della legge urbanistica fondamentale); se vale per i
titoli edilizi, a maggiore ragione può essere esteso agli insediamenti di
discariche di rifiuti (Cons. Stato, Sez. II, 20/12/2007, n. 3077), ed anche,
come nel caso di specie, agli atti autorizzativi della creazione e
dell’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica (Cons. Stato, Sez.
VI, 15/10/2001, n. 5411).
Non occorre la prova dell’esistenza di un danno concreto ed attuale al fine di
impugnare provvedimenti di localizzazione di impianti ritenuti inquinanti, in
quanto la questione della concreta pericolosità dello stesso, valutata alla luce
dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al fine di radicare la
legittimazione e l’interesse al ricorso è sufficiente la prospettazione di
temute ripercussioni su di un territorio collocato nelle immediate vicinanze, ed
in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata, quali
residenti, o proprietari, o titolari di altre posizioni giuridiche soggettive
rilevanti (in termini Cons. Stato, Sez. VI, 5/12/2002, n. 6657).
Una sostanziale conferma di tale indirizzo giurisprudenziale può rinvenirsi
nell’art. 309 del c.d. codice dell’ambiente (di cui al d.lgs. 3/4/2006, n. 152),
il quale riconosce il diritto di partecipazione al procedimento relativo
all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino
previste in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente a regioni
ed enti locali, anche associati, nonché alle persone fisiche o giuridiche che
sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o che vantino un
interesse legittimante la partecipazione al procedimento.
L’applicazione di tale criterio, se vale a riconoscere la legittimazione dei
singoli ricorrenti, i quali dichiarano (e la circostanza non è contestata) di
essere residenti in Aprilia ed in un’area (secondo quanto successivamente
precisato con la memoria depositata in data 6/3/07) adiacente al sito prescelto
per la costruzione della centrale, comporta al contempo la negazione della
legittimazione a ricorrere in capo all’associazione.
Non è stato versato in atti lo statuto dell’associazione, né appare documenta la
relazione degli associati con il luogo prescelto per la costruzione della
centrale.
Ed è evidente come il divieto di azione popolare sarebbe facilmente eluso ove si
consentisse, in modo sganciato da ogni riferimento alla vicinitas,
l’impugnazione di atti di localizzazione di impianti pericolosi a fini (latamente)
ambientali da parte di gruppi di cittadini, organizzati in associazioni, e
quindi prescindendo dal riferimento dell’associazione a determinate qualità dei
partecipanti ed alle finalità di tutela di una determinata collettività (in
termini, ancora, Cons. Stato, Sez. VI, 5/12/2002, n. 6657).
In sintesi, appare certamente prevalente la giurisprudenza che afferma la
carenza di legitimatio ad causam di associazioni temporanee volte alla
protezione degli interessi di soggetti che ne sono parte, risultando prive del
carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi
diffusi radicati nel territorio (Cons. Stato, Sez. V, 14/6/2007, n. 3191).
A ciò aggiungasi come, in generale, a fronte della legittimazione al ricorso
prevista dall’art. 18, V comma, della legge 8/7/1986, n. 349 in favore delle
associazioni ambientalistiche riconosciute con decreti ministeriali, si ammette,
per le associazioni di fatto, e quindi meno stabili, come pure per i comitati,
una legittimazione limitata al fine di spiegare un intervento ad adiuvandum, a
condizione, ovviamente, che il loro statuto e le loro attività risultino
effettivamente orientate alla protezione dell’ambiente e della salute in un
territorio circoscritto.
In conseguenza di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile limitatamente alla “Rete Cittadina contro la Turbogas”.
10. - Con il primo motivo viene dedotta l’illegittimità dell’impugnata
autorizzazione in considerazione del mancato coinvolgimento nella conferenza di
servizi dei limitrofi comuni di Anzio e Nettuno, nonché della provincia di Roma,
i cui rispettivi ambiti territoriali, a distanza d’aria, sono prossimi al sito
di localizzazione dell’impianto.
La censura è inammissibile per carenza di interesse.
Ed invero, ad avviso del Collegio, i ricorrenti non possono far valere un vizio
incidente sulla situazione giuridica di soggetti diversi, ed in particolare di
Amministrazioni pubbliche, difettando il requisito dell’attualità e soprattutto
della personalità dell’interesse al ricorso.
Tale soluzione trova conferma nella prescrizione dell’art. 8, IV comma, della
legge n. 241/90, la quale configura l’omissione della comunicazione di avvio del
procedimento alla stregua di un’illegittimità relativa, che cioè può essere
fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.
Sembra peraltro di poter aggiungere che l’art. 1, III comma, della legge n.
55/02, nel prevedere il parere obbligatorio (seppure non vincolante) del comune
e della provincia nel cui territorio ricadono le opere, viene indirettamente a
“confinare” l’ambito dei soggetti che risultano parti necessarie del
procedimento conferenziale, così adempiendo ad una funzione di sicuro rilievo,
specie con riguardo a vicende potenzialmente destinate a coinvolgere una
molteplicità di soggetti.
Si intende cioè dire che la previsione di detto parere motivato da parte del
comune e della singola provincia interessata, individuate sulla base del
criterio territoriale (id est : del territorio ove devono essere realizzate le
opere in progetto) assicura un sufficiente coinvolgimento degli enti locali in
relazione agli interessi di cui sono portatori, con la conseguenza che gli
interessi delle popolazioni residenti nei territori dei comuni limitrofi a
quello nel cui territorio ricadono le opere sono stati ritenuti, ai sensi della
norma predetta, adeguatamente tutelati dalla partecipazione al procedimento
della provincia e della regione (così T.A.R. Lazio, Sez. II, 23/8/2005, n.
6267).
11. - Con il secondo mezzo di gravame si allega poi che in sede di conferenza di
servizi i rappresentanti delle singole Amministrazioni partecipanti non
avrebbero giustificato il proprio potere rappresentativo, dovendosi
conseguentemente ritenere non legittimati ad esprimere la volontà dell’ente.
La censura non sembra cogliere nel segno.
Ed invero, a prescindere, anche in questo caso, dalla verifica dell’interesse in
capo ai deducenti, deve considerarsi come a norma dell’art. 14 ter, VI comma,
della legge generale sul procedimento amministrativo “ogni amministrazione
convocata partecipa alla conferenza di servizi atraverso un unico rappresentante
legittimato, dall’organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà
dell’amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa”.
Si evince da tale norma, in coerenza con le esigenze di celerità e
semplificazione che ispirano la conferenza di servizi, come ciò che importa sia
l’effettiva sussistenza del potere di rappresentanza degli enti invitati in capo
ai partecipanti, e non anche la documentazione formale dello stesso (in termini
Cons. Stato, Sez. VI, 7/8/2003, n. 4568), con conseguente irrilevanza anche
dell’istanza istruttoria.
Inoltre l’assunto di parte ricorrente appare troppo sbilanciato sullo
strumentario del diritto privato, e non tiene conto che nel diritto pubblico,
che si avvale del rapporto organico, opera la formula organizzatoria della
delega, e non occorre, in linea di principio, una procura per poter
efficacemente esprimere la volontà dell’Amministrazione.
12. - Con il terzo motivo si deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato
perché asseritamente affetto da una carenza di istruttoria che avrebbe precluso
di ponderare la reale incidenza delle emissioni inquinanti della centrale
(specie polveri sottili PM10), tanto per inalazione, quanto per ingestione,
sulla salute della popolazione nel contesto ambientale di Aprilia, già
pregiudicato da molteplici fattori di inquinamento, sia di provenienza
industriale, sia derivante dalle arterie stradali.
La censura deve essere disattesa.
Occorre muovere dalla considerazione che il giudizio positivo di compatibilità
ambientale (il quale, per le ragioni esposte al precedente punto sub 6, non può
essere in questa sede posto in discussione), con riferimento alla componente
atmosfera, afferma che “la caratterizzazione della qualità dell’aria ante operam
… non evidenzia situazioni di particolare criticità anche tenendo conto del
fatto che le misure si riferiscono a contesti urbani (centralina di Aprilia),
ovvero ad aree nelle immediate vicinanze della SS 207 Nettunense (campagna
effettuata sul sito) e sono quindi da considerarsi ampiamente conservative” e,
con riguardo alla situazione post operam, che “dall’analisi dei dati considerati
si può desumere che l’impatto sulla componente atmosfera dovuto all’esercizio
della centrale appare in tutti i casi modesto rispetto alla situazione ante
operam”.
Ciò significa che devono ritenersi rispettati dall’opera assentita i parametri
stabiliti dalla normativa vigente; inoltre l’autorizzazione ha imposto
prescrizioni ulteriori costituenti misure precauzionali finalizzate ad evitare
il superamento del rischio consentito, e dunque proprio a garantire il bene
salute.
Ogni altra considerazione esorbita dai limiti di quel sindacato debole che può
essere svolto dal giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche complesse,
del tipo di quelle che vengono in rilievo nella verifica dell’impatto ambientale
di un impianto di produzione di energia elettrica.
13. - Con il quarto motivo si lamenta poi il fatto che l’a.i.a. non sia stata
preceduta da un progetto tecnico di dettaglio, fondandosi sull’attività
istruttoria precedentemente compiuta.
La censura è infondata per le ragioni esposte al punto sub 4) della presente
motivazione, cui, per brevità, si rinvia.
Essendo consentito dalla disciplina transitoria, l’a.i.a. è stata effettuata
sulla base del progetto preliminare, mentre la redazione del piano di
monitoraggio e controllo e del piano di gestione ambientale è stata prescritta
per un momento successivo alla redazione del progetto di dettaglio, comunque
prima dell’entrata in esercizio dell’impianto.
14. - Anche il quinto mezzo di gravame, rivolto avverso l’autorizzazione
integrata ambientale, deve essere disatteso.
Anzitutto, deve essere esclusa la violazione dell’art. 9 della direttiva
96/91/CE, atteso che, in realtà, l’art. 2 del provvedimento ha prefissato i
limiti di emissione in atmosfera, i limiti per gli scarichi idrici ed i limiti
per le emissioni acustiche, aggiungendo in tale prospettiva specifiche
prescrizioni progettuali.
Allo stesso tempo, la documentazione in atti induce ad escludere che sia stata
sottovalutata l’incidenza degli effetti sulle falde acquifere, in quanto sono
previsti sistemi di drenaggio delle acque superficiali ed impianti di
trattamento dei reflui idonei ad evitare la contaminazione.
Per quanto concerne poi l’asserito mancato apprezzamento del rischio di
incidente rilevante, riferito a taluni stabilimenti siti nelle vicinanze del
luogo prescelto per la centrale (la quale, di per sé, non è stabilimento a
rischio ai sensi del d.lgs. n. 334/99), occorre rilevare come, cotrariamente a
quanto dedotto da parte ricorrente, il provvedimento di autorizzazione abbia
tenuto conto di ciò, secondo quanto è dato inferire, tra l’altro, dalle
prescrizioni del Ministero dell’Interno.
In ogni caso, come si desume dal “piano di emergenza”, l’area della centrale non
è interessata dagli effetti delle attività svolte negli stabilimenti a rischio
di incidente, essendo state individuate tre aree concentriche, per il caso di
incidente, non interferenti con la centrale.
15. - Con il sesto mezzo viene contestata la delibera di G.R. n. 597 del 18/9/06
contenente la prescritta intesa con il M.S.E. per l’installazione e l’esercizo
della centrale, deducendosene la contraddittorietà con la precedente delibera n.
767 dell’1/8/03 che aveva ritenuto la necessità, per il Comune di Aprilia, di
dotarsi di un piano di azione per il risanamento della qualità dell’aria.
Anche tale motivo è infondato.
L’intesa regionale è infatti congruamente motivata con riferimento alle
risultanze dell’istruttoria condotta in sede di V.I.A. e di autorizzazione
integrata ambientale, e prende a parametro i criteri di valutazione dell’accordo
Stato/Regioni del 5/9/02.
Ora, anche a prescindere dall’ulteriore considerazione che l’intesa è
subordinata a prescrizioni, è evidente che non può ravvisarsi contraddittorietà
fra provvedimenti che rispondono a differenti profili funzionali.
La delibera n. 767/03 è infatti estranea al procedimento finalizzato
all’autorizzazione della costruzione della centrale, costituendo atto di
classificazione del territorio regionale.
Resta fermo peraltro quanto si è già in precedenza sottolineato, in ordine al
fatto che l’istruttoria compiuta nell’ambito del procedimento di V.I.A. non ha
evidenziato alcun profilo di criticità relativo all’incidenza della centrale sui
valori di concentrazione di PM10; inoltre la centrale non supera i limiti di
emissione previsti dalla normativa con riguardo ai singoli impianti.
16. - Discende da quanto esposto che il ricorso n. 263/07 R.G. deve essere in
parte dichiarato inammissibile, ed in parte respinto.
17. - Procedendo ora allo scrutinio del ricorso n. 6142/07 R.G., deve essere
anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione
attiva dei ricorrenti, svolta da Sorgenia nell’assunto che gli stessi non
abbiano dimostrato la (affermata) titolarità di una posizione giuridica
qualificata e differenziata.
Ed infatti i ricorrenti (con l’eccezione, forse, della sig.ra Laurenzi Monica)
allegano la loro condizione, evidenziante un collegamento stabile, di residenti
in zone adiacenti a quella di localizzazione della centrale, ovvero di titolari
di imprese agricole, od ancora di soggetto che lavora in prossimità della
medesima e fanno dunque valere, denunciando l’illegittimità della scelta
effettuata dall’Amministrazione, un interesse a preservare la salute di chi vive
nel territorio, ed anche il valore economico del fondo situato nelle vicinanze
dell’impianto.
18. - Né maggiore pregio ha l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo, argomentata in considerazione del fatto che la causa petendi è
la tutela della salute, diritto indegradabile rimesso alla cognizione del
giudice ordinario.
E’ sufficiente, a questo proposito, ricordare come l’art. 1, comma 552, della
legge 30/12/2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) prescriva che “le
controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di
impianti di generazione di energia elettrica di cui al d.l. 7/2/2002, n. 7,
convertito … dalla legge 9/4/2002, n. 55, e le relative questioni risarcitorie
sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Alle
controversie di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui
all’art. 23 bis della legge 6/12/1971, n. 1034”.
Detta norma è stata ritenuta legittima (melius : conforme all’art. 103 della
Costituzione) dalla Corte costituzionale con la sentenza 27/4/2007, n. 140,
nella duplice considerazione che l’oggetto delle controversie devolute al
giudice amministrativo è rigorosamente circoscritto a particolari “procedure e
provvedimenti” concernenti una materia specifica, e che nessun principio o norma
riservano esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti
costituzionalmente protetti.
Né sussistono argomenti di ordine esegetico per escludere dalla portata della
norma suddetta il caso in cui, come è nella fattispecie in esame, l’azione sia
esercitata da un soggetto terzo che si oppone alla realizzazione ed
all’esercizio dell’impianto di generazione di energia elettrica.
19. - Al contempo, la legitimatio ad causam dei ricorrenti non può ritenersi
esclusa dalla proposizione di autonomo ricorso da parte del Comune di Aprilia,
atteso che gli stessi non esercitano un’azione popolare (di tipo sostitutivo o
suppletivo) ai sensi dell’art. 9, I e II comma, del T.U.E.L. (d.lgs. 18/8/2000,
n. 267), ma, a vario titolo, fanno valere interessi sostanziali anche propri,
cioè riconducibili, in diversa misura ed intensità, anche alla loro sfera
giuridica.
20. - Poste queste premesse, può ora esaminarsi il primo motivo del ricorso, con
cui si deduce la violazione delle norme che regolamentano il “dissenso
qualificato” (perché concernente interessi sensibili) insorto in seno alla
conferenza di servizi, lamentando in particolare la mancata devoluzione della
decisione sul punto ad una superiore istanza.
Il motivo è infondato per le ragioni illustrate al punto sub 1) della presente
motivazione, cui si fa integrale rinvio.
21. - Con il secondo motivo, indirizzato avverso l’autorizzazione integrata
ambientale, viene poi dedotta la violazione dell’art. 5, IX comma, dell’art. 7,
VI comma, nonché dell’art. 17, II comma, del d.lgs. n. 59/2005, lamentandosi la
mancata nomina di una commissione istruttoria, la mancata prefissazione delle
modalità di controllo delle emissioni, nonché il mancato rispetto del termine
perentorio di 60 giorni per l’adozione dell’autorizzazione in questione.
Il motivo è in parte fondato, e
meritevole dunque di accoglimento.
Con maggiore precisione, richiamando quanto supra esposto (al punto sub 4),
occorre ribadire che il procedimento in esame si è svolto dapprima sotto il
vigore della sola legge n. 55/02, mentre poi, ratione temporis (o meglio, in
forza del principio tempus regit actum), ha trovato applicazione anche il d.lgs.
n. 59/05 (di attuazione della direttiva 96/61/CE), con la conseguenza che
l’autorizzazione unica di cui all’art. 1 della legge n. 55/02 non ha più
“assorbito” l’a.i.a.
La disciplina transitoria giustifica la mancata applicazione dell’art. 5, IX
comma, che attribuisce ad una Commissione istruttoria IPPC il compito di fornire
all’Autorità competente un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi
debitamente motivati; per altro verso, occorre segnalare che il piano di
monitoraggio e controllo è stato previsto per il momento di entrata in esercizio
dell’impianto, senza che in ciò possa ravvisarsi la dedotta violazione dell’art.
7, VI comma, del d.lgs. n. 59/2005, il quale si limita a richiedere che l’a.i.a.
contenga gli “opportuni requisiti di controllo delle emissioni”.
E’ ravvisabile invece, ad avviso del Collegio, la violazione dell’art. 17, II
comma, del d.lgs. n. 59/2005, norma disponente che “il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio adotta le determinazioni relative alla
autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio degli impianti di competenza
statale, in conformità ai principi del presente decreto, entro il termine
perentorio di 60 giorni decorrente dal rilascio della valutazione di impatto
ambientale. Per gli impianti già muniti di V.I.A., il predetto termine di 60
giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di
inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione
negativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, la decisione
definitiva in ordine all’autorizzazione integrata ambientale è rimessa al
Consiglio dei Ministri”.
Occorre considerare infatti che se, come condivisibilmente allegato da Sorgenia,
l’art. 5, IX comma, non è invocabile nel procedimento in questione, perchè
afferente al regime ordinario di a.i.a., deve però trovare coerente applicazione
la ora ricordata disciplina transitoria di cui all’art. 17.
In particolare, trattandosi di impianto già munito di valutazione di impatto
ambientale, il termine perentorio di sessanta giorni per l’adozione
dell’autorizzazione integrata ambientale decorre dal 7/5/05, data di entrata in
vigore del d.lgs. n. 59/05, mentre detto provvedimento è intervenuto solamente
il 16/5/06.
La violazione del termine (finale) del procedimento non appare giustificata dal
fatto che lo stesso sia stato sospeso in applicazione analogica di quanto
previsto dall’art. 5, XIII comma, del d.lgs. n. 59; come allegato dalla stessa
società controinteressata, l’integrazione della documentazione è stata chiesta
dal Ministero dell’Ambiente in data 16/5/05 ed è stata effettuata da Sorgenia il
successivo 20/6/05.
Anche individuando in questa data il dies a quo, risulta egualmente ampiamente
superato il termine perentorio di 60 giorni.
Né appare condivisibile l’assunto defensionale di Sorgenia secondo cui alla data
del 7/7/05 era comunque intervenuta la “Relazione sull’attività pre -
istruttoria”, dovendosi pertanto ritenere adottate le determinazioni relative
all’a.i.a.
Ed invero, nonostante la ridondanza della littera legis, la ratio della medesima
è nel senso che nel termine di sessanta giorni deve intervenire il provvedimento
finale, decisorio, di autorizzazione, non essendo sufficiente il completamento
della fase istruttoria, come bene si evince anche dall’equiparazione legislativa
del caso di “inutile scadenza del termine” con quello di “determinazione
negativa”.
In altri termini, la disciplina transitoria impone un termine perentorio per
l’adozione del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, e dunque
enuclea il termine finale del procedimento, ovviamente non coincidente con le
scansioni delle singole fasi dell’iter procedimentale.
Non appare al Collegio neppure sostenibile che l’illegittimità dell’a.i.a. non
possa incidere sul decreto di autorizzazione unica (alla realizzazione ed
esercizio dell’impianto), implicando detto assunto l’esclusione del rapporto di
presupposizione tra i due atti.
Anzitutto non è dirimente a tale fine la circostanza che l’art. 1, II comma,
della legge n. 55/02 affermi che (solamente) l’esito della V.I.A. costituisce
parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio; a
privare di valore tale dato letterale concorre anche la considerazione che la
norma in esame, fino al recepimento della direttiva 96/61/CE, prevedeva
l’”assorbimento” dell’a.i.a. nell’autorizzazione unica del M.A.P.
D’altro canto, ad attribuire un’efficacia vincolante alla sola V.I.A., magari
nella considerazione che (a differenza della V.I.A.) l’autorizzazione integrata
ambientale concerne il funzionamento dell’impianto, e dunque il momento
gestionale, si verrebbe a privare di ogni valenza precettiva l’ordo productionis
prefigurato dal legislatore, per il quale entrambi questi atti devono precedere
l’autorizzazione a costruire ed esercire l’impianto di energia elettrica di
potenza superiore a 300 MW termici (secondo quanto previsto non solo dall’art. 1
della legge n. 55/02, ma anche dall’art. 1, III comma, del d.lgs. n. 59/05).
Non sembra invero revocabile in dubbio che tra l’a.i.a. e l’autorizzazione unica
vi sia un nesso di presupposizione; sia nell’ambito del procedimento unico, che
nel sistema del d.lgs. n. 59/05 i vari “segmenti procedimentali” non sono tra
loro autonomi, ma legati da vincoli di derivazione, differenziandosi solamente
per il fatto che enucleano nel primo caso una connessione endoprocedimentale, e
nel secondo caso una connessione interprovvedimentale (venendo, a ben vedere, in
rilievo un’accezione sostanziale di presupposizione, mentre generalmente prevale
la dimensione processuale dell’atto presupposto, riflettentesi sul piano della
tecnica processuale).
Non occorre dunque indugiare sulla natura (od intensità) di tale nesso di
presupposizione, ovvero verificare se l’a.i.a. si ponga o meno come presupposto
unico dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto di produzione
elettrica, in quanto ciò rileva nella prospettiva dell’illegittimità derivata, e
cioè per discernere tra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto
viziante nel caso di annullamento dell’atto presupposto (la distinzione risale
alle decisioni del Cons. Stato, Ad. Plen., 19/10/1955, n. 17 e 27/10/1970, n.
4).
In entrambi i casi è ravvisabile un’obiettiva incidenza dell’annullamento
dell’atto presupposto sull’atto coneguenziale, che ne rimane comunque
“pregiudicato”; differente è l’entità del pregiudizio, che, nel caso di
invalidità ad effetto caducante, comporta l’automatico travolgimento dell’atto
successivo, mentre nel caso di illegittimità ad effetto viziante richiede
un’autonoma impugnativa dell’atto consequenziale.
Ciò che rileva nel presente giudizio è dunque la fattispecie precettiva, che
vale ad escludere la configurabilità dell’a.i.a. come un mero atto preparatorio;
l’autorizzazione integrata ambientale si configura come atto rilevante il cui
effetto entra a fare parte della fattispecie autorizzatoria principale.
Ciò trova conferma sul piano sostanziale, come bene si comprende considerando
che l’a.i.a. si colloca nell’ambito di un procedimento (autorizzatorio)
propedeutico all’esercizio di rilevanti attività industriali, finalizzato a
stimare l’insieme delle conseguenze dirette ed indirette sull’ambiente, ed
improntato a criteri di prevenzione e precauzione.
Il nesso telelologico sostanziale tra a.i.a. ed autorizzazione all’impianto si
traduce in un nesso di presupposizione giuridica, per effetto del quale
l’illegittimità dell’atto presupposto (a.i.a.) si estende per rifrazione
sull’atto consequenziale (autorizzazione ex art. 1 della legge n. 55/02).
In tali termini il ricorso n. 6142/07 R.G. deve essere accolto, con conseguente
annullamento dell’autorizzazioe integrata ambientale ed, in via derivata,
dell’autorizzazione per la costruzione e gestione della centrale elettrica.
22. - Alla stregua di quanto precede, il ricorso n. 12140/06 ed il ricorso n.
263/07 del R.G. devono essere in parte respinti ed in parte dichiarati
inammissibili, mentre il ricorso n. 6142/07 del R.G. deve essere accolto nei
sensi di cui alla precedente motivazione.
Sussistono giusti motivi per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione III Ter,
definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, così decide : a) li
riunisce; b) in parte respinge, ed in parte dichiara inammissibili i ricorsi n.
12140/06 e n. 263/07 del R.G.; c) accoglie il ricorso n. 6142/07 del R.G., e,
per l’effetto, annulla gli atti impugnati, nei sensi di cui in motivazione.
Compensa tra tutte le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2008.
Italo Riggio Presidente
Stefano Fantini Componente, Est.
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