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TAR LAZIO, Roma, Sez. I, 19 maggio 2008, sentenza n. 4467
RIFIUTI - Gestione commissariale - Art. 5 L. n. 225/1992 - Potere di deroga alla
legislazione vigente - Onere motivazionale - Preventiva valutazione del nesso di
strumentalità tra l’esercizio del potere di deroga e l’attuazione degli
interventi - Deroga consentita con riferimento ad interi corpi legislativi -
Conseguenze - Fattispecie: Trasformazione degli ATO in Enti con personalità
giuridica. Una corretta interpretazione degli ambiti di legittima
esercitabilità del potere di deroga alla legislazione vigente, quale
riconosciuto al Commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri
in sede di attuazione degli interventi emergenziali ex art. 5 della legge
225/1992 impone la circostanziata individuazione ex ante delle principali norme
che, applicabili in via ordinaria, pregiudicherebbero l'attuazione degli
interventi stessi; con la conseguenza che l'onere di motivazione, di cui il
commissario deve farsi carico, deve obbligatoriamente volgersi ad evidenziare,
con valutazione preventiva, il nesso di strumentalità necessaria tra l'esercizio
del potere di deroga e l'attuazione dei detti interventi (cfr. T.A.R. Lombardia,
Milano, sez. I, 27 gennaio 1998 n. 96). Può quindi ragionevolmente sostenersi
che: o le ordinanze presidenziali, adottate ai sensi dell’art. 5 della legge
225/1992 recano una puntuale indicazione delle norme suscettibili di deroga (con
ciò consentendo una immediata percezione delle esigenze sottese alla disposta
derogabilità di una particolare disposizione, in ragione del soddisfacimento del
pubblico interesse riveniente dal dichiarato stato emergenziale e dalla
necessità di attuare in conseguenti interventi); ovvero, laddove la derogabilità
venga consentita con riferimento ad interi corpi legislativi (quali, nella
fattispecie, la “legislazione ambientale”, genericamente richiamata nell’O.P.C.M.
del 1° giugno 2006), allora l’esigenza giustificativa in ordine alla
derogabilità di disposizioni normative di rango primario viene a transitare sui
provvedimenti attuativi, nei quali dovrà essere necessariamente contenuta la
motivata indicazione del nesso di strumentalità tra l'esercizio della deroga e
l'emergenza da soddisfare, così da giustificare il ricorso alla deroga
normativa.(Fattispecie relativa al decreto con il quale il Commissario delegato
per l’Emergenza rifiuti nella Regione Puglia, in pretesa attuazione dell’art.
201del d.lgs. n. 152/2006 - ha trasformato le Autorità di gestione in Enti con
personalità giuridica, approvandone contestualmente la convenzione istitutiva e
lo statuto). Pres. De Lise, Est. Martino - Comune di Cavallino (avv. Sticchi
Damiani) c. Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia (Avv.
Stato), Ministero dell’Interno e altri (n.c.), Regione Puglia (avv. Volpe),
Provincia di Lecce (avv.ti Capoccia e Testi), A.N.C.I. (avv. Amati), Comune di
Lecce (avv.ti De Salvo e Ciulla), Comune di Lizzanello (avv.ti Marchello e
Serafini) e altri (n.c.), riunito ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO, Sez. I -
19 maggio 2008, n. 4467
RIFIUTI - ATO - Trasformazione in Consorzi aventi personalità giuridica -
Coerenza con l’art. 201 del d.lgs. n. 152/2006 - Statuto - Trasferimento
coattivo immediato della proprietà degli impianti dal patrimonio comunale a
quello consortile - Subentro del Consorzio nella titolarità dei contratti di
affidamento della gestione in corso - Illegittimità - Artt. 198, c. 1, 202, c. 4
e 204, cc 1 e 4 d.lgs. n. 152/2006. Mentre è coerente con l’art. 201, c. 2
del d.lgs. n. 152/2006 la trasformazione degli ATO in Consorzi aventi
personalità giuridica, è invece in contrasto con gli artt. 198, comma 1, 202,
comma 4, e 204, commi 1 e 4, del Codice la previsione statutaria del
trasferimento coattivo immediato, all’atto cioè della creazione del nuovo
soggetto giuridico, della proprietà degli impianti di trattamento dei rifiuti
realizzati da Comuni dal patrimonio dell’ente locale a quello consortile, nonché
il subentro del Consorzio all’ente locale nella titolarità dei contratti di
affidamento della gestione in corso. Secondo il Codice dell’Ambiente, alle
Autorità d’ambito viene infatti trasferito unicamente l’esercizio (e non la
titolarità) delle attribuzioni degli enti locali in materia di gestione
integrata dei rifiuti (art. 198, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006). Pertanto,
sebbene il conferimento della personalità giuridica consenta loro di acquisire,
in futuro, la titolarità di beni e rapporti contrattuali (in primis, quelli
relativi alla gestione dei servizi che verranno dalle Autorità medesime
affidati), nessuna ablazione di cespiti patrimoniali o comunque di poste attive
pertinenti al patrimonio degli enti locali preesistenti, ovvero ancora di
rapporti contrattuali, è configurabile in assenza di una specifica disposizione
normativa che tanto autorizzi. Pres. De Lise, Est. Martino - Comune di Cavallino
(avv. Sticchi Damiani) c. Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in
Puglia (Avv. Stato), Ministero dell’Interno e altri (n.c.), Regione Puglia (avv.
Volpe), Provincia di Lecce (avv.ti Capoccia e Testi), A.N.C.I. (avv. Amati),
Comune di Lecce (avv.ti De Salvo e Ciulla), Comune di Lizzanello (avv.ti
Marchello e Serafini) e altri (n.c.), riunito ad altri ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Sez. I - 19 maggio 2008, n. 4467
RIFIUTI - Criteri generali relativi all’organizzazione del servizio di gestione
integrata dei rifiuti - Vincolo per il legislatore regionale - Art. 201, c. 1
d.lgs. n. 152/2006. I criteri generali relativi all’istituzione degli ATO e
all’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti, di cui al
d.lgs. n. 152/2006, rappresentano un vincolo anche per il legislatore regionale,
al quale è rimesso soltanto, per quanto qui interessa, di disciplinare “le forme
e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito
ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al
comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con
le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione,
l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti”
(art. 201, comma 1, d.lgs. n. 152/2006). Pres. De Lise, Est. Martino - Comune di
Cavallino (avv. Sticchi Damiani) c. Commissario Delegato per l’Emergenza
Ambientale in Puglia (Avv. Stato), Ministero dell’Interno e altri (n.c.),
Regione Puglia (avv. Volpe), Provincia di Lecce (avv.ti Capoccia e Testi),
A.N.C.I. (avv. Amati), Comune di Lecce (avv.ti De Salvo e Ciulla), Comune di
Lizzanello (avv.ti Marchello e Serafini) e altri (n.c.), riunito ad altri
ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Sez. I - 19 maggio 2008, n. 4467
RIFIUTI - Poteri regionali - Attuazione del disegno di riforma della gestione
integrata dei rifiuti - Codice dell’Ambiente - Atto di giunta - Insufficienza.
Il rilievo ordinamentale delle scelte organizzative demandate alla Regione in
ordine alla trasformazione degli ATO e all’attuazione del disegno di riforma
della gestione integrata dei rifiuti disciplinato dal Codice dell’Ambiente
(artt. 199-201) e la loro incidenza, perlomeno con riferimento alla costituzione
delle Autorità d’ambito, sulla competenze degli Enti locali, porta ad escludere
che alle stesse si possa provvedere con mero atto della Giunta. Pres. De Lise,
Est. Martino - Comune di Cavallino (avv. Sticchi Damiani) c. Commissario
Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia (Avv. Stato), Ministero
dell’Interno e altri (n.c.), Regione Puglia (avv. Volpe), Provincia di Lecce
(avv.ti Capoccia e Testi), A.N.C.I. (avv. Amati), Comune di Lecce (avv.ti De
Salvo e Ciulla), Comune di Lizzanello (avv.ti Marchello e Serafini) e altri (n.c.),
riunito ad altri ricorsi - T.A.R. LAZIO, Sez. I - 19 maggio 2008, n. 4467
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
Sede di Roma, Sez. I^
composto dai signori magistrati:
Pasquale de Lise Presidente
Antonino Savo Amodio Componente
Silvia Martino Componente rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti:
I
n. 97/2007, proposto da Comune di Cavallino, in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso dal prof. avv. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente
domiciliato in Roma, presso lo studio del difensore, alla via Bocca di Leone n.
78 (studio BDL);
CONTRO
- Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia, nella persona del
Presidente p.t. della Regione Puglia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso la quale domicilia ex lege in Roma, alla via dei
Portoghesi n. 12;
- Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione
locale per il rientro nell’ordinarietà, Autorità per la gestione dei rifiuti
urbani, Bacino Le/1, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., n.c.;
- Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dal
prof. avv. Luigi Volpe, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cosseria
n. 2, presso lo studio dell’avv. A. Placidi;
- Provincia di Lecce, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa
dagli avv.ti Maria Giovanna Capoccia e Francesca Testi, con domicilio eletto in
Roma, presso l’avv. Amina L’Abbate, al Corso Rinascimento n. 11 (studio
Pellegrino);
- Associazione Nazionale Comuni Italiani (A.N.C.I.) – Sezione Regionale Puglia,
in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Fabiano Amati,
ed elettivamente domiciliata in Roma, via degli Scipioni n. 110, presso lo
studio Decollanz;
- Comune di Lecce, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli
avv.ti Maria Luisa De Salvo ed Elisabetta Ciulla, ed elettivamente domiciliato
in Roma, presso lo studio Grez, al Lungotevere Flaminio n. 46;
- Comune di Lizzanello, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dagli avv.ti Francesco Marchello ed Antonio Serafini, ed elettivamente
domiciliato in Roma, presso lo studio di quest’ultimo, alla via Giano Parrasio
n. 6;
- Comune di Arnesano, Comune di Calimera, Comune di Campi Salentina, Comune di
Caprarica di Lecce, Comune di Carmiano, Comune di Castrì di Lecce, Comune di
Copertino, Comune di Guagnano, Comune di Lequile, Comune di Leverano, Comune di
Martignano, Comune di Melendugno, Comune di Monteroni di Lecce, Comune di Novoli,
Comune di Porto Cesareo, Comune di Salice Salentino, Comune di S. Cesario di
Lecce, Comune di S. Donato di Lecce, Comune di S. Pietro in Lama, Comune di
Squinzano, Comune di Surbo, Comune di Trepuzzi, Comune di Veglie, Comune di
Vernole, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., n.c.;
per l’annullamento
- del decreto del Commissario delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia, n.
189/CD/R del 19 ottobre 2006, notificato a mezzo raccomandata A.R. ed acquisito
al protocollo n. 11756 del Comune di Cavallino, in data 23 ottobre 2006, recante
ad oggetto “Ambiti territoriali ottimali – Autorità per la gestione rifiuti
urbani – Personalità giuridica” unitamente agli allegati schemi di “Statuto del
Consorzio ATO –Rifiuti tra i Comuni del Bacino (art. 201 d.lvo 152/2006 e art.
31 d.lvo 267/2000)” e di “Convenzione per la costituzione del Consorzio
‘Autorità d’Ambito’ per la gestione dei rifiuti ai sensi e per gli effetti
dell’art. 201 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni nel
Bacino”;
- di ogni altro presupposto e/o conseguenziale ed in particolare, ove occorra,
delle note del Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia, prot.
n. 3732/CD e n. 3733/CD, del 29 settembre 2006, mai comunicate al Comune
ricorrente, le quali (come è dato leggere nell’impugnato decreto del Commissario
delegato per l’emergenza ambientale in Puglia n. 189/CD/R del 19 ottobre 2006)
avrebbero dato conto degli esiti della “Commissione locale per il rientro nell’ordinarietà”
tenutasi in data 20 settembre 2006, nonché, ove occorra, degli atti
commissariali istitutivi della predetta “Commissione”, di data ed estremi
sconosciuti; in via subordinata, del d.P.C.M. 1° giugno 2006 (pubblicato in G.U.
n. 129 del 6 giugno 2006), recante ad oggetto “Proroga dello stato di emergenza
nel territorio della Regione Puglia, in ordine alla situazione di crisi socio –
economico – ambientale nel settore dei rifiuti urbani, speciali e speciali
pericolosi, ed in quello delle bonifiche”, nei limiti dell’interesse, e per le
parti censurate in narrativa; nonché dei seguenti atti, impugnati con motivi
aggiunti:
- deliberazione dell’Assemblea dell’Autorità per la gestione dei rifiuti urbani
nel Bacino LE/1 n. 40 del 15 dicembre 2006, con la quale è stato stabilito di
“1) Prendere atto del Decreto n. 189 del 19 ottobre 2006 del Commissario
delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia, e, in conseguenza, ‘condividere’
la forma di trasformazione dell’ATO LE/1 in Consorzio; 2) Approvare lo schema
dello statuto e della convenzione allegati alla presente sub allegati A) e B)
come parte integrante e sostanziale; 3) Trasmettere copia della presente
deliberazione, oltre che al Commissario delegato per l’emergenza ambientale, ai
27 Comuni rientranti nel bacino perché adottino i provvedimenti di loro
competenza, in esecuzione di quanto disposto dal decreto commissariale n. 189 e
con riferimento, anche, a quanto previsto dall’art. 7 della convenzione
sottoscritta il 29 ottobre 2002”, unitamente agli allegati sub A (“Statuto del
Consorzio ATO – Rifiuti tra i Comuni del Bacino) e sub B (“Convenzione per la
costituzione del Consorzio ‘Autorità d’Ambito’ per la gestione dei rifiuti, ai
sensi e per gli effetti dell’art. 201 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e
successive modificazioni, nel Bacino”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, ed in particolare,
oltre agli atti e i provvedimenti già impugnati con il ricorso introduttivo, ove
occorra:
- della nota prot. n. 519 del 15 dicembre 2006 a firma del Presidente
dell’Autorità per la gestione dei rifiuti urbani nel Bacino LE/1, acquisita al
protocollo del Comune di Cavallino n. 14604 del 19 dicembre 2006; della nota
prot. n. 520 del 18 dicembre 2006, a firma del Segretario dell’Autorità per la
gestione dei rifiuti urbani nel Bacino LE/1, acquisita al protocollo del Comune
di Cavallino n. 14619 del 19 dicembre 2006; della nota prot. n. 16 del 10
gennaio 2007 a firma del Presidente dell’Autorità di bacino, acquisita al
protocollo del Comune di Cavallino n 371 dell’11 gennaio 2007.
II
n. 2420/2007, proposto da Comune di Cavallino, in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso dal prof. avv. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente
domiciliato in Roma, presso lo studio del difensore, alla via Bocca di Leone n.
78 (studio BDL);
CONTRO
- Comune di Lecce, in persona del Sindaco p.t,. rappresentato e difeso dagli
avv.ti Maria Luisa De Salvo ed Elisabetta Ciulla, ed elettivamente domiciliato
in Roma, presso lo studio Grez, al Lungotevere Flaminio n. 46;
- Comune di Lizzanello, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dagli avv.ti Francesco Marchello ed Antonio Serafini, ed elettivamente
domiciliato in Roma, presso lo studio di quest’ultimo, alla via Giano Parrasio
n. 6;
- Comune di Novoli, in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall’avv.
Alessandro Maggiore, con domicilio eletto in Roma, alla via Ulpiano n. 29,
presso lo studio dell’avv. Sonia Gallozzi;
- Comuni di Arnesano, Calimera, Campi Salentina, Carmiano, Castrì di Lecce,
Copertino, Guagnano, Monteroni di Lecce, Salice Salentino, San Donato di Lecce,
in persona dei rispettivi Sindaci p.t., n.c.;
e nei confronti
- Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente p.t.,
Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia, in persona del
Presidente della Regione p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale
dello Stato, presso la quale domiciliano ex lege in Roma, alla via dei
Portoghesi n. 12;
- Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., n.c.;
- Commissione locale per il rientro nell’ordinarietà, in persona del legale
rappresentante p.t., n.c.;
- Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dal
prof. avv. Luigi Volpe, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cosseria
n. 2, presso lo studio dell’avv. A. Placidi;
- Provincia di Lecce, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa
dagli avv.ti Maria Giovanna Capoccia e Francesca Testi, con domicilio eletto in
Roma, presso l’avv. Amina L’Abbate, al Corso Rinascimento n. 11 (studio
Pellegrino);
- Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) – Puglia, in persona del legale
rappresentante p.t., n.c.;
- Autorità per la gestione dei rifiuti urbani del bacino LE/1, in persona del
legale rappresentante p.t., n.c.;
- Comuni di Caprarica di Lecce, Lequile, Leverano, Martignano, Melendugno, Porto
Cesareo, San Cesario di Lecce, San Pietro in Lama, Squinzano, Surbo, Trepuzzi,
Veglie, Vernole, in persona dei rispettivi Sindaci p.t., n.c.;
per l’annullamento
- della delibera di C.c. n. 121 del 21 dicembre 2006 del Comune di Lecce;
- della delibera di C.c. n. 36 del 21 dicembre 2006 del Comune di Lizzanello;
- della delibera di C.c. n. 44 del 22 dicembre 2006 del Comune di Guagnano;
- della delibera di C.c. n. 26 del 22 dicembre 2006 del Comune di San Donato di
Lecce;
- della delibera di C.c. n. 88 del 27 dicembre 2006 del Comune di Monteroni;
- della delibera di C.c. n. 47 del 28 dicembre 2006 del Comune di Calimera;
- della delibera di C.c. n. 77 del 28 dicembre 2006 del Comune di Copertino;
- della delibera di C.c. n. 32 del 29 dicembre 2006 del Comune di Castri’ di
Lecce;
- della delibera di C.C. n. 2 del 10 gennaio 2007 del Comune di Arnesano;
- della delibera di C.c. n. 1 del 10 gennaio 2007 del Comune di Novoli;
- della delibera di C.c. n. 2 del 12 gennaio 2007 del Comune di Carmiano;
- della delibera di C.c. n. 5 del 18 gennaio 2007 del Comune di Campi Salentina;
- della delibera di C.c. n. 3 dell’ 1 febbraio 2007 del Comune di Salice
Salentino;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale.
III
n. 8390/2007, proposto da Comune di Cavallino, in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso dal prof. avv. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente
domiciliato in Roma, presso lo studio del difensore, alla via Bocca di Leone n.
78 (studio BDL);
CONTRO
- Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dal
prof. avv. Luigi Volpe, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cosseria
n. 2, presso lo studio dell’avv. A. Placidi;
- Autorità per la gestione dei rifiuti urbani del bacino LE/1, in persona del
legale rappresentante p.t., n.c.;
- Comune di Lecce, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli
avv.ti Maria Luisa De Salvo ed Elisabetta Ciulla, ed elettivamente domiciliato
in Roma, presso lo studio Grez, al Lungotevere Flaminio n. 46:
per l’annullamento
- della delibera della Giunta regionale pugliese n. 1239 del 26 luglio 2007,
pubblicata sul B.U.R. della Regione Puglia n. 125 del 7 settembre 2007, recante
ad oggetto “Commissariamento dei Comuni inadempienti agli obblighi concernenti
la trasformazione dell’ATO LE/1 in Ente con personalità giuridica ai sensi
dell’art. 201 del D.lgs 152/2006”;
- della nota prot. 4730 del 18 settembre 2007, a firma del Dirigente del Settore
Gestione Rifiuti e Bonifiche della Regione Puglia, recante ad oggetto “Avvio del
procedimento di commissariamento per la nomina di Commissario ad acta per
inadempimento degli obblighi di cui all’art. 201 D.lgs 152/2006 e Decreto del
Commissario Delegato n. 189 del 19 ottobre 2006 – Delibera di G.r. n. 1239 del
26 luglio 2007”;
- di ogni altro presupposto, connesso o conseguenziale, ed in particolare, ove
occorra, della nota prot. n. 2126 del 10 maggio 2007, a firma del Dirigente del
Settore Gestione Rifiuti e Bonifiche della Regione Puglia, sconosciuta e
richiamata nelle premesse dell’impugnata delibera di G.r., n. 1239 del 26 luglio
2007.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia, della
Regione Puglia, della Provincia di Lecce, del Comune di Lecce, del Comune di
Lizzanello, del Comune di Novoli, dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani,
sezione Puglia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore alla pubblica udienza del 5 marzo 2008 la d.ssa Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. Il Comune ricorrente rappresenta che, con d.P.C.M. 8 novembre 1994, veniva
dichiarato, ai sensi dell’art. 5 della l. 225 del 1992, lo stato di emergenza
nella Regione Puglia con riferimento ai settori del ciclo dell’acqua e dello
smaltimento dei rifiuti.
Detta dichiarazione veniva più volte reiterata, da ultimo sino al 31 gennaio
2007, con d.P.C.M. 1° giugno 2006 (in G.U. del 6.6.2006, n. 129).
Con ordinanza 27 giugno 1996, il Presidente della Regione Puglia è stato
nominato Commissario delegato con il compito di predisporre un piano di
interventi urgenti; i poteri del Commissario delegato sono stati poi prorogati e
integrati con una serie di ordinanze del Ministro dell’Interno in qualità di
delegato per la Protezione civile.
Il Comune ricorda ancora che, con l’OPCM n. 3271 del 12 marzo 2003, e,
successivamente, con i DD.PP.CC.MM. 28 gennaio 2005 e 29 novembre 2005, le
ulteriori proroghe disposte, al fine di preparare il “rientro nell’ordinarietà”,
sono state previste all’esclusivo fine “di realizzare il completamento delle
iniziative commissariali in atto”.
Il Commissario delegato – Presidente della Regione Puglia – nel corso degli anni
ha adottato una pluralità di atti di pianificazione e programmazione, tra i
quali il Piano di gestione dei rifiuti (di cui ai decreti n. 41 del 6 marzo 2001
e n. 296 del 30 settembre 2002), nonché i decreti 297 – 310 del 30 settembre
2002, con i quali sono stati istituite 14 “Autorità per la gestione unitaria del
ciclo dei rifiuti in ambito territoriale ottimale”; il decreto commissariale n.
130/CD del 16 luglio 2004, con il quale sono stati modificati e integrati i
decreti da ultimo citati; il decreto n. 187/CD/R del 6 dicembre 2005, di
adozione dell’ “Atto di aggiornamento, completamento e modifica del Piano
regionale dei gestione dei rifiuti”.
Il Comune evidenzia, in particolare, che, a seguito della delimitazione a
livello subprovinciale di tre differenti bacini (LE/1, LE/2, LE/3), per ciascun
ambito territoriale il Commissario ha espressamente imposto la costituzione di
una Autorità di gestione alla quale è stata attribuita la disciplina dell’intero
ciclo dei rifiuti.
La forma giuridica prescelta è stata quella della convenzione ai sensi dell’art.
30 del d.lgs. n. 267/2000,
Per ciascun ATO il Commissario ha espressamente indicato quali impianti (con
riferimento alle fasi di selezione, biostabilizzazione, trattamento,
smaltimento, produzione di CDR e compostaggio), potevano essere realizzati, a
regime, in relazione al fabbisogno del bacino.
In taluni casi, prosegue il Comune, il Commissario ha provveduto a localizzare
direttamente detti impianti.
L’ATO Bacino LE/1 comprende 27 Comuni e, analogamente agli altri ATO, per la sua
costituzione il Commissario straordinario si è avvalso dei poteri straordinari
attribuitigli dall’O.M. n. 3184/2003, in particolare, dall’art. 2, comma 2,
lett. d), ai sensi del quale “il Commissario provvede ad assicurare la
realizzazione di tutte le condizioni per addivenire, a regime, cessata
l’emergenza, alla gestione unitaria per ambito territoriale ottimale dei rifiuti
urbani, e, nella fase d’emergenza, anche mediante la nomina di ‘commissari ad
acta’ in sostituzione dei Comuni interessai che non vi abbiano provveduto”.
Come già accennato, il Commissario ha prescritto che le Autorità di gestione per
i rifiuti urbani venissero costituite dai Comuni “mediante convenzione ai sensi
dell’art. 30 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267”.
I 27 Comuni del bacino LE/1, appositamente riunitisi, hanno stipulato detta
convenzione, in conformità dello schema di cui al decreto commissariale n.
306/2002, nell’ottobre del 2002.
E’ stato in particolare previsto il trasferimento in capo all’Autorità di
gestione delle principali funzione amministrative relative alla materia dei
rifiuti urbani, ma non è stato disposto alcunché in ordine alla proprietà degli
impianti comunali ovvero in ordine alla titolarità dei contratti comunali di
appalto e concessione relativi a tali impianti, ove già in essere al momento
della costituzione dell’Autorità di gestione.
L’Ente ricorrente sottolinea che le Autorità di gestione sono state dotate di un
certo grado di soggettività, sub specie di autonoma legittimazione attiva e
passiva, processuale e sostanziale, rispetto ai singoli Comuni convenzionati. Di
tanto è prova il fatto che siano state proprio le ATO pugliesi, a partire dal
2003, ad individuare il gestore unico sovracomunale di tutti i servizi relativi
alla gestione dei rifiuti.
Evidenzia ancora che, sin dal 1997, il Commissario delegato ha scelto di
localizzare nel territorio del Comune di Cavallino un impianto complesso (di
selezione e smaltimento dei rifiuti) da porre a servizio dell’intero bacino.
Con la procedura avviata con delibera di C.C. n. 37 del 24 agosto 1998, il
Comune di Cavallino ha provveduto ad affidare in concessione la costruzione e
gestione di detto impianto, imperniato sulla centralità della selezione dei
rifiuti “tal quali” ed affiancato da una discarica controllata di I^ categoria,
da un impianto pilota di biostabilizzazione della frazione umida selezionata,
ed, infine, da una discarica di II^ categoria destinata allo smaltimento degli
inerti.
I rapporti tra il Comune e l’aggiudicataria (l’attuale società consortile
Ambiente & Sviluppo) sono regolati dal contratto rep. n. 472/99 del 17 maggio
1999) e prevedono una durata della gestione complessiva stabilita in 10 anni, a
partire dall’avvio della gestione, a seguito della integrale realizzazione delle
opere. Il Commissario delegato ha approvato il progetto presentato dalla
concessionaria, e, successivamente, ha autorizzato l’esercizio dell’impianto.
Il Comune di Cavallino evidenzia altresì l’esistenza, nel contratto, di alcune
clausole di particolare importanza per il proprio bilancio, relative all’obbligo
assunto dalla concessionaria di corrispondere:
- una royalty, commisurata alle tonnellate di rifiuti smaltite ed espressamente
finalizzata alla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico e
ambientale del Comune;
- un canone “a titolo di utilizzo infrastrutture”, ed uno finalizzato a
ristorare i costi socio – ambientali derivanti dalla localizzazione
dell’impianto nel territorio di Cavallino.
In tutto, le somme a causale predeterminata ammontano a circa 900.000 euro
annui.
Su tale situazione di fatto, si è innestata la riforma organica recata dal
d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, Codice dell’Ambiente, le cui linee generali
vengono così sintetizzate dal Comune di Cavallino:
1) l’art. 195, comma 1, lett. m), n) e o), prevede che sia lo Stato a definire,
previa intesa con la Conferenza Stato – Regioni, le linee guida per la
individuazione degli ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi
dell’art. 200;
2) l’art. 196 dispone che sia la Regione a delimitare, nel rispetto delle linee
guida, gli ambiti territoriali ottimali, nel termine di sei mesi “dalla data di
entrata in vigore della parte IV del presente decreto” (art. 200, comma 2),
“sentite le Province e i Comuni interessati”;
3) sempre alla Regione (art. 201, comma 1), spetta il compito di disciplinare
“le forme e i modi della cooperazione degli Enti ricadenti nel medesimo ambito
territoriale, prevedendo che gli stessi costituiscano l’Autorità d’Ambito di cui
al comma 2”;
4) successivamente detti Enti costituiscono l’Autorità d’ambito “dotata di
personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale [...]
alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è
trasferito l’esercizio delle competenze in materia di gestione integrata dei
rifiuti” (art. 201, comma 2);
5) infine, è previsto che le Autorità d’ambito affidino a terzi “il servizio di
gestione integrata dei rifiuti urbani”, nel termine di nove mesi dall’entrata in
vigore della parte IV del decreto (art. 204, comma 2);
6) fino a tale momento, spetta ai Comuni di “continuare la gestione dei rifiuti
urbani e dei rifiuti assimilati”. E’ altresì previsto (art. 202, comma 4, e 204,
comma 4) che alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione delle precedenti
gestioni, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie siano
trasferite agli enti concedenti, con l’obbligo per questi ultimi di dare in
comodato detti impianti ai soggetti privati vincitori della gara per la gestione
integrata dei rifiuti.
In seguito all’entrata in vigore della disciplina di riforma, quanto mancavano
appena tre mesi alla scadenza dell’ultimo termine di proroga dei poteri
emergenziali, il Commissario straordinario, con l’impugnato decreto n. 189/CD/R
del 19 ottobre 2006, si è sostituito alla Regione e agli enti locali
nell’attuazione del cit. d.lgs. 152/2006 al dichiarato fine “di assicurare al
territorio, nel rientro a regime ordinario, la presenza di Autorità di gestione
con personalità giuridica e con relativa piena capacità di svolgimento dei
proprio compiti e funzioni”.
In pratica, secondo il Comune, il Commissario ha inteso porre la Regione di
fronte ad un fatto compiuto, esautorandone le competenze in materia di
organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti, previste dalla riforma
organica del settore.
Il decreto ha, da un lato, confermato l’attuale delimitazione degli ATO,
dall’altro ne ha individuato una specifica forma (quella del Consorzio) tra le
molte che, in astratto, avrebbero potuto soddisfare il requisito della
personalità giuridica. Ha quindi elaborato uno schema di statuto e di atto
costitutivo, “invitando” le Assemblee delle rispettive Autorità d’ambito a
“condividere” la forma di trasformazione prevista, da formalizzarsi,
successivamente, da parte dell’organo competente di ciascun Comune.
Ha inoltre significato che, decorso sessanta giorni dalla notifica del
provvedimento, avrebbe provveduto alla nomina di un Commissario ad acta, in
sostituzione dei Comuni inadempienti.
Lo schema di statuto allegato al provvedimento commissariale prevede che la
proprietà degli impianti di trattamento dei rifiuti e la titolarità delle
concessioni in essere venga trasferita coattivamente, in via immediata, in capo
al costituendo Consorzio.
Il Comune di Cavallino ritiene che siffatte disposizioni abbiano
ingiustificatamente esautorato le competenze della Regione, e, con esse, le
garanzie partecipative previste dal d.lgs. n. 152/2006 in capo agli enti locali,
oltre ad “espropriare”, senza alcuna giustificazione, utilità patrimoniali
legittimamente acquisite dal Comune e destinate al benessere della collettività
di cui è ente esponenziale.
Il ricorso n. 97/2007 è articolati nei seguenti motivi:
1) Nullità per carenza di potere – Incompetenza – Violazione, erronea e falsa
interpretazione e applicazione del d.P.C.M. 1° giugno 2006 – Violazione degli
artt. 195 – 204 del d.lgs. n. 152/2006 – Violazione, erronea e falsa
interpretazione e applicazione, dell’art. 2, comma 2, lett. d) dell’O.M. n.
3184/2002 – Violazione dell’art. 5 della l. n. 225 del 1992 – Violazione dei
principi generali dell’ordinamento in materia di esercizio dei poteri
emergenziali e di adozione delle ordinanze di necessità ed urgenza – Violazione
del principio di proporzionalità e ragionevolezza – Eccesso di potere per
carenza di istruttoria – Violazione dell’art. 13 dell’O.M. n. 3184/2002 –
Difetto di motivazione – Ingiustizia manifesta – Contradditorietà ed illogicità
- Violazione dei principi della legislazione nazionale e comunitaria in materia
di rifiuti.
Il decreto commissariale impugnato esorbita dai limiti oggettivi cui il d.P.C.M.
del 1° giugno 2006 ha condizionato la proroga temporanea dei poteri emergenziali
del Commissario delegato, consistenti nella necessità di “completare” le
iniziative commissariali in atto. Il Commissario ha infatti preteso di porsi
quale unico soggetto attuatore della riforma organica in materia ambientale
sovrapponendosi alle autonomie territoriali, in un momento anteriore alla
scadenza del termine a queste ultime assegnato dalla disciplina ordinaria.
Il Commissario ha inoltre violato i principi generali che presiedono
all’adozione di provvedimenti extra ordinem in quanto, nel derogare all’assetto
delle competenze ordinarie, e alla stessa disciplina sostanziale prevista dagli
artt. 195 e ss. del Codice dell’Ambiente, non ha fornito alcuna motivazione
circa la necessità di tale deroga, ad esempio sotto il profilo
dell’impossibilità per le autonomie territoriali di provvedere adeguatamente e
tempestivamente ai compiti affidati alle medesime.
Neppure ha spiegato perché abbia omesso di consultare il Comitato previsto
dall’art. 13 dell’O.M. n. 3184/2002, organo deputato a vigilare sull’operato del
Commissario medesimo;
2) Eccesso di potere per contraddittorietà interna ed illogicità – Violazione
degli artt. 198, comma 1, 2002, comma 4 e 204, commi 1 e 4 del d.lgs. n.
\52/2006 – Violazione dell’art. 5, comma 5, della l. n. 225 del 1992 –
Violazione del principio di proporzionalità e di legittimo affidamento – Eccesso
di potere per difetto di motivazione sotto altro profilo:
Il provvedimento è poi contraddittorio nella parte in cui il Commissario, pur
dichiarando di voler dare attuazione alla disciplina sopravvenuta, ha invece
derogato, senza alcuna motivazione, a diverse norme poste dal Codice
dell’Ambiente.
Il Comune di Cavallino appunta le proprie critiche soprattutto sulle clausole
degli schemi di statuto e di atto costitutivo che esautorano le prerogative
patrimoniali e negoziali dei Comuni inclusi nell’ATO, mercé il trasferimento in
capo all’Autorità di gestione della proprietà degli impianti di trattamento dei
rifiuti e della titolarità dei contratti relativi alla loro gestione.
Tali clausole appaiono, infatti, non solo contrarie al disegno recato dal d.lgs.
n. 152/2006, ma, soprattutto, sproporzionate, in quanto impongono un abnorme
sacrificio ai Comuni che hanno affidato la realizzazione e l’esercizio degli
impianti con il sistema della concessione di costruzione e gestione. Il Comune
di Cavallino evidenzia infatti che, per tale ipotesi, lo schema di statuto non
prevede alcuna forma di indennizzo o compensazione;
3) Violazione dell’art. 5 della l. n. 225 del 1992 e dei principi generali in
materia di esercizio dei poteri emergenziali.
Il d.P.C.M. 1° giugno 2006 contiene un riferimento del tutto generico alla
possibilità, per il Commissario delegato, di derogare “alla normativa
ambientale” e, pertanto, non può costituire la fonte del potere di deroga da
questi esercitato. In via subordinata, il Comune chiede peraltro anche
l’annullamento di siffatto d.P.C.M., in quanto adottato in violazione dell’art.
5 della l. n. 225 del 1992.
Il Comune di Cavallino ha quindi impugnato, con motivi aggiunti, la delibera
dell’Assemblea dell’ATO LE/1 che ha proceduto ad approvare lo schema di statuto
e convenzione allegati al decreto commissariale, sostanzialmente ricalcandone il
testo (in particolare per quanto si riferisce alle clausole contestate). La
stessa delibera, inoltre, ha imposto ai Comuni del bacino di attivarsi “affinché
adottino i provvedimenti di loro competenza, in esecuzione di quanto disposto
dal decreto commissariale n. 189 e con riferimento, anche, a quanto previsto
dall’art. 7 della convenzione sottoscritta il 29 ottobre 2002”.
Al riguardo, il Comune deduce, oltre ad illegittimità derivata, la sussistenza
di vizi propri, così articolati:
2) Violazione degli artt. 198, comma 1, 202, comma 4, e 204, commi 1 e 4, del
d.lgs. n. 152/2006 – Violazione del principio di proporzionalità e di legittimo
affidamento - Eccesso di potere per difetto di motivazione.
L’Autorità di gestione dei rifiuti urbani nel Bacino LE/1 non dispone, di per
sé, di alcun potere extra ordinem di deroga alla vigente normativa ambientale,
laddove, invece, alcune clausole dello Statuto (in particolare l’art. 2, commi 1
e 2) e dell’Atto costitutivo approvati impongono, in violazione di detta
normativa, un abnorme sacrificio ai Comuni proprietari di impianti di
trattamento dei rifiuti, ovvero titolari di posizioni patrimoniali e negoziali
scaturenti da contratti di affidamento o di concessione dei servizi connessi
allo smaltimento dei rifiuti. Tale sacrificio non è giustificato da alcuna
necessità in termini di proporzionalità, come reso evidente dal fatto che, sino
ad oggi, le Autorità d’Ambito hanno svolto le loro funzioni senza alcuna
difficoltà;
2) Violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 6 della convenzione
istitutiva dell’Autorità per la gestione dei rifiuti urbani nel bacino LE/1
stipulata in data 29 ottobre 2002.
Le clausole in esame incidono, in qualche modo, sulla stessa localizzazione
dell’impianto di Cavallino, con la conseguenza che la deliberazione impugnata
viola la convenzione in epigrafe, nella parte in cui dispone che le
“deliberazioni relative alla localizzazione degli impianti devono riportare il
voto favorevole anche del Comune sede dell’impianto stesso”.
4) Violazione dell’art. 118 Cost. e del principio di leale cooperazione –
Violazione del principio di tutela dell’autonomia comunale – Eccesso di potere
per illogicità e difetto di proporzionalità.
Il Comune si duole poi dell’art. 8 dello schema di statuto, così come approvato
dall’Assemblea, in particolare della disposizione secondo cui, per l’adozione
delle deliberazioni del Consorzio, è sufficiente, in seconda convocazione, la
maggioranza delle quote unitamente alla presenza di almeno un terzo dei
consorziati. In tal modo, infatti, viene mortificata l’autonomia dei singoli
Comuni, costringendoli a subire l’egemonia decisionale di pochi Comuni più
popolosi.
Con successivo ricorso, iscritto al n. 2420/2007, il Comune di Cavallino ha
impugnato, essenzialmente per illegittimità derivata, le delibere con cui i
Comuni di Lecce, Lizzanello, Guagnano, S. Donato di Lecce, Monteroni, Calimera,
Copertino, Castrì di Lecce, Arnesano, Novoli, Carmiano, Campi Salentina, Salice
Salentino, hanno recepito le determinazioni assunte con la deliberazione
dell’Assemblea dell’Autorità di gestione del bacino LE/1, n. 40 del 15.12.2006.
Infine, con ricorso iscritto al n. 8390/2007, il Comune ha impugnato la delibera
n. 1239 del 26 luglio 2007, pubblicata sul B.U.R. Puglia n. 125 del 7 settembre
2007, con la quale la Giunta Regionale Pugliese ha inteso dare “esecuzione” al
decreto commissariale n. 189/CD/R del 19 ottobre 2006, disponendo l’avvio del
procedimento di commissariamento dei Comuni che non hanno ancora provveduto a
sottoscrivere l’atto costitutivo e lo statuto, così come approvati
dall’Assemblea ATO (tra questi lo stesso Comune di Cavallino e altri 12 Comuni
ricadenti nel bacino LE/1).
Il Comune rappresenta che, ormai, lo stato di emergenza è venuto meno e che le
competenze in materia di organizzazione e gestione del ciclo dei rifiuti sono
tornate in capo agli enti competenti, secondo il riparto stabilito dal d.lgs. n.
152/06. Tuttavia, la Regione Puglia, si è limitata a “ratificare” l’operato del
Commissario, con determinazione affetta non solo da illegittimità derivata, ma
da vizi propri, consistenti in:
2) Violazione degli artt. 198, comma 1, 202, comma 4, e 204, commi 1 e 4 del
d.lgs. n. 152/2006 – Violazione del principio di proporzionalità e di legittimo
affidamento – Eccesso di potere per difetto di motivazione.
Il Comune ritiene paradossale che la Regione abbia acriticamente recepito un
assetto della gestione dei rifiuti che il Commissario delegato ha realizzato in
violazione della stessa normativa in materia ambientale che la Regione afferma
di voler contestualmente ttuare.
3) Nullità per carenza di potere – violazione dei principi costituzionali in
materia di potere sostitutivo delle Regioni e nei confronti degli Enti locali –
Violazione, erronea e falsa interpretazione ed applicazione del combinato
disposto dell’art. 2, comma 2, lett. d) O.M. 3184/2002, degli artt. 199 – 204
del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 136 del d.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 120
Cost. – Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea presupposizione.
La Regione preannuncia l’esercizio di un potere sostitutivo nei confronti dei
Comuni asseritamente inadempienti, il quale, tuttavia, non trova riscontro, con
riguardo alla costituzione delle Autorità d’Ambito, in alcuna norma positiva.
Tale potere non è in particolare rinvenibile né nell’art. 201 del d.lgs.
152/2006, né nell’art. 204, comma 3, che fa espresso ed esclusivo riferimento
alla fase di affidamento del servizio integrato da parte delle Autorità
d’ambito, né infine, nell’art. 136 del d.lgs. n. 167/2000.
Neppure invocabile è l’art. 200, comma 4, in quanto espressamente dettato a
tutela del corretto espletamento delle operazioni di gestione dei rifiuti.
4) Violazione, erronea e falsa interpretazione ed applicazione degli artt. 195,
199, 200 e 201 del d.lgs. n. 15272006 – Violazione del principio di leale
collaborazione tra i diversi livelli di governo – Incompetenza.
Il Comune di Cavallino imputa alla Regione di avere passivamente accettato le
precedenti iniziative commissariali, senza, invece, procedere alla riforma
organica prevista dal d.lgs. 152/2006.
Rileva altresì che, a tanto, dovrebbe provvedere il Consiglio regionale, con
legge, e non già la Giunta regionale con mero atto amministrativo.
Si sono costituiti, per resistere, in tutti e tre i ricorsi, il Comune di Lecce
e la Regione Puglia, ques’ultima depositando documenti e memorie.
Si sono costituiti, altresì, il Commissario delegato per l’Emergenza ambientale,
la Provincia di Lecce, il Comune di Lizzanello (ricorsi n. 97 e 2420/2007), il
Comune di Novoli (nel solo ricorso iscritto al n. 2420/2007), l’Associazione
nazionale dei Comuni Italiani – ANCI (nel solo ricorso iscritto al n. 97/2007).
Hanno depositato memorie la Provincia di Lecce, i Comuni di Lizzanello e Novoli,
l’ANCI.
Con le ordinanze n. 4870, 4871 e 4872/2007 sono state respinte le istanze
cautelari.
Infine, il Comune di Cavallino e la Regione Puglia, hanno depositato memorie
conclusionali in vista della pubblica udienza del 5 marzo 2008, alla quale i
ricorsi sono stati assunti in decisione.
DIRITTO
1. Sono impugnati il decreto del Commissario delegato per l’Emergenza rifiuti
nella Regione Puglia, unitamente alle delibere dell’ Assemblea ATO LE/1 e di 13
Comuni ricompresi in detto ambito territoriale, con i quali, nella Regione
Puglia, si è proceduto, in pretesa attuazione dell’art. 201 del d.lgs. n.
152/2006, alla trasformazione delle Autorità di gestione, istituite con i
decreti commissariali 297 – 310 del 30.9.2002, in Enti con personalità
giuridica, ed ad approvare, contestualmente, la convenzione istitutiva e lo
statuto finalizzati a disciplinarne struttura e il funzionamento.
E’ impugnata altresì la delibera della Giunta Regionale pugliese che, cessato lo
stato di emergenza, ha condiviso siffatta configurazione e ha avviato il
procedimento di commissariamento dei Comuni ritenuti inadempienti agli obblighi
derivanti dal decreto commissariale.
2. In via preliminare, debbono essere esaminate le eccezioni pregiudiziali
sollevate dalle parti resistenti.
2..1. E’ anzitutto infondata l’eccezione di carenza di interesse, adombrata
nelle memorie conclusionali della Regione Puglia.
Come meglio esposto in fatto, il principale interesse sostanziale sotteso al
presente ricorso, è rappresentato dal mantenimento, nella sfera giuridico –
patrimoniale del Comune di Cavallino, delle utilità economiche derivanti dal
contratto di concessione di costruzione e gestione della piattaforma per il
trattamento dei rifiuti, ubicata nel territorio del Comune ma posta a servizio
dell’intero bacino LE/1. Il contratto prevede infatti la corresponsione di una
royalty a favore del Comune da parte dalla concessionaria (che ha assunto
interamente a suo carico la spesa necessaria per la realizzazione
dell’impianto), espressamente finalizzata alla salvaguardia del patrimonio
artistico – ambientale del Comune e, pertanto, al miglioramento del benessere
della collettività che sopporta il disagio derivante dall’insediamento
dell’impianto nel proprio territorio.
Al riguardo, in punto di fatto, va rilevato che, secondo lo schema di statuto
allegato al decreto commissariale impugnato, per gli impianti costruiti con
finanziamento totale o parziale del soggetto privato, e trasferiti coattivamente
al Consorzio ATO, non è previsto alcun accordo compensativo in ordine ad
eventuali “cessanti utilità” per i Comuni ai quali il Consorzio medesimo si
sostituisce nella posizione di contraente (cfr., in particolare, l’art. 2, lett.
c) dello Statuto e l’art. 4 della Convenzione istitutiva allegati al decreto
commissariale del 19.10.2006).
E’ pertanto evidente - in disparte l’aleatorietà dello stesso riferimento,
contenuto nello Statuto, a possibili accordi compensativi relativamente agli
impianti costruiti con finanziamento totale o parziale dell’Ente locale - che
permane intatto l’interesse del Comune ad ottenere l’annullamento di un assetto,
istituzionale e patrimoniale, dal Comune medesimo ritenuto non conforme alle
istanze della collettività di cui è ente esponenziale.
A ben vedere, inoltre, siffatto interesse non risiede esclusivamente nel
mantenimento di benefici patrimoniali, ma anche nella corretta attuazione degli
obiettivi di riforma della gestione dei rifiuti contenuti nel Codice
dell’Ambiente.
In tale prospettiva, a parere del Collegio, anche il raggiungimento di una
eventuale, futura soluzione negoziata riguardante gli assetti patrimoniali del
Comune e della costituenda Autorità di bacino, non esaurirebbe la materia del
contendere, di più alto e complessivo profilo istituzionale ed ordinamentale.
2.2. Pure da rigettare è l’eccezione di incompetenza funzionale di questo TAR,
sviluppata dal Comune di Novoli, secondo il quale l’art. 3, comma 2 – bis, del
d.l. 30.11.2005, n. 245 (aggiunto dalla l. di conversione n. 21/2006) - alla
stregua del quale, nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art.
5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, “la competenza di primo grado
a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei conseguenziali
provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l’emanazione di
misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in
Roma” - farebbe esclusivo riferimento agli atti strettamente funzionali a
fronteggiare tali situazioni eccezionali e non potrebbe essere estesa anche ad
atti di natura organizzatoria.
Al riguardo la Sezione ha già chiarito (sentenza n. 12470 del 5.12.2007), che la
concentrazione presso il TAR del Lazio della questioni inerenti la legittimità
dei provvedimenti commissariali adottati nelle situazioni di emergenza
ambientale è giustificata dal rilievo nazionale dei provvedimenti oltre che
dallo scopo di “delocalizzare” il relativo contenzioso e che tale esigenza
sussiste anche con riguardo a provvedimenti che siano ad essi presupposti o
anche soltanto connessi, determinando, anche per questi ultimi, l’attrazione
nella competenza di questo TAR.
Tali conclusioni, invero, risultano corroborate anche dalle statuizioni della
Consulta (sentenza 26 giugno 2007, n. 237 e, da ultimo, ordinanza 4 aprile 2008,
n. 92), la quale ha osservato che non solo i provvedimenti commissariali sono
atti dell’amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi che
operano come longa manus del Governo) ma che essi sono in definitiva finalizzati
a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunità locali coinvolte
dalle singoli situazioni di emergenza, e ciò in ragione tanto della rilevanza
delle stesse, quanto della straordinarietà dei poteri necessari per farvi
fronte.
E’ bene precisare che siffatta competenza funzionale si estende, nel caso oggi
in rilievo, anche alla delibera adottata dalla Giunta regionale pugliese dopo
“il rientro nell’ordinarietà” (oggetto del ricorso n. 8390/2007), in quanto,
come meglio si vedrà più oltre, essa rappresenta non già una determinazione
autonoma bensì una sorta di appendice della fase emergenziale, in quanto
adottata in dichiarata esecuzione delle precedenti statuizioni del Commissario
delegato.
2.3. Relativamente, infine, all’eccezione di inammissibiltà dei motivi aggiunti
al ricorso n. 97/2007 - con i quali è stato gravato un atto (la delibera
dell’Assemblea ATO LE/1), emanato da un soggetto diverso dal Commissario
delegato, autore del decreto impugnato con il ricorso principale - è sufficiente
ricordare l’ormai quieto orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini
della proposizione di motivi aggiunti ex art. 21, comma 1, l. TAR, così come
novellata dalla l. n. 205/2000, è necessario, e sufficiente, che sussistano
profili di connessione tra i provvedimenti impugnati, dovendo gli stessi inerire
al medesimo procedimento, mentre l’identità di parti, per quanto attiene a
quella pubblica, deve essere intesa in senso lato, essendo “comprensiva di tutte
le pubbliche amministrazioni (ancorché soggettivamente distinte), che
intervengono nella medesima vicenda procedimentale, per la cura del medesimo
interesse pubblico, o di interessi pubblici strettamente connessi” (Cons. St.,
sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6463).
3. Nel merito, è anzitutto fondato il ricorso n. 97/2007.
Il Comune di Cavallino coglie infatti nel segno là dove evidenzia che la
“trasformazione” degli ATO in Consorzi con personalità giuridica, disposta al
dichiarato fine di dare attuazione all’art. 201 del d.lgs. n. 152/2006, esula
dal perimetro dei poteri extra ordinem del Commissario delegato, espressamente
prorogati dal d.P.C.M. 1 giugno 2006 al solo fine di completare “le iniziative
commissariali in atto in deroga alla normativa ambientale”.
In primo luogo, non appare convincente il collegamento che le parti resistenti
ravvisano tra il decreto impugnato e la precedente O.M. 22 marzo 2002, n. 3184,
alla stregua della quale (art. 2, comma 1, lett. d) il Commissario delegato è
stato chiamato “ad assicurare la realizzazione di tutte le condizioni per
addivenire, a regime, cessata l'emergenza, alla gestione unitaria per àmbito
territoriale ottimale dei rifiuti urbani [...]”
Da un lato, infatti, dopo l’adozione dei decreti commissariali del 30 settembre
2002, con i quali sono state istituiti nella Regione Puglia 14 ambiti
territoriali ottimali per la gestione associata dei rifiuti, e costituite le
rispettive Autorità di gestione, l’intervento delineato dalla surrichiamata
ordinanza ministeriale, ovvero la ‘strutturazione emergenziale’ degli ATO,
doveva ritenersi ormai compiuto.
Nel provvedimento impugnato non si dà comunque atto di eventuali criticità di
tale provvisorio assetto organizzativo, tali da giustificare un ulteriore
intervento commissariale il quale, del resto, risulta espressamente finalizzato
all’obiettivo di anticipare, nella Regione Puglia, la realizzazione del
complessivo disegno riformatore recato dal d.lgs. n. 152/2006.
La Regione stessa, invero, nelle proprie difese, ha cercato di giustificare
l’intervento del Commissario per essere quest’ultimo, a suo dire, “l’autorità di
settore pro tempore”. Se ben si è inteso il pensiero della Regione, il
Commissario sarebbe cioè un Organo deputato non solo a realizzare gli specifici
obiettivi delineati nelle ordinanza emergenziali (Piano di gestione dei rifiuti,
completamento del sistema impiantistico etcc.), ma anche ad individuare propri
obiettivi e priorità di intervento, attraverso la completa estromissione delle
autonomie territoriali e degli organi competenti in via ordinaria, ivi compresa
la stessa Regione, ai quali potrebbe illimitatamente sostituirsi nell’adozione
delle scelte fondamentali di organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti.
Al riguardo, occorre tuttavia ricordare quali siano, secondo la Corte
costituzionale, i presupposti di legittimità e le finalità della legislazione
c.d. “emergenziale”.
La Corte ha in particolare ricordato che, con la legge 24 febbraio 1992, n. 225
(Istituzione del servizio nazionale della protezione civile), il legislatore
statale «ha rinunciato ad un modello centralizzato per una organizzazione
diffusa a carattere policentrico» (sentenze n. 129 del 2006 e n. 327 del 2003).
In tale prospettiva, le competenze e le relative responsabilità sono state
ripartite tra i diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle
seguenti tipologie di eventi che possono venire in rilievo: eventi da
fronteggiare mediante interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni
competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera a); eventi che impongono
l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via
ordinaria (art. 2, comma 1, lettera b); calamità naturali, catastrofi o altri
eventi che, per intensità o estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari
(art. 2, comma 1, lettera c).
In particolare, lo Stato, sulla base di quanto previsto dall'art. 5 della legge
n. 225 del 1992, ha una specifica competenza a disciplinare gli eventi di natura
straordinaria di cui al citato art. 2, comma 1, lettera c).
Tale competenza si sostanzia nel potere del Consiglio dei ministri, su proposta
del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro
per il coordinamento della protezione civile, di deliberare e revocare lo stato
di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto
riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi.
L'esercizio di questi poteri - come è stato specificato dalla normativa
successivamente intervenuta - deve avvenire d'intesa con le Regioni interessate,
sulla base di quanto disposto dall'art. 107 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59), nonché dall'art. 5, comma 4-bis, del decreto-legge 7 settembre 2001, n.
343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle
strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le
strutture logistiche nel settore della difesa civile) convertito, con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401.
Per l'attuazione dei predetti interventi di emergenza possono essere adottate
ordinanze - anche da parte di Commissari delegati (art. 5, comma 4, della legge
n. 225 del 1992; sentenza n. 418 del 1992) - in deroga ad ogni disposizione
vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico (art. 5,
comma 2, della stessa legge n. 225 del 1992).
Appare opportuno, inoltre, sottolineare che l'art. 107, comma 1, lettere b) e
c), del d.lgs. n. 112 del 1998 ha chiarito che tali funzioni hanno rilievo
nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitarietà, coordinamento e
direzione, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori
della legislazione vigente possa avvenire da parte della legge regionale
(sentenza n. 82 del 2006).
La Corte Costituzionale ha anche avuto modo di rilevare che le previsioni
contemplate nei richiamati articoli 5 della legge 225/1992 e 107 del D.Lgs.
112/1998 sono «espressive di un principio fondamentale della materia della
protezione civile, sicché deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo
regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte
seconda della Costituzione)» (sentenze nn. 82 del 2006 e 327 del 2003).
Lo Stato è, dunque, legittimato a regolamentare – in considerazione della
peculiare connotazione che assumono i "principi fondamentali" quando sussistono
ragioni di urgenza che giustificano l'intervento unitario del legislatore
statale – gli eventi di natura straordinaria di cui all'art. 2, comma 1, lettera
c), della stessa legge n. 225 del 1992, anche mediante l'adozione di specifiche
ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti, alle
stesse norme primarie.
Lo Stato rinviene, altresì, un ulteriore titolo a legiferare in ragione della
propria competenza legislativa in materia di "tutela dell'ambiente", nel cui
ambito si colloca il settore relativo alla gestione dei rifiuti (Corte
Costituzionale, sentenze nn. 161 e 62 del 2005; nn. 312 e 96 del 2003).
Quanto sopra osservato non implica, tuttavia, che l'emergenza possa giustificare
«un sacrificio illimitato dell'autonomia regionale»: la salvaguardia delle
attribuzioni legislative regionali viene garantita, infatti, attraverso la
configurazione di un potere di ordinanza, eccezionalmente autorizzato dal
legislatore statale, ben definito nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di
esercizio (Corte Costituzionale, sentenze n. 127 del 1995 e n. 418 del 1992).
La legge n. 225 del 1992, in relazione ai profili indicati, risponde a queste
esigenze, circoscrivendo il predetto potere in modo da non compromettere il
nucleo essenziale delle attribuzioni regionali, attraverso il riconoscimento
della sussistenza di un nesso di adeguatezza e proporzione tra le misure
adottate e la qualità e natura degli eventi, la previsione di adeguate forme di
leale collaborazione e di concertazione nella fase di attuazione e
organizzazione delle attività di protezione civile (art. 5, comma 4-bis, del
decreto-legge 343/2001), nonché la fissazione di precisi limiti, di tempo e di
contenuto, all'attività del Commissario delegato.
3.1. Con riguardo ad analoga situazione di emergenza a quella qui in esame, la
Sezione ha poi chiarito il rapporto esistente tra potere di deroga al quadro
normativo primario e provvedimenti attuativi emessi dal soggetto delegato (TAR
Lazio, sez. I, 28 dicembre 2007, n. 14155).
Ha in particolare evidenziato che l'art. 5 della legge 225/1992, ai commi 2 e
seguenti, disciplina nel seguente modo la situazione determinata dalla
deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri:
- “2. Per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla
dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto
dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni
disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento
giuridico [...] ;
- “4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ...per l'attuazione degli
interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di
commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il
contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio;
- 5. Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere
l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere
motivate".
Risulta evidente dalla lettura dell'art. 5 che i provvedimenti che devono
contenere l'indicazione delle “principali norme a cui si intende derogare” sono,
appunto, “le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti” adottate nella fase
di attuazione degli interventi, vale a dire gli atti da emanarsi da parte del
commissario delegato.
Non appare infatti dubbio che il contenuto delle citate ordinanze presidenziali
non riguarda, ex se considerato, l’“attuazione degli interventi di emergenza”:
non disponendo esse alcuno degli interventi indicati, piuttosto affidati al
designato organismo commissariale.
I provvedimenti del Presidente del Consiglio si inquadrano, piuttosto,
nell'ambito del comma 4 dell’art. 5 della legge 225/1992, essendo il relativo
contenuto interamente diretto a delegare le funzioni ad un commissario
individuando “i tempi e le modalità” dello svolgimento dell'incarico.
Le ordinanze in questione, dunque, nello stabilire che il commissario,
nell'espletamento dell'incarico al medesimo delegato, può adottare provvedimenti
in deroga alla vigente normativa, non sono dirette ad ottemperare a quanto
prescritto dal comma 5 dell'art. 5 della legge 225, bensì ad adempiere
all'esigenza di “indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le
modalità del suo esercizio”, di cui al precedente comma 4.
Il Presidente del Consiglio delimita, in tal modo, il campo del potere di deroga
alla legislazione vigente indicando il novero delle leggi alla quali il
Commissario può derogare, nei limiti strettamente necessari alla realizzazione
degli interventi.
In altri termini, l'O.P.C.M. delimita l'eventuale esercizio del potere di
deroga, mentre il provvedimento che in concreto procede a “commisurare” siffatta
consentita derogabilità alla normativa vigente è l'atto commissariale.
Né potrebbe essere altrimenti, ha ancora osservato la Sezione, visto che la
deroga è funzionale della “realizzazione degli interventi” affidati al
Commissario delegato.
L'ordinanza presidenziale impone un uso della deroga accorto e limitato ai casi
in cui sussista un nesso di strumentalità tra la temporanea sospensione delle
norme e l'attuazione degli interventi.
Deve, conseguentemente, darsi atto che la possibilità di deroga alla
legislazione vigente si atteggia quale misura estrema, pur nell'ambito di una
situazione intrinsecamente emergenziale: con la conseguenza che, affinché
l'eccezionale potere di deroga possa considerarsi esercitato nell'ambito dei
suddetti limiti (e possa dirsi scongiurato “qualsiasi pericolo di alterazione
del sistema delle fonti”: cfr. Corte Costituzionale, 5-14 aprile 1995 n. 127), è
imprescindibile che l'autorità amministrativa si faccia carico ex ante di
individuare “le principali norme” che, applicabili in via ordinaria,
pregiudicherebbero invece l'attuazione degli interventi di emergenza.
L'onere di motivazione (art. 5, comma 5, della legge) di cui il commissario deve
principalmente farsi carico è quello diretto ad evidenziare il nesso di
strumentalità necessaria tra l'esercizio del potere di deroga e l'attuazione
degli interventi.
3.2. Il convincimento così espresso dal Collegio trova, peraltro, puntuale
conferma nell’orientamento ripetutamente osservato dalla giurisprudenza, la
quale muove dal fondamentale assunto propugnato dalla Corte Costituzionale nella
citata sentenza n. 127/1995, con la quale è stato escluso che spetti “allo
Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei Ministri, introdurre
prescrizioni per fronteggiare (lo) stato di emergenza che conferiscano ad organi
amministrativi poteri d'ordinanza non adeguatamente circoscritti nell'oggetto,
tali da derogare a settori di normazione primaria richiamati in termini
assolutamente generici, e a leggi fondamentali per la salvaguardia
dell'autonomia regionale, senza prevedere, inoltre, l'intesa per la
programmazione generale degli interventi”.
Il precipitato logico-assertivo di tale decisione è stato confermato e
puntualizzato dalla Sezione IV del Consiglio di Stato (sentenza n. 197 del 16
aprile 1998), la quale:
- ha ribadito il carattere eccezionale del potere di deroga della normativa
primaria, conferito ad Autorità amministrative munite di poteri di ordinanza,
sulla base di specifica autorizzazione legislativa, recata dalla citata legge n.
225 del 1992;
- ed ha, ulteriormente, sottolineato che, poiché trattasi di deroghe
temporalmente delimitate, e non di abrogazione o modifica di norme vigenti, i
poteri degli organi amministrativi devono essere ben definiti nel contenuto, nei
tempi e nelle modalità di esercizio: in proposito evidenziando come l'art. 5,
comma 5, della citata legge n. 225 del 1992 disponga che le ordinanze emanate in
deroga alle leggi vigenti devono contenere l'indicazione delle principali norme
a cui intendono derogare e devono essere motivate.
A tale premessa interpretativa (relativa al corretto ambito applicativo della
disposizione dell’art. 5, secondo la lettura del giudice costituzionale) accede
che il potere di ordinanza non può incidere su settori dell'ordinamento
menzionati con approssimatività, senza che sia specificato il nesso di
strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la
temporanea sospensione.
Una corretta interpretazione degli ambiti di legittima esercitabilità del potere
di deroga alla legislazione vigente, quale riconosciuto al Commissario delegato
dal Presidente del Consiglio dei Ministri in sede di attuazione degli interventi
emergenziali ex art. 5 della legge 225/1992 impone, dunque, la circostanziata
individuazione ex ante delle principali norme che, applicabili in via ordinaria,
pregiudicherebbero l'attuazione degli interventi stessi; con la conseguenza che
l'onere di motivazione, di cui il commissario deve farsi carico, deve
obbligatoriamente volgersi ad evidenziare, con valutazione preventiva, il nesso
di strumentalità necessaria tra l'esercizio del potere di deroga e l'attuazione
dei detti interventi (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 27 gennaio 1998 n.
96).
Può quindi ragionevolmente, e in definitiva, sostenersi che:
- o le ordinanze presidenziali, adottate ai sensi dell’art. 5 della legge
225/1992 recano una puntuale indicazione delle norme suscettibili di deroga (con
ciò consentendo una immediata percezione delle esigenze sottese alla disposta
derogabilità di una particolare disposizione, in ragione del soddisfacimento del
pubblico interesse riveniente dal dichiarato stato emergenziale e dalla
necessità di attuare in conseguenti interventi);
- ovvero, laddove la derogabilità venga consentita con riferimento ad interi
corpi legislativi (quali, nella fattispecie, la “legislazione ambientale”,
genericamente richiamata nell’O.P.C.M. del 1° giugno 2006), allora l’esigenza
giustificativa (in ordine alla derogabilità di disposizioni normative di rango
primario) viene a transitare sui provvedimenti attuativi, nei quali dovrà essere
necessariamente contenuta la motivata indicazione del nesso di strumentalità tra
l'esercizio della deroga e l'emergenza da soddisfare, così da giustificare il
ricorso alla deroga normativa.
3.3. Alla luce delle coordinate normative, e interpretative, appena evidenziate,
emerge con nettezza l’illegittimità del decreto commissariale di cui oggi si
controverte. In esso non vi è infatti motivazione alcuna in ordine alla
necessità di esautorare gli organi regionali ordinariamente competenti e di
sostituirsi ad essi nell’attuazione (peraltro, con le significative deroghe di
cui si dirà) della riforma organica delineata dagli artt. 195 e ss. del d.lgs.
n. 152/2006.
In particolare, non vi è motivazione alcuna in ordine all’impossibilità per tali
organi di provvedere adeguatamente e tempestivamente ai compiti agli stessi
affidati dalla disciplina di riforma, né, così come esattamente rilevato dal
Comune, in ordine all’esistenza di una situazione di inerzia tale da
giustificare un intervento extra ordinem in deroga all’assetto delle competenze
delineato dall’ormai più volte citato d.lgs. n. 152/2006.
Al riguardo, è bene precisare che il termine del 31 ottobre 2006, fissato
dall’art. 201, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 per gli adempimenti delle Regioni
relativamente alla costituzione delle Autorità d’ambito, ha carattere
ordinatorio, non essendo prevista alcuna forma di sanzione o controllo
sostitutivo da parte dello Stato e che, nel momento in cui il Commissario è
intervenuto, detto termine non era nemmeno scaduto.
La complessa valutazione, che avrebbe dovuto supportare (e precedere)
l’intervento “emergenziale” non risulta quindi affatto compiuta, cosicché le
adottate determinazioni si risolvono nell’assumere, quale presupposto,
esclusivamente la consentita derogabilità dell'intero complesso normativo
disciplinante la materia ambientale.
4. Nel caso in esame, il provvedimento impugnato è poi affetto da una evidente
contraddizione interna, là dove il Commissario, pur dichiarando di voler dare
attuazione alla previsioni del d.lgs. n. 152/2006, ha introdotto, ancora una
volta senza specifica motivazione, deroghe sostanziali all’assetto organizzativo
del servizio di gestione dei rifiuti ivi configurato.
Se, infatti, la trasformazione degli ATO in Consorzi aventi personalità
giuridica appare conforme alla previsione dell’art. 201, comma 2, del Codice,
(“L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita
in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione,
alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è
trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata
dei rifiuti”), non altrettanto è a dirsi della disciplina transitoria e degli
assetti patrimoniali degli Enti subregionali di nuova istituzione ideati dal
Commissario delegato.
Nello schema di statuto e di convenzione è infatti previsto il trasferimento
coattivo immediato, all’atto cioè della creazione del nuovo soggetto giuridico,
della proprietà degli impianti di trattamento dei rifiuti realizzati da Comuni
dal patrimonio dell’ente locale a quello consortile, nonché il subentro del
Consorzio all’ente locale nella titolarità dei contratti di affidamento della
gestione in corso.
E’ qui però evidente il contrasto, denunciato dal Comune di Cavallino, con gli
artt. 198, comma 1, 202, comma 4, e 204, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 152/2006.
Secondo le disposizioni appena citate, infatti, “I soggetti che esercitano il
servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta
del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e
organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle
Autorità d'ambito” (art. 204, comma 1), mentre, “Alla scadenza, ovvero alla
anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti
delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale
concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive
convenzioni di affidamento.” (art. 204, comma, 4).
Inoltre “Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara
ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202,
i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati
avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo
113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.” (art. 198, comma
1).
Solo al momento dell’aggiudicazione del servizio da parte della stessa Autorità
d’ambito, infine, “Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà
degli enti locali già esistenti al momento dell’assegnazione del servizio sono
conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio” (art. 202,
comma 4).
Al riguardo, deve nettamente respingersi l’argomentazione della Regione secondo
cui, anche nel disegno voluto dal legislatore statale, la prosecuzione delle
gestioni in atto, sino all’aggiudicazione del servizio da parte dell’ATO, non
rappresenterebbe “un diritto” per gli enti locali concedenti e che comunque il
Codice dell’Ambiente non vieta la titolarità degli impianti di gestione in capo
agli ATO.
Parte resistente trascura, infatti, che i criteri generali relativi
all’istituzione degli ATO e all’organizzazione del servizio di gestione
integrata dei rifiuti, rappresentano un vincolo anche per il legislatore
regionale, al quale è rimesso soltanto, per quanto qui interessa, di
disciplinare “le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti
nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le
Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del
principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni
pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di
gestione integrata dei rifiuti” (art. 201, comma 1, d.lgs. n. 152/2006).
Va altresì precisato che, secondo il Codice dell’Ambiente, alle Autorità
d’ambito viene trasferito, unicamente, l’esercizio (e non la titolarità) delle
attribuzioni degli enti locali in materia di gestione integrata dei rifiuti
(art. 198, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006). Pertanto, sebbene il conferimento
della personalità giuridica consenta loro di acquisire, in futuro, la titolarità
di beni e rapporti contrattuali (in primis, quelli relativi alla gestione dei
servizi che verranno dalle Autorità medesime affidati), alcuna ablazione di
cespiti patrimoniali o comunque di poste attive pertinenti al patrimonio degli
enti locali preesistenti, ovvero ancora di rapporti contrattuali, è
configurabile, in assenza di una specifica disposizione normativa che tanto
autorizzi.
Ad analoga conclusione deve giungersi anche nell’ipotesi, adombrata dalla
Regione, in cui voglia assimilarsi il nuovo assetto organizzativo in esame
(consistente in realtà in una mera forma di coordinamento dell’esercizio delle
competenze locali in materia di gestione integrata dei rifiuti) al fenomeno
della successione a titolo particolare tra enti pubblici.
Mancherebbe pur sempre, infatti, la specifica disciplina con la quale, in
ossequio al principio di legalità e al carattere formale che contrassegna
l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, vengono individuati i beni e i
rapporti giuridici trasferiti.
Nel caso in esame, peraltro, una disciplina specifica esiste, e depone in senso
esattamente contrario a quanto assunto dal Commissario delegato, non essendo
altrimenti spiegabile la puntuale disciplina relativa alla gestione del servizio
nella fase transitoria e alla devoluzione e utilizzo degli impianti già
esistenti in quella a regime.
3.4. Sul piano formale – procedimentale, infine, è pure fondato il motivo con il
quale il Comune di Cavallino lamenta l’omessa consultazione del Comitato tecnico
– consultivo, istituito dall’art. 13 della cit. ordinanza n. 3184/2002 (“ Il
commissario delegato - presidente della regione Puglia, per il supporto alle
attività commissariali, ivi comprese quelle volte al superamento della fase di
emergenza, si avvale di un comitato tecnico consultivo, che ha sede presso gli
uffici del commissario medesimo; il comitato, costituito con provvedimento del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adottato d'intesa con il
commissario delegato - Presidente della regione, è composto da sei esperti, tre
dei quali designati dal suddetto Ministro, uno dal Dipartimento della protezione
civile e due dal commissario delegato”).
Tale violazione rappresenta, a ben vedere, il sintomo più evidente delle
illegittimità sostanziali in precedenza evidenziate, derivanti dal travisamento,
da parte del Commissario, della natura e dei limiti dei propri poteri.
Al riguardo, è del tutto priva di pregio l’affermazione della Regione secondo
cui la consultazione del Comitato sarebbe necessaria soltanto in relazione
all’”esercizio dei poteri strettamente emergenziali”.
In essa vi è infatti l’esplicito riconoscimento del fatto che, nel caso di
specie, il Commissario ha agito in carenza di potere e che in definitiva ha
esorbitato dall’unico ambito (quello emergenziale, appunto) nel quale le sue
attribuzioni potevano legittimamente esplicarsi.
4. L’illegittimità del decreto commissariale travolge, in via derivata, sia la
delibera dell’Assemblea ATO LE/1, impugnata con i motivi aggiunti, sia le
delibere dei Comuni del Bacino che hanno approvato lo schema di statuto e
convenzione istitutiva del Consorzio ATO.
E’ bene precisare che tale illegittimità, in quanto discendente
dall’incompetenza del Commissario delegato ad attuare il d.lgs. n. 152/2006, e
ad imporre, in sostituzione della Regione, una determinata configurazione alle
Autorità d’ambito, investe siffatte delibere nella loro integralità, restando
quindi assorbita anche la specifica questione relativa alla legittimità
dell’art. 8 dello schema di Statuto approvato dall’Assemblea ATO.
5. E’ infine fondato anche il ricorso n. 8390/2007, proposto avverso la delibera
della Giunta Regionale pugliese che si pone in dichiarata attuazione del decreto
commissariale n. 189/CD/R del 19 ottobre 2006 (“con la cessazione dei poteri
commissariali, spetta alla Regione dare esecuzione al predetto provvedimento
commissariale”), e che manifesta contestualmente la volontà “di procedere,
nell’esercizio dei poteri di controllo sostitutivo al commissariamento dei
Comuni inadempienti” agli “atti obbligatori” previsti dal decreto Commissariale
n. 189/2006.
In quanto atto meramente esecutivo, la delibera risulta infatti travolta
dall’annullamento degli atti presupposti.
Per completezza, è necessario evidenziarne un ulteriore profilo di
illegittimità, nei limiti in cui la stessa possa essere interpretata quale
ratifica dell’operato del Commissario, o comunque recepimento delle scelte da
questi operate in ordine alla trasformazione degli ATO istituiti nella fase
emergenziale e all’attuazione del disegno di riforma della gestione integrata
dei rifiuti disciplinato dal Codice dell’Ambiente.
Alle Regioni è stato infatti demandato, per quanto qui interessa:
- di delimitare “nel rispetto delle linee guida generali di cui all'articolo
195, comma 1, lettera m)” gli “ambiti territoriali ottimali per la gestione dei
rifiuti urbani e assimilati” (art. 199, comma 1, lett. g).
Tale delimitazione è operata dalle Regioni, “sentite le province ed i comuni
interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di
loro competenza” (art. 200, comma 2).
E’ peraltro consentito alla Regioni di “adottare modelli alternativi o in deroga
al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano
regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli
obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare
riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo
Stato ai sensi dell'articolo 195” (art. 200, comma 7);
- di disciplinare “le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali
ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano
le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del
principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni
pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di
gestione integrata dei rifiuti” (art. 201, comma 1), nonché “la durata della
gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni” in
modo da “consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed
economicità” (art. 201, comma 6).
Il rilievo ordinamentale delle scelte organizzative demandate alla Regione e la
loro incidenza, perlomeno con riferimento alla costituzione delle Autorità
d’ambito, sulla competenze degli Enti locali, porta ad escludere, come
esattamente rilevato dal Comune di Cavallino, che alle stesse si possa
provvedere con mero atto della Giunta.
Inoltre, mancando tuttora la disciplina regionale relative alla “forme e i modi
della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale”,
finalizzata alla costituzione e all’operatività delle Autorità d’ambito, manca
pure la fonte di quel “controllo sostituivo” che la Giunta, nella fattispecie,
ha preteso di esercitare (cfr., ex multis, relativamente alla natura e alla
configurazione dei poteri “sostitutivi” della Regioni, in materia di propria
competenza, da disciplinare esclusivamente con legge regionale, Corte
Costituzionale, sentenza 1°dicembre 2006 , n. 397).
In definitiva, per quanto sin qui argomentato, si impone l’accoglimento dei
ricorsi, con il conseguente annullamento degli atti impugnati.
Sembra equo, peraltro, compensare integralmente tra le parti le spese di
giudizio.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I^,
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti di cui in premessa, li
accoglie, come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 marzo 2008.
Pasquale de Lise Presidente
Silvia Martino Estensore
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